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La street art: cos'è e perché si può definire un bene comune tutelabile con Creative Commons ?  

Serena Zullo
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 12 Marzo 2015, n. 761
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Area Interviste

La street art può essere definita come un movimento artistico contemporaneo che ha rivoluzionato i canoni tipici dell'arte, permettendole di cambiare, evolvere e non morire. Intorno agli anni Sessanta del Novecento, infatti, il mondo dell'arte si è trovato a combattere una nuova guerra, quella del consumismo, che ha condotto gli artisti a opporsi a tutto ciò, a uscire fuori dagli schemi, riversandosi sulla strada e riuscendo così a coinvolgere la massa di individui per cui l'arte era cosa sconosciuta.

Nata come writing tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta del Novecento, nel Bronx di New York, la street art riesce in pochi anni a convogliare su di sé non poche attenzioni da parte dei galleristi. Un esempio è Stefan Eins che, nel 1979 decide di chiudere la sua galleria d'arte a Soho (inaugurata nel 1967) per aprirla nel South Bronx, promuovendo gli artisti oggi considerati come i pionieri della street art: parliamo di Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, Crash, Ronnie Cutrone 1.

Intorno agli anni Ottanta del Novecento quest'arte comincia a essere conosciuta anche in Italia grazie soprattutto a Francesca Alinovi, che si adopera per la realizzazione di una mostra all'interno della Galleria d'arte Moderna di Bologna nel 1984, l'anno successivo alla sua tragica e prematura scomparsa 2. Achille Bonito Oliva ha avuto un altro ruolo importante: nel 1982 infatti, ha presentato Jean-Michel Basquiat nella mostra Transavanguardia: Italia/America alla Galleria Civica di Modena. Sia i graffiti sia la Transavanguardia, secondo Bonito Oliva, testimoniano la fine della tradizione modernista delle avanguardie ponendo l'accento sull'aspetto "nomade".

Centri propulsori in Italia, per lo sviluppo di queste nuove tendenze artistiche, sono state Milano, la città in cui, grazie alla presenza di writer come Marco Teatro, Vandalo e Dust, i graffiti cominciano a essere intesi come strumento giovanile di ribellione; poi Bologna dove un primo interesse nei confronti del mondo dei graffiti si deve alla Alinovi. Infine Roma dove la street art e tutte le sue varianti giungono negli anni Novanta di riflesso dal nord, quando una serie di crews cominciano a dar voce alle loro idee sui muri di palazzi abbandonati o sui vagoni delle metropolitane.

Oggi, a tre decenni dalla sua comparsa, la street art si può definire come fenomeno di costume che è riuscito a contaminare sia il mondo della pubblicità, sia quello dei media.3 Un movimento artistico underground nato dalla società e strettamente legato a essa; lo si potrebbe intendere come ultimo passo verso la fusione tra immaginario sociale e società consumistica. Limitare l'interesse della street art al semplice dato di costume è tuttavia restrittivo, in quanto essa ha una natura complessa: è infatti costituita da una pluralità di manifestazioni artistiche che permettono di parlare di un'evoluzione nell'arte contemporanea.

In base a quanto fin qui delineato, si comprende che la street art non è un'arte convenzionale e in molti casi non si avvale dei canali tradizionali dell'arte: anche se sono innumerevoli gli esempi di mostre di street art nei musei,4 molti di più sono gli esempi di progetti di street art all'aperto curati, in alcuni casi, da note gallerie d'arte o da fondazioni culturali 5. A questo punto sorgono interrogativi complessi relativi alle opere di street art: va considerata come bene culturale, oppure essendo essa nata in strada per la strada deve essere intesa come bene comune ? O entrambe le cose ?

E poi quali tutele di diritto d'autore possono applicarsi a opere che vengono conosciute principalmente attraverso Internet, strumento dove il copyright non riesce a imporre le sue regole ?

Rispondere a tali domande non è stato facile, ma qualche prima risposta la si è trovata confrontandosi con il mondo di Internet e più precisamente con il mondo dell'open access e quindi dei beni comuni (Commons) e dei nuovi diritti d'autore.

La nascita di Internet si fa risalire agli anni Settanta del Novecento e il merito spetta agli Stati Uniti d'America i quali, durante la Guerra Fredda, hanno stanziato numerosi finanziamenti per l'evoluzione tecnologica. Internet, inizialmente riservato alla sola cerchia degli studiosi, perché difficile da utilizzare, si è andato man mano semplificando soprattutto grazie a personaggi come Joseph Licklider e Tim Bernens-Lee i quali, all'approccio scientifico hanno affiancato quello umanistico rendendo più semplice l'utilizzo da parte dei non addetti ai lavori di Internet: si è così giunti alla nascita del Word Wide Web (w.w.w.) prima e del web 2.0 poi 6.

La diffusione di Internet in Italia si è avuta contemporaneamente alla diffusione della street art: risalgono difatti ai primi anni Duemila la creazione di siti dedicati come per esempio ArtCrimes.com che hanno permesso ai graffitari di avere sotto mano molti più modelli validi per la realizzazione di nuovi murales. Inoltre con il web 2.0 si è permesso a tutti di conoscere la street art: chiunque può passare dinanzi a un murale, fotografarlo e condividerlo in Internet per permettere a tutti di conoscere quel "pezzo", quel murale che, avendo vita effimera e non essendo apprezzato da tutti, potrebbe scomparire anche il giorno dopo la sua realizzazione.

A questo punto, però, sorge uno dei principali problemi della street art: il singolo cittadino, autonomamente fotografa un'opera e la pubblica su un social network senza autorizzazione da parte dell'autore, che viene soltanto riconosciuto come tale. Tutto questo non potrebbe avvenire se al posto del murale ci fosse un famoso quadro della storia dell'arte: quest'ultimo infatti, viene riconosciuto da tutti come un bene culturale ed è dunque tutelato dallo Stato attraverso le norme stabilite del Codice dei Beni Culturali.7

Inoltre l'autore del quadro si avvale delle leggi di copyright,8 le quali essendo molto rigide impediscono di diffondere, copiare o modificare l'opera da lui realizzata.

È chiaro quindi, che il copyright non si adatta all'opera di street art perché essa viene realizzata in strada per chiunque passi dinanzi a quel muro; è per tali ragioni che occorrerebbe parlare di street art come di un bene comune. Inoltre se l'autore di un murale si avvalesse di leggi di copyright 9, esse impedirebbero a chiunque di pubblicare fotografie di suoi lavori liberamente e quindi limiterebbero la diffusione della sua opera alla visione dal vivo.

Gli strumenti della proprietà intellettuale sono nati per garantire la creatività e l'innovazione costante e non per assicurare introiti (royalties) a chi ha prodotto la conoscenza (questo è quello che principalmente fa il copyright). Per la street art dunque, che vive in strada e che necessita l'intervento dell'utente Internet, del cittadino, sarebbe preferibile parlare di Creative Commons.

Ispirandosi all'esperienza GNU GPL della Free Software Fondation 10, il Center for the Public Domain, coordinato da Lawrence Lessig dell'Università di Stanford, nel 2001 ha dato avvio a un nuovo progetto, il Creative Commons. L'ente (il Center for the Public Domain) si è fatto carico di stilare un elenco di licenze che possano autorizzare la cessione a terzi di alcuni dei diritti inclusi nel copyright. I Creative Commons (da questo momento CC) dunque, rispondono ai bisogni di costituire nuovi strumenti di tutela della proprietà intellettuale e sono principalmente indirizzati alla tutela delle opere multimediali, ovvero di quelle che hanno tra i mezzi di diffusione anche Internet e il web 2.0. Le licenze CC permettono la libera copia dell'opera e la sua distribuzione a patto che vengano rispettati i vincoli che l'autore decide di imporre su essa. Tali vincoli sono:
- Attribuzione ( attribution sigla By) attraverso cui viene riconosciuta la paternità dell'opera all'autore.
- Non commerciale (non commercial, sigla Nc) per cui non viene consentito l'uso dell'opera ai fini commerciali ma solo personali.
- Opere non derivate (non derivate work, sigla Nd) per cui l'opera non può essere né modificata né trasformata.
- Condividi allo stesso modo (share alike, sigla Sa) per cui l'opera derivata dalla modifica di una precedente, dovrà essere diffusa secondo le stesse modalità previste dalla licenza dell'opera originale 11.

Tali vincoli possono essere presentati in tre diverse forme giuridiche: Legal code (licenza giuridica), Commons deed (traduzione della licenza giuridica in termini di facile comprensione) e Digital Code
(ovvero la trasformazione della licenza giuridica cartacea in licenza giuridica digitale).

Detto ciò sui CC, si può immediatamente riconoscere una validità della loro attuazione in riferimento all'opera di street art: i CC permettono all'autore del murale di essere riconosciuto come tale e di attribuirgli la paternità intellettuale, ma contemporaneamente permettono all'opera di essere acquisita dall'utente, il quale riconoscendo sempre il primato all'autore, la utilizza producendo, di riflesso, una nuova conoscenza.

Di CC però si può parlare soprattutto grazie agli studi effettuati sui beni comuni ovvero sui Commons. Nella tradizione giuridica anglosassone vengono definiti Commons quei beni, materiali e immateriali,12 proprietà di una comunità che, può gestirli liberamente. I Commons dunque, costituiscono il patrimonio collettivo di una comunità, il cui sfruttamento eccessivo deve essere impedito per evitarne l'esaurimento. Garret James Hardin, biologo e ecologo statunitense, nel 1968 ha pubblicato un articolo, La tragedia dei beni comuni in cui lo studioso ha affermato che il destino dei beni comuni, è il loro esaurimento, poiché ogni individuo pensa solo al proprio interesse ignorando che i beni perché comuni, sono e devono essere usati anche da altri.

È a questo articolo che Charlotte Hess e Elinor Ostrom13 si sono opposte: nell'articolo Au contraire Monsieur Hardin ! le due studiose hanno dimostrato che, anche se è facile giungere all'esaurimento dei beni comuni, è anche possibile evitarlo. Ostom e Hess hanno infatti dimostrato che i Commons sono beni sostenibili, ma solo se si definiscono regole che garantiscono la possibilità di rigenerazione sociale e dunque l'utilizzo da parte di tutti (tutti li usano, tutti li tutelano).

Caratteristica principale dei beni comuni è quella di essere "non escludibili" e "non rivali" ovvero: non rivale è riferito al fatto che l'utilizzo del bene da parte di un individuo, non deve limitare l'utilizzo dello stesso a altri, mentre non escludibile è riferito al fatto che almeno in linea teorica, il bene deve essere usato da tutti coloro che ne abbiano diritto. I beni comuni della conoscenza, dunque, anche se tutelati da diritti d'autore, sono patrimonio comune in quanto il diritto al godimento del bene non può prescindere dal carattere pubblico di quest'ultimo.

Quindi, in definitiva, se si associa quanto detto in merito ai Commons, al mondo della street art, appare subito chiaro il fatto che i murales hanno tutte la carte in regola per essere intesi come bene comune: l'utilizzo da parte di un individuo di un'opera di street art non è rivale e non è escludibile, tali opere sono patrimonio comune e se si stabiliscono regole, come potrebbero essere quelle dei CC, esse finirebbero per dare visibilità e riconoscimento intellettuale all'autore ma non limiterebbero a nessuno la visione di queste e inoltre produrrebbero nuove conoscenze.


Per poter confermare l'idea che l'opera di street art sia un bene comune si è proceduto su due versanti: in primis si sono andate a interrogare le più importanti biblioteche digitali di Commons online e poi in seguito si sono intervistati alcuni artisti i quali hanno espresso la loro opinione in merito alla situazione.


La prima biblioteca digitale online consultata è stata quella fondata da Charlotte Hess nell'Indiana University, ovvero The Digital Library of the Commons: questa non ha dato risultati soddisfacenti se non per articoli attinenti la strada (1.199 sono i risultati)14 intesa come luogo urbano da salvaguardare perché di tutti e quindi bene comune. Per una proprietà transitiva e tenendo conto che l'opera di street art è realizzata in strada per la strada, la definizione di bene comune che di quest'ultima si fa, potrebbe riguardare, in linea teorica, anche i murales.


Più interessanti sono invece i risultati ottenuti interrogando Europeana, biblioteca digitale europea, online dal 2008 che dà accesso a oltre 2 milioni di oggetti digitali in modalità LOD15 messi a disposizione da oltre 2.000 istituti culturali dei paesi membri dell'Europa: 17 sono i risultati ottenuti con le parole "Street art murales" inserite nella maschera di ricerca, 7.774 i risultati ottenuti con le parole "street art" inserite nella maschera di ricerca (in questa sezione però compaiono anche immagini e articoli di gallerie d'arte, quindi non tutti i 7.774 risultati sono da riferire direttamente alla street art), 7 i risultati ottenuti con la parola "Banksy" inserita nella maschera di ricerca.16


Si è di seguito deciso di intervistare alcuni tra i più conosciuti street artist, italiani e non, per capire cosa ne pensassero loro, se fosse valido o meno parlare di bene comune in riferimento all'opera di street art. Gli artisti intervistati tra il dicembre del 2013 e il febbraio del 2015 sono stati 41; le interviste sono state ottenute attraverso indirizzi e-mail, contatti facebook e incontri con gli stessi. Alle domande hanno risposto in 23, un solo ha risposto dicendo che non avrebbe saputo dare spiegazioni alle mie domande, 4 hanno rinviato la cosa per questioni lavorative, 13 non hanno risposto.


DOMANDE

Le domande in questione sono le seguenti:

1) Quando l'opera di street art o di writing viene realizzata su un muro o in qualsiasi altro luogo pubblico di chi diventa ?

2) L'opera di street art può intendersi come un bene comune?



RISPOSTE


ALICE PASQUINI a.k.a. ALIC'È:17

1) Per mia opinione l'opera realizzata in uno spazio pubblico diventa proprietà della città stessa e della gente che interagisce con essa, per esempio scrivendoci su. In questo modo si dà all'opera la possibilità di evolversi, di cambiare, di essere distrutta. La testimonianza fotografica però continua a vivere sul web e qui viene preservata per la trasmissione ai posteri, infatti Internet è fondamentale per la storia della street art.
2) Bisognerebbe innanzitutto fare una distinzione tra cosa è arte e cosa non lo è, e poi da qui studiare per poter capire se l'opera di street art è o meno un bene comune.


BOL23:18

La risposta più riduttiva è che sì, la street art è un bene comune, ma vanno considerati una serie di aspetti. Nella street art e nel writing ci si appropria di uno spazio sia fisico sia espressivo, quindi di solito si è portati a dichiararlo. Sui muri "legali" di Roma (di proprietà pubblica) lo scontro sulla "proprietà del primo arrivato" è molto attenuato dal fatto che chi va a dipingere lì sa già, che prima o poi qualcuno dipingerà sulla sua opera; sui muri illegali, la situazione è invece più complessa. Infatti un secondo artista che decide di realizzare un suo "pezzo" lì dove già qualcun'altro ha graffitato è consapevole che i rischi dovuti al suo gesto sono più limitati rispetto a un luogo dove mai nessuno ha dipinto. Quindi in definitiva l'opera di street art è sicuramente un bene comune perché chiunque può fruirne, ma appartiene a chi l'ha realizzata.


CAMILLA FALSINI:19

Credo che l'opera realizzata su un muro pubblico debba intendersi come un bene di tutti quindi comune. Poi ovviamente il discorso è complesso, perché non a tutti piace un muro dipinto, ma comunque credo che non possa definirsi di proprietà dell'artista perché se così fosse non avrebbe senso dipingere in strada.


DEM:20

2) Secondo me no, l'opera di street art non può essere definita bene comune anche perché se lo fosse sarebbe tutelata dallo Stato, forse lo diventerà, ma spero proprio di no.


DIAMOND:21

1) Una volta collocata in uno spazio pubblico l'opera è di tutti e non è di nessuno. Può essere ammirata e fotografata come anche deturpata.
2) Tutto ciò che è pubblico dovrebbe essere un bene comune e condivisibile senza enclosure. Questo per lo meno è quello che mi auguro.


DAVID VECCHIATO a.k.a. DIAVÙ:22

Il termine bene comune chiarisce perfettamente quello che è il mio intento di artista oltre che di curatore di un progetto che si chiama M.U.Ro, Museo Urban di Roma (progetto di riqualificazione del quartiere romano Quadraro, attraverso opere di street art). Il cittadino deve essere attivo e consapevole che tutto lo spazio pubblico è suo perché è un bene comune. Purtroppo in Italia abbiamo questa brutta convinzione per cui lo spazio pubblico è spazio di nessuno. Quindi se l'arte aiuta la società a riappropriarsi degli spazi pubblici allora perché non utilizzarla a tale scopo ? Se un muro è rovinato nessuno penserà che sia suo mentre se il muro lo abbellisci allora sempre più gente potrà dire: «Quel muro è anche un po' mio perché quel muro appartiene a noi tutti e va tutelato in quanto bene comune.» [...] Inoltre io ritengo che in questo contesto si possa parlare di bene comune perché chiunque può fotografare e pubblicare l'opera su Internet liberamente.


DOMENICO TIRINO a.k.a. NAF-MK:23

1) L'opera di street art è potenzialmente di tutti, ma a definirsi fruitore può essere solo colui il quale passandovi dinanzi subisce il suo fascino.
2) Un bene comune è qualcosa che è di tutti e che quindi andrebbe tutelato come tutelate sono le montagne e i mari. Ma l'opera di street art è effimera, nasce per essere tale e quindi non va tutelata perché, se così fosse, non si rispetterebbero le idee portanti dell'opera. Quindi io non sono d'accordo nell'intenderla esattamente un bene comune.


EL EURO:24

1) L'opera anche se collocata in strada è del proprietario del supporto che può decidere cosa farne.
2) L'opera di street art può essere intesa come bene comune solo se il proprietario fisico è espressamente consenziente a renderla pubblica. Ugualmente il pubblico non può arrogarsi diritti sull'opera di street art, così come non può averli su un'opera architettonica.


FIJODOR BENZO:25

1) Dipende da molti fattori, per esempio dal fatto che sia o meno legale: nel caso dell'illegalità l'opera è della cittadinanza, quindi in balia del loro giudizio.
2) A mio avviso è certamente un bene comune, soprattutto perché stimola le persone a ragionare sullo sviluppo estetico delle nostre città, spesso anche in maniera attiva. Questa è una domanda che dovrebbe essere fatta per strada con un test sui passanti, perché in questo modo si capirebbe come ragiona la gente e come percepisce l'invasione di colore che si dirama nelle città.


GIONATA OZMO GESI:26

Le opere realizzate in strada diventano di chi le fruisce. ma non sono poi convintissimo che possiamo parlare di bene comune. Le tematiche aperte sono troppe per poter dare una risposta unica.


GIO PISTONE:27

1) Secondo me il concetto di proprietà non esiste in strada; esiste invece il diritto d'autore divisibile in diritti morali e diritti di utilizzo economico o di copia (copyright). I diritti morali sono invisibili e non potranno mai essere separati da chi ha prodotto l'opera; quelli economici invece possono essere ceduti, a esempio tramite contratto.
2) Credo che possa definirsi bene comune così come le fontane, le statue, gli affreschi che si trovano in città.


HITNES:28

Dipende tutto dal fatto se l'opera sia legale o illegale. La superficie dove viene realizzata l'opera raramente è pubblica, quindi la superficie resta del proprietario; nel caso in cui la superficie sia pubblica il lavoro è pubblico, quindi un bene comune. Nel caso in cui l'opera venga asportata dalla superficie pubblica questa diventa di proprietà dell'autore, perché così diventa un oggetto commerciabile.


HOGRE:29

Un lavoro realizzato su un muro pubblico è ovviamente un bene comune: non a caso in Inghilterra esistono già speciali sanzioni per i furti di street art. L'uomo dipingeva sui muri ancor prima di imparare a parlare, anzi, forse è stata proprio la capacità immaginativa e rappresentativa che ha permesso l'evoluzione del linguaggio. È per questo che credo sia insensato condannare i segni lasciati sui muri pubblici. C'è anche un'idea politica dietro a tutto questo: la strada dovrebbe essere di chi ci cammina sopra, di chi la vive e non si dovrebbe pensare di affidarla a politici e ricche multinazionali che solo perché hanno i soldi sono libere di bombardarci con le loro immagini e i loro messaggi.


HOPNN:30

Generalmente io intendo l'opera di street art come appartenente all'arte pubblica, fruibile dai passanti e gratuita. In effetti, una volta realizzata sul muro, l'opera diventa un bene comune. L'opera realizzata in strada deve rimanere in strada e subire modifiche solo in relazione a essa.


JB ROCK:31

1) I lavori realizzati in luoghi pubblici sono di chi li nota e nel notarli si rende conto che quel lavoro ha contribuito a migliorare la sua vita quotidiana.


KORVO:32

1) L'opera diventa visibile grazie al mio intervento e come ogni altra creazione la sento mia al 100%; è ovvio che chi decide di operare in strada vuole condividere la sua opera con gli altri.
2) Secondo me può sicuramente intendersi come un bene comune, io intendo un bene comune un qualcosa di universalmente riconosciuto come tale.


LUCAMALEONTE:33

Essendo l'opera realizzata in strada credo sia valido intenderla come bene comune; è quindi responsabilità comune assicurarne la conservazione e la tutela. Questa può avvenire su vari livelli: dal passante che evita di farci incollare sopra dei manifesti o di far urinare il proprio cane nei pressi dell'opera, al politico locale che mette in atto quanto in suo potere per impedirne il degrado.


MARCO ABAOUT BEVIVINO:34

Un'opera visibile a tutti è di tutti; a qualcuno può piacere, altri possono restarne infastiditi, ma è comunque un bene comune, o un male comune a seconda delle opinioni !


MR. KLEVRA:35

1) L'opera non è mai dell'artista, l'opera è la creazione che poi deve vivere di vita propria ! Può durare un giorno o un anno, può essere rispettata e fotografata o totalmente snobbata; questo è quello che distingue la street art. Le opere nei musei sono sotto i riflettori perché hanno una storia e una quotazione economica, la street art invece ha addosso il riflettore più antico della terra: il sole ! Mentre il prezzo lo fa lo spettatore ! Mi piace pensare a ogni opera come a un figlio: lo crei, lo fai crescere e poi lo lasci andare per la sua strada.
2) Sicuramente è un bene comune: lo deve essere, si snatura un'opera di street art se diventa proprietà di un singolo individuo !


MR. THOMS:36

L'opera dal momento che viene realizzata diventa un bene comune condivisibile gratuitamente da tutti, ma al tempo stesso non può e non deve diventare un prodotto che crea un introito commerciale per quei pochi che vogliono lucrare su un'opera gratuita realizzata da un artista.


MR. WANY:37

L'opera rimane dell'artista, intellettualmente parlando, ma ovviamente è di fatto un bene comune.


OMINO71:38

L'opera di street art "in senso stretto" per sua natura è un "bene comune", cioè un bene a titolarità diffusa, non riconducibile alle tradizionali categorie di "bene privato" e di "bene pubblico" e quindi, almeno idealmente, dovrebbe sfuggire alle tipiche questioni sulla proprietà. È ridicolo parlare di galleristi di street art perché non si può esporre la street art in galleria o al museo, a meno di pensare a operazioni "in vitro" o di documentazione. Se ci riferiamo alla street art in senso stretto, sono convinto che si tratti di un bene comune, in quanto l'artista, dal momento stesso che la installa per la strada, si priva del suo possesso, la abbandona e la regala alla collettività, che ne diventa titolare, scegliendo poi singolarmente non solo di apprezzarla, disprezzarla o ignorarla, ma anche di intervenire attivamente fotografandola, valorizzandola e proteggendola, o rubandola e deturpandola. In altri termini, dal momento in cui l'opera d'arte viene realizzata, non è più di nessuno, quindi è di tutti.


ZELDA BOMBA:39

Street art un bene comune ? Assolutamente sì ... So che il muro dipinto potrebbe essere privato e dunque che il pezzo potrebbe essere venduto, ma l'idea non mi piace per niente. Se vado in una strada per fare un dipinto è come se ci piantassi un albero, perché in qualche modo modifico il luogo. Non ci deve essere volontà di proprietà privata in strada ma solo una volontà di dialogo, confronto, incontro, e poi mi piace pensare ai bambini che fantasticano davanti ai dipinti. Che si parli di street art o che si parli di museo per me l'opera rimane di chi guarda, altrimenti non servirebbe a nulla, altrimenti sarebbe solo uno specchio dove riflessa c'è l'immagine di chi l'ha prodotta.


Ma la street art è o non è arte? Probabilmente discutendo su tale questione si potrebbe meglio comprendere il significato della street art, un'arte effimera che si nutre della strada, e che quindi deve essere intesa come bene comune. Un'arte che, nata come atto di ribellione contro la società industrializzata, oggi diviene lo strumento per dare nuova vitalità a quartieri creati dall'industrializzazione, ma abbandonati a se stessi. Rispetto agli anni passati la situazione è sostanzialmente cambiata e oggi, quando si parla di street art si corre un altro rischio; quello di diffondere e promuovere la street art solo in quanto movimento di tendenza, di moda, che permette di ottenere riconoscibilità. Detto ciò il dubbio che potrebbe sorgere è un altro: la messa in atto di questo processo mediatico potrebbe voler dire che la street art sta già per morire?40 La trasmissione ai posteri, e dunque la documentazione di tutto quello che è stato fatto, credo siano necessarie perché la street art può essere considerata come una delle ultime avanguardie artistiche; il clamore mediatico tuttavia, fa pensare che la street art sia ormai un'arte da catalogare e di cui serbare la memoria, e sia quindi entrata a pieno titolo nella storia dell'arte.







NOTE

1 La galleria di Eins, inaugurata nel 1979 si chiama Fashion Moda.
2 La mostra si intitola Arte di frontiera. New York graffiti.
Alinovi Francesca (a cura di) Arte di frontiera. New York graffiti, Mazzotta, Milano 1984.
3 Capire quale sia il valore che oggi si da alla street art non è difficile, ormai l'attenzione è totale, oserei dire che per molti è quasi divenuta una moda da seguire a tutti i costi. Tutte le città italiane, anche piccole come a esempio Benevento si prodigano al fine di diffondere questa nuova modalità artistica, organizzando convention, manifestazioni e festival (In Wall We Trust, è solo uno dei tanti esempi che si possono fare.
<www.facebook.com/InWallWeTrustStreetArtExhibition?fref=ts>).
4 Un esempio tra tanti potrebbe essere quello della tanto discussa mostra Tracks: Linguaggi di arte urbana, inaugurata il 9 dicembre 2014 presso il Museo Macro con la curatela di Achille Bonito Oliva o ancora la mostra Street art sweet art. Dalla cultura hip-hop alla generazione «pop up» organizzata nel 2007 al Pac di Milano.
5 Qui gli esempi che si possono fare sono tanti: Torret14 (giugno 2014), Sant'Agata dei Goti (Benevento) curata da Fabio Della Ratta (a.k.a. Biodpi) (<https://www.youtube.com/watch?v=3sWlrdVtu-c>), Wall art (settembre 2014), progetto di riqualificazione degli spazi esterni dell'Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano finanziato dalla Fondazione Cariplo (fonte: <http://www.tiragraffi.it>), Big City Life a Tormarancia (gennaio, marzo 2015), Roma curata dalla 999 Gallery e finanziata da Roma Capitale (fonte: <http://www.999gallery.com>).
6 Con il termine web 2.0 si individua quell'evoluzione del world wide web che ha permesso all'utente di diventare attivo, di interagire con gli altri utenti in rete.
7 Decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002 n. 137" pubblicato nella gazzetta n.45 del 24 febbraio 2004- Supplemento Ordinario n.28
Fonte: <http://www.camera.it>
8 La prima legge sul copyright è stata emanata nel 1710 dal parlamento britannico (Statute of Anne) con l'obiettivo di attuare un controllo sulle opere librarie pubblicate all'interno dell'Inghilterra.
Fonte: <http://www.copyright.it>
9 In realtà in merito a tale questione ci sono delle contraddizioni dovute agli artisti stessi, nel senso che se essi da un lato approvano e riconoscono l'importanza della diffusione delle loro opere in Internet attraverso l'utente che fotografa e condivide, dall'altro però in molti casi continuano a avvalersi, per le stesse opere, di leggi copyright. Contraddizioni dunque che credo siano ancora presenti per una poca conoscenza del rapporto copyright/internet e per l'idea che le nuove leggi di tutela, come a esempio i Creative Commons siano ancora poco attuabili.
10 La GNU GPL ovvero la GNU General Public License è stata scritta nel 1989 da Richard Stallman e Eben Moglen. Tale licenza permette all'autore di decidere che utilizzo si possa fare della sua opera.
11 Da questi vincoli nascono le sei principali licenze CC (By, By-Sa, By-Nd, By- Nc, By-Nc-Sa, By-Nc-Nd) derivate dall'unione in vario modo dei vincoli sopra elencati: andando da By a By-Nc-Nd, l'autore può decidere quale grado di diritto si può riservare.
Fonte: <https://creativecommons.org>
12 Sono beni comuni materiali le risorse naturali e ambientali, le infrastrutture. Sono beni comuni immateriali i servizi sociali, la solidarietà, la fiducia sociale, la conoscenza.
Maria Cassella, Open Access e comunicazione scientifica, Editrice Bibliografica, Milano, pp. 16-17.
13 Elinor Ostrom (Los Angeles 1933 - Bloomington 2012) è stata insignita del Premio Nobel per l'economia, insieme a Oliver Williamson, per l'analisi delle governance e in particolare dei beni comuni.
Fonte:
<http://www.lavoce.info>
14 I dati sono aggiornati al 24 febbraio 2015, ore: 17.26
<http://dlc.dlib.indiana.edu>
15 LOD: Linked Open Data. Dati aperti accessibili a tutti sul web corredati da informazioni tali da permetterne delle elaborazioni semantiche.
16 I dati sono aggiornati al 24 febbraio 2015, ore 17.51 <http://www.europeana.eu>
17 L'intervista è stata concessa il 2 febbraio 2014 tramite indirizzo e-mail.
18 L'intervista è stata concessa il 15 gennaio 2014 tramite contatto facebook.
19 L'intervista è stata concessa il 23 febbraio 2015 tramite contatto facebook.
20 L'intervista è stata concessa il 17 gennaio 2014 tramite contatto facebook.
21 L'intervista è stata concessa il 17 gennaio 2014 tramite contatto facebook.
22 L'intervista è stata concessa il 15 dicembre 2013 presso lo studio dell'artista.
23 L'intervista è stata concessa il 28 febbraio 2015 in un incontro con l'artista.
24 L'intervista è stata concessa il 2 febbraio 2014 tramite contatto facebook.
25 L'intervista è stata concessa il 17 gennaio 2014 tramite contatto facebook.
26 L'intervista è stata concessa il 17 gennaio 2014 tramite e-mail.
27 L'intervista è stata concessa il 24 febbraio 2015 tramite contatto facebook.
28 L'intervista è stata concessa il 3 febbraio 2014 tramite e-mail.
29 L'intervista è stata concessa il 15 gennaio 2014 tramite e-mail. In data 25 febbraio 2015 l'artista è stato contattato per chiedere lui l'autorizzazione alla pubblicazione della sua intervista. Egli ha accettato con riserva, ovvero a patto che io chiarissi il fatto che tale intervista risale al 2014 e che a oggi le sue idee sono cambiate, che Hogre come street artist, non esiste più.
30 L'intervista è stata concessa il19 febbraio 2014 tramite contatto facebook.
31 L'intervista è stata concessa il 3 febbraio 2014 tramite indirizzo e-mail.
32 L'intervista è stata concessa il 27 febbraio 2015 tramite contatto facebook.
33 L'intervista è stata concessa il 16 gennaio 2014 tramite contatto facebook.
34 L'intervista è stata concessa il 15 gennaio 2014 tramite contatto facebook.
35 L'intervista è stata concessa il 23 febbraio 2015 tramite contatto facebook.
36 L'intervista è stata concessa il23 febbraio 2015 tramite contatto facebook.
37 L'intervista è stata concessa il 27 febbraio 2015 tramite contatto facebook.
38 L'intervista è stata concessa il 13 febbraio 2014 tramite e-mail.
39 L'intervista è stata concessa il 17 gennaio 2014 tramite e-mail.
40 Tale domanda è stata parafrasata a seguito di uno scambio di idee con l'artista Hogre.








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Contributo valutato da due referees anonimi nel rispetto delle finalità scientifiche, informative, creative e culturali storico-artistiche della rivista

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