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Costruire forme liquide. Zaha Hadid: la stazione TAV Napoli-Afragola  

Elisabetta Caputo
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 13 Gennaio 2015, n. 750
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Area Architettura

Scrive Marcos Novak, "una architettura liquida nel ciberspazio è chiaramente una architettura smaterializzata, che non si accontenta più solo dello spazio, della forma e della luce, e di tutti gli aspetti del mondo reale. È una architettura di relazioni mutevoli tra elementi astratti. È una architettura che tende a diventare musica. (...) La musica era un tempo la più effimera delle arti, che sopravviveva solo nella memoria dei suonatori e degli ascoltatori. L'architettura era una volta la più durevole delle arti, che si estendeva nelle caverne della terra e cambiava con la lentezza dei cambiamenti del pianeta stesso. [Le tecniche digitali] permettono oggi alla musica di diventare la più permanente delle arti. Al contrario, il tempo di vita della architettura sta rapidamente diminuendo. Per molti aspetti l'architettura è diventata la meno durevole delle arti. L'architettura smaterializzata, danzante, difficile, del ciberspazio, fluttuante, eterea, instabile, trasmissibile simultaneamente a tutte le parti del mondo ma tangibile solo in modo indiretto, può diventare l'architettura più duratura che sia mai stata concepita" 1


È in uso definire Zaha Hadid un architetto internazionale per i suoi "movimenti" nelle strutture più complesse, che donano un' immagine diversa ai grandi edifici da lei progettati. È come se si mettessero in moto, notiamo fluidità della matita che sembra "seguire" un treno. Una donna di origine irachena poi naturalizzata britannica, con uno studio incredibile e notevoli architetti e designer che l'accompagnano, un personaggio considerata tra le cento Donne/manager più importanti del globo.

Ha attirato intorno a sé il mondo rivelandone gli spazi inconsci e li ha trasformati in utopia. Nella sua lunga carriera ha avuto il coraggio di esplorare, rallentare e accelerare i ritmi della vita quotidiana, sottoponendo il suo ambiente all'esposizione chirurgica dell'architettura come forma di rappresentazione. Costruisce la sua carriera sulla base di un'infanzia passata su tappeti tessuti a mano e nella formazione presso la London's Architectural Association. Le forme degli artisti del primo XX secolo sono, per lei, fonte d' illuminazione. Qualcuno potrebbe dire che è una modernista, che non crea nuove tecnologie ma ci rivela il mondo in chiave differente, semplicemente rappresentandolo in modo radicale. Cerca tale modernismo nella cancellazione di soggetto e oggetto e lo inserisce in un paesaggio attuale plasmato come un luogo da attraversare senza paure.2

Nasce a Baghdad, il 31 Ottobre del 1950 e cresce in uno dei primi edifici del Bauhaus di ispirazione, in cui il termine modernismo, significa bellezza irresistibile e pensiero innovatore. Il suo linguaggio, come già precedentemente detto, è fonte di genio tratto dai tappeti persiani della sua giovinezza. L'ascendenza più immediata dell'artista è l'Architectural Association di Londra, dove studia in un periodo in cui la scuola rappresenta il centro mondiale della sperimentazione architettonica. Qui entra a contatto con architetti di alto valore quali, Cook, Koolhaas, Tschumi, Coates.

Il suo primo progetto, altro non è che la sua tesi di laurea, Il ponte sul Tamigi, deve molto alla sua collaborazione con Rem Koolhaas. Offre una geometria ridotta alla sua essenza, celebra l'opera di Malevič. Un loft modernista ripiegato su se stesso che porta in stretto rapporto elementi programmatici differenti. L'attenzione dello spettatore viene catturata dalla stessa immagine con una determinata affermazione del nuovo. Successivamente la vedremo impegnata ad allargare in diversi progetti le sue istanze narrative in un linguaggio spaziale. Con la proposta per la nuova residenza del Primo Ministro irlandese (1979-80) annuncia il collage. Guardiamo in esso elementi rappresentativi che popolano un semplice cubo attraverso il quale si apre una lunga parete curva che rivela la narrativa del progetto. Zaha Hadid sa esattamente reinterpretare il paesaggio urbano, in questi suoi primi elaborati plasma una realtà universale come una raccolta di progetti visti dall'alto. Ciò che la rende famosa è la vittoria del concorso per l'Hong Kong Peak, in questo caso, lei, dimostra a migliaia di architetti e studenti di design che le sue tecniche sono in realtà una nuova forma di architettura. L'edificio si presenta come una struttura dedicata a disciplinare e dilettare il corpo in una forma socialmente accettabile.3

Nel corso degli anni l'architetto sarà impegnata nella realizzazione di forme con stampo stilistico, ma che vengono modificate nel loro carattere, diventano leggere, trasparenti e stratificate. Se i progetti dei primi anni sono dei collage con pezzi disparati, ora le forme si evolvono in gesti singoli. Hadid esegue il personale lavoro come una forma di paesaggio o di intervento sul paesaggio. Questa linea di sviluppo è possibile contemplarla nella stazione dei pompieri di Vitra. Qui, anziché costruire sul terreno, trae le forme direttamente dal terreno, le modella e utilizza la logica spaziale per creare fatti.

Tutte le opere dell'architetto sono edifici di imponenti dimensioni, ma nonostante ciò sono stati disegnati da lei come volumi trasparenti che trovano apice in proposte come l' Hackney Empire Theatre di Londra (1997) o il Lois & Richard Rosenthal Centre for Contemporaney Art di Cincinnati. Ammiriamo forze localizzate in rampe e volumi a spirale con attenzione per la continuità del paesaggio che si concretizza in spazi aperti e volumi interni. Un paesaggio che è diventato un elemento fondamentale nelle sue opere. Progetti dove tende a sostituire lastre, prore e blocchi con tubi cilindrici e spirali. L'elemento che predomina è il gesto, il movimento. Zaha Hadid apre il paesaggio urbano creando quindi un mondo visionario ed esplorando potenzialità spaziali di questa architettura mediante forme dotate di una propria tipologia, struttura e proprietà stilistica.4

Dal 2000, diventa un architetto in grado di vendere il suo operato e se stessa: la sua firma su un progetto ne aumenta il profilo. La firma è da intendere naturalmente, in senso letterario, la si può riconoscere in progetti degli ultimi anni ed è la “Z”, che può anche essere letta come la logica prosecuzione dei serpenti che strisciano attraverso forme precedenti, uniti a definire lo spazio in ambito limitato. È il caso del MAXXI (1998/2009), ma anche della BMW di Lipsia (2001/2005) dove, la forma serpentina, si insinua fra i vincoli e gli ostacoli.5

Qui lei si affida all'uso del computer, la tecnologia informatica porta a compimento quanto già annunciato da Walter Benjamin, soprattutto quando svanisce la differenziazione fra percezione, raffigurazione ed esecuzione.6 Crea spazî continui sotto e attraverso un tessuto ondulato che spesso si eleva in forme globulari o torri. Non fa altro che seguire il principio secondo il quale il paesaggio progettato è una raccolta di elementi, alcuni spaziali, altri niente più che ondulazioni del paesaggio o delle strade che devono essere trascinati per creare una realtà abitabile oltre i confini di una struttura. Affina le sue tecniche facendo tesoro delle esperienze nel settore dell'arredamento e paradossalmente della lettura del paesaggio su scala urbana, ed estende i suoi progetti da intersezioni a punti di lancio, come Innsbruck (Funicolare di Nordpark 2004/2007) o Lipsia.7

Proprio la funicolare appena citata , così come molti altri progetti di Zaha Hadid possono essere incastrati nei termini “liquid design architecture” e “blob architecture”. Slogan che nascono quasi certamente nei primi anni Novanta del secolo scorso, quando il disegno al computer, appunto, entra prepotentemente nel mondo della progettazione architettonica ed alcuni designer si cimentano nella sperimentazione delle potenzialità offerte da alcuni software 3D nel generare forme fluide (o fluidiste) utilizzando le curve geometriche chiamate NURBS.


L'architettura liquida

Con architettura liquida o architettura blob oggi si intende la produzione di una corrente stilistica che ricerca forme organiche generate attraverso la modellazione tridimensionale computerizzata. Architettura liquida ha quindi a che vedere con la forma degli edifici. Come forma espressiva è stata accostata anche al concetto filosofico di società liquida coniato da Zygmunt Bauman basato sull’insicurezza, la paura e la costante necessità di adeguamento nel vivere contemporaneo. Certamente è una forma espressiva significativa della contemporaneità.8 Secondo Bauman, una delle figure di spicco nel panorama contemporaneo sul tema della modernità liquida, il fulcro del concetto si fissa sul fattore di continuità evoluzione e cambiamento che caratterizza le trame della vita e della comunicazione oggi. La società può essere definita “liquida” in senso metaforico perché il termine inquadra in maniera chiara le dinamiche entro cui si determinano le relazioni e gli aspetti della vita quotidiana. La dimensione della società, quale manifestazione di attitudini, comportamenti e aspettative dei cittadini cambia la sua configurazione in modo dinamico e complesso. Tale assetto si attua e deriva virtualmente a partire da ogni aspetto della forma lavorativa, economica, politica, toccando questioni sociali, ma anche ciò che interessa alla gente9

Il concetto di architettura liquida viene chiarito per la prima volta nel 1990 e a delineare questo gioco enigmatico di termini è Marcos Novak. Attua apparati software in grado di riprodurre e rendere navigabili in ambito elettronico le complesse forme del mondo architettonico: edifici, stanze, piazze, rendendo ogni tipo di costrutto digitale liquido, cioè deformabile dagli attori coinvolti. Egli realizza una dinamica di allontanamento dai caratteri tradizionali dell'architettura, pervenendo a una modellazione semplificata e ricombinante delle strutture rappresentate digitalmente. Di fatto le architetture liquide così concepite risultano sterili da un punto di vista del rapporto con l'utente, che può interagire in tali mondi virtuali mediante una rappresentazione grafica tridimensionale, senza però né una libertà di movimento né di espressione. Tutto ciò che egli compie è si, il modello originario, ma rimane un prototipo teorico che, molti già prima di Novak avevano formulato con l'idea di sviluppare un paradigma che fosse in grado di associare la dimensione strutturalmente simulata e rigidamente geometrica degli apparati e delle infrastrutture virtuali canonizzando in realizzazioni digitali le forme classiche dell'architettura e del design.10

Il discorso concernente le architetture liquide va considerato non solo alla luce degli aspetti tecnologici di fattibilità dei dispositivi, ma in unione con l'apparato culturale di ogni collettività che vive l'evoluzione dei media e dei loro caratteri peculiari di velocità e interattività.

I nuovi sistemi, le nuove dinamiche, le nuove tecnologie hanno ridefinito l'architettura del mondo reale, la sua dimensione sociale e lo spazio delle pratiche e dei saperi. Sono nati ambienti virtuali di interazione che hanno portato i gesti quotidiani del singolo e le azioni delle comunità a trovare completamento oltre gli spazi reali e hanno decostruito i rapporti di relazione tra persone e luoghi. Sono cambiate anche le dinamiche di approccio ai contenuti: la rete ha modificato e continua a mutare il modo in cui si comunica, si lavora e si produce. Sostanzialmente ha cambiato il modo di vivere dei soggetti poiché influenza gli apparati economici, politici e culturali della società. Parliamo, dunque, di trasformazione antropologica. In tutto ciò si è arrivati a formulare l'ipotesi che le architetture liquide sono il perno del mondo contemporaneo dell'informazione e della comunicazione, come metafora rappresentativa del pensiero in rete e dispositivo esemplare delle reti del pensiero. Come afferma Taylor, “ciò di cui il pensiero ha bisogno oggi è una nuova architettura della complessità che rappresenti, e al contempo articoli, la logica incarnazionale della rete”. 11 Questa visione implica una concezione decisamente allargata dell'informazione e della sua elaborazione: “se l'attività mentale può essere intesa come un sistema complesso adattativo che facilita l'elaborazione dell'informazione, allora sia i processi naturali sia quelli culturali, sono in un certo senso dei processi informazionali”.12 Essenzialmente chiedersi cosa siano le architetture liquide, può essere definito un errore per comprenderle come fenomeno complessivo e caratterizzante l'epoca della cultura della rete. Per capirle bisogna semplicemente entrare in sintonia con gli apparati stessi di gestazione e connessione del pensiero che sono loro propri, e abbandonarvisi, in modo tale che il corso degli eventi porti ognuno verso l'esplorazione di un mondo che già gli appartiene.


Zaha Hadid e gli edifici liquidi.

Tornando a parlare dell'archistar irachena Zaha Hadid, attesto che oggi ella domina la scena di questo genere di architettura. I suoi edifici sembrano ispirarsi alle dune del deserto, molti di loro sono infatti realizzabili solo grazie a tonnellate di acciaio e calcestruzzo (Phaeno Science Center, Museo MAXXI ecc…), soluzioni tecnologiche che stridono con l’idea di un edificio che potrebbe essere collocato in qualsiasi luogo. Prendo come oggetto d'esame la grande infrastruttura progettata dall'artista, un’opera fondamentale che la città di Afragola ha atteso fin troppo a lungo: “la stazione Tav”.

La stazione di Napoli Afragola è un posto di movimento sulla ferrovia Roma/Napoli alta velocità. La sua apertura al servizio passeggeri e la conseguente trasformazione in stazione è prevista per giugno 2015. Il progetto di questa ultima, è stato presentato ufficialmente il 4 novembre 2003 ed è stato paragonato in ambito ferroviario alla porta partenopea dell' alta velocità-alta capacità a Napoli in quanto accoglierà tutti i treni ad alta velocità che, non concludendo la propria corsa nel capoluogo campano, saranno diretti verso altre città e dunque non fermeranno nella stazione di Napoli Centrale. Ospiterà, inoltre i treni del sistema regionale e quelli della Circumvesuviana. I lavori, inizialmente, dovevano terminare nel 2008, poi però il termine previsto fu rimandato al 2011. Nel 2011 non terminarono e nel 2012 addirittura furono sospesi per assenza fondi. All'inizio del 2014 è stato pubblicato un bando che aveva previsto, dall'aggiudicazione dei lavori, il termine di questi ultimi entro 18 mesi. Finalità di nuova porta per la città, il progetto offre un disegno architettonico che realizza un nodo trasportistico ben coordinato e si impone con un segno forte sull' ambiente per presentare l’ingresso a Napoli. La difficoltà maggiore dello schema è consistita nel creare un interscambio di trasporti ben organizzato che potesse fungere appunto, da portale nella città. L' idea del ponte nasce dalla congettura di allargare la passerella, basilare per collegare le varie banchine, fino a cambiarla nella galleria passeggeri maggiore della stazione, nucleo del nuovo parco naturalistico-tecnologico rivolto a riqualificare e avvalorare l’area. Il ponte assicura inoltre la connessione del territorio evitando che la ferrovia diventi un elemento di discontinuità e lega le due fasce del parco che si estendono sui lati dei binari creando un effetto di continuità tra l’area delimitata dall’anello viario e il paesaggio circostante. Gli ingressi alla stazione, sistemati sulle estremità est e ovest del ponte, agiscono come degli imbuti che raccolgono e conducono i flussi attraverso le aree commerciali verso il nodo centrale della sala passeggeri, dove sono sistemate la biglietteria e le sale d’aspetto. La sala principale è pensata come un grande atrio che facilita connessioni visuali inaspettate grazie ad ampie vetrate che si aprono sulle piattaforme e sul paesaggio. Da questa sala il passeggero può dirigersi verso l’alto, dove si sviluppa il centro commerciale con i caffè e i ristoranti, e verso il basso, dove sono i binari. Il volume della stazione, che si sviluppa per una lunghezza di circa 350 metri, raggiunge un’altezza massima di 25 metri dalla quota del ferro con i volumi in acciaio della galleria commerciale. Al centro del corpo principale l’apertura della galleria si amplia a descrivere un grande vuoto su tre livelli. Sulla galleria è prevista una vetrata di oltre 5000 mq con shaders per il controllo e la diffusione della luce solare diretta e orientata al recupero dell’energia solare. Tutto il sistema delle aperture è stato progettato secondo criteri bioclimatici. L’esterno della galleria è in materiale metallico e i 6000 mq delle vetrate di facciata sono «a filo» con il rivestimento esterno. Il passaggio dalle parti opache a quelle trasparenti avviene pertanto in modo aerodinamico senza soluzione di continuità 13. Il progetto esecutivo è stato affidato a Interprogetti che si è occupata della redazione dello stesso: quello originario è stato variato da quest'ultima nella fase di realizzazione per motivi logistici. La Stazione dell’Alta Velocità di Afragola è stata concepita in seguito alla sopraggiunta necessità di modificare le sequenze costruttive previste dal piano originario al fine di consentire la piena operatività dei binari ferroviari nel corso dei lavori. Nello specifico la variante al progetto ha interessato gli impalcati parzialmente prefabbricati in c.a.p. (Calcestruzzo Armato Precompresso).

Punto d'approdo ideale per i turisti e non, in una posizione geografica adeguata, un'opera che non vede ancora un epilogo. Tanti altri progetti dell'architetto, anche più complessi, sono stati realizzati nel frattempo, ma ancora non si conosce una data precisa di apertura al pubblico della Stazione in questione. Lo stato dei lavori ci permette di renderci conto che essa è ancora lontana da una realistica inaugurazione, quindi in conclusione mi resta da pormi una sola domanda: la Stazione TAV di Zaha Hadid ad Afragola, uno dei cantieri più persistenti dell'architetto che ancora non riesce a vedere una conclusione, sarà mai terminata e soprattutto perché tutti questi ritardi? Posso solo che augurarmi però che questa opera non sia solo uno dei tanti progetti ambiziosi dell’ennesima firma eccelsa dell’architettura, che, piuttosto di dare visibilità alla città, danneggiano solo le finanze pubbliche.




NOTE

1 M. Novak, Architetture liquide nel ciberspazio, in Cyberspace. Primi passi nella realtà virtuale, Padova, Muzzio, 1993, pp 261-262

2 A. Betsky, Introduzione: dopo 89 degrees, in Zaha Hadid, l'opera completa, Milano, Rizzoli, 2009, pag. 6

3 Ivi, pagg. 8 - 9

4 Ivi, pagg. 9 - 11

5 Ivi, pag. 13

6 W. Benjamin, L' opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica,Torino, Einaudi, 1991.

7 A. Betsky, Introduzione: dopo 89 degrees, in Zaha Hadid, l'opera completa, cit., pagg. 14 – 15.

8 A. Premier, Speciale strutture per l’outdoor e architetture tessili, in Liquid textile architectures. Involucri tessili avvolgono edifici dalle forme fluide,Maggioli, pag. 49.

9 Cfr. Z. Bauman, Liquid Modernity, Cambridge, Polity Press, 2000; trad. it. Modernità liquida, Roma – Bari, Laterza, 2002.

10 M. Ciastellardi, Le architetture liquide. Dalle reti del pensiero al pensiero in rete, Led Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto, Milano, 2009, pagg. 19 - 30

11 Ivi, pag. 250

12 Ibidem.

13 Zaha Hadid, l'opera completa, op.cit., pag. 143







Bibliografia:

A. Betsky, Introduzione: dopo 89 degrees, in Zaha Hadid, l'opera completa, Milano, Rizzoli, 2009.

A. Premier, Speciale strutture per l’outdoor e architetture tessili, in Liquid textile architectures. Involucri tessili avvolgono edifici dalle forme fluide,Maggioli.

C. De Sessa, Zaha Hadid. Eleganze dissonanti, Universale di Architettura, Testo&Immagine, Torino 1996.

H. Binet Baden, Architecture of Zaha Hadid in Photographs by Hélène Binet Baden, Lars Müller Publishers, 2001.

I. Paoletti, Processi di trasferimento forte - La stazione TAV di Afragola, Napoli, su Costruire le forme complesse. Clup, Milano, 2006, pp. 183–190.

M. Ciastellardi, Le architetture liquide. Dalle reti del pensiero al pensiero in rete, Led Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto, Milano, 2009.

Novak, Architetture liquide nel ciberspazio, in Cyberspace. Primi passi nella realtà virtuale, Padova, Muzzio, 1993.

W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica (titolo originario:Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit), Torino, Einaudi, 2011.

Z. Bauman,
Modernità liquida, (vers. Orig. Liquid modernity, Cambridge, Polity Press ed Oxford, Blackwell Publishers Ltd., 2000), Roma-Bari, Laterza, 2012.

H. Zaha, Zaha Hadid. The complete Buildings and Projects, Rizzoli International Publications,1998.

H. Zaha, Opere e progetti, Roma, Centro Nazionale per le Arti Contemporanee, 10maggio/11agosto, 2002.
Sito ufficiale di Zaha Hadid
http://www.zaha-hadid.com/






Vedi anche nel BTA: USCITE DI ARCHITETTURA LIQUIDA



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Fig. 2

Fig. 3

Contributo valutato da due referees anonimi nel rispetto delle finalità scientifiche, informative, creative e culturali storico-artistiche della rivista

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