La mostra di Francesco Hayez alle Gallerie d'Italia a Milano, scelta e coordinata con intelligenza critica da Fernando Mazzocca, illumina un tratto ancora abbastanza poco conosciuto della storia pittorica dell'Ottocento: il formarsi entro il classicismo, di un filone romantico che, con Hayez raggiungerà un'estensione di toni assai rappresentativi e per certi versi non meno importanti di quelli esemplificati dalla pittura di Ingres.
Le qualità pittoriche di Hayez, conosciuto soprattutto per alcune opere storiche e il famoso Bacio, erano già note ai suoi contemporanei. Giuseppe Mazzini nel saggio La pittura moderna italiana (1841), lo aveva consacrato come il "genio democratico", capace con la sua pittura assai originale di interpretare il nuovo pensiero italiano del XIX secolo. A piacergli non era soltanto il modo con cui conduceva la scelta dei temi ispirandosi alla storia nazionale e alla letteratura moderna, ma anche l'originalità di stile con cui definiva i soggetti delle sue pitture: "non ha l'abitudine di preparare un impasto generale di colori per ripassare su di esso con altri sfumati diversamente - ricordava nel 1841 - cambia, ad ogni colpo di pennello, le sue tinte sulla tavolozza"
Nato a Venezia nel 1791 e morto a Milano nel 1882, dove si era trasferito dal 1823, Francesco Hayez è stato con Manzoni, Rossini e Verdi, uno dei grandi protagonisti del nostro Risorgimento. La straordinaria padronanza nell'uso delle tecniche, dalla pittura a olio allÂ’affresco e alla litografia, e l'altrettanta capacità di misurarsi e vagliare l'arte degli antichi maestri, da Raffaello a Tiziano, nonché quella di Canova, che fu il suo primo sostenitore, ne fanno l'ultimo interprete della grande tradizione pittorica italiana. Tutte le sue opere, dalla prima datata 1806 fino all'ultimo quadro realizzato a novanta anni, rivelano un singolare stile espressivo ed una volontà unica di interpretare i vari temi del Romanticismo italiano, e anche nelle prove pittoriche meno belle, dimostra una scioltezza e morbidezza nel modellare con il colore che sarà propria dello Hayez maturo. La notorietà del Bacio, con il quale verrà poi identificato, determinerà una rapida dimenticanza della sua pittura di storia e anche una certa trascuratezza dei bellissimi ritratti e nudi femminili. È solo dopo il secondo dopoguerra, nell'ambito del generale recupero della cultura accademica che l'opera dell'artista verrà riscoperta, seppure nella prospettiva limitata di pittore del melodramma . L'impianto corale di dipinti come Vespri siciliani (1821-22) e I profughi di Parga (1831), in cui i personaggi si fanno attori, con primari e comprimari, se da una parte riconduceva alla struttura descrittiva del romanzo storico: nello studio degli atteggiamenti, nella ricerca dei costumi e nella ricostruzione degli ambienti, dall'altra invece, rivelava un'inedita tensione emotiva, la stessa espressa da Verdi nei suoi melodrammi. L'istintiva sicurezza teatrale è solo un aspetto del suo lavoro, come ben dimostra la mostra presentata alle Gallerie d'Italia, prima occasione completa e aggiornata di monografia sull'artista, la particolarità del suo operato è stata l'inesauribile capacità di misurarsi con differenziati generi e soggetti. La rassegna che vede la partecipazione dell'Accademia di Belle Arti di Brera e della Biblioteca Nazionale Braidense, raccoglie un centinaio di dipinti, oltre quelli noti, le tre versioni del Bacio (di cui una presentata all'Esposizione Universale di Parigi del 1867), le dieci lunette che facevano parte di un ciclo di affreschi realizzati nel 1819 per decorare la Borsa di Venezia, e un considerevole numero di quadri mai visti (come Gli sponsali di Giulietta e Romeo del 1823 e Maria Stuarda del 1827) che messi insieme, raccontano la lunga carriera di un artista votato all'instancabile esercizio della pittura. "Hayez è morto a 91 anni, ha attraversato praticamente un secolo di pittura - ha spiegato Mazzocca nel catalogo - ha assistito a molti cambiamenti del gusto, senza mai cedere nell'impareggiabile stile, bensì affinando ispirazione e tecnica e cimentandosi nei più diversi generi" . Attraverso il puntuale percorso che segue un ordito strettamente cronologico è così possibile ricostruire l'intero operato dell'artista, dagli esordi neoclassici, fino all'affermazione a Milano come protagonista del Romanticismo, e contestualmente seguire tutti i rivolgimenti di stile e dunque, gli umori culturali e sociali di un intero secolo. Si tratta di una vera scoperta e di un'unica occasione per ragionare sulla padronanza dei generi affrontata dall'artista, non solo il quadro storico - di cui il primo esempio epocale data il 1820, anno in cui espone a Brera Pietro Rossi - ma anche il ritratto, qui esemplificato da alcune prove realiste, tra cui quello del Manzoni e della Principessa Belgiojoso; e ancora le scene sacre, mitologie e orientaliste, nonché i superbi e sontuosi nudi che primeggiano con quelli di Ingres, come Venere che scherza con due colombe (1830), e le figure dalla potente sensualità come Accusa segreta (1847-48), quadri che esposti insieme tradiscono un'inedita declinazione libertina, maliziosa e al contempo elegante dell'artista.
La quantità numerica dei dipinti è solo uno degli aspetti di questa mostra, accanto all'impegno filologico sul versante strettamente pittorico, c'è quello non meno importante di offrire una lettura estesa del suo operato confrontando riferimenti e derivazioni: la scultura del suo maestro e grande protettore Antonio Canova, di cui vediamo la Maddalena penitente, e quella di Vincenzo Vela, suo seguace ed interprete del Romanticismo in scultura. Il ragionamento sui confronti passa anche attraverso alcune digressioni, come quello affidato al cinema che guardò a Hayez per costumi e scenografie, pensiamo a Malombra di Mario Soldati (1942) o Senso di Luchino Visconti (1954), e si sostanzia di inedite riflessioni là dove affiorano le sfaccettature meno note, quale l'opera grafica documentata nella Biblioteca Braidense e quella didattica ricostruita nell'Accademia di Belle Arti di Brera, luogo simbolo dell'eredità dell'artista che vi aveva lavorato per sessant'anni (dal 1822 al 1882). In questa sezione della mostra, curata da Francesca Valli e nata dal riordino condotto su dipinti, disegni e libri provenienti dal lascito Francesco Hayez all'Accademia, viene ricostruito lo studio-laboratorio dell'artista , una sorta di atelier immaginario da percorrere seguendo le molteplici relazioni che vedono esposti insieme le opere - per lo più disegni e dipinti non finiti che sappiamo essere stati funzionali alla pratica di insegnamento - e libri usati come strumento per documentarsi sulle vicende della storia. La suddivisione per temi di lavoro: la figura, le storie, i costumi, la scena, i panneggi, testimoniano la complessità che sottostava alla pratica di iniziazione della pittura, e permette di comprendere il procedimento tipicamente ottocentesco della traduzione dei modelli al disegno, alla pittura, alla stampa. Si tratta di un percorso formativo d'individuazione e conoscenza del tutto inedito, che si conclude con il manoscritto delle Memorie conservato nella Biblioteca storica dell'Accademia quale vivida testimonianza di un' operosità che scopriamo risonante e in ogni ambito, profondamente consapevole.
NOTE
LA MOSTRA
A cura di Fernardo Mazzocca
Gallerie d'Italia - Piazza della Scala - Milano
7 novembre 2015 - 21 febbraio 2016.
http://www.gallerieditalia.com
Catalogo Silvana Editoriale 2015
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