Scrive
Marcos Novak, "una architettura liquida nel ciberspazio è
chiaramente una architettura smaterializzata, che non si accontenta
più solo dello spazio, della forma e della luce, e di tutti gli
aspetti del mondo reale. È una architettura di relazioni mutevoli
tra elementi astratti. È una architettura che tende a diventare
musica. (...) La musica era un tempo la più effimera delle arti, che
sopravviveva solo nella memoria dei suonatori e degli ascoltatori.
L'architettura era una volta la più durevole delle arti, che si
estendeva nelle caverne della terra e cambiava con la lentezza dei
cambiamenti del pianeta stesso. [Le tecniche digitali] permettono
oggi alla musica di diventare la più permanente delle arti. Al
contrario, il tempo di vita della architettura sta rapidamente
diminuendo. Per molti aspetti l'architettura è diventata la meno
durevole delle arti. L'architettura smaterializzata, danzante,
difficile, del ciberspazio, fluttuante, eterea, instabile,
trasmissibile simultaneamente a tutte le parti del mondo ma tangibile
solo in modo indiretto, può diventare l'architettura più duratura
che sia mai stata concepita"
È
in uso definire Zaha Hadid un architetto internazionale per i suoi
"movimenti" nelle strutture più complesse, che donano un'
immagine diversa ai grandi edifici da lei progettati. È come se si
mettessero in moto, notiamo fluidità della matita che sembra
"seguire" un treno. Una donna di origine irachena poi
naturalizzata britannica, con uno studio incredibile e notevoli
architetti e designer che l'accompagnano, un personaggio considerata
tra le cento Donne/manager più importanti del globo.
Ha
attirato intorno a sé il mondo rivelandone gli spazi inconsci e li
ha trasformati in utopia. Nella sua lunga carriera ha avuto il
coraggio di esplorare, rallentare e accelerare i ritmi della vita
quotidiana, sottoponendo il suo ambiente all'esposizione chirurgica
dell'architettura come forma di rappresentazione. Costruisce la sua
carriera sulla base di un'infanzia passata su tappeti tessuti a mano
e nella formazione presso la London's Architectural Association. Le
forme degli artisti del primo XX secolo sono, per lei, fonte d'
illuminazione. Qualcuno potrebbe dire che è una modernista, che non
crea nuove tecnologie ma ci rivela il mondo in chiave differente,
semplicemente rappresentandolo in modo radicale. Cerca tale
modernismo nella cancellazione di soggetto e oggetto e lo inserisce
in un paesaggio attuale plasmato come un luogo da attraversare senza
paure.
Nasce
a Baghdad, il 31 Ottobre del 1950 e cresce in uno dei primi edifici
del Bauhaus di ispirazione, in cui il termine modernismo, significa
bellezza irresistibile e pensiero innovatore. Il suo linguaggio, come
già precedentemente detto, è fonte di genio tratto dai tappeti
persiani della sua giovinezza. L'ascendenza più immediata
dell'artista è l'Architectural Association di Londra, dove studia in
un periodo in cui la scuola rappresenta il centro mondiale della
sperimentazione architettonica. Qui entra a contatto con architetti
di alto valore quali, Cook, Koolhaas, Tschumi, Coates.
Il
suo primo progetto, altro non è che la sua tesi di laurea, Il
ponte sul Tamigi, deve molto alla sua collaborazione con Rem
Koolhaas. Offre una geometria ridotta alla sua essenza, celebra
l'opera di Malevič. Un
loft modernista ripiegato su se stesso che porta in stretto rapporto
elementi programmatici differenti. L'attenzione dello spettatore
viene catturata dalla stessa immagine con una determinata
affermazione del nuovo. Successivamente la vedremo impegnata ad
allargare in diversi progetti le sue istanze narrative in un
linguaggio spaziale. Con la proposta per la nuova residenza del Primo
Ministro irlandese (1979-80) annuncia il collage. Guardiamo in
esso elementi rappresentativi che popolano un semplice cubo attraverso il
quale si apre una lunga parete curva che rivela la narrativa del
progetto. Zaha Hadid sa esattamente reinterpretare il paesaggio
urbano, in questi suoi primi elaborati plasma una realtà universale
come una raccolta di progetti visti dall'alto. Ciò che la rende
famosa è la vittoria del concorso per l'Hong Kong Peak, in questo
caso, lei, dimostra a migliaia di architetti e studenti di design che
le sue tecniche sono in realtà una nuova forma di architettura.
L'edificio si presenta come una struttura dedicata a disciplinare e
dilettare il corpo in una forma socialmente accettabile.
Nel
corso degli anni l'architetto sarà impegnata nella realizzazione di
forme con stampo stilistico, ma che vengono modificate nel loro
carattere, diventano leggere, trasparenti e stratificate. Se i
progetti dei primi anni sono dei collage con pezzi disparati, ora le
forme si evolvono in gesti singoli. Hadid esegue il personale lavoro
come una forma di paesaggio o di intervento sul paesaggio. Questa
linea di sviluppo è possibile contemplarla nella stazione dei
pompieri di Vitra. Qui, anziché costruire sul terreno, trae le forme
direttamente dal terreno, le modella e utilizza la logica spaziale
per creare fatti.
Tutte
le opere dell'architetto sono edifici di imponenti dimensioni, ma
nonostante ciò sono stati disegnati da lei come volumi trasparenti
che trovano apice in proposte come l' Hackney Empire Theatre di
Londra (1997) o il Lois & Richard Rosenthal Centre for
Contemporaney Art di Cincinnati. Ammiriamo forze localizzate in rampe
e volumi a spirale con attenzione per la continuità del paesaggio
che si concretizza in spazi aperti e volumi interni. Un paesaggio che
è diventato un elemento fondamentale nelle sue opere. Progetti dove
tende a sostituire lastre, prore e blocchi con tubi cilindrici e
spirali. L'elemento che predomina è il gesto, il movimento. Zaha
Hadid apre il paesaggio urbano creando quindi un mondo visionario ed
esplorando potenzialità spaziali di questa architettura mediante
forme dotate di una propria tipologia, struttura e proprietà
stilistica.
Dal
2000, diventa un architetto in grado di vendere il suo operato e se
stessa: la sua firma su un progetto ne aumenta il profilo. La firma è
da intendere naturalmente, in senso letterario, la si può
riconoscere in progetti degli ultimi anni ed è la “Z”, che può
anche essere letta come la logica prosecuzione dei serpenti che
strisciano attraverso forme precedenti, uniti a definire lo spazio in
ambito limitato. È il caso del MAXXI (1998/2009), ma anche della BMW
di Lipsia (2001/2005) dove, la forma serpentina, si insinua fra i
vincoli e gli ostacoli.
Qui
lei si affida all'uso del computer, la tecnologia informatica porta a
compimento quanto già annunciato da Walter Benjamin, soprattutto
quando svanisce la differenziazione fra percezione, raffigurazione ed
esecuzione.
Crea spazî continui sotto e attraverso un tessuto ondulato che spesso
si eleva in forme globulari o torri. Non fa altro che seguire il
principio secondo il quale il paesaggio progettato è una raccolta di
elementi, alcuni spaziali, altri niente più che ondulazioni del
paesaggio o delle strade che devono essere trascinati per creare una
realtà abitabile oltre i confini di una struttura. Affina le sue
tecniche facendo tesoro delle esperienze nel settore dell'arredamento
e paradossalmente della lettura del paesaggio su scala urbana, ed
estende i suoi progetti da intersezioni a punti di lancio, come
Innsbruck (Funicolare di Nordpark 2004/2007) o Lipsia.
Proprio
la funicolare appena citata , così come molti altri progetti di Zaha
Hadid possono essere incastrati nei
termini “liquid design architecture” e “blob architecture”.
Slogan che nascono quasi certamente nei primi anni Novanta del secolo
scorso, quando il disegno al computer, appunto, entra prepotentemente
nel mondo della progettazione architettonica ed alcuni designer si
cimentano nella sperimentazione delle potenzialità offerte da alcuni
software 3D nel generare forme fluide (o fluidiste) utilizzando le
curve geometriche chiamate NURBS.
L'architettura
liquida
Con
architettura liquida o architettura blob oggi si intende la
produzione di una corrente stilistica che ricerca forme organiche
generate attraverso la modellazione tridimensionale computerizzata.
Architettura liquida ha quindi a che vedere con la forma degli
edifici. Come forma espressiva è stata accostata anche al concetto
filosofico di società liquida coniato da Zygmunt Bauman basato
sull’insicurezza, la paura e la costante necessità di adeguamento
nel vivere contemporaneo. Certamente è una forma espressiva
significativa della contemporaneità.
Secondo Bauman, una delle figure di spicco nel panorama contemporaneo
sul tema della modernità liquida, il fulcro del concetto si fissa
sul fattore di continuità evoluzione e cambiamento che caratterizza
le trame della vita e della comunicazione oggi. La società può
essere definita “liquida” in senso metaforico perché il termine
inquadra in maniera chiara le dinamiche entro cui si determinano le
relazioni e gli aspetti della vita quotidiana. La dimensione della
società, quale manifestazione di attitudini, comportamenti e
aspettative dei cittadini cambia la sua configurazione in modo
dinamico e complesso. Tale assetto si attua e deriva virtualmente a
partire da ogni aspetto della forma lavorativa, economica, politica,
toccando questioni sociali, ma anche ciò che interessa alla gente
Il
concetto di architettura liquida viene chiarito per la prima volta
nel 1990 e a delineare questo gioco enigmatico di termini è Marcos
Novak. Attua apparati software in grado di riprodurre e rendere
navigabili in ambito elettronico le complesse forme del mondo
architettonico: edifici, stanze, piazze, rendendo ogni tipo di
costrutto digitale liquido, cioè deformabile dagli attori coinvolti.
Egli realizza una dinamica di allontanamento dai caratteri
tradizionali dell'architettura, pervenendo a una modellazione
semplificata e ricombinante delle strutture rappresentate
digitalmente. Di fatto le architetture liquide così concepite
risultano sterili da un punto di vista del rapporto con l'utente, che
può interagire in tali mondi virtuali mediante una rappresentazione
grafica tridimensionale, senza però né una libertà di movimento né
di espressione. Tutto ciò che egli compie è si, il modello
originario, ma rimane un prototipo teorico che, molti già prima di
Novak avevano formulato con l'idea di sviluppare un paradigma che
fosse in grado di associare la dimensione strutturalmente simulata e
rigidamente geometrica degli apparati e delle infrastrutture virtuali
canonizzando in realizzazioni digitali le forme classiche
dell'architettura e del design.
Il
discorso concernente le architetture liquide va considerato non solo
alla luce degli aspetti tecnologici di fattibilità dei dispositivi,
ma in unione con l'apparato culturale di ogni collettività che vive
l'evoluzione dei media e dei loro caratteri peculiari di velocità e
interattività.
I
nuovi sistemi, le nuove dinamiche, le nuove tecnologie hanno
ridefinito l'architettura del mondo reale, la sua dimensione sociale
e lo spazio delle pratiche e dei saperi. Sono nati ambienti virtuali
di interazione che hanno portato i gesti quotidiani del singolo e le
azioni delle comunità a trovare completamento oltre gli spazi reali
e hanno decostruito i rapporti di relazione tra persone e luoghi.
Sono cambiate anche le dinamiche di approccio ai contenuti: la rete
ha modificato e continua a mutare il modo in cui si comunica, si
lavora e si produce. Sostanzialmente ha cambiato il modo di vivere
dei soggetti poiché influenza gli apparati economici, politici e
culturali della società. Parliamo, dunque, di trasformazione
antropologica. In tutto ciò si è arrivati a formulare l'ipotesi che
le architetture liquide sono il perno del mondo contemporaneo
dell'informazione e della comunicazione, come metafora
rappresentativa del pensiero in rete e dispositivo esemplare delle
reti del pensiero. Come afferma Taylor, “ciò di cui il pensiero
ha bisogno oggi è una nuova architettura della complessità che
rappresenti, e al contempo articoli, la logica incarnazionale della
rete”.
Questa visione implica una concezione decisamente allargata
dell'informazione e della sua elaborazione: “se l'attività
mentale può essere intesa come un sistema complesso adattativo che
facilita l'elaborazione dell'informazione, allora sia i processi
naturali sia quelli culturali, sono in un certo senso dei
processi informazionali”.
Essenzialmente chiedersi cosa siano le architetture liquide, può
essere definito un errore per comprenderle come fenomeno complessivo
e caratterizzante l'epoca della cultura della rete. Per capirle bisogna
semplicemente entrare in sintonia con gli apparati stessi di
gestazione e connessione del pensiero che sono loro propri, e
abbandonarvisi, in modo tale che il corso degli eventi porti ognuno
verso l'esplorazione di un mondo che già gli appartiene.
Zaha
Hadid e gli edifici liquidi.
Tornando
a parlare dell'archistar irachena Zaha Hadid, attesto che oggi ella
domina la scena di questo genere di architettura. I suoi edifici
sembrano ispirarsi alle dune del deserto, molti di loro sono infatti
realizzabili solo grazie a tonnellate di acciaio e calcestruzzo
(Phaeno Science Center, Museo MAXXI
ecc…), soluzioni tecnologiche
che stridono con l’idea di un edificio che potrebbe essere
collocato in qualsiasi luogo. Prendo come oggetto d'esame la
grande
infrastruttura progettata dall'artista, un’opera fondamentale che
la città di Afragola ha atteso fin troppo a lungo: “la
stazione Tav”.
La
stazione
di Napoli Afragola
è
un posto di movimento
sulla
ferrovia Roma/Napoli alta velocità. La sua apertura al servizio
passeggeri e la conseguente trasformazione in stazione
è prevista per giugno 2015.
Il progetto
di questa ultima, è stato presentato ufficialmente il 4 novembre
2003 ed
è
stato paragonato in ambito ferroviario alla porta partenopea dell'
alta velocità-alta capacità a Napoli
in
quanto accoglierà tutti i treni ad alta velocità che,
non concludendo la propria corsa nel capoluogo campano, saranno
diretti verso altre città e dunque non fermeranno nella stazione
di Napoli Centrale.
Ospiterà, inoltre i treni del sistema regionale e quelli della
Circumvesuviana.
I
lavori, inizialmente, dovevano terminare nel 2008, poi però il
termine previsto fu rimandato al 2011. Nel 2011 non terminarono e nel
2012 addirittura furono sospesi per assenza fondi. All'inizio del
2014 è stato pubblicato un bando che aveva previsto,
dall'aggiudicazione dei lavori, il termine di questi ultimi entro 18
mesi.
Finalità
di nuova porta per la città, il progetto offre un disegno
architettonico che realizza un nodo trasportistico ben coordinato e
si impone con un segno forte sull' ambiente per presentare l’ingresso
a Napoli. La difficoltà maggiore dello schema è consistita nel creare un
interscambio di trasporti ben organizzato che potesse fungere
appunto, da portale nella città. L' idea del ponte nasce dalla
congettura di allargare la passerella, basilare per collegare le
varie banchine, fino a cambiarla nella galleria passeggeri maggiore
della stazione, nucleo del nuovo parco naturalistico-tecnologico
rivolto a riqualificare e avvalorare l’area. Il ponte assicura
inoltre la connessione del territorio evitando che la ferrovia
diventi un elemento di discontinuità e lega le due fasce del parco
che si estendono sui lati dei binari creando un effetto di continuità
tra l’area delimitata dall’anello viario e il paesaggio
circostante. Gli ingressi alla stazione, sistemati sulle estremità
est e ovest del ponte, agiscono come degli imbuti che raccolgono e
conducono i flussi attraverso le aree commerciali verso il nodo
centrale della sala passeggeri, dove sono sistemate la biglietteria e
le sale d’aspetto. La sala principale è pensata come un grande
atrio che facilita connessioni visuali inaspettate grazie ad ampie
vetrate che si aprono sulle piattaforme e sul paesaggio. Da questa
sala il passeggero può dirigersi verso l’alto, dove si sviluppa il
centro commerciale con i caffè e i ristoranti, e verso il basso,
dove sono i binari. Il volume della stazione, che si sviluppa per una
lunghezza di circa 350 metri, raggiunge un’altezza massima di 25
metri dalla quota del ferro con i volumi in acciaio della galleria
commerciale. Al centro del corpo principale l’apertura della
galleria si amplia a descrivere un grande vuoto su tre livelli. Sulla
galleria è prevista una vetrata di oltre 5000 mq con shaders per il
controllo e la diffusione della luce solare diretta e orientata al
recupero dell’energia solare. Tutto il sistema delle aperture è
stato progettato secondo criteri bioclimatici. L’esterno della
galleria è in materiale metallico e i 6000 mq delle vetrate di
facciata sono «a filo» con il rivestimento esterno. Il passaggio
dalle parti opache a quelle trasparenti avviene pertanto in modo
aerodinamico senza soluzione di continuità .
Il progetto esecutivo è stato affidato a Interprogetti
che si è occupata della redazione dello stesso: quello originario è
stato variato da quest'ultima nella fase di realizzazione per motivi
logistici. La Stazione dell’Alta Velocità di Afragola è stata concepita in seguito alla
sopraggiunta necessità di modificare le sequenze costruttive
previste dal piano originario al fine di consentire la piena
operatività dei binari ferroviari nel corso dei lavori. Nello
specifico la variante al progetto ha interessato gli impalcati
parzialmente prefabbricati in c.a.p. (Calcestruzzo Armato Precompresso).
Punto
d'approdo ideale per i turisti
e non, in una posizione geografica adeguata, un'opera che non vede
ancora un epilogo. Tanti altri progetti dell'architetto, anche più
complessi, sono stati realizzati nel frattempo, ma ancora non si
conosce una data precisa di apertura al pubblico della Stazione in
questione. Lo stato dei lavori ci permette di renderci conto che essa
è ancora lontana da una realistica inaugurazione, quindi in
conclusione mi resta da pormi una sola domanda: la Stazione TAV di
Zaha Hadid ad Afragola, uno dei cantieri più persistenti
dell'architetto che ancora non riesce a vedere una conclusione, sarà
mai terminata e soprattutto perché tutti questi ritardi? Posso solo
che augurarmi però che questa opera non sia solo uno dei tanti
progetti ambiziosi dell’ennesima firma eccelsa dell’architettura,
che, piuttosto di dare visibilità alla città, danneggiano solo le
finanze pubbliche.
NOTE
Bibliografia:
C.
De Sessa, Zaha Hadid. Eleganze
dissonanti, Universale di Architettura,
Testo&Immagine, Torino 1996.
I.
Paoletti, Processi
di trasferimento forte - La stazione TAV di Afragola, Napoli,
su Costruire le forme complesse. Clup, Milano, 2006, pp. 183–190.
M.
Ciastellardi, Le
architetture liquide. Dalle reti del pensiero al pensiero in rete, Led Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto, Milano, 2009.
Novak,
Architetture
liquide nel ciberspazio,
in Cyberspace.
Primi passi nella realtà virtuale,
Padova, Muzzio, 1993.
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