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Le xilografie con iscrizioni ebraiche, arabe e greche dell'Hypnerotomachia Poliphili: censimento dei significati, degli errori e delle varianti Hypnerotomachia Poliphili, scheda della xilografia n. 11, 13, 14, 37

Lydia Contino
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 Gennaio 2015, n. 749
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Area Libri

L'Hypnerotomachia Poliphili, fin dalla sua pubblicazione, ha suscitato un enorme interesse, stimolando la stesura di traduzioni, riduzioni, ristampe, libere interpretazioni in programmi iconografici più ampi e, fino al presente, studi e dibattiti che hanno contribuito a chiarire molti lati oscuri, sebbene molto resti ancora aperto agli approndimenti. Pubblicata a Venezia, in contrada Sant'Agostino, presso la tipografia di Aldo Manuzio il vecchio, l'editio princeps dell'HP, ovvero Battaglia d'amore in sogno di Polifilo, reca due date diverse, sia topiche che cronologiche. La prima, nel colophon, lo colloca a Treviso il 1º Maggio 1467, nei seguenti termini: «Taruisii [...] MCCCCLXVII Kalendis Maii»; la seconda, al termine delle Errata, corregge la precedente: in Venetiis mense Decembri MID e cioè, in Venezia nel 1499. L'incunabolo, anonimo e impreziosito da centosettantuno xilografie che accompagnano il testo, è suddiviso in trentotto capitoli, le cui iniziali svelano il nome del vero autore, POLIAM FRATER FRANCISCUS COLUMNA PERAMAVIT, Frate Francesco Colonna Molto amò Polia.

Il testo, non è di facile lettura ed è redatto in una lingua artefatta, composta dal greco e dal latino ed è accompagnata da epigrafi in lingua ebraica ed araba. La costruzione delle frasi sembra avvicinarsi maggiormente al periodo latino.

L'incunabolo utilizzato per la presente esposizione (disponibile in rete presso il sito della Bayerische Staatsbibliothek) è composto da quaderni distinti dalle lettere dell'alfabeto latino, minuscole, dalla a alla z, e, una volta esaurite, maiuscole, dalla A alla F. Sottoposto ad una nuova legatura che ha condotto il quaderno iniziale alla fine, l'esemplare è stato dotato, in un secondo momento, di una nuova cartulazione, da 1 a 233, indicata, a matita, in alto e in basso a destra.

Trama

La trama del libro è in sé abbastanza semplice e può riassumersi in breve.

Il protagonista, Polifilo, colui che ama molte cose, affronta un viaggio allegorico-iniziatico durante un sogno, o meglio, durante un sogno che sogna di fare, alla ricerca della amata Polia, ovvero le molte cose che, non appena trovata, lo accompagnerà fino alla conclusione. L’impostazione è subito molto complessa, oltre per i nomi usati, proprio per l’ideazione di questo meta-sogno, narrato in prima persona al passato e che riporta l’esperienza profonda che ha spiritualmente tramutato Polifilo, da quell’inesperto e incauto esploratore, in quell’io narrante dell’opera, indirettamente, ammonitore, che a sua volta accompagnerà il lettore lungo le stesse vicende.

Dopo la prima dedica, composta dal protagonista-autore per la bella amata, inizia la narrazione.

L’ambientazione iniziale è la stanza di Polifilo, nella quale passa una notte agitata da pensieri amorosi che, alle prime luci del giorno, lo sprofonderanno in un sogno. Polifilo è in cammino e, non appena giunge in una landa serena, decide di riposarsi, cadendo in un sogno dal quale sognerà, poco dopo, di risvegliarsi per vivere ulteriori esperienze mirabolanti e terrorifiche al tempo stesso, alla ricerca della donna amata. Durante questo secondo viaggio, affronterà pericoli, quasi mortali, scoverà i segni criptici di scritture occulte che nascondono le verità cui, di volta in volta, verrà edotto, dalle ninfe che incontrerà nel suo cammino che lo condurranno dalla loro regina Eleuterillyde e, poi, davanti a tre grandi porte, dove egli dovrà compiere la sua scelta di vita, si sottrarrà dai consigli delle donne e incontrerà Polia. Il punto di vista si sposta, momentaneamente, dalla parte di Polia che, dopo aver respinto l'amante, tornerà sui suoi passi, convinta da Cupido, apparsole in sogno. Polifilo raggiunge il suo obiettivo, ovvero l’amore di Polia e le vette della conoscenza spirituale, secondo i principi della filosofia greca espressa più volte, anche con richiami al tempio di Apollo a Delphi, Γνθι σεαυτόν e μηδν γαν, conosci te stesso e niente di troppo.

I sogni, però, non durano in eterno e così, quello di Polifilo. Congedatesi le Ninfe, dopo tante peripezie, Polifilo rimane solo con Polia e, mentre ella, nell’intimità, amorosamente lo ricambia e ne decanta le salde virtù, “Tu sei quella solida columna et colume della vita mia” (tu sei quella solida colonna e sostegno della vita mia), nell’attimo struggente del risveglio, con l’ultima parola di lei, vale, addio, il sogno si dissolve e con esso Polia e le gioie mondane. A Polifilo resterà la ricchezza interiore acquisita durante il viaggio nell’universo della propria coscienza.

Finito il racconto, seguono il primo colophon o colofone, l’epitaffio in nome dell’estinta Polia, le Errata, le dediche di Leonardo Crasso a Guidobaldo duca di Montefeltro, di Giovanni Battista Scita a Leonardo Crasso. Concludono i versi di Andrea Marone di Brescia.


Prosa dei testi

La xilografia 037=PDF-BFB-132 (quaderno h, carta 8, foglio 1; cartulazione moderna 69), da qui in avanti xilo-037, si riferisce all'arrivo di Polifilo davanti alle tre porte, ivi condotto dalle ninfe Logistica e Thelemia. L'episodio è citato in tre versi della lettera dedicatoria a Leonardo Crasso, persona di cui si sa solo che finanziò la pubblicazione dell'opera e che era un giureconsulto pontificio 1 . Nella dedica, che è una anticipazione dei contenuti che non svela la trama, si parla al futuro come se il romanzo dovesse ancora seguire quando invece è già terminato.


Lettera dedicatoria a Leonardo Crasso


Fig. 1

Figura 1. Quaderno iniziale, carta 4, foglio 2, righe 37-39

Qui lezerai de triplici e non vani
gesti, et la maiestà del gran Tonante
in le tre porte e sui co[n]sigli sani 2

Qui leggerai dei triplici e utili
gesti, e la maestà del gran Tonante 3
nelle tre porte e sui savi consigli.


Consigli che, come già accennato, Polifilo non seguirà, preferendo la strada dei sensi e della voluttà, piuttosto che quella della Ragione-Logistica, reclamando, così, il diritto al libero arbitrio.


Capitolo X. La strada che conduce alle tre porte



Come tutti i capitoli, anche questo è preceduto da un’anticipazione dei contenuti che seguiranno. Si riportano il testo originale e larelativa parafrasi.

POLIPHILO SEQUITA NARRANDO OLTRA TANTO CONVIVIO UNA ELEGANTISSIMA COREA CHE FUE UNO GIOCO. ET COME LA REGINA AD DUE PRAESTANTE PUERE SUE IL COMMISSE. LE QUALE EL CONDUSERON AD MIRARE DELITIOSE ET MAGNE COSE, ET CONFABULANDO ENUCLEATAMENTE LA MAESTRORONO COMMITANTE D’ALCUNE DUBIETATE. FINALITER PERVENERON AD LE TRE PORTE. ET COME ELLO RIMANETE NELLA MEDIANA PORTA, TRA LE AMOROSE NYMPHE.

Polifilo seguita a narrare dopo tanto convivio di una elegantissima danza che era un gioco. E come la regina lo affidò a due sue belle fanciulle. Le quali lo condussero ad ammirare deliziose e magnifiche cose, e parlando approfonditamente gli chiarirono d’alcuni dubbi. Finalmente pervennero ad altre tre porte. E come egli rimase al di là della porta centrale, tre le amorevoli Ninfe.



Nel presente brano, Polifilo ha incontato la Regina delle Ninfe che gli ha preannunciato il suo destino. Accompagnato dalle Ninfe Logistica e Thelemia si imbatte in uno dei tanti adagia di cui è disseminato il suo cammino, ovvero quel festina tarde, agire velocemente con calma, che egli non capirà e che, invece è l’ammonimento a riflettere sulla scelta che, tra breve, dovrà compiere.



Fig. 2

Figura 2. Quaderno h, carta 7, foglio 2; cartulazione moderna 63

Logistica etiam quivi me dixe. Poliphile, questi hieraglyphi io so che tu non l’intendi. Ma fano molto al proposito, a cui tende alle tre porte. Et però in monumento delli transeunti opportunissime sono collocati. El circulo dice. Medium tenuere beati.

L’altro. Velocitatem sedendo, tarditatem tempera surgendo. Hora nella mente tua discussamente rumina.

El quale ponte poscia era cum moderato prono, dimostrante la solerte disquisitione, et l’arte et lo ingegno del perspicacissimo artifice et inventore, collaudava in esso la aeterna soliditate, la quale non è cognita dagli caecucienti moderni, et pseudoarchitecti, sencia litteratura, mensura et arte, fucando, et di picture, et di liniamenti operiendo exta per omni modo il fabricato inconcinno et difforme. Il quale era tuto di marmoro Hymetio venustissimo. Havendo nui el ponte transacto, ambulavamo sotto per le fresche umbre, di vario garrito di avicule suavemente celebrate. Ad uno saxoso et cotico loco, ove gli excelsi et ardui monti se attollevano, pervenissimo. Et d’indi poscia contiguo ad una abruptaet invia, et salebrosa montagna, tuta derosa et piena di hernia scabricie. Alta fino nel aere, a ppendice fina delumbata, et nuda de omni virentia, et monti adryi circunquaque. Et quivi erano interscalpte le tre randuscule porte, rudemente excavate nel vivo saxo, opera antiquaria, et oltra il credere veterrima in magna asperugine di sito 4 .










Logistica infatti qui mi disse: Polifilo, io so che tu non capisci questi geroglifici. Ma sono relativi alle tre porte. E però a monito dei mortali sono opportunamente collocati. Il cerchio dice: essere nel medio rende beati.

L'altro: Sedersi velocemente, con lenti movimenti alzarsi. Ora rifletti attentamente nella tua mente. Il detto ponte formava una lieve curva discendente, come dimostrava l’ingegnosa disquisizione, e la maestria e l’ingegno dell’attento artefice e inventore faceva grande lode in esso dell’eterna solidità, la quale è sconosciuta agli accecati moderni, e pseudoarchitetti, senza letteratura, misura e arte, colorando con dipinti e ricoprendo i lineamenti delle parti migliori con ogni mezzo l’edificio sproporzionato e deforme. Che era di graziosissimo marmo proveniente da Imetto 5 .

Avendo attraversato il ponte, procedevamo sotto le fresche ombre, tra il vario cinguettio degli uccellini che soavemente le celebravano. Arrivammo ad una roccia muschiosa, dove gli elevati e ripidi monti si innalzavano. E da lì, dopo proseguimmo verso una erta, impraticabile e scabrosa montagna, tutta corrosa e piena di asperità. Elevata fino in cielo, con la sommità concava, era spoglia di ogni vegetazione, e circondata da monti. E qui erano intagliate le tre porte bronzee (randuscule) 6 , 7 , 8 , 9 , 10 (sic. Ariani-Gabriele... vi erano scolpite tre porte disadorne), rudemente sbozzate nella nuda pietra, opera di antica fattura, e oltre il credere antichissima in un luogo selvaggio.


Inoltre, per la parola randuscule, l’editore accetta la variante di Varrone(v.n. 8 ), infatti non è presente nelle errata (PDF-BSB-464, quaderno F, carta 4, foglio 1).


L’HP, anche da una lettura parziale, risulta essere ricca di metonomie, probabilmente usate con lo scopo di dire senza mostrare apertamente contenuti che avrebbero potuto rivelarsi scomodi per l’autore. Le tre porte, definite randuscule, sembrano far riferimento, mediante figura retorica, oltre al materiale con cui sono state fabbricate, anche ad un luogo ben preciso sito in Roma, ovvero alla Porta Raudusculana che, con la Nævia e la Lavernalis, figurava tra le porte meridionali della cinta muraria serviana 11 . Rintracciabile sul piccolo Aventino o San Saba, la porta in questione è legata, non solo al prodigioso episodio accaduto, secondo una leggenda, intorno al V sec. a.C., al romano Genucio Cipo e narrato da Valerio Massimo nel suo libro di racconti morali nel I sec. a.C. 12 , ma anche alla chiesa di Santa Balbina, la quale, edificata, forse, sul Titulus Tigridae 13 , venne restaurata nel 1489 14 per volere del cardinale Marco Barbo, nipote del papa Paolo II, prima nemico e poi sostenitore dell’Accademia Romana nella quale sembra nascere l’incunabolo.

Nella pagina PDF-BSB-135, quaderno i, carta 1, foglio 2, linea 1, le stesse porte sono definite ænee. L’aggettivo latino 15 , che significa bronzeo, richiama alla memoria, per assonanza, Enea che, secondo la tradizione genealogica cara alla famiglia Colonna, in qualità di figlio di Venere e Anchise, ha iniziato, attraverso la Gens Romilia e la Gens Julia, quella colonnese 16 .

Il testo commentato da Ariani-Gabriele ignora le metonimie e i riferimenti contingenti posti dall’autore 17 .


Le tre porte

 

Polifilo, giunto alle tre porte, riferisce che ognuna di esse è sovrastata da intestazioni riportate in quattro lingue: dal basso, latino, greco, ebraico ed arabo ma legge solo i titoli greci e, forse, per questa ragione è lecito persare che le fonti cui pensasse l'autore, come riferimenti culturali e letterari, fossero, appunto, principalmente greche, sebbene anche in latino possano rintracciarsi relazioni con gli autori classici. Riguardo alle intestazioni redatte nelle lingue orientali, è probabile che siano traduzioni letterali dal greco o dal latino, un po' per la lontananza dai riferimenti pagani, un po' perchè le parole usate, almeno in ebraico, nonostante le frasi siano corrette e il senso arrivi al lettore, non sono del tutto appropriate.


Fig. 4

Figura 4. Xilo-037=PDF-BSB-132; quaderno h, carta 8, foglio 1; cartulazione moderna 64 r

Sopra qualunque delle quale, di charactere Ionico, Romano, Hebraeo, et Arabo, vidi el titulo che la Diva Regina Eleuterilyda haveami praedicto et pronosticato, che io ritroverei. La porta dextra havea sculpta questa parola. THEODOXIA. Sopra della sinistra questo dicto. COSMODOXIA. Et la tertia havea notato cusì. EROTOTROPHOS.

Da poscia che nui quivi applicassimo immediate, le Damigelle comite incominciorono ad interpretare disertamente, et elucidare gli notandi tituli, et pulsando alle resonante valve dextere occluse, di metallo, di verdaceo rubigine infecte, sencia dimorare furon aperte 18 .


Sopra ognuna di esse, in caratteri greci, latini, ebraici e arabi, vidi il titolo che la Divina Regina Eleutherilyda mi aveva predetto e pronosticato che io avrei trovato. Sulla porta destra vi era scolpita questa parola ΘΕΟΔΟΧΙΑ. Sopra a quella sinistra questo detto ΚΟΣΜΟΔΟΧΙΑ. e la terza aveva questa nota. ΕΡΩΤΟΤΡΟΦΟΣ.

Subito dopo esserci avvicinati, le Damigelle riunite iniziarono ad interpretare eloquentemente e a spiegare i titoli da scegliere, e spingendo le risonanti ante destre chiuse, infette di metallo e di verdacea ruggine, senza indugiare furono aperte.






Esegesi delle scritte


Fig. 5

Figura 5. : Xilo-037=PDF-BSB-132; quaderno h, carta 8, foglio 1; cartulazione moderna 64r (particolare delle scritte)


Intestazioni in Latino


Per quel che riguarda le scritte latine, si nota la mancanza della lettera A in GLORI DEI e nelle Errata non è presente la correzione.

MATER AMORIS è definita Venere Citerea nelle Epistolae ex Ponto 19 di Ovidio, precisamente nella VII lettera scritta da Didone ad Enea.


Intestazioni in Greco 20


Θεοδοξία, ας, ¹ [δόξα] gloria divina, Clem. 54 21 e 22

Ερωτοτρόφος, ον, [τρέφω] che nutre l’amore, Orf 23 e 24

Κοσμοδοξία, voce assente. κοσµικοδοξία è la parola più affine trovata, ma fa parte del vocabolario moderno. 25


Intestazioni in Ebraico

Intestazioni in Ebraico: tabella comparativa

(copia diplomatica, trascrizione fonetica, traduzione)



L’artefice dei caratteri ebraici era Francesco Griffo, tipografo, si pensa bolognese, che ha praticato l’apprendistato a Padova prima di trasferirsi, nel 1494, presso la tipografia di Aldo Manuzio. Suoi sono anche i tipi greci e latini, comparsi nella forma tonda, proprio in occasione dell’edizione dell’Hypnerotomachia Poliphili, nel 1499 26 .

La scrittura della lingua ebraica si svolge da destra verso sinistra così, per facilitare la distinzione delle singole parole, le ho evidenziate con i colori. Per una più ampia accezione delle parole ebraiche ho usato il vocabolario del Fontanella. 27

Riguardo la lingua ebraica, è possibile trarre da essa significati occulti ed esoterici. Riporto, di seguito, quanto mi ha, generosamente, riferito un israeliano.


«Sopra la prima porta da destra c'è scritto in ebraico "tiferet 28 ha olam 29 ", "gloria del mondo" anche se la parola con cui è scritta in ebraico non significa propriamente 'gloria' ma è uno dei 10 valori della kabala, più precisamente è 'tiferet'- prima parola da destra sulla porta - che nella kabala rappresenta non proprio gloria ma una via di mezzo tra "potere" e " benevolenza".

Sulla porta centrale c'è scritto "ghidul ha ahava" che alla lettera vuol dire "far crescere l'amore" dove 'ahava' è amore; mentre sulla porta a sinistra c'è scritto "tiferet ha el" che alla lettera vuol dire 'gloria di dio' ma ricorda sempre che tiferet è l'elemento della kabala di cui abbiamo parlato prima!
Comunque nell'ebraico moderno 'tiferet' vuol dire bellezza o grazia.»
30


Voci dal dizionario 31 : Gloria, Dio, Madre, Amore, Mondo


Fig. 6

Figura 6. Vocabolario Italiano-Ebraico, Gloria


Fig. 7

Figura 7. Vocabolario Italiano-Ebraico, Dio


Fig. 8

Figura 8. Vocabolario Italiano-Ebraico, Madre


Fig. 9

Figura 9. Vocabolario Italiano-Ebraico, Amore


Fig. 10

Figura 10. Vocabolario Italiano-Ebraico, Mondo


ALFABETO EBRAICO (porzione relativa alla scheda)

TAV

"Sigillo del santo, Benedetto Egli Sia"

Forma: un marchio o sigillo. Segreto dei fossili: impressione del mondo del Tohu rimasta in questo mondo. Ciò che è rimasto della caduta di quel mondo pur spirituale e sviluppato. Una Dalet e una Nun: svuotamento di sé e umiltà. Il marchio rimasto nell'anima da precedenti reincarnazioni.

Nome: lettera, sigillo, impressione. Caino ricevette un segno sulla fronte, simbolo della sua caduta ma anche origine di protezione. Marchio posto sulle anime destinate alla vita eterna. In aramaico significa 'più, ancora'. Apertura verso l'infinito. Ultima lettera della parola 'emet' (verità), ultima lettera dell'alfabeto, sigillo dell'opera di Dio.

Numero: 400. Anni dell'esilio in Egitto, fase ultima della discesa e della creazione dei mondi inferiori. 400 miglia persiane: la lunghezza e la larghezza ideale della Terra d'Israele. 400 mondi di gioia e di beatitudine nel mondo a venire, il compimento di ogni desiderio dell'anima. 400 è il numero del compimento.


PHE’

"Le parole della bocca del saggio sono armonia" (Qoelet 10,12)

Forma: Una bocca aperta, con un dente in alto. Pericolo del pettegolezzo o della menzogna (Pharo , faraone, = PE RA =t bocca cattiva). Al positivo : la capacità di dire cose buone sul conto di tutti. I denti sono simbolo di sapienza (32 sono i cammini della sapienza), capacità di rettificare la realtà.

Nome: bocca. La bocca di Mosè, che parlava con Dio " bocca a bocca". Organo di rivelazione del pensiero, dello spirito (ruach). Nel bacio d'amore vero e realizzato tra amante e amata c'è l'unione di 2+2 = 4 spiriti (Zohar sul Cantico dei Cantici), e l'esperienza diretta del livello del messia, su cui aliteranno quattro spiriti (Isaia 11).

Numero: Ottanta. Età di Mosè quando ricevette la Torà. Età in qui il processo di rettificazione e di purificazione della Sefirà di Yesod (80) è completato.


ALEF

" unione degli opposti"

Forma: Acque superiori e acque inferiori, con il firmamento ` nel mezzo. Il firmamento separa ma anche unisce i diversi campi di energia nel cosmo. Le acque superiori sono l'amore divino (Chesed), quelle inferiori sono le emozioni umane. Il firmamento è il canale che le unifica, costituito dal 'servizio divino'. Acque superiori: 'Luce che circonda i mondi'; acque inferiori: 'Luce che riempie i mondi'; firmamento: segreto della "Restrizione" e dell' "impressione" (reshimo)

Nome: "Alefkhà Hokmà" (Giobbe 33,33) "Ti insegnerò la sapienza". La potenza di Dio di insegnarci la sua sapienza infinita. "Alufò shel olam" = "Il capo dell'universo": l'assoluta sovranità di Dio, controllore e re supremo del cosmo.

Numero: Uno = l'unità, base e chiave di ogni numero, di ogni conto. L'unità del popolo di Dio. L'unità, del popolo di Dio. L'unità di Dio ("Shemà Israel YHVH nostro Dio YHVH è UNO").


RESH

"La testa del Benedetto in verità " .

Forma: Una testa piegata. Il cervello, La potenza del pensiero. Una curva, simbolo del cambiamento di direzione. Teshuvà (conversione del cuore), ritorno a Dio dopo un lungo periodo di lontananza.

Nome: Un uomo povero. La povertà del pensiero umano se non è connesso con la sua radice trascendente. Oppure: Resh significa 'rosh' = testa. Le tre 'estremità di Keter.

Numero: Duecento. 200 'zuzim' era l'ammontare di denaro che differenziava un povero da un ricco. 200 è la ghematria di 'etzem' (essenza). La testa contiene l'essenza della personalità, il segreto della sua unicità.


HEY

"Rivestimenti dell'anima"

Forma: le tre dimensioni dello spazio, simbolo della rivelazione di ogni idea nascosta. I tre rivestimenti della potenza dell'anima: Pensiero, Parola, Azione. Immanenza di Dio nella creazione.

Nome: 'Nihieti'= espressione di dolore. Hey è la lettera della manifestazione della realtà separata, della nascita. Il pianto del neonato. Hey è anche il grido di sorpresa alla rivelazione della Divinità insita nella creazione.

Numero: Cinque. I cinque pianeti visibili. I cinque livelli dell'anima (Nefesh, Ruach, Neshamà, Chayà Yechidà). I cinque libri della Torà (Pentateuco). Numero dell'auto-espressione.


'AIN

"La luce degli occhi"

Forma: Radici che entrano in profondità. La radice comune di tutte le anime e di tutti i popoli.

Nome: Occhio. Simbolo della sapienza. Vedere è una funzione di Chokhmà, sentire è una funzione di Binà. L'occhio dell'anima che cerca la visione pristina di Dio. L'occhio di Dio, sempre aperto a proteggere la creazione. 'Ain' significa anche 'sorgente'. Simbolo della capacità di entrare nel profondo della realtà, alla ricerca delle acque di vita.

Numero: Settanta. Numero della collettività. Settanta nazioni, settanta lingue. Settanta discendenti di Giacobbe scesero in Egitto. Settanta membri del Sinedrio, suprema autorità giudiziaria. Settanta volti della Torà. Età della vera sapienza.


VAV

"Estensione ed unificazione"

Forma: un pilastro. Una persona eretta. Il 'pilastro centrale' (amuda de emtzaita ), la linea della verità che attraversa l'intera realtà. La colonna vertebrale, lungo la quale il seme discende dal cervello all'organo sessuale.

Nome: 'uncino'= ogni parte della realtà possiede degli 'uncini', dei 'ganci', che sono la sua connessione potenziale con ogni altra parte o dettaglio. Capacità dell'anima di connettersi con altre anime.

Numero: Sei. I sei giorni della creazione. Le sei direzioni dello spazio. Numero dell'attività lavorativa. Le sei emozioni del cuore (Amore, Timore, Misericordia, Sicurezza, Semplicità, Verità).


LAMED

"La torre che vola nell'aria"

Forma: la lettera più alta dell'alfabeto, una nave spaziale.

l Potenza dell'anima di ascendere. Aspirazione ed inspirazione. Scala di Giacobbe (Sullam), la potenza di ascendere e di discendere, quadratura del cerchio).

Nome: insegnare e imparare. L'atto più importante nella vita dell'ebreo religioso. Iniziale della parola 'lev' (cuore), la vera sapienza è quella del cuore.

Numero: Trenta. Numero della forza. Entrata nel futuro. Numero di Yehudà, il re d'Israele.


MEM

"Acque di vita"

Forma: Può essere aperta (sorgente d'acqua in superficie), oppure chiusa (acque nascoste nel profondo della terra). Simboleggia la parte dell'anima che si incarna e quella che rimane sempre connessa coi mondi superni. Con la venuta del Messia anche questa parte dell'anima sarà rivelata, insieme col suo potenziale di vino. Mem quadrata: potenza creativa dell'anima: creare altre anime tramite la vera unione.

Nome: Acqua, simbolo d'amore. Lettera della semplicità, capacità di essere se stessi sino in fondo.

Numero: Quaranta. Numero della purificazione (il Diluvio durò quaranta giorni). Numero della comprensione (Binà).


GIMEL

"Ratzo va-shov" ("correvano e ritornavano" Ezechiele 1,14)

Forma: una persona nell'atto di correre. Potenza del movimento. Ogni anima è in costante movimento; corre al di fuori di se stessa fino a Dio, e ritorna in sé per servirlo meglio. Potenza di progredire, di lasciare l'insoddisfacente per cercare il divino.

Nome: 'gmilut hasadim' = elargire carità e beneficenza. Oppure: 'cammello', simbolo di un lungo viaggio al sud, in cerca di sapienza.

Numero: Tre. Numero di stabilità e di equilibrio. Tre elementi, Fuoco, Aria, Acqua, che riposano su di un quarto, la Terra. Il popolo di Israele è tripartito: Cohanim, Leviim, Israelim; vi sono tre patriarchi: Abramo, Isacco, Giacobbe. La Torà ha tre parti. Le tre 'estremità di Keter': la triripartizione all' interno della Luce Infinita. Numero di forza e di durata: "ha chut ha-meshulas lo bi-maherà inatek" (Qohelet 4,12) = 'la corda triplice non verrà spezzata con facilità'.


DALET

"Nullificazione di se stessi"

Forma: una persona umilmente inchinata, la potenza di annullare se stessi e il proprio ego.

Nome: 'delet' = porta. Il farsi piccoli e il piegarsi di fronte alla volontà di Dio sono la porta della crescita dell' anima. 'Dalut' = povertà (Dalet è il povero al quale il ricco, Ghimel, dona con abbondanza). Capacità dell'anima di riconoscere la propria povertà.


BEIT

"La casa dalla scelta"

Forma: Un recipiente chiuso da tre lati (Est, Sud, Ovest) e aperto da un lato (Nord), per dare la possibilità al male di esistere, onde vi sia 'libera scelta'. Due stati di conoscenza di Dio: essoterica (aperta) ed esoterica (chiusa).

Nome: 'Casa', la casa dell'universo. Beit è la prima lettera della Torà, la lettera della creazione. Il lato femminile dell'anima, il concetto di 'ricezione', di disponibilità. Rettificazione finale di tutta la realtà, che deve divenire la "casa di Dio" (Beit è l'iniziale di 'berakhà' = benedizione).

Numero: Due. Inizio della pluralità, della creazione. Segreto dell'anima che ama Dio ('neshamà' = 'mishne'); l'anima è seconda solo a Dio. Dio è: 'il paradosso di ogni paradosso, in quanto appare duplice, ma la sua essenza ultima è al di là di ogni dualità' 32 .



Intestazioni in Arabo


Per quanto riguarda le iscrizioni arabe, chi ha inciso la matrice dell’illustrazione conosceva la lingua o, forse, la conosceva qualcuno che ha suggerito le scritte. In entrambi i casi i titoli sono stati pensati per qualcuno che aveva dimestichezza con l’Arabo, non tanto per la mancanza degli accenti, ma perché le lettere sono articolate e disposte secondo il criterio della scrittura cufica 33 e, perciò, di difficile interpretazione e se, come in una Stele di Rosetta, non fossero stati presenti gli stessi contenuti in idiomi maggiormente noti, anche un madrelingua avrebbe incontrato delle difficoltà a sciogliere le lettere

Come già rilevato da Piemontesi 34 , sono presenti delle imprecisioni. Degno di nota è lo scambio delle iscrizioni delle porte destra e sinistra.

Le parole arabe, come è stato per le scritture ebraiche, saranno distinte con i colori e abbinate alle rispettive traduzioni 35 . Nella tabella è stata ripristinata la posizione corretta delle intestazioni. Altre inesattezze di trascrizione si riscontrano nella parola amore della titolazione della porta centrale: anziché m’hàbbat, è scritto m’giàbbah 36 .

Alle lettere arabe, come nell’alfabeto ebraico, corrisponde un numero. Questo criterio, chiamato Basmala (la comune formula scritta in lingua araba, con la quale iniziano tutte le sure del Corano, eccetto la IX), e cioè بسم الله الرحمن الرحيم (Bi-smi 'llāhi al-Rahmāni al-Rahīmi, In nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso) avrebbe un valore di 786 (2+60+40 + 1+30+30+5 + 1+30+200+8+40+50 + 1+30+200+8+10+40), mentre la sola parola Allah (Dio) ha valore 66. La cifra fa riferimento al cosiddeto quadrato magico di Allah.



Intestazioni in Arabo: tabella comparativa

(copia diplomatica, trascrizione fonetica, traduzione)



Voci dal dizionario 38 : Gloria, Dio, Madre, Amore, Mondo


Fig. 11

Figura 11. Dictionnaire Francaise-Arabe, Gloria


Fig. 12

Figura 12. Dictionnaire Francaise-Arabe, Dio


Fig. 13

Figura 13. Dictionnaire Francaise-Arabe, Madre


Fig. 14

Figura 14. Dictionnaire Francaise-Arabe, Amore


Fig. 15

Figura 15. Dictionnaire Francaise-Arabe, Mondo


ALFABETO ARABO (porzione relativa alla scheda)

La alif (ا) è la prima lettera dell'alfabeto arabo.

Assieme alla lettera ebraica aleph (א), alla lettera greca alfa (A,α) e alla lettera latina a (A,a), deriva dal fenicio 'āleph , a sua volta derivante dal proto-cananeo 'alp ("bue").


Forma isolata

Forma iniziale

Forma intermedia

Forma finale

ﻤ…

ﻢ…

Mīm è la ventiquattresima lettera dell'alfabeto arabo. Nella numerazione abjad essa assume il valore 40. Questa lettera deriva secondo alcuni da dell'alfabeto nabateo, secondo altri da ܡܡ dell'alfabeto siriaco. In ogni caso deriva da mem dell'alfabeto aramaico (), che nacque dalla mem dell'alfabeto fenicio (), generata dalla mem dell'alfabeto proto-cananeo ().


Forma isolata

Forma iniziale

Forma intermedia

Forma finale

ﺠ…

ﺞ…

Ǧīm è la quinta lettera dell'alfabeto arabo. Nella numerazione abjad assumeva il valore di 3. Nella traslitterazione dall'arabo è comunemente associata a j. Questa lettera deriva secondo alcuni da dell'alfabeto nabateo, secondo altri da ܓ dell'alfabeto siriaco. In ogni caso deriva da gimel dell'alfabeto aramaico (), che nacque dalla gimel dell'alfabeto fenicio (), generata dalla gaml dell'alfabeto proto-cananeo ().


Forma isolata

Forma iniziale

Forma intermedia

Forma finale

ح

āʾ è la sesta lettera dell'alfabeto arabo. Secondo la numerazione abjad questa lettera corrisponde al numero 8. Graficamente è molto simile alla lettera ǧīm, da cui differisce esclusivamente per la mancanza del punto al di sotto del grafema. Questa lettera deriva secondo alcuni da dell'alfabeto nabateo, secondo altri da ܚ dell'alfabeto siriaco. In ogni caso deriva da heht dell'alfabeto aramaico (), che nacque dalla heth dell'alfabeto fenicio (), generata dalla het dell'alfabeto proto-cananeo (). Foneticamente corrisponde alla fricativa faringale sorda ([ħ]). Per la sua particolarità e relativa difficoltà di pronuncia è uno shibboleth. āʾ viene scritta in varie forme in funzione della sua posizione all'interno di una parola. Nella traslitterazione dall'arabo è comunemente associata a .


Forma isolata

Forma iniziale

Forma intermedia

Forma finale

ﺪ…

ﺪ…

Dāl è l'ottava lettera dell'alfabeto arabo. Secondo la numerazione abjad essa valeva 4. Nella traslitterazione dall'arabo è comunemente associata a d. Questa lettera deriva secondo alcuni da dell'alfabeto nabateo, secondo altri da ܕ dell'alfabeto siriaco. In ogni caso deriva da daleth dell'alfabeto aramaico (), che nacque dalla daleth dell'alfabeto fenicio (), generata dalla digg dell'alfabeto proto-cananeo ().


Forma isolata

Forma iniziale

Forma intermedia

Forma finale

ﻠ…

ﻞ…

Lām è la ventitreesima lettera dell'alfabeto arabo. Nella numerazione abjad essa assume il valore 30. Nella traslitterazione dall'arabo è comunemente associata a l. Questa lettera deriva secondo alcuni da dell'alfabeto nabateo, secondo altri da ܠ dell'alfabeto siriaco. In ogni caso deriva da lamed dell'alfabeto aramaico (), che nacque dalla lamedh dell'alfabeto fenicio (), generata dalla lamd dell'alfabeto proto-cananeo ().


Forma isolata

Forma iniziale

Forma intermedia

Forma finale

ﻬ…

ﻪ…

ʼ è la ventiseiesima lettera dell'alfabeto arabo. Nella numerazione abjad essa assume il valore 5 (questa numerazione si basa infatti sull'antico ordine delle lettere nell'alfabeto semitico nordoccidentale, dove per l'appunto era la quinta lettera). Foneticamente corrisponde alla fricativa glottidale sorda ([h]). Questa lettera deriva secondo alcuni da dell'alfabeto nabateo, secondo altri da ܗ dell'alfabeto siriaco. In ogni caso deriva da he dell'alfabeto aramaico (), che nacque dalla he dell'alfabeto fenicio (), generata dalla haw dell'alfabeto proto-cananeo ().


Forma isolata

Forma iniziale

Forma intermedia

Forma finale

ﺒـ…

ﺐ…

ʼ è la seconda lettera dell'alfabeto arabo. Nella numerazione abjad il suo valore è pari a 2. Nella traslitterazione dall'arabo è comunemente associata a b. Questa lettera deriva secondo alcuni da dell'alfabeto nabateo, secondo altri da dell'alfabeto siriaco. In ogni caso deriva da Beth dell'alfabeto aramaico (), che nacque dalla bēth dell'alfabeto fenicio (), generata dalla bet dell'alfabeto proto-cananeo ().


Forma isolata

Forma iniziale

Forma intermedia

Forma finale

ﻨ…

ﻦ…

Nūn è la venticinquesima lettera dell'alfabeto arabo. Nella numerazione abjad essa assume il valore 50. Nella traslitterazione dall'arabo è comunemente associata a n. Questa lettera deriva secondo alcuni da dell'alfabeto nabateo, secondo altri da ܢܢ dell'alfabeto siriaco. In ogni caso deriva da nun dell'alfabeto aramaico (), che nacque dalla nun dell'alfabeto fenicio (), generata dalla nahs dell'alfabeto proto-cananeo ().


Forma isolata

Forma iniziale

Forma intermedia

Forma finale

ة

ﺔ…

ʼ marbūa ("Ta legata") è una variante della lettera dell'alfabeto arabo tā’, utilizzata unicamente alla fine di una parola. La ʼ normale, per distinguerla dalla ʼ marbūa, è spesso chiamata ta maftūa ("ta aperta"). Nella traslitterazione dall'arabo è comunemente associata a h o t, a seconda dei casi.


Forma isolata

Forma iniziale

Forma intermedia

Forma finale

ʼ viene scritta in varie forme in funzione della sua posizione all'interno di una parola. Nella traslitterazione dall'arabo è comunemente associata a h.


Forma isolata

Forma iniziale

Forma intermedia

Forma finale

ʼ viene scritta in varie forme in funzione della sua posizione all'interno di una parola:

Nella traslitterazione dall'arabo è comunemente associata a y.

Solitamente ha valore di consonante ([j]) quando è posta all'inizio della parola, ha valore di vocale lunga ([u:]) quando è in mezzo o alla fine della parola.

Essa, inoltre, può fungere da base per la hamza: ئ.




Fig. 16

Figura 16. Xilo-11=PDF-BSB-034, quaderno b, carta 8, foglio 1; cartulazione moderna 15r


Figura 16:



Nella xilografia in esame, sono presenti altre due scritte definite dall’autore Ionice, & Arabe, poste sullo stendardo affisso sulla fronte dell’Elefante Obeliscoforo e recita così: “FATICA E OPEROSITA’ 39 ”.

In riferimento alla traduzione dal Greco, tramite riscontro effettuato con il vocabolario 40 , il testo riporta le parole: “ΓΟΝΟΣ” ovvero origine, stirpe, nascita; “ΚΑΙ” ovvero e; “ΕΥΦΥΙΑ” ovvero favorevole posizione (si rammenta che il prefisso ευ- esprime la bontà del concetto che ad esso segue). La versione, qui indicata, è maggiormente in accordo con quanto esprime Enea Silvio Piccolomini. Infatti, la sua lettera, redatta in forma onirico-dialogica e inviata a Procopio di Rabenstain nel 1444 per consolare l’umanista della mancata promozione e del relativo riconoscimento di merito, è una invettiva contro la Fortuna e fu pubblicata a Roma nel 1475-76 come Somnium de Fortuna. Nel dettaglio, a p. 74 r.17 e segg., del testo Hypnerotomachia Poliphili di Stefano Colonna 41 , il futuro Pio II dichiara per bocca di Maffeo Vegio Lodigiano che “Se [Fortuna] avesse voluto ... , avremmo ottenuto la gloria non per la nostra virtù, ma per sorte di nascita”. Tale riferimento, applicato all’illustrazione dell’Elefante Obeliscoforo, si inserisce a pieno titolo in quella dialettica degli opposti fatta per ossimori, non solo testuali, ma anche, visivi: il massimo della pesantezza e il massimo della leggerezza fisiche e intellettuali convivono nel perpetuo equilibrio.

L'iscrizione, qui presentata e redatta nel registro inferiore in caratteri arabo-cufici, è stata ampiamente affrontata dall’arabista Piemontese 42 .




Fig. 17

Figura 17. Tratta da Collezione di tutte le antichità, pag. 222 tav. 396


Fig. 18

Figura 18. Tratta da Collezione di tutte le antichità, pag. 222 tav. 396, partic.


Fig.19

Figura 19. Xilo-13=PDF-BSB-036

Per la quale cosa di curiosa aviditate grandemente incitato, introgresso montai. Ove cavo tutto et vacuo il maximo et prodigioso monstro, et cavernato il trovai. Excepto, che il medesimo sodo era relicto ancora intestino, quale extimo stava subiecto. Et havea tanta itione, et verso il capo, et verso la parte postrema, quanto che l’homo naturale facea transito. Et quivi nel convexo del dorso suspensa, cum laquei erei ardea una lampada inextinguibile. Cum illuminatione carceraria. Per la quale in questa posterga parte, mirai uno antiquario sepulchro concesso alla propria petra, cum una perfecta imagine virile et nuda, quanto il naturale commune,

incoronata, dil Saxo, nigerrima. Cum gli denti, ochii, et ungue di lucente argento intecti. Sopra stante al sepulchrale coperto inarcuato, et di squammea operatura investito, et di altri exquisiti liniamenti. Monstrava cum uno inaurato sceptro di ramo extenso il bracio, la parte anteriore. Et nella sinistra teniva uno carinato scuto, exacta la forma dal osso capitale equino, inscripto di tri idiomi, cum picole notule. Hebraeo, Attico, et Latino, di tale sententia.

[Immagine]

[Immagine]

ΓΥΜΝΟΣ ΗΝ, ΕΙ ΜΗ ΑΝ ΘΗΡΙΟΝ ΕΜΕ ΚΑΛΥΨΕΝ. ΖΗΤΕΙ, ΕΥΡΗΣΗ ΔΕ. ΕΑΣΟΝ ΜΕ.

NUDUS ESSEM, BESTIA NI ME TEXISSET.

QUAERE, ET INVENIES. ME SINITO.

Per la quale inusitata cosa i' stetti non mediocremente stupido cum alquanto horrore. Diqué non troppo differendo converso ad lo ritorno, vidi il simigliante ardere et lucere un’altra lucerna, come dinanti è dicto. Et facendo transito sopra lo hiato dil

salire, ivi verso il capo dill’animale. Et in questo lato ancora una medesima factura di veterrima sepultura trovai. Et la


statua supra stante di tutto, quale l’altra, se non che era regina, la quale sublevato il

dextro bracio cum l’indice signava la parte retro le sue spalle, et cum l’altro teniva una

tabella ritinuta cum il coperto et cum la mano sua indivisa. Nella quale etiam inscripto

era tale epigramma in tri idiomi.

[Immagine]

[Immagine]

ΟΣΤΙΣ ΕΙ, ΛΑΒΕ ΕΚ ΤΟΥΔΕ ΤΟΥ ΘΗΣΑΥΡΟΥ, ΟΣΟΝ ΑΝ ΑΡΕΣΚΟΙ. ΠΑΡΑΙΝΩ ΔΕ ΩΣ ΛΑΒΗιΣ ΤΗΝ ΚΕΦΑΛΗΝ. ΜΗ ΑΠΤΟΥ ΣΩΜΑΤΟΣ.

QUISQUIS ES, QUANTUNCUNQUE LIBUERIT HUIUS THESAURI SUME. AT MONEO. AUFER CAPUT. CORPUS NE TANGITO.

Di tanta novitate digna di relato mirabondo, et degli aenigmati praelegendoli saepicule, dil tutto io restai ignaro, et dilla interpretatione et sophismo significato molto ambiguo. Non era auso perciò alcuna cosa pertentare. Ma quasi incusso da timore in questo loco tetro et illumino, quantunque gli fusse il lucernale lume, niente di manco il solicito desiderio di contemplare la triumphante porta stimulante, più legitima causa fue che quivi non dimorasse, che altro. Diqué sencia altro fare, cum pensiero et proposito per omni modo dapò la contemplatione di essa porta mirabile, un’altra fiata quivi ritornare, et più tranquillamente speculare tale magnificentia de invento dagli humani ingegni, citissimo all’apertura perveni. Et descendando uscivi fora dil exviscerato monstro. Inventione inexcogitabile, et sencia existimatione, excesso di faticha, et temerario auso humano, quale Trepano terebrare tanta durecia et contumacia di petra, et evacuare tanta duritudine di materia, overo altre fabrile machine poteron? Concordemente conveniendo il cavato introrso cum la forma exteriore. Finalmente sopra la piacia ritornato, vidi in questo porphyretico


basamento in circuito inscalpto dignissimamente tali hieraglyphi.



Perciò, grandemente mosso da una curiosa avidità, montai all’interno. Trovai tutto scavato e assolutamente vuoto e cavo il prodigioso mostro. Excepto, che lo stesso corpo era abbandonato all’interno, che credo stava subiecto. E si poteva andare, e verso la testa, e verso la parte posteriore, quanto l’uomo naturalmente può camminare. E qui dal dorso arcuato, ardeva senza mai esaurirsi una lampada sospesa con lacci al soffitto. Con un’illuminazione fievole. Grazie alla quale in questa parte posteriore, notai un antico sepolcro scolpito nella stessa pietra, con una perfetta immagine virile e nuda, a grandezza naturale, incoronata, da un masso, nerissima. Aveva i denti, gli occhi e le unghie di lucente argento incastonati. Sopra al coperchio arcuato del sepolcro, e di decorazione a squame ricoperto, e di altri squisiti tratti. Mostrava con uno scettro di legno dorato che gli estendeva il braccio, la parte anteriore. E nella sinistra teneva uno scudo carenato/convesso 42 bis , che aveva la forma esatta dell’osso frontale del cavallo, iscritto da tre idomi,con piccole note, Ebreo, Attico e Latino, di tale sentenza.

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ΓΥΜΝΟΣ ΗΝ, ΕΙ ΜΗ ΑΝ ΘΗΡΙΟΝ ΕΜΕ ΚΑΛΥΨΕΝ. ΖΗΤΕΙ, ΕΥΡΗΣΗ ΔΕ. ΕΑΣΟΝ ΜΕ.

NUDUS ESSEM, BESTIA NI ME TEXISSET.

QUAERE, ET INVENIES. ME SINITO.

Per la cosa insolita me ne stetti enormemente istipidito e con molto spavento. Dopo di che similmente giratomi intorno, vidi il simile ardere e illuminare di un’altra lanterna, come è detto di seguito. E così facendo. vado sopra all’apertura per salire, lì verso la testa dell’animale. E da questo lato trovai ancora una medesima opera di un’antichissima sepoltura. E la


statua soprastante, come l’altra se non per il fatto che era una regina. la quale sollevato il braccio destro con l’indice segnava la parte posteriore alle sue spalle e con l’altro teneva una tabella tutt’uno con il coperchio e unitac alla sua mano. Anche nella quale era iscritto un epigramma in tre lingue.

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ΟΣΤΙΣ ΕΙ, ΛΑΒΕ ΕΚ ΤΟΥΔΕ ΤΟΥ ΘΗΣΑΥΡΟΥ, ΟΣΟΝ ΑΝ ΑΡΕΣΚΟΙ. ΠΑΡΑΙΝΩ ΔΕ ΩΣ ΛΑΒΗιΣ ΤΗΝ ΚΕΦΑΛΗΝ. ΜΗ ΑΠΤΟΥ ΣΩΜΑΤΟΣ.

QUISQUIS ES, QUANTUNCUNQUE LIBUERIT HUIUS THESAURI SUME. AT MONEO. AUFER CAPUT. CORPUS NE TANGITO.

Di tanta novità degna di una relazione ammirata, e degli enigmatici testamenti divulgati, io restai ignaro, sia dell’ interpretazione che del misterioso dignificato molto ambiguo. Non era il caso di intraprendere alcuna iniziativa. Ma quasi spinto da paura in questo luogo tetro e illumino, per quanto ci fosse la luce della lanterna, niente meno che il sollecito desiderio di contemplare la trionfante porta invitante, fu la legittima causa che qui no dimorasse e non altro. Quindi senza fare altro, con pensiero e proposito ad ogni modo per un po’ la contemplazione di questa porta mirabile, ancora una volta ritornare qui, e più tranquillamente ammirare tale magnificenza dell’invenzione degli umini ingegni, rapidissimo all’apertura arrivai. E scendendo uscivo fuori dall’incavato mostro. Invenzione impensabile, e senza progettazione, eccesso di fatica, e temerario uso umano, quale trapano perforare tanta durezza e inflessibilità della pietra, e estirpare tante durezza di materia, ovvero poterono altre instancabili macchine? Concordemente convenendo l’interno scavato con la forma esteriore. Finalmente tornato alla spiaggia, vidi in questo marmoreo


basamento in circolo scolpito in maniera degnissima tali geroglifici.

Fig. 19

Figura 19. Xilo-13=PDF-BSB-036; quaderno b, carta 8, foglio 1; cartulazione moderna 16r

Intestazioni in Arabo: tabella comparativa


Intestazioni in ebraico: tabella comparativa

(copia diplomatica, trascrizione fonetica, traduzione)




L’immagine potrebbe collegarsi al mito di Giasone che, dopo aver sedotto la principessa di Lemno, Isifile e poi Medea, figlia del re colchide Oeta, la abbandona. Lo stesso Dante lo ricorda nel XVIII canto, 86 della Commedia, collocandolo tra gli ingannatori di donne, a correre nudo sferzato dai demoni.

Così il Giasone nel libro dei Maccabei, il quale Dante assimilò al papa Clemente V, posto nel XIX canto tra i simoniaci, che, nel 1313, aveva spostato la sede papale nella Guascogna e indipendente dall’egida di Filippo il Bello.

Similmente, il Giasone argonauta che la mitologia greca ricorda per la sua impresa alle ricerca del vello d’oro.


Xilo-14=PDF-BSB-037


Fig. 20

Figura 20. Xilo-14=PDF-BSB-037; quaderno b, carta 8, foglio 2; cartulazione moderna 16v

Eyè mi shetiyè,

chiunque tu sia

Kah min aotzàr azè

prendi da questo tesoro  

keavàt nafshehà

quanto brama la tua anima 

aval azhìr othà,

ma ti avverto,

assèr aròsh

togli la testa

Vèal tigà bègufò

e non toccare il suo corpo


L’immagine ricorda la Gorgone e il mito di Perseo il quale, per estirpare la testa della sfortunata donna, fa uso dello scudo e della spada. La raffigurazione è maggiormente esplicita nella xilo-61=PDF-BFB-165; quaderno k, carta 8, foglio 2; cartulazione moderna 80 v; “SECUNDA SINISTRA”, nella quale ritorna lo scudo cui si sostiene la nigerrima statua.




Intestazioni in ebraico: tabella comparativa

(copia diplomatica, trascrizione fonetica, traduzione)




In Ebraico la parola Eyè 44 , usata per identificare Dio, corrisponde ai tre tempi del verbo essere, o meglio, ai modi finiti del verbo usati (fu, avvenne 45 ) per esprimere un’azione compiuta, indifferentemente se questa sia pertinente al passato, al presente o, piuttosto al futuro. Nella mentalità ebraica, il tempo è assoluto. “E’ STATO, E’ e SARA’” sono contemporaneamente verificate 46 .

In questa accezione, si può approdare all’Allegoria della Prudenza, o più precisamente, della trinità tricefala antropomorfa o zoomorfa, la quale ha origini antiche, risalenti all’antico Egitto (zoomorfa) e all’India (antropomorfa) 47 .

Da quest’ultima, proviene la trinità Trimurti (fig. 26) che riunisce in sé la triade Brahma (creatore), Vishnu (conservatore) e Shiva (distruttore).

Dall’Egitto, proviene Serapide 48 (fig. 21, a sua volta derivato da Api –Toro, di origine assira: Sar-Apsi o Signore degli abissi – e Osiride), rappresentato come un uomo barbuto che sostiene sulla testa il moggio (contenitore e unità di misura del grano) che simboleggia la fertilità e l’abbodanza. Al suο fianco, c’è un animale tricefalo riconducibile ad Anubi (fig. 23) 49 , che ha la testa di sciacallo; Upuaut(fig. 25) 50 o Upnaut 51 , il dio della morte dalla testa di lupo; Sekhmet 52 (fig. 24, sekhem significa scettro ed -et è il suffisso femminile) o Sakhmet 53 , divintà solare con testa leonina. Su quest’ultima, occorre una precisazione. Figlia di Ra, dio del sole, era raffigurata con un disco a contorno della testa che, nella lettura occidentale 54 , poteva confondersi con una criniera, presente solo nel maschio, e con l’acconciatura tipica dei faraoni, contornata da un serpente. Da qui, forse, l’equivoco e la conseguente adozione della testa di leone, piuttosto che di leonessa.





Fig. 21

Figura 21. Statua di Serapide. Copia romana del II sec. d.C., restaurata, da originale di Bryaxis. Il dio, rappresentato in trono come giudice dei defunti, è accompagnato dal tricefalo Cerbero


Fig. 22

Figura 22. Xilo-145=PDF-BFB-342; quaderno y, carta1, foglio 1; cartulazione moderna 167r


Fig. 23

Figura 23. Anubi


Fig. 24

Figura 24. Sekhmet


Fig. 25

Figura 25. Upuaut


Fig. 26

Figura 26. Trimurti 55


Fig. 27

Figura 27. Sigillo vallindo 56


Fig. 28

Figura 28. Xilo-144=PDF-BSB-341; quaderno x, carta8, foglio 2; cartulazione moderna 166v


Fig. 29

Figura 29. Tiziano, Allegoria della Prudenza, 1565-70. British Museum


Il simbolo fallico rappresentato sul sostegno del signum triceps della xilo-145=PDF-BSB-341 è presente nel sigillo vallindo, raffigurante Trimurti assiso (fig. 27), quale simbolo di fecondità.

Nell’HP, il trinomio Tempo-Dio-Prudenza trova la sua manifestazione nelle xilo-145=PDF-BSB-341.

Il tutto sarà coniugato nell’Allegoria della Prudenza di Tiziano (fig. 29) 57 .



Edizioni a confronto


Stendardo Elefante Obeliscoforo. Xilo-011=PDF-BSB-034, xilo-023=PDF-TEE-164 e xilo-012=PDF-ELibCh-065


In riferimento alla fortuna editoriale dell'Hypnerotomachia Poliphili, è interessante il confronto tra le xilografie poliglotte delle edizioni francese e inglese. La prima, pubblicata a Parigi da Verville, come terza edizione nel 1600 con un frontespizio originale alchemico; la seconda, a Londra nel 1592 presso la stamperia di Simon Waterson.



Fig. 30 Fig. 31 Fig. 32

Edizione aldina 1499; quaderno h, carta 8, foglio 1; cartulazione moderna 64r

Edizione Waterson 1592; quaderno E, carta 3; cartulazione moderna 15 r

Edizione Verville 1600; quaderno M, carta i foglio j


ΓΟΝΟΣ: Origine, stirpe, nascita 58

PΟΝΟΣ: Fatica, lavoro, opera faticosa, travaglio 59


L’edizione inglese rispetta l’illustrazione campione, riproponendo fedelmente le frange laterali e inferiore e il motivo geometrico floreale che incornicia i motti greco e arabo.

L'edizione francese, dopo aver colmato la lacuna (GLORI - GLORIA xilo-037=PDF-BFB-132; quaderno h, carta 8, foglio 1; cartulazione moderna 64r e xilo-038=PDF-ELibCh-137; quaderno M, carta i, foglio j v), apporta delle modifiche:

PΟΝΟΣ al posto di ΓΟΝΟΣ che, come indicato nella legenda soprastante, ha tutt’altro significato. La somiglianza del γ£μμα con il π maiuscoli (evidenziati in rosso, nelle figure) sembra aver provocato un ipercorrettismo, quasi a voler perfezionare una lettera incompleta.

La presente immagine, nell’edizione francese, è postposta a quella dell’Elefante Obeliscoforo, in quella inglese è rispettata la sequenza dell'esemplare originale.



Le statue nigerrime. Xilo-013 e 014=PDF-BSB-036 e 037; quaderno b, carta 8, foglio 1 e 2; xilo-038=PDF-ELibCh-066; quaderno C, carta ii, foglioj r.; e Xilo-010 e 011=PDF-TEE-048 e 049; quaderno E, carta 4, foglio 2; cartulazione moderna 16 v. e quaderno F, carta 1, foglio 1; cartulazione modena 27r

La traduzione in francese risale al 1546 a cura di Jean Martin, traduttore di opere italiane e latine, in francese e che, per primo, tradusse i X libri di architettura di Vitruvio. Con lui, collaborò negli anni ’40, Sebastiano Serlio del quale inserì, nelle sue traduzioni, i principi dell’architettura serliana. Terza versione della traduzione, quella stampata nel 1600, assume anche un titolo più complesso perché non è una traduzione in senso stretto, quanto la rivelazione del suo significato nascosto 60 . Questa traduzione si inserisce nella più vasta serie di lavori dedicati all’architettura (Vitruvio, Alberti, Serlio) e ai giardini. Arricchendo le descrizioni secondo il gusto del tempo, riconduce il testo ad una lettura alchemica 61 e già dalla prefazione, il Polifilo è presentato come una “tavola” dai contenuti ben nascosti nelle pieghe steganografiche (tecnica riscoperta nel 1499 dall’occultista e umanista tedesco Giovanni Tritemio 62 ). Il frontespizio, che anticipa quanto esporrà la prefazione, fu voluto da François Béroalde de Verville 63 e realizzato da Mathieu Guillemot.

La prima edizione del 1546, eseguita da J.Martin, fu ripulita per renderne ancor più fluida la lettura.

«La Tableau des riches inventions di Béroalde se, evidentemente, non è del tutto estranea alla Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, è, quindi, più un nuovo avatar che un’immagine precisa: a cominciare dalla costruzione alchimista del frontespizio, si apre una nuova carriera per il libro, quella del "discorso segreto" che non potrà che migliorare la sua più bella reputazione dell’occulto e dell’inaccessibile, e generare nuovi studi che a volte sfiorano la stravaganza. Alla moderna critica l’obbligo di ricollocare in prospettiva della storia del testo queste interpretazioni non tanto sbagliate quanto costruite, a partire dai gusti e dai modi del loro tempo. » 64

I testi ebraici, greci e latini differiscono un po’ dall’originale del 1499 così da compromettere la qualità culturale dell’edizione. Le differenze sono segnalate in rosso e in verde, in modo da non confondere le parole tra loro.
In particolare, il confronto tra le tre versioni italiana, inglese e francese, del testo in lingua ebraica inciso sul sarcofago della statua nigerrima, ha fatto emergere un dato interessante dell'edizione inglese del 1592, qui riprodotta in copia anastatica del 1969. Dall'accostamento dei testimoni, è emerso che il testo dell'edizione Waterson, quest'ultima di scarsa qualità, è stato letto a rovescio, cioè da sinistra a destra, com'è nell'uso della scrittura occidentale. Pur distinguendo le parole che sono separate dagli spazi, nel riportare le frasi nella xilografia, le prime due parole "eyé mi" sono scese all'inizio della riga successiva e, a seguire, le ultime tre parole del secondo enunciato, costituiscono il terzo capoverso, causando lo stravolgimento delle frasi, ormai incomprensibili.
Purtroppo, chi ha copiato, anche se guidato dalle migliori intenzioni, vista la popolarità del testo, che si può considerare la summa delle conoscenze fino a quell’epoca acquisite, non ha saputo riportare e sostenere il confronto con l’HP. Le frasi vengono, quindi, a perdere di significato, determinando un depauperamento dei contenuti:



Tabella comparativa

Tabella comparativa. Copia diplomatica



Tabella comparativa

Tabella comparativa. Copia diplomatica




Figura 4 Xilo-038=PDF-ELibCh-066


Fig. 33

Figura 33.


Fig. 34 Fig. 35

Figura 34.

Figura 35.


Fig. 36

Figura 36.



Fig. 37

Figura 37. xilo-037=PDF-BFB-132, edizione aldina 1499, part.


Le tre porte. Edizioni a confronto:

xilo-037=PDF-BSB-132; quaderno h, carta 8, foglio 1; cartulazione moderna 64 r

xilo-038=PDF-ELibCh-137; quaderno M, carta i, foglio j v

xilo-023=PDF-TEE-164; quaderno V, carta 3, foglio 1 r


Fig. 38

Figura 38. xilo-=PDF-23-164, edizione Waterson 1592, part.


Fig. 39

Figura 39. xilo-038=PDF-ELibCh-137, edizione Verville 1600, part.


La xilografia inglese 67 rispetta il suo prototipo mantenendo i refusi dell’intagliatore, dimostrando che non si è conoscenza degli idiomi ebraico e arabo, e si cerca di rimediare alla propria cattiva gestione dello spazio dedicato ai titoli con l’abbreviazione di MVNDI in MVDI elidendo la N.

Le parole ebraiche sono rimaste invariate, mentre, per le arabe, la sola m’habbath (amore), perde uno dei due punti ad essa sottostanti, senza tuttavia, recuperare significato nella parola, già inesatta nel modello aldino.

La xilografia francese imita le iscrizioni orientali, senza capirle e commettendo errori significativi: cominciando dalla seconda riga, contando dal basso, nella parola ΕΡΩΤΟΤΡΟΦΟΣ, posta come titolo della porta centrale, sono state scambiate la ð μικρÒν e la ð μšγα generando, in questo modo, l’inesistente parola ΕΡΟΤΩΤΡΟΦΟΣ. Salendo sulla riga successiva, relativa alle iscrizioni ebraiche e rimanendo sulla porta centrale, la lettera ה (Hej, terza da sinistra) ha acquisito il punto inferiore di quella che dovrebbe essere una ح (ḥā’[che in realtà è scritta come una ج ǧīm]) e lo ha trasformato in un apostrofo, mentre l’ultima ה (Hej), posta, a partire da sinistra, in prima posizione, si è trascinata quello sottostante la lettera araba ب (bā’) causando una perdita di significato per entrambi i vocaboli. Proseguendo con le iscrizioni ebraiche, le lettere estreme corrispondenti al titolo latino GLORIA DEI, similmente alla parola ebraica centrale, si appropriano del punto inferiore della ح ḥā’ (ovvero ǧīm nella xilografia), posta a destra dal punto di vista di chi legge, e di uno dei due pertinenti la ي yā’. Permane lo scambio tra le scritte arabe Gloria Dei e Gloria Mvndi.



Fig. 40

Figura 40. Vocabolario ebraico-italiano, pp. 125 e 126




Tabella comparativa

Tabella comparaiva. Copia diplomatica


La parola שלם (shalam), corrispondente al GLORIA MVNDI, come riportato nella porzione di vocabolario (fig. 40) ha tutt’altro significato, in base anche agli accenti di cui può essere corredata.







NOTE

1 G. Fontanini, Biblioteca dell’eloquenza italiana con le annotazioni del signor Apostolo Zeno, Vol.1, p. 182, 183 n.(b*)
<http://books.google.it/books/about/Biblioteca_dell_eloquenza_italiana_di_mo.html?id=teQ-AAAAYAAJ&redir_esc=y> indirizzo visitato il 2 dicembre 2013

2 F.Colonna, Hypnerotomachia Poliphili

Bayerische StaatsBibliothek, p. 471 r. 37 ~ 39:
< http://bildsuche.digitale-sammlungen.de/index.html?c=viewer&bandnummer=bsb00039006&pimage=00001&v=pdf&nav=&l=de>indirizzo visitato il 21 novembre 2013

edizione elettronica del 28 giugno 2002, p. 20 r.37 ~ 39 http://www.liberliber.it/mediateca/libri/c/colonna/hypnerotomachia_poliphili_etc/pdf/hypner_p.pdf

indirizzo visitato il 21 novembre 2013

3 Giove/Dio/YHWH/Allah

4 F.Colonna, Hypnerotomachia Poliphili Bayerische StaatsBibliothek, p.131: https://download.digitale-sammlungen.de/pdf/1385121977bsb00039006.pdf edizione elettronica del 28 giugno 2002, p.148 http://www.liberliber.it/mediateca/libri/c/colonna/hypnerotomachia_poliphili_etc/pdf/hypner_p.pdf

5 Vitruvio, De architectura libri decem, libro II (8,9). Georges-Calonghi: Hymetto (Υμεττός) Imetto, monte dell’Attica, celebre per il suo miele e per il suo bel marmo

6 Libripens

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il libripens faceva parte delle magistrature minori dell'antica Roma.

Suo compito era assistere alle compravendite; era dotato di bilancia e pesi (che servivano per quantificare il prezzo in denaro di un determinato prodotto) e di una verga, la festuca, che egli batteva sull'oggetto in questione per formalizzare il passaggio di proprietà, una volta avvenuta la compravendita. Il libripens (banchiere o cambiavalute) che per rendersi utili imparavano a memoria le parole e i gesti necessari a tal punto da suggerire ai soggetti coinvolti le parole da pronunciare. Muniti dunque di stadera (bilancia) e del raudusculum (pezzetto di bronzo).

7 Auli Gelli Noctes Acticae p.1470: [Libripensue, fuerit] Glossæ Philoxeni ‘Libripens, ζυγοστάτης.’ (sovrintendente dei pesi delle bilance) In omnibus olim contractibus ex Leg. XII. Tabul. Romæ libripens adhibitus hoc est qui libram æneam tenebat quam emptor randusculo sive aere gravi feriebat; tunique res in contractum diducta mancipio nexuque ejus fieri dicebatur; unde in XII Tabul. erat: ‘hanc ego rem ex jure Quiritium neam esse aio eaque mihi empta esto hoc ære æneaque libra.’ Et: ‘Randusculo libram ferito.’ Sæculo Decemvirali libra in contractibus Roma dominabatur, quia ea opus erat, ut stipem sive æs grave adpenderent; sed et postmodum recepto jam usu pecuniæ signatæ sive numeratæ, libræ tamen usus permansit ut constat ex Plinio lib. XXXIII. hist. Natural. cap 3 cujus verba inter alia: ‘Quin et militum stipendiorum, hoc est, stipis ponderandæ pensatores, Libripendes dicuntur; qua consuetudine in his emptionibus quæ mancipi sunt, etiam nunc libra inter ponitur.’

8 [Supplemento Di Lezioni Varianti Ai Libri De Lingua Latina Di M. Ter. Varrone, Dott. Giulio Antonibon, Supplemento lezioni varianti al libro de lingua latina di M. TER. VARRONE V. 163. legionem P m - potius m - E[m]ino v - Igionem Br. - portius Br. P - catilinae (d. corr.) v - tutiline m - titilinae P - nevia Br. v - quae P - nevius (d. corr.) v - Naevius m - nevius Br..P - et Br. - ea enim P V m - sit m - porta rauduscula P v - raudum v - ex ea in v - invete- ribus Br. - randusculo v - liberam Pv -

9 Georges - Calonghi, Vocabolario Latino - Italiano

raudus: (rodus, rudus) deris, n. (per gli antichi affine a rudis), pezzetto di bronzo non lavorato, Varr.; partic., piccola moneta di bronzo, raudera, Val. Max. 5,6,3; rudera, Liv. 26, 11, 9 – anche pietra greggia, raudus saxeum, Acc. [Rodus vel raudus significatrem rudem et imperfectam, Fest.]

Rauduscula e Raudusculana: (Rod.) porta, æ, f. (raudus) una delle porte di Roma e precis. fra la Porta Nævia e la Lavernalis secondo l’antica divisione di Servio Tullio, Varr. e Val. Max. 5, 6, 3.


Fig. 3

Figura 3


da Ferdinand Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medioevo, piantina di Roma, tavola fuori testo

10 Porta Raudusculana: a gate in the Servian wall, mentioned next to the porta Naevia by Varro (LL V.163), who says that it was called raudusculana quod aerata fuit. Festus (275) gives alternative explanations: Rodusculana porta appellata, quod rudis et inpolita sit relicta, vel quia, raudo, id est aere, fuerit vincta, while according to Val. Maximus (V.6.3) the name came from bronze horns affixed to the gate in memory of the praetor Genucius Cipus, from whose forehead horns had sprung as he was passing through it on his way to war. This was interpreted as an augury that he would be king if he returned to Rome, and to avoid this disaster to his country, he remained abroad. The most probable explanation of the name is that the gate was strengthened with plates or hinges of bronze. The existence of a vicus portae R(a)udusculanae in Regio XII (CIL VI.975) is evidence for the location of this gate on the eastern part of the Aventine. The vicus is generally thought to be a continuation of the Vicus Piscinae publicae (q.v.), and if so, the porta was in the depression between the two parts of the hill, at the junction of the modern Viale Aventino and the Via di Porta S. Paolo (Jord. I.1.234; HJ 184; Gilb. II.295‑206, 308‑309; Merlin 120, 129; BC 1891, 211 n.). Estratto da http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Gazetteer/Places/Europe/Italy/Lazio/Roma/Rome/_Texts/

PLATOP*/Porta_Raudusculana.html indirizzo visitato il 21 novembre 2013

12 VALERI MAXIMI FACTORVM ET DICTORVM MEMORABILIVM LIBER V, 5.6.3: «»Genucio Cipo praetori paludato portam egredienti noui atque inauditi generis prodigium incidit: namque in capite eius subito ueluti cornua erepserunt, responsumque est regem eum fore, si in urbem reuertisset. quod ne accideret, uoluntarium ac perpetuum sibimet indixit exilium. dignam pietatem, quae, quod ad solidam gloriam attinet, septem regibus praeferatur. cuius testandae gratia capitis effigies aerea portae, qua excesserat, inclusa est dictaque Rauduscula: nam olim aera raudera dicebantur» (trad.: Il pretore togato Genucio Cippo, uscendo dalla porta incorse in un nuovo quanto inusitato genere di prodigio; invero gli spuntarono sulla testa delle specie di corna: e gli fu vaticinato che sarebbe diventato re se fosse rientrato nella città. Perché ciò non avvenisse, si sottomise ad un volontario e perpetuo esilio. Degno rispetto, ciò che riconduce a solida gloria, è anteposto ai sette re; infatti a testimonianza della grazia, l’effigie bronzea della testa sporge dalla porta nella quale è inclusa: la quale è detta Raudusculana, poiché una volta chiamavano il bronzo raudus). http://www.thelatinlibrary.com/valmax5.html indirizzo visitato il 21 novembre 2013

14 M.Armellini, Le chiese di Roma, 1891

15 Georges - Calonghi, Dizionario Latino - Italiano, aeneus-a-um, sub vocem

16 M. Calvesi, Venere effimera e Venere perenne,II: Francesco Colonna verso la cultura fiorentina (e una troppo maldestra “traduzione”), in “Storia dell’Arte”, 2004, N.S. 9, p 5~92

17 F. Colonna Hypnerotomachia Poliphili, a.c. di M.Ariani e M.Gabriele, 2004, vol II, p.772 HP138 1. Cfr. HP, p. 134, n.5 p.764 ~769

19 G. Pompei, Le Epistole di Ovidio, 1785, p. 102
<http://books.google.it/books/about/L_Epistole_d_Ovidio_volgarizzate_da_G_Po.html?id=TT5WAAAAcAAJ&redir_esc=y>, indirizzo visitato il 2 dicembre 2013

20 L. Rocci, Vocabolario Greco – Italiano, ad vocem

21 Clemente Alessandrino: Paedagogus, Protrepticus, Stromata

22 θεοδοξία, ἡ, ἡ θεία δόξα, τ¦ς Λυσίππου τέχνας ἢ τ¦ς χεῖρας τὰς Ἀπελλικάς, αἳ δ¾ τÁς θεοδοξίας τÕ σχÁμα τÍ Ûλῃ περιτεθείκασι Κλήμ. Ἀλ. 54. <http://www.lsj.gr/index.php/%CE%98%CE%B5%CE%BF%CE%B4%CE%BF%CE%BE%CE%A F%CE%B1>, indirizzo visitato il 28 Novembre 2013 e non più raggiungibile il 2 Gennaio 2015.

23 Orfici: Hymni, Argonautica, Lithica

24 ἐρωτοτρόφος, ον, ἡ τροφὸς ἢ μήτηρ τοῦ ἔρωτος, ἡ Ἀφροδίτη, Ὀρφ. Ἀργ. 476. 871.

27 F. Fontanella, VocabolarioEbraico-Italiano ed Italiano-Ebraico del prete, tipografia Molinari, Venezia, 1824 <http://books.google.it/books/about/Vocabolario.html?id=x0EbAAAAYAAJ&redir_esc=y>, indirizzo visitato il 28 novembre 2013

28 In alcuni manoscritti rinascimentali del Cinquecento, il diagramma delle Sephiroth, in quanto emanazione divina, si moltiplica a sua volta indefinitamente. Questa raffigurazione si trova nel testo "Otzrot chayyim (I tesori della vita)" di Chayyim Vital http://it.wikipedia.org/wiki/Cabala_ebraica indirizzo visitato il 28 novembre 2013

29 La cabala cristiana utilizzava il principio esoterico con gli iniziati per spiegare i significati nascosti e le verità occulte.

30 Per la traduzione e la spiegazione delle scritture ebraiche si ringraziano la sig. ra Serena Garramone e il sig. Yosef Zeitin.

31 F. Fontanella, VocabolarioEbraico-Italiano ed Italiano-Ebraico del prete, tipografia Molinari, Venezia, 1824, indirizzo visitato il 28 novembre 2013

32 Le lettere ebraiche sono tratte da Helena Petrovna Blavatsky, Il dizionario teosofico, Titolo Originale: Theosophical Glossary The Theosophical Publishing Society London 1892 © Copyright 1998 sulla traduzione dall’inglese di Stefano Martorano© 1998 Istituto Cintamani Roma http://www.scienze-astratte.it/files/Glossario_Teosofico.pdf indirizzo visitato il 21 novembre 2013

33 M. Lanci, Trattato delle Sepolcrali Iscrizioni in Cufica, Tamurea e Nischia Lettera da Maometani operate, 1840 cap. III, p. 19 http://books.google.it/books/download/Trattato_delle_Sepolcrali_Iscrizioni_in.pdf?id=TrNCAAA

AAJ&hl=it&output=pdf&sig=ACfU3U0kLnNs9bGKPDXkChKBGCGtISEd2g indirizzo visitato il 21 novembre 2013

34 A.M. Piemontese, Le iscrizioni arabe nella Poliphili Hypnerotomachia, in Islam the italian Renaissance, a c. di C. Burnett, J. Kraye e W.F. Ryan, Warburg Institute colloquia 5, Warburg Institute, 1999

35 http://it.wikipedia.org/wiki/Alfabeto_arabo indirizzo visitato il 21 novembre 2013

36 Per le traduzioni è stato usato il J.B. Belot, Dictionnaire Arabe-Française et Française- Arabe, Beiruth, 1952

37 Parola inesistente

38 J.B. Belot, Dictionnaire Arabe-Française et Française- Arabe, Beiruth, 1952

39 sic, F.Colonna, Hypnerotomachia Polifili, a c. di M. Ariani e M. Gabriele, vol II p.43 e p. 596 HP 37 2. Cfr.HP, pp.132, n.1; 136, n.3

40 L. Rocci, Vocabolario Greco - Italiano, ad vocem

41 S. Colonna, Hypnerotomachia Poliphili e Roma. Metodologie euristiche per lo studio del Rinascimento, 2012

42 A.M. Piemontese, Le iscrizioni arabe nella Poliphili Hypnerotomachia, in Islam the italian Renaissance, a c. di C. Burnett, J. Kraye e W.F. Ryan, Warburg Institute colloquia 5, Warburg Institute, 1999

42 bis carina, ae, f, carena, chiglia II) trasl., al plur., come nome proprio, Carinae, arum f., Carine. quartiere di Roma presso l'Esquilino, ora altura di San Pietro in Vincoli, insieme con la valle attigua, Liv. 26, 10, 1. Vocabolario Latino - Italiano, Georges - Calonghi, ad vocem

43 M. Mariani - M. Gabriele op. cit. vol II, p.602, HP 39, n.4 e HP 40 1, si collega alla propria traduzione in HP 37 “fatica e operosità”.

44Partendo da un presupposto molto importante nella lingua ebraica e nella kabala (che rappresenta la traduzione dei significati occulti della "Torah" - il libro più sacro dato da Dio agli ebrei), le lettere in ebraico hanno un potere che va oltre la comprensione umana: esse nascondono nella loro forma  la natura dell'universo; secondo la Kabala infatti, con le prime 12 lettere della Torah è stato creato tutto il nostro mondo.

Nel Vecchio Testamento, la Torah appuntocapitolo III, si narra della prima apparizione di Dio a Mosè nelle vesti di un cespuglio infuocato (asnè abohèr), in cui Dio ordina a Mosè di guidare il popolo israelitico dall'Egitto, dalla schiavitù, verso la terra promessa, libertà: Israele; a questo punto Mosè chiede a Dio con quale nome lo deve presentare davanti al popolo israelitico e lui risponde: "Chiunque sarò, dirai al popolo che 'sarò' mi ha mandato da voi"; questa frase in italiano non ha molto senso, al contrario in ebraico è ricca di significati e ti spiego perchè:

La parola Eyè in ebraico vuol dire 'sarò', letteralmente o 'dalle lettere ebraiche' c'è un gioco di parole o meglio dire gioco di lettere.

Nella parola יהוה (pronuncia: IPA: /jahwe/ /jao’/ /jeho’va/ /’ʃe:mɑ/ /ha’ʃejm/ /ha’ʃem/ /jaue/),che è Giove in ebraico, si nascondono grammaticalmente tutti i tre tempi: passato, presente  e futuro e secondo la KABALA nasconde la mappatura dei valori divini perché definisce tutto  ciò che è stato, tutto ciò che è e tutto ciò che sarà. Quindi in ebraico quando dici "chiunque tu sia" si viene a creare una sorta di "Analepsis" , analessi  a quello che è accaduto nella storia che ti abbiamo premesso: Dio appare per la prima volta d'avanti a Mosè e si fa chiamare per la prima volta "EYE" o tradotto in italiano "Sarò"; da questo momento, quindi, Eye diventa uno dei nomi di Dio nella Torah. Ecco perchè questa parola ha così tanta importanza:

יהוה-nome di dio molto antico (principale, proibito da pronunciare), Giove.

היה-sii o anche passato

הוה-presente

יהיה-sarà nel futuro

אהיה-uno dei 7 nomi principali di Dio, Eyè.

Bisogna tenere sempre presente che tante cose le sappiamo ma non le possiamo capire in quanto esseri umani.”

Per la traduzione e la spiegazione delle scritture ebraiche si ringraziano la sig. ra Serena Garramone e il sig. Yosef Zeitin.

45 F. Fontanella, VocabolarioEbraico-Italiano ed Italiano-Ebraico del prete, tipografia Molinari, Venezia, 1824, p.28 <http://books.google.it/books/about/Vocabolario.html?id=x0EbAAAAYAAJ&redir_esc=y>, indirizzo visitato il 28 novembre 2013

46 http://www.ancient-hebrew.org/26_verbs.html indirizzo visitato il 21 novembre 2013

47 http://www.travelphotoblog.org/India/Mumbai.htm indirizzo visitato il 21 novembre 2013

49 http://it.wikipedia.org/wiki/Anubi indirizzo visitato il 21 novembre 2013

50 http://amentetneferet.wordpress.com/gods/upuaut/ indirizzo visitato il 21 novembre 2013

51 E. Panofsky, Il significato nelle arti visive, 1956, p. 155

53 E. Panofsky, Il significato nelle arti visive, 1956, p. 155, e Tiziano.Problemi di iconografia, 1992, p. 106~109

54 Sulla migrazione iconografica nella storia, vedere J.Seznec, The survival of the pagan gods the mythological tradition and its place in Renaissance humanism and art, 1981, p. 180

55 http://fr.wikipedia.org/wiki/Trim%C5%ABrti indirizzo visitato il 21 novembre 2013

56Il sigillo vallindio con la Trimurti, il dio uno e trino Signore della valle dell’Indo in posizione yoga e col pene eretto”. http://digilander.libero.it/corsinistoria/taifeng.htm indirizzo visitato il 21 novembre 2013

58 L. Rocci, ad vocem

59 L. Rocci, ad vocem

60 http://architectura.cesr.univ-tours.fr/Traite/Notice/CESR_4023.asp indirizzo visitato il 21 novembre 2013; il 2 Febbraio 2015 sito non raggiungibile perchè in aggiornamento

61 http://www.gla.ac.uk/media/media_138648_en.pdf p.10 indirizzo visitato il 21 novembre 2013

62 http://it.wikipedia.org/wiki/Tritemio indirizzo visitato il 21 novembre 2013

63 http://it.wikipedia.org/wiki/B%C3%A9roalde_de_Verville indirizzo visitato il 21 novembre 2013

64 Le Tableau des riches inventions de Béroalde, s’il n’est évidemment pas totalement étranger à l’Hypnerotomachia Poliphili de Francesco Colonna, en est donc plus un nouvel avatar qu’une fidèle image : à partir de la construction alchimiste du frontispice, s’ouvre une nouvelle carrière pour le livre, celle du « discours secret », qui ne va que renforcer de plus belle sa réputation d’obscurité et d’inaccessible, et générer de nouvelles études frôlant parfois l’extravagance. À la critique moderne le devoir de remettre en perspective dans l’histoire du texte ces lectures non tant dévoyées que fabriquées, à partir des goûts et des modes de leur temps.

65 L.Rocci, Vocabolario Greco - Italiano, parola inesistente

66 L.Rocci, Vocabolario Greco - Italiano, parola inesistente

68 L.Rocci, Vocabolario Greco - Italiano, parola inesistente



	
Vedi nel BTA: LE XILOGRAFIE DELL'HYPNEROTOMACHIA POLIPHILI






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