All’indomani
dell’acclamazione di Italo Balbo alla testa della coorte fascista
locale, tra la fine degli anni venti e la metà dei trenta, Ferrara
era divenuta a poco a poco teatro delle grandi manifestazioni e dei
cortei di piazza a cui era demandato il compito di celebrare le
principali ricorrenze fasciste. Nel contempo, nascevano in
successione le istituzioni di regime aventi il fine dichiarato di
plasmare e sovrintendere a tutte le manifestazioni della
cittadinanza.
Tale
era il clima che favorì il mito della grande rinascita della Ferrara
fascista che Balbo e il suo gruppo si proposero di attuare varando
una intensa politica culturale in città. Tra gli organi più
influenti che contribuirono alla realizzazione di tale progetto vi fu
il “Corriere Padano”, quotidiano fondato dallo stesso Balbo nel
1925 all’indomani dell’omicidio Matteotti, il quale mirava a far
confluire gli interessi del ceto agrario e della buona borghesia
ferrarese attraverso l’esaltazione di un’immagine nazionale del
suo promotore costruita sulle qualità della temerarietà giovanile e
dell’autonomia all’interno del regime.
Appunto
in tale ottica va inquadrata la pubblicazione dell’Ottava
d’Oro ,
il volume paradigmatico delle Celebrazioni del quarto Centenario
della morte di Ludovico Ariosto che riuniva i testi delle numerose
conferenze incentrate su molteplici tematiche legate al poeta tenute
a Ferrara da personalità di spicco della cultura italiana e
ferrarese contemporanea. Proprio Balbo, reduce dalla trasvolata
Atlantica, vi aderì redigendo il saggio dal titolo Il
volo di Astolfo,
un testo celebrativo dell’epica ariostesca riletta alla luce delle
conquiste rese possibili dalla tecnologia aeronautica.
Grande
risonanza ebbe contestualmente l’intervento di Filippo Tommaso
Marinetti, invitato con Anton Giulio Bragaglia a declamare il proprio
contributo nei pressi dell’Isola Bianca sulle Mura degli Angeli
,
intitolato Una
lezione di futurismo tratta dall’Orlando Furioso
in anticipo di appena due mesi rispetto alla pubblicazione del
Manifesto
dell’Aeropittura .
Nello
sforzo di propagare la moderna conquista del volo, perno attorno al
quale d’ora in avanti ruoteranno copiosi opere e scritti futuristi,
sulle Mura degli Angeli Marinetti consacrava il poeta dell’Orlando
Furioso quale
precursore
dei contemporanei esploratori dei cieli, poiché «rivela in ogni
punto del suo poema un’ansia di volo. Il tormento di una sempre
maggiore velocità è in tutti i suoi cavalieri erranti. I cavalli
alati dei suoi negromanti sono la naturale conseguenza di tante valli
e burroni che ostacolano e frenano lo slancio della loro corsa verso
l’impossibile» .
E Ferrara si inseriva così nel clima aviatorio diffuso nell’intera
penisola.
A
sensibilizzare ulteriormente la cittadinanza in attesa
dell’inaugurazione della Mostra
del Rinascimento ferrarese
a Palazzo dei Diamanti al fascino del volo, nonché al mito
dell’invincibilità e temerarietà fomentato dal regime, fu nel
1933 l’arrivo in città dell’Accademico d’Italia Ugo Ojetti a
bordo di un aeroplano pilotato da Italo Balbo.
Né
il “Corriere Padano” si sottraeva dal dibattito sorto intorno
alle scoperte della produzione aviatoria o alle cronache concernenti
il raid di De Pinedo, le trasvolate compiute dal Ministro
dell’Aviazione e le imprese di Amelia Earhart ai quali dedicava
non di rado intere pagine .
Nel
frattempo, le mire espansionistiche di Mussolini si erano
concretizzate con l’inizio della guerra d’Etiopia nel 1935
imponendo una rigorosa stretta alla libertà creativa degli artisti,
i quali d’ora in poi non poterono sottrarsi dall’affrontare
soggetti inneggianti all’epopea della strategia politica promossa
dal duce. Di fatto, alla Biennale del 1938 i futuristi si
raggrupparono sotto la comune dicitura Futuristi
Aeropittori d’Africa e di Spagna
e, se in questa occasione gli orientamenti stilistici proseguivano
lungo direttrici individuali, presto essi confluirono
nell’aeropittura
di guerra,
indice del supremo coinvolgimento degli artisti nei piani
superomistici del regime in nome di un utopistico, tanto quanto
ingannevole, senso di dominio degli elementi.
Anche
l’aeropittura
di guerra
fu provvista di basi teoriche da un Marinetti Accademico d’Italia e
da una folta compagine di sostenitori, contenuti nei Manifesto
futurista della nuova estetica della guerra
e Manifesto
dell'Aeropittura dei bombardamenti
del 1940 e in Essenza
del Futurismo. Manifesto d'Aeropittura Maringuerra
del febbraio 1941, episodi di massima tangenza rispetto all’epopea
militarista sbandierata dalle gerarchie fasciste. Proprio in virtù
della sua vocazione propagandistica, essa coniugò l’immaginario
connesso alla gloria violenta o alla flagranza delle azioni militari
a un linguaggio formale generalmente assai più incline ad esiti
figurativi di tutta la precedente produzione futurista.
Un
po’ in tutta Italia sia l’aeropittura, che l’
aeropittura di guerra
provocarono un’ondata di entusiastiche adesioni accompagnate da
altrettante versioni delle teorie marinettiane. Tra i gruppi che
intrattennero rapporti continuativi con Marinetti e che seppero
interpretarla con stile suggestivo e indefessa attenzione nei
confronti degli accadimenti contemporanei della nazione si segnala il
Gruppo Futurista Savarè ,
fondato a Monselice nel 1936 in
memoria del tenente futurista Gioacchino Savarè caduto in Africa
orientale,
di cui si fecero promotori i
pittori Corrado Forlin e Italo Fasullo. Forlin, in particolare,
avrebbe saputo catalizzare le energie di altri futuristi provenienti
da varie città italiane nell’organizzazione di numerose serate e
dieci mostre concentrate nell’arco di tre anni per lo più
allestite nelle città di appartenenza degli altri esponenti, l’Adria
di Leonida Zen, Legnago, la Padova di Mario Menin, la Ferrara di Ugo
Veronesi e Antenore Magri per poi approdare al Circolo “Mare
Nostrum” a Milano.
A
scuotere gli animi giunse, tra il dicembre 1940 e il gennaio 1941, la
IX
Mostra
di Futuristi Aeropittori di Guerra,
allestita nella sale del Castello Estense di Ferrara
in onore di Italo Balbo da poco deceduto durante una missione in
Libia, a cui aderirono, come da catalogo (fig. 2), i pittori Corrado
Forlin, Italo Fasullo, Angelo Caviglioni, Leonida
Zen, Mario Menin, e i poeti Riccardo Averini, Ugo Veronesi, Maria
Goretti.
Tuttavia, è legittimo ritenere che altri artisti vi abbiano preso
parte se gli articoli editi in concomitanza con la mostra sono
corredati dalle riproduzioni di opere di Giovanni Korompay
e il sardo Baldo Morgana ,
precedentemente coinvolto da Forlin in occasione della VI Mostra del
Gruppo Futurista Savarè allestita a Cagliari nel 1938 .
Pur
in assenza di descrizioni accurate circa lo snodarsi del percorso
espositivo della mostra ferrarese, la sua forte connotazione
encomiastica e politica si evince sin dal primo dipinto pubblicato
nel catalogo della manifestazione. Non sorprende che si tratti di
Splendore
simultaneo del Palio di Siena di
Forlin, forse il quadro più recensito nel repertorio del
monselicense. In un excursus
sul proprio operato priva di titolo ,
l’autore dà conto delle qualità formali di matrice futurista che
informano l’opera:
…Il
mio Palio è il ricordo rivissuto di questa festa di cuori e di
bandiere di questo ardentismo di spiriti e colori
Egli
si esprime attraverso il dinamismo plastico di Boccioni ma sostiene
la propria originalità di un dinamismo ottico che fa salire una
pista spiralica fra l’esasperata musicalità di forme geometriche e
colori puri di grande efficacia decorativa
Il
decorativismo in pittura è una forza necessaria
Per
questo Cézanne si ribellò agli impressionisti e riportò l’arte
verso la statica del classico concetto italiano del volume
Per
questo Boccioni solidificò l’impressionismo e superando questa
statica, portò nell’arte un decorativo dinamismo: il dinamismo
plastico!
La
solidificazione dei volumi, che si muterà in «tattile e olfattiva»
nel Manifesto
dell’Ardentismo nella pittura futurista ,
derivata dagli assunti boccioniani, è dunque alla base di questo
lavoro ma con accentuazione, sul piano formale, degli elementi
dinamico e decorativo, come del resto è ribadito nel testo Arte
dinamica del tempo fascista,
inserito in apertura del catalogo ferrarese:
Il
Palio di SienA [sic] può sembrare un cartellone pubblicitario per
chi non sa che il decorativo in pittura è una forza necessaria per
chi non conosce né pittura antica né pittura moderna per chi crede
l’arte rifugio di anacoreti di primordiali di caprai selvaggi
Alle
nostalgie di una pittura tombale sordomuta vuota di sentimento e di
significati oppongo l’ardentismo di forme e di colori delle mie
opere del mio Palio di SienA fuoco lirico di un popolo che si batte
per amore di contrada intorno ai suoi fantini È il periodico fragore
dell’animo popolare senese i cui coni ideali d’esplosione
arrivano ad un contatto cosmico C’è in questa lotta
l’esasperazione fulminea della benzina che s’incendia .
Scelte
formali volte quindi a rispecchiare o a suscitare sentimenti di
eroismo corale. Ma al di là delle considerazioni di stile, il
soggetto raffigurato da Forlin trovava un equivalente di pari
rilevanza anche a Ferrara, dove il Palio poteva rivendicare una
consuetudine addirittura anteriore a quella senese. Anch’esso
traeva le sue radici dalla storia rinascimentale e, nell’immaginario
dei cittadini, richiamava alla mente i fasti della Signoria estense
andando a rafforzare il progetto di recupero dei miti passati per la
gloria presente della città. Non va poi sottovalutata la metafora
del combattimento in vista della supremazia finale insita nella corsa
del Palio, contenente un’esortazione all’arruolamento e alla
identificazione della guerra combattuta dalla nazione con la
vittoria, sulla quale insisteva il regime fascista.
La
disamina delle opere, condotta sulla base delle informazioni fornite
dal catalogo dell’esposizione e dalle recensioni per lo più
riconducibili alle pagine del “Corriere Padano”, consente di
individuare tre nuclei tematici principali attorno ai quali si
coagula la produzione selezionata per l’evento ferrarese. Il primo
rende esplicita l’esaltazione del Duce e di Balbo attraverso
ritratti e dipinti commemorativi di atti di fondazione o
colonizzazione; un altro affronta la tematica più propriamente
aeropittorica, mentre il terzo esplora le connessioni con la sfera
scientifica, cercando di cogliere inediti sbocchi formali e indicare
una via da perseguire per il movimento.
Sulla
scia della celebrazione si colloca, innanzitutto, il ritratto di
Balbo eseguito da Forlin. In onore di Balbo, in occasione del recente
trapasso, si erano tenute a Ferrara iniziative commemorative a cui
avevano presenziato le autorità allineate del mondo politico,
militare e intellettuale e Marinetti aveva pronunciato un lungo,
apologetico discorso.
Nel
dipinto dedicato a Balbo (fig. 3), egli non è raffigurato nei panni
di Ministro dell’Aeronautica, o come esponente del partito
fascista, bensì come afferma il titolo nei panni di aviatore,
artatamente oscurando il carisma politico di colui che avrebbe potuto
minare la leadership
mussoliniana.
Il
trasvolatore appare sorridente ritto sul lato sinistro della
composizione lasciando intravedere uno sfondo quasi
indistinto eppure pervaso di energia: Balbo è il dominatore del caos
degli elementi, indossa l’equipaggiamento dell’aviatore
pluridecorato in virtù delle leggendarie crociere transatlantiche
compiute nel 1931 e nel 1933.
Torna
utile richiamare alcune indicazioni impartite da Marinetti nel
manifesto “L’aeropittura dei bombardamenti” ,
pubblicato appena qualche giorno prima dell’apertura
dell’esposizione ferrarese, circa le soluzioni formali che gli
artisti avrebbero dovuto adottare nella trasposizione delle acrobazie
effettuate durante le fasi del conflitto aereo. Oltre ad esibire un
terrificante contrasto di forme e colori, la resa del fumo e
dell’asfissiante effetto dei gas andava evocata a mezzo di forme
somiglianti a ramificazioni arboree e tentacoli, mentre il rombo
delle esplosioni avrebbe trovato un correlativo oggettivo in elementi
visivi simili a «seni blocchi porcospini »
in urto gli uni contro gli altri.
In
sostanza, Balbo era colui che per primo aveva infranto i limiti
spazio-temporali che tenevano soggiogati i contemporanei e del cui
superamento, negli stessi anni, andavano favoleggiando i futuristi
nei manifesti dell’aeropittura.Incarnazione degli ideali futuristi
di superamento dei limiti terrestri e nuovo mito di Ferrara e
dell’intera nazione. Inoltre, egli ormai non rappresentava più una
minaccia per il duce sul piano più strettamente politico.
La
sua effigie neppure offusca quella di Mussolini, data la quantità di
opere che ritraggono il duce. Se si include anche il dipinto di
Forlin riprodotto sulla copertina del catalogo, esse ammontano a
cinque: Ecco
il duce futurista
(1936), Nascita
Imperiale di Carbonia (1938),
Ardentismo
del Fondatore dell’Impero
(1939) e Ardentismo
del Creatore di Carbonia
(1940) tutti eseguiti da Forlin e Genio
fascista di Mussolini
(1940) di Leonida Zen. A questo gruppo si riallaccia anche Ardentismo
simultaneo della Battaglia del Grano
(1940) eseguita Forlin corredata dalla seguente descrizione:
Questo
tema dettato dal Duce per il Premio Cremona è stato realizzato nella
sua complessità soltanto dagli aeropittori futuristi mediante una
estrema sintesi di dettagli e una simultanea espressività di visioni
I tradizionalisti non hanno sentito affatto la grandezza profonda e
significativa di questo soggetto elevato a nobiltà pittorica Ho
voluto segnare la metamorfosi che porta al risanamento di terre
malate La volontà del Duce incide rapida profondissimi solchi doma
la materia trasforma il paesaggio che s’illumina di meravigliose
luci giallo oro grano .
Tre
di esse sono ritratti encomiastici del duce ed esibiscono differenti
peculiarità stilistiche. L’opera maggiormente in sintonia con i
presupposti formali dell’avanguardia futurista appare Ecco
il duce futurista,
pubblicata sulla copertina del catalogo, in realtà una versione
leggermente modificata dell’originario Ritratto
sintetico di Mussolini,
ora disperso, in origine destinato a una cartolina promozionale e al
logo del gruppo. Il dipinto, compiuto da Forlin nel 1936 dopo aver
udito un discorso del duce alla radio, attinge al repertorio
iconografico del principe-condottiero a cavallo consacrata nelle arti
figurative dai tempi del Marco Aurelio transitando per Bartolomeo
Colleoni e Carlo V fino a Napoleone, per citare gli esempi più
eclatanti. Esso non sfugge, dunque, all’epopea di un generale
invincibile, la cui forza fisica è condensata nello slancio
spiralico del braccio destro pronto a sferrare un invincibile pugno
d’acciaio, come d’acciaio pare il capo forgiato a guisa di elmo
medievale di marca thayatiana attraverso il quale spazia uno sguardo
impenetrabile. La geometrizzazione dei volumi, ancora legata alle
velleità meccanicistiche propugnate nel 1923 da Paladini, Pannaggi e
Prampolini nel Manifesto
dell’arte meccanica,
trasfigura condottiero e cavallo, in un temibile automa dalle
potenzialità offensive analoghe a un’arma da guerra, discendente
del Mafarka marinettiano .
Al
contrario, in Ardentismo
del Fondatore dell’Impero
(fig. 4), così come in Ardentismo
del Creatore di Carbonia (fig.
5), ove si intende porre in risalto l’opera di espansionismo
territoriale attuata da Mussolini, l’immagine di questi appare
evidentemente debitrice di stilemi naturalistici esemplati
sull’iconografia propagandistica divulgata finanche dalla stampa
periodica, scarsamente inserita in un contesto formale originale,
quale poteva cogliersi nei coevi ritratti di Ambrosi e Dottori.
Sorprende, invece, la dissonanza che intercorre tra lo sfondo reso
con pennellate indistinte ed evocative e la mimesi dei tratti
fisiognomici.
Un
preciso rimando al mito del dux
romano fondatore di nuove civitates
è però presente in Ardentismo
del Creatore di Carbonia.
Qui il volto di Mussolini è effigiato di profilo mentre sovrasta una
sorta di riproduzione stilizzata della città di Carbonia, alla
stregua degli imperatori romani la cui immagine di profilo compariva
sul recto della monetazione circolante nei territori conquistati,
accompagnata da un simbolo o da un monumento sul verso.
Meno
asservito ai tributi ideologici, se non nel titolo, ci pare il
ritratto di Mussolini di Leonida Zen (Fig. 5), il quale precisa di
voler condensare nello sguardo concentrato e accigliato e nel profilo
del volto le doti di lungimiranza e intelletto attribuite al capo
fascista:
Soffermandomi
a pensare all’instancabile dinamicità simultanea del Duce sono
stato preso a tradurre in brevi sintesi fisionomiche i suoi diversi
stati d’animo Il ritratto di Mussolini non può essere statico
fotografico tradizionalista come quello di un qualsiasi borghese
Perciò nella mia opera ho voluto compenetrare e legare
pittoricamente le varie espressioni della sua attività di uomo
pensatore politico condottiero Da lui esce il Fascismo come un cono
d’acciaio che si trasforma in una argentea parabola avvolgente il
mondo
Questa
dinamica compenetrazione delle varie immagini mi dà la possibilità
di esprimere plasticamente le geniali virtù del Duce antiveggente e
precorritore di eventi .
La
stesura dell’impasto cromatico, come avviene nell’Autoritratto
sintetico
esposto dal medesimo artista, è declinata secondo piccole pennellate
divise utili a riverberare di evidenze luminose i vari piani in cui
si squaderna l’immagine. Questi si succedono rispondendo a un
criterio di sovrapposizione tuttavia poco convincente nel suggerire il
movimento progressivo della testa, e indirettamente della mente, del
duce.
Alla
mostra ferrarese il futurista veneziano Giovanni Korompay
è presente con l’olio Colonizzazione
della Libia (fig.
7).
Nella città estense Korompay era giunto con la moglie Magda
Falchetto nel 1936 assunto come
collaboratore del «Corriere Padano» con le mansioni di
stenodattilografo. Insieme
intrecciarono relazioni con Nello Quilici e gli intellettuali e
artisti gravitanti attorno al quotidiano e, forse proprio assieme ad
alcuni di questi, strinse un sodalizio con Corrado Forlin.
Una
lettera inedita, indirizzata a Marinetti dall’aeropoeta ferrarese
Ugo Veronesi del 13 novembre 1940 con un’appendice del pittore
Giovanni Korompay, ne anticipa la partecipazione all’iniziativa:
Caro
Marinetti,
sono
stato molto spiacente di non aver potuto intervenire alla
manifestazione padovana, ma erano i primi giorni della mia assunzione
al “Padano” e non volevo indisporre il Direttore
Ho
lavorato
l’ostico Istituto di Cult. F. ottenendo per voi lire mille –altre
mille le metteranno a disposizione per la Mostra (nell’atrio del
Comunale)
Ravegnani
ha promesso un’intera pagina (la III) per il nostro movimento.
Chiede un vostro scritto sull’aeropittura (introduttivo alla
mostra), fotografie di opere che saranno esposte e un breve cenno
sugli artisti che interverranno.
Mi
metto in comunicazione con Forlin e con Caviglioni.
Forlin
mi parlò precedentemente che la Mostra verrebbe inaugurata nella
prima quindicina di dicembre.
Attendo
i vostri ordini. Alalà
Ugo
Veronesi
Ho
sentito che presto sarà tra noi. Manderò anch’io qualche quadro
alla Mostra. Intanto la saluto e invio sinceri auguri.
Korompay
Pubblicato
dal “Corriere Padano” tra le opere inviate da artisti residenti a
Ferrara alla III Quadriennale romana e, in capo a poco più di un
anno, sulla terza pagina del quotidiano
nel novero delle opere esposte alla mostra Savarè allestita al
Castello Estense, Colonizzazione
della Libia
si colloca nel solco delle tematiche incensatorie della politica
bellica promossa dal regime. Nell’ambito dell’evento espositivo
ferrarese, inoltre, la tela si riallacciava all’apoteosi di Balbo,
nominato Governatore della Libia dal 1934 dopo essere stato
destituito dall’incarico di Ministro dell’Aeronautica. Memoria
evidente della vocazione al volo sapientemente costruita e mitizzata
attorno alla figura del gerarca ferrarese si può cogliere nelle
squadriglie aeree libratesi sul mar Mediterraneo, la cui distesa
liquida solcata da imbarcazioni militari occupa la metà inferiore
della composizione, sovrastata dalla vastità incombente del cielo.
In lontananza, sul lato destro, si intravede la terraferma, mentre
una silhouette
maschile quasi sovrapposta in trasparenza sulle acque, forse quella
dello stesso Balbo, si erge di profilo. La resa pittorica è
largamente vincolata a presupposti figurativi, anche se il confronto
stilistico con altre opere coeve e perfino anteriori – si pensi ad
Aeroplano
allo specchio
(1934), Aeropittura
del 1935 e la successiva Aeropittura
del 1938 - rivela il progressivo evolvere del registro formale di
Korompay verso soluzioni di estrema sintesi e poi astratte, la quali
tuttavia sarebbero risultate poco adeguate al contesto apologetico
predisposto nelle sale della mostra ferrarese.
Tuttavia,
in questi anni, la celebrazione della macchina insita alla tematica
del volo cede il passo nel repertorio futurista a nuovi stati di
coscienza, alla dimensione cosmica e spirituale, di cui si fecero
promotori Prampolini e il gruppo futurista torinese guidato da
Fillia.
La
presenza in città della china intitolata Paesaggio
sintetico di Capri (fig.
8),
donata personalmente all’aeropoeta Ugo Veronesi e che potrebbe aver
figurato nel novero delle opere esposte a Ferrara, pare emblematica
dell’adesione di Korompay a questo filone di ricerca, che sembra
avere avuto origine proprio durante il soggiorno ferrarese. Esso si
esplica nella rappresentazione di paesaggi in cui il dato oggettivo è
punto di partenza per figurazioni definite dalla critica precedente
«di sapore surrealista» ,
dialogando in modo stringente con le chine Venere
spaziale
del 1939 e Sintesi
di Paesaggio,
quest’ultima datata dalla Nalini Setti
al 1930.
Parallelamente,
alle suggestioni ricevute dall’isola partenopea Korompay rese
omaggio, in quel medesimo periodo, negli aniconici Atmosfera
di Capri
e Capri,
entrambi datati 1938 da Franco Solmi .
Korompay
ha qui accantonato i parametri meccanicistici del futurismo, seppure
riletti attraverso un’ottica visionaria e astratta, attratto
piuttosto dal versante prampoliniano delle «architetture
spirituali», cromatiche e successivamente evolute nella dimensione
cosmica.
Nelle
opere riprodotte all’interno del catalogo della mostra il soggetto
aeropittorico in quanto tale era illustrato, di fatto, soltanto dalla
tela del bolognese Angelo Caviglioni Trimotori
sopra le Torri di Bologna (fig.
9).
La pennellata densa dell’artista bolognese, creatrice di
un’atmosfera solidificata e prossima ad esiti astratti, corposa,
evoca con veemente dinamismo una ricognizione aerea sopra la città
felsinea. Il pittore attua, inoltre, un ribaltamento di prospettive
ottenendo una compenetrazione dei velivoli nelle emergenze
architettoniche urbane di forte impatto emotivo. Dal catalogo
apprendiamo che Caviglioni era rappresentato da altre opere alla
mostra di Ferrara, Evoluzione
cosmica,
Paesaggio
cosmico,
Il
centauro dell’infinito,
Dominatore
dello spazio,
Esploratore
aereo
e Paesaggio
aereo,
frutto – come spiegava lo stesso pittore bolognese – della
convinzione estetica in base alla quale «le macchine sono le nostre
ispiratrici e le sentiamo sempre più vicine in una comune concezione
di superiore umanità Vogliamo esprimere tutta la bellezza della vita
moderna meccanizzata e l’estetica della guerra nei suoi urti
tremendi di cuori umani e d’acciaio» .
Se
la tematica del volo, ragione eminente della produzione futurista di
questi anni e soprattutto del Savarè si venava di intenti
celebrativi in Sorpresa
del volo
di Forlin (fig. 10) e da un dipinto di Baldo Morgana (fig. 11)
divulgato dal “Corriere Padano”
il cui titolo non è reperibile, un ulteriore spunto degno di essere
approfondito è dato dai ritratti L’astronomo
Mattana
di Forlin (fig. 12)
e
Genio
fascista di Marconi
di Italo Fasullo (fig. 13).
Entrambi
introducono un ulteriore aspetto della produzione di Fasullo, in
particolare, l’interesse verso il progresso scientifico e
tecnologico e la volontà di stabilire un anello di congiunzione tra
gli elementi primari oggetto di studio della scienza e la pittura
futurista. L’apertura del futurismo nei confronti della scienza,
resa esplicita sin dal Manifesto
tecnico della pittura futurista
e inizialmente mirante a porre lo spettaore al centro del quadro, si
arricchisce ampliando la portata del rapporto tra individuo e mondo
contemporaneo pervenendo, come scrive Renato Miracco, alla «scoperta
di un universo parallelo, di un nuovo rapporto tra materia e
sensibilità, tra materia e dinamicità, è la definizione di un uomo
supremo che è in grado di ricreare e di sentire la vita in maniera
totale, è l’epilogo di quell’arte definita da Balla e da Depero
nel 1915 con la ricostruzione futurista dell’universo» .
Come
non cogliere nell’ardentismo pittorico propugnato da Forlin e nella
cosmopittura teorizzata da Fasullo il perseguimento di una via per
approfondire la via segnata dalla pittura cosmica di Prampolini, in
continuità con la boccioniana “misurazione
sensibile” di cui parla Boccioni nelle sue sculture dinamiche,
perché le distanze tra un oggetto e l’altro non sono spazi vuoti
«ma nella continuità di materia di diversa intensità» .
Nicolò
Mattana fu direttore della Stazione Astronomica di Carloforte dal
novembre 1937 al giugno 1941. É pertanto probabile che Forlin ne
avesse fatto la conoscenza durante il soggiorno del 1937 e intendesse
rendergli omaggio. Guglielmo Marconi, bolognese di natali e residenza
e notissimo ai ferraresi, scomparve proprio nel 1937 salutato da
solenni onoranze, mentre la stampa nazionale e i quotidiani emiliani
ne esaltano le invenzioni in toni epici: «Come l’oceano fu vinto»
titolava “Il Resto del Carlino”, ricordando il viaggio di Marconi
in Canada del 1901 nel tentativo di stabilire il pioneristico
collegamento radiotelegrafico tra l’Europa e l’America.
Il
perseguimento di dimensioni finora insondate dalle arti, la
consapevolezza che le unità costituenti l’intero universo
rispondevano all’affermazione marinettiana secondo cui «gli
elementi di questa nuova realtà non hanno nessun punto fermo e sono
costruiti dalla stessa mobilità perenne» ,
sembrano fondare il manifesto Aeropittura
dell’Infinitamente grande e dell’Infinitamente piccolo
lanciato da Fasullo a Ferrara nel 1940, in cui l’autore sdoganava la
«cosmopittura»:
Il
Futurismo aggiunge ora, oltre all’aeropittura, la cosmopittura,
che vuole essere la pittura dell’Infinito-grande e
dell’Infinito-piccolo e di tutte le verità scientifiche che solo
al Futurismo è dato di poter tradurre in segno artistico. Prima del
Futurismo nessuno si era accorto che solo dalla Scienza l’arte
poteva rifornirsi di soggetti e di forme per raggiungere una nuova
grandezza.
La
Scienza segue una parabola evolutiva costante, mentre l’arte
descrive la sua parabola con crescendi e decrescendi adeguandosi allo
sviluppo intellettuale del popolo e della razza che l’esprime.
Questi crescendi e decrescendi dell’arte dipendono dall’istinto e
dalla psiche di ogni singolo e vero artista, che agisce
inconsciamente per la verità cosmica che porta il nome di arte. Così
il Futurismo non disdegna la anatomia la biologia la chimica i moti
molecolari ed elettronici che sono eguali al dinamismo verità
futurista, i microrganismi unicellulari il telescopio il dinamismo
degli astri e le aurore boreali. Non soppianta però l’aeropittura
la pittura di guerra e nemmeno la pittura diretta della vita.
Abbraccia in sé un’altra sua manifestazione geniale
dell’intelligenza.
La
cosmopittura non è uno di quei tanti acrobatismo pittorici che sono
presentati sotto i più svariati nomi e sotto un’arruffata matassa
di parole che a conti fatti non ne capisce niente né il pubblico né
chi li ha ideati. La cosmopittura non segue nessuna tecnica di forme
e non dà comandamenti ordinati con i numeri romani o arabici:
l’artista è libero di agire secondo la propria ispirazione; la sua
definizione è nell’aforisma: la scienza che aiuta l’arte e
l’arte che esalta la scienza, due verità che si sono incontrate e
fuse e dalla cui fusione l’artista trarrà l’argomento
esprimendosi con il lirismo che è proprio del Futurismo .
… La
cosmopittura non è uno di quei tanti acrobatismo pittorici che sono
presentati sotto i più svariati nomi e sotto un’arruffata matassa
di parole che a conti fatti non ne capisce niente né il pubblico né
chi li ha ideati. La cosmo pittura non segue nessuna tecnica di forme
e non dà comandamenti ordinati con i numeri romani o arabici:
l’artista è libero di agire secondo la propria ispirazione; la sua
definizione è nell’aforisma:la scienza che aiuta l’arte e l’arte
che esalta la scienza, due verità che si sono incontrate e fuse e
dalla cui fusione l’artista trarrà l’argomento esprimendosi con
il lirismo che è proprio del Futurismo .
Anatomia,
biologia, chimica, moti molecolari ed elettronici, microrganismi
unicellulari, il dinamismo degli astri sono i campi da cui trarre
ispirazione, tuttavia senza attendersi risultanze proiettate verso i
traguardi spiritualistici o cosmici che si delineavano negli intenti
prampoliniani:
ritengo
che per giungere alle alte mete di una nuova spiritualità
extra-terrestre, dobbiamo superare la «trasfigurazione della realtà
apparente», anche nella contingenza dei propri sviluppi plastici, e
lanciarci verso l’equilibrio assoluto dell’infinito e in esso
dare vita alle immagini latenti di un nuovo mondo di realtà
cosmiche…
Io
vedo nell’aeropittura, il totale superamento dei confini della
realtà terrestre, mentre si sprigiona in noi, piloti inestinguibili
di nuove realtà plastiche, il desiderio latente di vivere le forme
occulte dell’idealismo cosmico .
Quanto
alla traduzione formale delle formulazioni prodotte da Fasullo, come
si è potuto capire, essa «non segue nessuna tecnica di forme»
delegando all’artista una libera interpretazione aforistica, cioè
sintetica, e lirica del contenuto dell’opera.
In
definitiva, il quadro di Forlin si adegua ai principi
dell’ardentismo da lui stesso teorizzato, in base al quale «le
macchie e le chiazze di colore che devono solidificare l’atmosfera
prendono il posto delle campiture dinamizzate delle tipiche
scomposizioni futuriste delle opere precedenti»
dando luogo a un’immagine ove i componenti di nitido realismo
fotografico subiscono un arrangiamento solo apparentemente
destrutturante.
Né
tanto meno il ritratto di Fasullo è estraneo a un analogo
procedimento con l’aggiunta di un’atmosfera più eterea, vibrante
di luce e materia cromatica fluttuante, la cui portata decorativa
tuttavia non sfuggì al poeta e critico del Savarè Riccardo Averin,
che così inquadrò il compagno in occasione dell’VIII mostra del
gruppo:
vive
in una fantasia di genesi cosmica dove il colore è elemento
decorativo, non tettonico, trova ispirazione nei misteri della
chimica della fisica dell’astronomia e se esalta una conquista
militare la vede come una combinazione chimica del genio, come una
conseguenza di una legge fisica trasportata in un piano di fatalità
cosmica. Puro decoratore astratto, capace di violente suggestioni
fantastiche .
NOTE
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