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I bassifondi della Roma barocca: una recensione  

Andrea D'Agostino
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 24 Dicembre 2014, n. 744
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Area Mostre

Con il titolo allettante I bassifondi del Barocco si presenta così la mostra in corso a Villa Medici fino al prossimo 18 gennaio. Il sottotitolo è ancora più eloquente: La Roma del vizio e della miseria, in chiara antitesi con l’immagine della città monumentale, cuore della cristianità e principale crocevia artistico italiano (ma non solo) nel XVII secolo. Curata da Francesca Cappelletti e Annick Lemoine, la mostra è ideata e organizzata grazie ad una collaborazione tra l’Accademia di Francia a Roma (che ha sede proprio a Villa Medici) e il Petit Palais – Musée des Beaux-Arts di Parigi, prossima tappa della rassegna dal 24 febbraio 2015 1 .

Il “lato oscuro” della capitale del barocco viene adesso analizzato in una mostra dal taglio (apparentemente) innovativo: lo sfondo è quello dei luoghi malfamati, come taverne e bettole, angoli di strada teatri di risse e rapine, ma anche la campagna fuori porta dove bande di briganti assalivano i malcapitati. Gli autori sono invece quei tanti artisti “irregolari” che decisero di rappresentare questi luoghi, scegliendo come protagonisti i vari giocatori, malfattori, gente di strada, cortigiane, zingare; l’altra faccia, insomma, dell’Urbe “ufficiale” che fa da sfondo ai tanti ritratti di porporati, cavalieri o membri di famiglie aristocratiche. Un tema – anzi, più temi – che trovano finalmente spazio dopo tante rassegne dedicate ai protagonisti maggiori del 1600; non dimentichiamo che a cavallo del 2000, in occasione dell’ultimo Giubileo, Roma aveva ospitato numerose mostre sui principali artisti dell’epoca grazie anche ad una fortunata coincidenza di anniversari (perlopiù quattrocentenari delle nascite): Bernini, Borromini, Pietro da Cortona e ancora, Domenichino e Giovanni Lanfranco, Orazio e Artemisia Gentileschi, per non parlare del più inflazionato di tutti: Michelangelo Merisi da Caravaggio, la cui presenza incombe anche su questa mostra 2 .

Sarebbe stata infatti un’ottima occasione poter esporre una delle sue opere emblematiche: La buona ventura con l’indovina che circuisce e deruba il viandante, un tòpos che ritorna in tante altre opere del periodo, e che qui in mostra è presente con la celebre versione di Simon Vouet (1617) da Palazzo Barberini. Questo perché il Merisi fu in effetti uno dei primi a ad ambientare le sue scene nelle osterie o in luoghi chiusi (come nei celebri Bari) seguito ben presto da numerosi artisti, per lo più stranieri, che disdegnarono l’Accademia di San Luca preferendo altri posti meno ufficiali, che ritrassero poi nelle loro opere. Il percorso parte proprio da loro: i Bentvogels, la “banda degli uccellacci”, una sorta di associazione di artisti nordeuropei che si rimettevano alla protezione del dio Bacco, fondata nel 1623 da Cornelis Poelenburgh e Bartholomeus Breenbegh, a cui si affiancheranno i Bamboccianti capitanati da Pieter van Laer 3.

Attenzione però: non si tratta di una mostra esclusiva su di loro. Il percorso si sviluppa per aree tematiche, creando a volte non poca confusione nello spettatore per via della presenza di numerosi artisti diversi tra loro, con soggetti a volte molto diversi. È il caso delle prime sale dedicate a Bacco, tabacco e Venere: quasi tutte le opere rappresentano ubriaconi intenti a tracannare vino (fig. 1), amorini insolenti che orinano dall’alto, più alcune interessanti incisioni con i riti di iniziazione dei Bentvueghels. Meno chiara la presenza di un quadro che resta un unicum nella produzione di Giovanni Lanfranco (ammesso che sia davvero lui l’autore, come suggerito anni fa da Erich Schleier 4 ): il Nudo maschile sdraiato a letto (fig. 2) è una versione ironica di una Venere? O ci sono altri significati sottintesi? Nella sezione dei ritratti degli “uccellacci”, sono poi particolarmente interessanti i disegni attribuiti a Leonaert Bramer, che affianca artisti assai diversi tra loro: Claude Gellée meglio noto come Lorrain, Dirck Van Baburen, persino un’insolita Artemisia Gentilischi…con i baffi. Peccato che le spiegazioni sui pannelli, in questo caso, siano un po’ carenti. La sezione dedicata alla “taverna dissoluta” presenta poche opere ma assai interessanti, come I bari del lucchese Pietro Paolini o lo Scherzo di Carnevale con protagonista una maschera alla Pulcinella (fig. 3), del francese Nicolas Régnier: uno dei tanti caravaggeschi francesi che, tornato in patria, cambiò stile diventando più blandamente classicista. Sempre di quest’ultimo, tra i più presenti in mostra, è un’altra opera interessante: la Taverna con giocatori di dadi e un’indovina. Di “Anonimo caravaggesco nordico” – si ipotizza Vouet – è invece il Bravo che fa il gesto della fica (fig. 4), con l’occhio malandrino rivolto verso lo spettatore che si trova così ad essere il diretto destinatario del gestaccio. Quest’ultimo piccolo quadro fa da pendant al Giovane con i fichi, probabilmente un travestito, mentre in mezzo è stata collocata la già citata Buona ventura di Vouet, uno degli artisti francesi di più stretta “osservanza” caravaggesca 5 .

In cima alla parete che costeggia lo scalone, dopo alcune splendide opere come il Mendicante di Jusepe de Ribera, qui accostato ad un altro Mendicante con la cetra di anonimo di squisita fattura (da Palazzo Barberini), si possono ammirare tre quadretti di piccole dimensioni del fiammingo Michael Sweerts: Pellegrino in sosta, Anziana che fila e Vecchio e ragazzo. Anche qui non sarebbe guastata qualche riga in più sulle didascalie per capire quali altri dipinti fanno, o potrebbero far parte, di questa serie di “pitocchi” risalente alla metà esatta del 1600. Splendida la sezione dedicata ai Concerti, un soggetto molto in voga all’epoca e già al centro di una mostra tenutasi a Palazzo Barberini anni fa 6 : tra i dipinti esposti in questa sezione, suggestivamente intitolata La taverna melanconica, troviamo un Concerto con bassorilievo di Valentin de Boulogne, un altro Concerto di Nicolas Tournier – il cui modello del musicista a destra ritorna, identico, nel Giovane con fiasco esposto accanto – e una Riunione di bevitori di Bartolomeo Manfredi (fig. 5). Divertente l’ultima saletta con opere di piccolo formato, che compongono la sezione Roma insolentita: scene di rapimenti o di prostituzione, uomini che orinano contro le rovine, mendicanti ai piedi del Campidoglio. Immagini di povertà, se non di criminalità, messe a contrasto con la magnificenza dei ruderi dell’Urbe; come dimenticare d’altronde, che lo stesso Foro Romano era chiamato Campo Vaccino perché adibito a mercato delle vacche? In chiusura, una delle opere più suggestive della mostra: Lo scherzo di Nicolas Régnier, con una giovane donna che avvicina un cerino sotto il naso del compagno assopito, di grande originalità per il particolare dell’occhiolino che la protagonista rivolge all’osservatore (lo stesso stratagemma escogitato nel Bravo che fa il gesto della fica), come se chi guarda il quadro si trovasse realmente la scena davanti.

In definitiva, la rassegna è un divertente excursus nel barocco meno noto senza grandi pretese di completezza; avendo più spazio, si sarebbe potuto allargare il discorso anche ai temi stregoneschi, ovvero al lato più oscuro e “demoniaco” dei bassifondi. Ma nel percorso ci si deve accontentare di una Vanitas/Prudenza di Angelo Caroselli, la cui produzione più interessante e maggiormente studiata negli ultimi anni è proprio quella delle scene negromantiche 7 . Per non parlare di un altro eccentrico come Salvator Rosa, uno dei tanti artisti non presenti in mostra (è anche vero, d’altronde, che sarebbe stato impossibile radunare tutti i caravaggeschi; degli italiani “della prima ora” è presente qui solo Manfredi).

Oltretutto, come è stato già notato, oggi è impossibile rendersi conto della povertà e del degrado dell’epoca 8 attraverso opere d’arte di personaggi comunque complici di quegli ambienti sordidi, come gli uccellacci o Bamboccianti. E come scordare, d’altronde, le celebri esecuzioni capitali di personaggi quali Beatrice Cenci o Giordano Bruno proprio allo scoccare del Seicento, che impressionarono gli spettatori dell’epoca, artisti compresi? (a tal proposito si è fatto il nome di Caravaggio, come a voler trovare un pretesto iconografico per l’efferatezza di Giuditta e Oloferne 9 ). Di tutta questa violenza, però, non c’è traccia in mostra. Anzi, scenette come quelle della Roma insolentita ci fanno sorridere (com’era sicuramente nell’intento degli artisti: la presenza dei banditi dà, anzi, più colore al tocco pittoresco). A tutto questo contribuisce un allestimento decisamente poco consono, con alcuni quadri illuminati male – è il caso del Concerto di Valentin – e pareti bianche che smorzano l’impatto delle opere; l’utilizzo di fondali scuri e di luci più appropriate avrebbero sicuramente contribuito ad aumentare la drammaticità dei vari soggetti, facendo “immergere” maggiormente il visitatore nell’atmosfera torbida dei bassifondi del titolo. Così come una mappa del centro storico dell’Urbe, con i luoghi frequentati dai Bamboccianti (via Margutta e strade limitrofe), o con le zone più malfamate opportunamente segnalate – come l’area dietro al porto di Ripetta, l’odierna piazza Augusto Imperatore, o la poco distante piazza Firenze nel cuore di Campo Marzio, dove il 28 maggio 1606 Caravaggio uccise Ranuccio Tomassoni – avrebbe potuto dare un ulteriore tocco di curiosità ad una mostra dagli intenti comunque lodevoli.






NOTE

1 Catalogo della mostra a cura di F. Cappelletti e A. Lemoine, Officina Libraria 2014, in italiano e francese.

2 Gian Lorenzo Bernini regista del barocco a cura di M. Fagiolo dell’Arco e M.G. Bernardini, Skira 1999; Borromini e l’universo barocco a cura di R. Bösel e Ch. Frommel, Electa 2000; Pietro da Cortona, 1597-1669 a cura di A. Lo Bianco, Electa 1997; Domenichino, 1581-1641 a cura di C. Strinati e A. Tantillo, Electa 1996; Giovanni Lanfranco. Un pittore barocco tra Parma, Roma e Napoli a cura di E. Schleier, Electa 2001; Orazio e Artemisia Gentileschi, a cura di J.W. Mann e K. Christiansen, Skira 2001. Su Merisi le mostre principali sono stae Caravaggio e il genio di Roma, 1592-1623 a cura di C. Strinati, B.L. Brown e R. Vodret, Rizzoli 2000 e la più recente Caravaggio a cura di C. Strinati, Skira 2010.

3 Sui Bamboccianti è sempre attuale il volume di G. Briganti, L. Trezzani, L. Laureati, I Bamboccianti, Ugo Bozzi 1983.

4 Il quadro è stato esposto per la prima volta in occasione della mostra monografica Giovanni Lanfranco… cit., 2001, scheda 55, p. 261.

5 Sui caravaggeschi si veda l’esauriente repertorio curato da A. Zuccari: I Caravaggeschi. Percorsi e protagonisti, Skira 2010, in particolare il capitolo di A. Brejon de Lavergnée I caravaggeschi francesi, pp. 245 – 254.

6 Colori della musica. Dipinti, strumenti e concerti tra Cinquecento e Seicento a cura di A. Bini, C.Strinati, R.Vodret, Skira 2000.

7 M. Rossetti, L’arcano Angelo Caroselli in L'incantesimo di Circe: temi di magia nella pittura da Dosso Dossi a Salvator Rosa a cura di S. Macioce, Logart Press 2004, pp. 106 – 156.

8 Un terribile spaccato di cosa era la Roma di allora lo offre il saggio di M. Baldassarri, Bande giovanili e “vizio nefando”. Violenza e sessualità nella Roma barocca, Viella 2005.

9 Caravaggio a Roma. Una vita dal vero, a cura di O. Verdi e M. Di Sivo, De Luca 2011.





LA MOSTRA

I bassifondi del barocco. La Roma del vizio e della miseria
Roma, Villa Medici
Fino al 18 gennaio 2015

www.villamedici.it









Fig. 1
Roeland van Laer, Bentvueghels in una osteria romana, 1626-1628
olio su tela,
Museo di Roma, Palazzo Braschi

Fig. 2
Giovanni Lanfranco, Giovane nudo sul letto con un gatto, 1620-1622
olio su tela,
collezione privata

Fig. 3
Nicolas Régnier, Scherzo di carnevale, 1625,
olio su tela,
Musée des Beaux-Arts, Rouen

Fig. 4
Anonimo, cerchia di Bartolomeo Manfredi, Bravo che fa il gesto della fica, 1615-1625 circa
olio su tela,
Museo nazionale di Palazzo Mansi, Lucca

Fig. 5
Bartolomeo Manfredi, Riunione di bevitori, 1619-1620
olio su tela,
collezione privata




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