bta.it Frontespizio Indice Rapido Cerca nel sito www.bta.it Ufficio Stampa Sali di un livello english
Matisse arabesque. Una recensione  

Lara Scanu
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 6 Aprile 2015, n. 766
http://www.bta.it/txt/a0/07/bta00766.html
Precedente
Successivo
Tutti
Area Mostre

Presso lo spazio espositivo delle Scuderie del Quirinale a Roma si è aperta un'importante mostra dedicata al celeberrimo artista Henri Matisse 1 , noto ai più per essere il caposcuola del gruppo di artisti che si denominarono Fauves 2 , ma che, all’interno della sua produzione, dimostra uno spiccato interesse nei confronti delle forme di arti applicate provenienti dai Paesi orientali e di vari manufatti scultorei provenienti principalmente dal continente africano, allora denominati primitivisti 3 .

È lo spirito del confronto che ci offre la chiave di lettura di questo percorso espositivo: davanti alle opere di Matisse, artista occidentale, troviamo, all’interno di teche in vetro, manufatti di ogni genere, dalle stoffe alle piastrelle, dalle maschere lignee ai tappeti, per arrivare alle stampe del famoso artista giapponese Utagawa Hiroshige 4 , provenienti dall’oriente, che sono determinanti per il riconoscimento dei modelli decorativi che presenziano all’interno delle composizioni dell’artista francese: certamente emblematico è il caso delle tappezzerie che decorano le pareti e i complementi d’arredo nell’opera Il pavimento moresco, le quali, se raffrontate a delle piastrelle siriane o a un pannello turco in mostra, esemplificano i forti punti di influenza delle forme artistiche orientali sui dipinti di Matissse.

Partendo, in seconda istanza, dal significato del termine che accompagna il nome dell’artista nel titolo della mostra, ovvero arabesque, si giunge un nuovo ed ulteriore punto di contatto tra i due mondi: se la rappresentazione di un motivo vegetale, ripreso dalla natura, e mescolato a dei motivi geometrici a fine puramente decorativo, viene utilizzato nel caso delle forme di arte orientale, come motivo ornamentale dominante di un’unità decorativa, come ad esempio una maiolica o un pannello, nel caso dei quadri di Matisse, può valere sì come disegno presente in un elemento decorativo o di arredamento, ma può essere anche utilizzato come tracciato grafico basilare per le composizioni pittoriche. Ne sono un esempio le opere raffiguranti brani di nature morte floreali o paesaggi di stagni o giardini, in pieno taglio giapponese.

L’artista, proveniente da una famiglia di tessitori, aveva una acuta sensibilità nei confronti del decorativismo della tradizione tessile della Francia del Nord, che esprimeva suggestioni orientali filtrate dagli occhi dei filatori europei: è per questo che, dopo aver frequentato lo studio di Gustave Moreau 5 e l’Ecole des Beaux-Arts, volgendo maggiormente e in modo sempre crescente lo sguardo verso l’oriente, nel 1906 decide di viaggiare in Algeria, un anno dopo aver partecipato al Salon d’Automne, aprendo la strada alla pittura Fauve. Questo viaggio e i seguenti in vari Paesi del Mediterraneo, oltre ad una visita nel 1910 presso l’Esposizione d’arte maomettiana a Monaco di Baviera, lo impressioneranno particolarmente, consentendogli di avvicinarsi alla scultura africana, al fine di elaborare un nuovo linguaggio disegnativo: un esempio molto evidente di questa ricerca emerge da alcuni ritratti, in particolare dal Ritratto di Yvonne Landsberg, per quanto riguarda l’influenza delle maschere africane, e dalla Marocchina in giallo e dal Marocchino in verde, per ciò che concerne gli influssi della cultura orientale.

Analizzando il panorama artistico europeo contemporaneo a Henri Matisse si può riscontrare una forte tendenza orientalista e primitivista da parte dei maggiori artisti in attività.

L’influenza del Giappone aveva già fatto il suo ingresso nell’arte europea a partire dalle Esposizioni Universali ed Internazionali, prima fra tutte quella del 1851 a Londra, presso le quali gli artisti ebbero modo di apprezzare stampe e manufatti del Sol levante, che assunsero come punto di partenza dal quale trarre degli input grafici, compositivi e decorativi da riutilizzare in opere originali e, per così dire, di maniera.

In tal senso risulta interessante registrare le frequentazioni dell’artista francese, che si recava presso le gallerie dell’avanguardia per osservare ed acquistare opere d’arte: emblematiche sono le vendite di Ambroise Vollard 6 a Matisse di un disegno di Van Gogh 7 , di un busto in gesso di Rodin 8 e di due quadri, l’uno di Gauguin 9 , l’altro di Cézanne 10 , artista che egli riteneva aver influenzato la sua arte molto più di Giotto, dell’Angelico, dei mosaici bizantini e dell’arte persiana.

All’interno del percorso espositivo, che si snoda lungo dieci sale, il visitatore è accompagnato non solo dalla visione delle opere matissiane e di arte orientale, ma anche dai pensieri dell’artista sul suo lavoro, espressi nei contesti più disparati.

A proposito del legame molto stretto con l’arte primitiva, nella seconda sala vi è un’interessante affermazione estrapolata da un’intervista con Tériade del 1952, che riporta una affascinante esperienza vissuta da Matisse in prima persona:

Andavo spesso da Gertrude Stein 11 in rue de Fleurus, e nel tragitto passavo ogni volta davanti a un negozietto d’antichità. Un giorno notai in vetrina una piccola testa africana, scolpita in legno, che mi ricordò le gigantesche teste di porfido rosso delle collezioni egizie al Louvre. Sentivo che i metodi di scrittura delle forme erano gli stessi nelle due civiltà, per quanto estranee l’una all’altra per altri aspetti. Acquistata dunque per pochi franchi quella testina, l’ho portata a casa di Gertude Stein. Là ho trovato Picasso che ne fu molto impressionato. Ne discutemmo a lungo: fu l’inizio dell’interesse di noi tutti per l’arte africana – interesse testimoniato, da chi poco e da chi molto, nei nostri quadri.

Quello era un tempo di nuove conquiste. Non conoscendo ancora molto bene neppure noi stessi, non sentivamo il bisogno di proteggerci dalle influenze straniere, perché queste non potevano che arricchirci e renderci più esigenti in rapporto ai nostri individuali mezzi d’espressione.

Fauvisme, esaltazione del colore; precisione del disegno dovuta al Cubismo; visite al Louvre e influenze esotiche filtrate attraverso il museo etnografico del vecchio Trocadéro: tutte cose che hanno modellato il paesaggio in cui vivevamo, dove viaggiavamo e da cui siamo usciti tutti. Era un’epoca di cosmogonia artistica.

In questo breve passaggio, Henri Matisse descrive la sensazione di immersione nel proprio contesto culturale che un artista del primo Novecento percepiva, che lui denomina paesaggio, una vera e propria condizione in cui viaggiare per scoprire nuovi linguaggi, nuovi segni, nuove forme espressive con le quali comunicare sulla tela le proprie idee sull’arte.

Matisse stesso, con il riferimento a Pablo Picasso 12 , offre un utile termine di confronto attraverso questa sua affermazione, attorno alla quale ruota tutta la disposizione della sala: a sinistra, delle teche conservano i manufatti primitivisti dai quali gli artisti estrapolavano elementi disegnativi da riportare nelle loro opere, a destra i quadri di Matisse, tutti databili agli anni Dieci del Novecento, che ritraggono vari soggetti, ma che ricordano, nei loro tratti, la geometricità e la spigolosità delle maschere africane. Importante punto di snodo che manca visivamente nel percorso, ma che non sfuggirà al visitatore leggendo il nome di Picasso, è sicuramente l’icona dell’arte novecentesca Les Demoiselles d’Avignon, opera del 1907, che apre la stagione delle influenze extra europee sull’arte occidentale.

Molto significativa è l’espressione utilizzata da Matisse al termine di questa testimonianza, ovvero cosmogonia artistica: queste due parole rendono perfettamente l’idea che gli artisti percepivano del loro periodo storico e della loro arte, ovvero una fase artistica primordiale, quasi un novello big bang culturale, dove l’artista si sente realmente creatore di un nuovo linguaggio, e dove fenomeni, apparentemente molto distanti tra loro, avevano delle matrici comuni. È singolare la consapevolezza con cui Henri Matisse sente forte l’impegno della creazione di un nuovo linguaggio e la piena immersione in questo brodo primordiale rappresentato dalla sua contemporaneità, da cui tutti gli artisti hanno estrapolato i loro tratti caratteristici, che si proponevano di riprodurre sulla tela.

La produzione matissiana proposta in mostra, pur rispecchiando a pieno l’idea di arte espressa dal pittore francese, risulta brillante, innovativa e, a tratti, inaspettata: immagini come quelle de La Danza 13 o La Musica 14 vengono immediatamente soppiantate da una cromia variegata, dai toni caldi, mediterranei, e da tratti disegnativi che, pur delineando un oggetto ben definito, alludono ad una funzione strettamente decorativa.

In tal senso risulta veramente illuminante la visione dei disegni raffiguranti alberi, nudi e varie figure femminili, degli studi per le acqueforti che dovevano accompagnare una serie di poesie di Mallarmé, del 1932, di uno studio per l’Ulisse di Joyce, del 1940, e dei bozzetti per la realizzazione dei costumi e delle suppellettili che sarebbero stati utilizzati per la messa in scena del balletto del poema sinfonico di Igor Stravinsky Le Chant du rossignol, del 1920.

Nelle ultime sale si trovano proprio gli abiti realizzati per il balletto appena citato e, anch’essi, ci aprono un vasto panorama sulle due matrici della formazione artistica di Henri Matisse: la provenienza da una famiglia di tessitori e da una zona con una notevole concentrazione di attività tessile e il fascino per i costumi primitivisti e per i motivi decorativi orientali.

Il catalogo, che come la mostra è curato da Ester Coen, giocato sui colori giallo e bianco, è strutturato anch’esso in base allo spirito della comparazione: ai tradizionali saggi si alternano delle schede tematiche, contraddistinte appunto dal colore giallo, in cui si riportano le parole di Matisse relative ai grandi argomenti trattati all’interno della mostra. Le opere esposte non sono analizzate singolarmente, ma inserite all’interno del corpo testuale saggistico.

Al termine, tre apparati: l’elenco delle opere esposte, un glossario di termini-chiave e una bibliografia generale.






NOTE


1 Pittore, disegnatore, incisore e scultore, Le Cateau-Cambrésis, 31 dicembre 1869 – Nizza, 3 novembre 1954.

2 Movimento artistico novecentesco del quale Henri Matisse fu uno dei massimi esponenti, in particolare a partire dal 1905, in cui i dipinti presentano colori enfatizzati, stesi per campiture piatte, che caratterizzano forme appiattite e linee controllate.

3 Quella del primitivismo fu una vera e propria corrente di pensiero, che affonda le sue radici nella cultura Settecentesca e, in particolare, nella figura di Rousseau, secondo la quale l’abbandono della modernità in favore di una vita primitiva e delle forme primitive sarebbe la realtà dell’essere umano e della società.

4 Incisore e pittore giapponese che esercitò una notevole influenza sull’arte occidentale a partire da Monet e Van Gogh, Edo, 1797  Edo, 12 ottobre 1858.

5 Pittore francese precursore del Simbolismo, Parigi, 6 aprile 1826 – Parigi, 18 aprile 1898.

6 Imprenditore e mercante d’arte, fu effigiato, intorno al 1910, da Pablo Picasso, di cui fu un importante promotore, Saint-Denis, 3 luglio 1866  Versailles, 21 luglio 1939.

7 Pittore, Zundert, 30 marzo 1853 – Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890.

8 Scultore e pittore, Parigi, 12 novembre 1840 – Meudon, 17 novembre 1917.

9 Pittore, Parigi, 7 giugno 1848  Hiva Oa, 8 maggio 1903.

10 Pittore, Aix-en-Provence, 19 gennaio 1839 – Aix-en-Provence, 22 ottobre 1906.

11 Scrittrice e poetessa statunitense, 3 febbraio 1874 – 27 luglio 1946.

12 Pittore e scultore, Málaga, 25 ottobre 1881  Mougins, 8 aprile 1973.

13 Dipinto di Matisse in due versioni: una prima, del 1909, custodita presso il MoMA di New York, la seconda, del 1931, custodita presso l’Ermitage di San Pietroburgo.

14 Dipinto di Matisse del 1910 custodito presso l’Ermitage di San Pietroburgo.







LA MOSTRA

A cura di Ester Coen
Scuderie del Quirinale, Roma , Via XXIV Maggio, 16.
4 marzo 2015 – 21 giugno 2015.

http://www.scuderiequirinale.it
Catalogo Skira. Matisse arabesque







Fig. 1
Mattonella con decori policromi, Siria, XVII secolo,
Maiolica, Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Fig. 2
HENRI MATISSE, Il paravento moresco, 1921,
Olio su tela, cm. 91,9 x 74,3,
Philadelphia Museum of Art. Lascito di Lisa Norris Elkins, 1950,
©Succession H. Matisse by SIAE 2015
Image: © Philadelphia Museum of Art

Fig. 3
HENRI MATISSE, Ritratto di Yvonne Landsberg, 1914,
Olio su tela, cm. 147,3 x 97,5,
Philadelphia Museum of Art. The Louise and Walter Arensberg Collection, 1950,
©Succession H. Matisse by SIAE 2015,
Image: © Philadelphia Museum of Art

Fig. 4
HENRI MATISSE, Marocchina in giallo (o Zorah in giallo), 1912,
Olio su tela, cm. 81,3 x 63,5,
Collezione privata, ©Succession H. Matisse by SIAE 2015,
Image: Alex Jamison





Foto cortesia Ufficio Stampa della Mostra

Contributo valutato da due referees anonimi nel rispetto delle finalità scientifiche, informative, creative e culturali storico-artistiche della rivista

Risali


BTA copyright MECENATI Mail to www@bta.it