|
Figura
1: Ritratto di donna (frammento), 1480-1485 circa,
olio su tavola di quercia, 23,2 x 18,4 cm., collezione
dell'Ambasciatore J. William Middendorf II
|
La
mostra dedicata all’artista fiammingo Hans Memling, in corso presso
le Scuderie
del Quirinale,
si propone come un’esposizione unica e, per dirla con le parole del
Presidente dell’Azienda Speciale Palaexpo
Franco Bernabè, << di rara bellezza >>: per la prima
volta in Italia si trovano riunite quasi tutte le opere del grande
pittore tedesco, il quale, sebbene non abbia mai soggiornato nel
nostro Paese, fu una delle personalità artistiche più influenti per
la formazione e diffusione di alcuni stilemi tipici del grande
Rinascimento italiano, insieme alla generazione dei pionieri,
rispondenti ai nomi di Jan van Eyck,
Robert Campin
e Rogier van der Weyden.
La
mostra si compone di sette sezioni,
ciascuna delle quali si propone di affrontare uno dei molteplici
grandi temi che attraversano le vicende biografiche ed artistiche di
Memling.
L’artista,
nato a cavallo tra il terzo e il quarto decennio del Quattrocento,
condusse la sua formazione probabilmente a Colonia, città spesso
citata nei paesaggi dei suoi quadri attraverso la cattedrale, ed il
suo apprendistato fu guidato da van der Weiden, artista che ebbe
forti legami con l’Italia, spesso meta dei suoi viaggi e
destinazione delle sue opere.
Fu
così con il grande maestro fiammingo appartenente alla generazione
dei pionieri che Memling apprese la tecnica ad olio ben
descritta e stigmatizzata nelle pagine vasariane delle Vite, e
si mise in contatto con alcune tra le personalità di spicco
dell’Italia delle corti, in particolare co i banchieri fiorentini,
i quali avevano delle filiali nelle Fiandre.
Il
primo fattore, ovvero lo studio e l’applicazione della tecnica ad
olio, tipica della pittura di area fiamminga, nella produzione di
Memling ha delle ricadute al contempo tradizionali ed innovative: la
oramai consolidata e conosciuta lucentezza della superficie pittorica
e la minuziosissima descrizione degli elementi paesaggistici e
naturalistici si fondono all’accurata ricerca dell’elemento
psicologico espresso attraverso lo sguardo, sempre profondo ed
eloquente, come è percepibile negli occhi dello straordinario
Ritratto
di donna
degli anni ’80 del XV secolo o nel Ritratto
d’uomo con moneta romana,
di un decennio precedente, probabilmente effige dell’erudito
Bernardo Bembo,
padre del più famoso Pietro.
I ritratti di Memling non sono incentrati solo ed unicamente sulla
figura umana, ma constano anche dell’innovativa ambientazione
paesaggistica retrostante, che si scorge a partire dalla linea delle
spalle del personaggio effigiato, e che apre uno scenario del tutto
inconsueto ed immaginifico allo spettatore, che vedrà uno sfondo
naturalistico, descritto in ogni suo dettaglio, lasciando intendere a
chi osserva che il personaggio ritratto abbia posato per il pittore
in una seduta en
plain air,
su una finestra o loggiato oppure che l’artista abbia abbinato il
paesaggio retrostante al soggetto, in quanto collegato all’esperienza
di vita del ritratto.
La
parabola ritrattistica memlinghiana segue il corso dell’arte del
ritratto quattrocentesco, segnandone una significativa svolta: è
partendo dalle medesime istanze di questo artista che Piero della
Francesca
realizza i ritratti dei Duchi
di
Urbino
con il meraviglioso paesaggio urbinate retrostante e raggiunge il
culmine di tale tipologia in Italia, con il ritratto di Monna
Lisa
di Leonardo,
nel quale riconosciamo tutti gli elementi tipici dell’arte
fiamminga, ma portati alle loro più alte ed estreme conseguenze per
quanto riguarda il panorama rinascimentale.
Sebben
l’arte
del ritratto
sia particolarmente legata alla produzione di Memling, le opere che
rappresentano il clima culturale e di committenza, oltre che
illuminare le strade di diffusione dell’arte nordeuropea, sono le
pale d’altare, i trittici e i dittici di tema sacro che l’artista
tedesco realizza con grande dovizia e maestria. Particolari esempi di
pittura religiosa realizzata su più sportelli sono riconoscibili nel
Trittico
Pagagnotti
degli anni ’80, realizzato per il membro dell’omonima famiglia
fiorentina Benedetto,
di dimensioni relativamente ridotte rispetto ad opere come il
Trittico
di Jan Crabbe,
tutte opere visibili ed apprezzabili in mostra, dove si nota, nella
presenza di festoni vegetali, putti ed elementi architettonici
classici, una, seppure minima, influenza dell’arte rinascimentale
italiana e della sua dedizione all’antico.
|
Figura
2: Passione
di Cristo, 1470,
olio su tela, 54,9 x 90,1 cm., Torino, Galleria Sabauda
|
Quasi
ad editio
princeps
di tutte le già citate opere si pone il Trittico
del Giudizio Universale
per i coniugi Tani,
il cui committente Angelo era un banchiere affiliato ai fedeli
committenti del tedesco, i Portinari, grandi mecenati italiani
dell’arte fiamminga: quest’opera, grande assente dell’esposizione
romana, rappresenta un’importante cristallizzazione della tipologia
del trittico fiammingo: i ritratti dei donatori, con i rispettivi
stemmi familiari, sugli sportelli laterali nella parte del verso
e
sul recto
la vera e propria scena sacra, non aliena dalla presenza di alcuni
ritratti di coevi personaggi in vista. I committenti talvolta vengono
effigiati anche sul recto
dei pannelli laterali, mentre il verso
è dedicato alla rappresentazione, talvolta monocroma, dei santi che
detenevano il protettorato di coloro che finanziavano la
realizzazione dell’opera sacra.
|
Figura
3: Cristo benedicente, 1485,
Olio su tavola, 52 x 33,3 cm. e 53,2 x 37,2 cm., Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Bianco
|
Di
pari bellezza e vorticosità è la raffigurazione della Passione
di Cristo
del 1470, realizzata per Tommaso Portinari,
capo della filiale di Bruges del banco mediceo e committente altresì
del Trittico,
oggi alla Galleria degli Uffizi nella sala dedicata al Botticelli,
realizzato da Hugo van der Goes successivamente al matrimonio del
banchiere con Maria Baroncelli:
nella tavola della Galleria Sabauda, di dimensioni regolari, troviamo
i due donatori ai due angoli inferiori e, dispiegata in tutto lo
spazio rimanente, la storia della Passione e della Resurrezione di
Cristo, narrata pittoricamente in ogni suo singolo episodio,
all’interno dei quali si riconoscono, nel paesaggio tipicamente
tedesco per le sue architetture, uomini e donne abbigliati sia
all’antica, sia alla maniera fiamminga quattrocentesca, dalle
ricche stoffe, copricapi, armi e pettinature, il tutto corredato da
un paesaggio minuziosamente descritto, dai luccichii delle foglie,
agli uccelli sugli alberi, alle nubi che si dissolvono nel cielo.
|
Figura
4: Madonna col Bambino e angeli, 1480-1485 circa,
Olio su tavola, 58,8 x 48 cm., Washington, National Gallery of Art, Andrew W. Mellon Collection
|
Particolare
anche la sezione dedicata alle immagini devozionali, dove troviamo
opere come il Cristo
benedicente,
il cui sangue brillantemente rosso stilla dalla fronte cinta dalla
corona di spine, mostrando la stigmate della mano sinistra:
quest’opera è testimonianza della fortissima dimensione
devozionale delle popolazioni dell’area fiamminga dell’epoca,
portatrici della tradizione dell’Immago
pietatis
e del Vesperbild
fino al tardo Cinquecento, anche nell’ambito del Rinascimento
italiano.
|
Figura
5: Trittico della vanità terrena e della salvezza divina, 1485 circa, olio su tela, 60 x 66 cm (pannello centrale), 63 x 61 cm. (scomparti laterali), Strasburgo, Musée des Beaux – Arts
|
Di
particolare raffinatezza e di rara erudizione è il Trittico
della vanità terrena e della salvezza divina
per i Loiani di Bologna, databile al 1485 circa, in cui è
rappresentata, con il supporto di motti,
la parabola dell’esistenza umana.
Non
mancano confronti con la coeva arte italiana: la presenza di opere
del Luini,
del Botticelli,
dell’Angelico
e del Ghirlandaio
sono testimonianze vive dell’importanza che la produzione dei
fiamminghi, in particolare di Memling, ebbe sulle opere dei pittori
italiani di fine Quattrocento, talvolta dando luogo a delle vere e
proprie copie dell’artista tedesco, seppur con piccole variazioni
sul tema.
Il
catalogo, edito da Skira, consta di quattro saggi
introduttivi, interessante la lettura delle pagine del curatore
Till-Holger Borchert sul rapporto con l’Italia, e delle vere e
proprie schede, ripartite in sette sezioni tematiche, ben curate in
ogni singolo aspetto, il tutto è coronato da una biografia
dell’artista e, a conclusione, da una ricca bibliografia.
Uscendo,
si ha la sensazione di aver respirato una ventata di vera Europa,
unita nei valori culturali, artistici e religiosi, dove nessuno
ostenta supremazie, ma collaborazione e spunti di lavoro.
NOTE
LA MOSTRA
DOVE:
Scuderie del Quirinale, Roma , Via XXIV Maggio, 16.
QUANDO:
11 ottobre 2014 – 18 gennaio 2015.
SITO
INTERNET:
www.scuderiequirinale.it
CATALOGO:
Skira. Memling. Rinascimento fiammingo.
BIBLIOGRAFIA
MEMLING
2014
Till Holger-Borchert, Memling. Rinascimento fiammingo,
catalogo della mostra, Milano, Skira, 2014
HOLGER-BORCHERT
2005
Till Holger-Borchert, Memling, Firenze, Giunti, 2005
PANOFSKY
1999
Erwin Panofsky, Imago pietatis e altri scritti del
periodo amburghese, Torino, Il Segnalibro, 1999
WARBURG
2004
Aby Warburg, Arte del ritratto e borghesia fiorentina,
in La Rinascita del Paganesimo antico e altri scritti, Torino,
Nino Aragno Editore, 2004
WARBURG
20042
Aby Warburg, Arte Italiana e Arte Fiamminga,
in La Rinascita del Paganesimo antico e altri scritti, Torino,
Nino Aragno Editore, 2004
|