La
street art può essere definita come un movimento artistico
contemporaneo che ha rivoluzionato i canoni tipici dell'arte,
permettendole di cambiare, evolvere e non morire. Intorno agli anni
Sessanta del Novecento, infatti, il mondo dell'arte si è trovato a
combattere una nuova guerra, quella del consumismo, che ha condotto
gli artisti a opporsi a tutto ciò, a uscire fuori dagli schemi,
riversandosi sulla strada e riuscendo così a coinvolgere la massa di
individui per cui l'arte era cosa sconosciuta.
Nata
come writing
tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta del Novecento, nel Bronx di
New York, la street art riesce in pochi anni a convogliare su di sé
non poche attenzioni
da parte dei galleristi. Un esempio è Stefan Eins che, nel 1979
decide di chiudere la sua galleria d'arte a Soho (inaugurata nel
1967) per aprirla nel South Bronx, promuovendo gli artisti oggi
considerati come i pionieri della street
art:
parliamo di Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, Crash, Ronnie Cutrone
.
Intorno
agli anni Ottanta del Novecento quest'arte comincia a essere
conosciuta anche in Italia grazie soprattutto a Francesca Alinovi,
che si adopera per la realizzazione di una mostra all'interno della
Galleria d'arte Moderna di Bologna nel 1984, l'anno successivo alla
sua tragica e prematura scomparsa .
Achille
Bonito Oliva ha avuto un
altro ruolo
importante: nel 1982 infatti, ha
presentato
Jean-Michel Basquiat nella mostra Transavanguardia:
Italia/America
alla Galleria Civica di Modena. Sia i graffiti sia la
Transavanguardia, secondo Bonito Oliva, testimoniano la fine della
tradizione modernista delle avanguardie ponendo l'accento
sull'aspetto "nomade".
Centri
propulsori in Italia, per lo sviluppo di queste nuove tendenze
artistiche, sono state Milano, la città in cui, grazie alla presenza
di writer come Marco Teatro, Vandalo e Dust, i graffiti
cominciano a essere intesi come strumento giovanile di ribellione;
poi Bologna dove un primo interesse nei confronti del mondo dei
graffiti si deve alla Alinovi. Infine Roma dove la street art
e tutte le sue varianti giungono negli anni Novanta di riflesso dal
nord, quando una serie di crews cominciano a dar voce alle
loro idee sui muri di palazzi abbandonati o sui vagoni delle
metropolitane.
Oggi,
a tre decenni dalla sua comparsa, la street
art
si può definire come fenomeno di costume che è riuscito a
contaminare sia il mondo della pubblicità, sia quello dei media.
Un movimento artistico underground
nato dalla società e strettamente legato a essa; lo si potrebbe
intendere come ultimo passo verso la fusione tra immaginario sociale
e società consumistica. Limitare l'interesse della street
art
al semplice dato di costume è tuttavia restrittivo, in quanto essa
ha una natura complessa: è infatti costituita da una pluralità di
manifestazioni artistiche che permettono di parlare di un'evoluzione
nell'arte contemporanea.
In
base a quanto fin qui delineato, si comprende che la street
art
non è un'arte convenzionale e in molti casi non si avvale dei canali
tradizionali dell'arte: anche se sono innumerevoli gli esempi di
mostre di street
art
nei musei,
molti di più sono gli esempi di progetti di street
art
all'aperto curati, in alcuni casi, da note gallerie d'arte o da
fondazioni culturali .
A questo punto sorgono interrogativi complessi relativi alle opere di
street
art:
va considerata come bene culturale, oppure essendo essa nata in
strada per la strada deve essere intesa come bene comune ? O entrambe
le cose ?
E
poi quali tutele di diritto d'autore possono applicarsi a opere che
vengono conosciute principalmente attraverso Internet, strumento dove
il copyright
non riesce a imporre le sue regole ?
Rispondere
a tali domande non è stato facile, ma qualche prima risposta la si è
trovata confrontandosi con il mondo di Internet e più precisamente
con il mondo dell'open
access
e quindi dei beni comuni (Commons) e dei nuovi diritti d'autore.
La
nascita di Internet si fa risalire agli anni Settanta del Novecento e
il merito spetta agli Stati Uniti d'America i quali, durante la
Guerra Fredda, hanno stanziato numerosi finanziamenti per
l'evoluzione tecnologica. Internet, inizialmente riservato alla sola
cerchia degli studiosi, perché difficile da utilizzare, si è andato
man mano semplificando soprattutto grazie a personaggi come Joseph
Licklider e Tim Bernens-Lee i quali, all'approccio scientifico hanno
affiancato quello umanistico rendendo più semplice l'utilizzo da
parte dei non addetti ai lavori di Internet: si è così giunti alla
nascita del Word Wide Web (w.w.w.) prima e del web 2.0 poi .
La
diffusione di Internet in Italia si è avuta contemporaneamente alla
diffusione della street
art:
risalgono difatti ai primi anni Duemila la creazione di siti dedicati
come per esempio ArtCrimes.com che hanno permesso ai graffitari di
avere sotto mano molti più modelli validi per la realizzazione di
nuovi murales. Inoltre con il web 2.0 si è permesso a tutti di
conoscere la street
art:
chiunque può passare dinanzi a un murale, fotografarlo e
condividerlo in Internet per permettere a tutti di conoscere quel
"pezzo", quel murale che, avendo vita effimera e non
essendo apprezzato da tutti, potrebbe scomparire anche il giorno dopo
la sua realizzazione.
A
questo punto, però, sorge uno dei principali problemi della street
art:
il singolo cittadino, autonomamente fotografa un'opera e la pubblica
su un social
network
senza autorizzazione da parte dell'autore, che viene soltanto
riconosciuto come tale. Tutto questo non potrebbe avvenire se al
posto del murale ci fosse un famoso quadro della storia dell'arte:
quest'ultimo infatti, viene riconosciuto da tutti come un bene
culturale ed è dunque tutelato dallo Stato attraverso le norme
stabilite del Codice dei Beni Culturali.
Inoltre
l'autore del quadro si avvale delle leggi di copyright,
le quali essendo molto rigide impediscono di diffondere, copiare o
modificare l'opera da lui realizzata.
È
chiaro quindi, che il copyright non si adatta all'opera di street
art
perché essa viene realizzata in strada per chiunque passi dinanzi a
quel muro; è per tali ragioni che occorrerebbe parlare di street
art
come di un bene comune. Inoltre se l'autore di un murale si avvalesse
di leggi di copyright
,
esse impedirebbero a chiunque di pubblicare fotografie di suoi lavori
liberamente e quindi limiterebbero la diffusione della sua opera alla
visione dal vivo.
Gli
strumenti della proprietà intellettuale sono nati per garantire la
creatività e l'innovazione costante e non per assicurare introiti
(royalties) a chi ha prodotto la conoscenza (questo è quello
che principalmente fa il copyright). Per la street art
dunque, che vive in strada e che necessita l'intervento dell'utente
Internet, del cittadino, sarebbe preferibile parlare di Creative
Commons.
Ispirandosi
all'esperienza GNU GPL della Free Software Fondation ,
il Center for the Public Domain, coordinato da Lawrence Lessig
dell'Università di Stanford, nel 2001 ha dato avvio a un nuovo
progetto, il Creative
Commons.
L'ente (il Center
for the Public Domain)
si è fatto carico di stilare un elenco di licenze che possano
autorizzare la cessione a terzi di alcuni dei diritti inclusi nel
copyright.
I Creative
Commons
(da questo momento CC) dunque, rispondono ai bisogni di costituire
nuovi strumenti di tutela della proprietà intellettuale e sono
principalmente indirizzati alla tutela delle opere multimediali,
ovvero di quelle che hanno tra i mezzi di diffusione anche Internet e
il web 2.0. Le licenze CC permettono la libera copia dell'opera e la
sua distribuzione a patto che vengano rispettati i vincoli che
l'autore decide di imporre su essa. Tali vincoli sono:
-
Attribuzione ( attribution sigla By) attraverso cui viene
riconosciuta la paternità dell'opera all'autore.
-
Non commerciale (non commercial, sigla Nc) per cui non viene
consentito l'uso dell'opera ai fini commerciali ma solo personali.
-
Opere non derivate (non derivate work, sigla Nd) per cui
l'opera non può essere né modificata né trasformata.
-
Condividi allo stesso modo (share
alike,
sigla Sa) per cui l'opera derivata dalla modifica di una precedente,
dovrà essere diffusa secondo le stesse modalità previste dalla
licenza dell'opera originale .
Tali
vincoli possono essere presentati in tre diverse forme giuridiche:
Legal code (licenza giuridica), Commons deed
(traduzione della licenza giuridica in termini di facile
comprensione) e Digital Code
(ovvero la trasformazione della
licenza giuridica cartacea in licenza giuridica digitale).
Detto
ciò sui CC, si può immediatamente riconoscere una validità della
loro attuazione in riferimento all'opera di street art: i CC
permettono all'autore del murale di essere riconosciuto come tale e
di attribuirgli la paternità intellettuale, ma contemporaneamente
permettono all'opera di essere acquisita dall'utente, il quale
riconoscendo sempre il primato all'autore, la utilizza producendo, di
riflesso, una nuova conoscenza.
Di
CC però si può parlare soprattutto grazie agli studi effettuati sui
beni comuni ovvero sui Commons.
Nella tradizione giuridica anglosassone vengono definiti Commons
quei beni, materiali e immateriali,
proprietà di una comunità che, può gestirli liberamente. I Commons
dunque, costituiscono il patrimonio collettivo di una comunità, il
cui sfruttamento eccessivo deve essere impedito per evitarne
l'esaurimento. Garret
James Hardin, biologo e ecologo statunitense, nel 1968 ha pubblicato
un articolo, La
tragedia dei beni comuni
in cui lo studioso ha affermato che il destino dei beni comuni, è il
loro esaurimento, poiché ogni individuo pensa solo al proprio
interesse ignorando che i beni perché comuni, sono e devono essere
usati anche da altri.
È
a questo articolo che Charlotte Hess e Elinor Ostrom
si sono opposte: nell'articolo Au
contraire Monsieur Hardin !
le due studiose hanno dimostrato che, anche se è facile giungere
all'esaurimento dei beni comuni, è anche possibile evitarlo. Ostom e
Hess hanno infatti dimostrato che i Commons
sono beni sostenibili, ma solo se si definiscono regole che
garantiscono la possibilità di rigenerazione sociale e dunque
l'utilizzo da parte di tutti (tutti li usano, tutti li tutelano).
Caratteristica
principale dei beni comuni è quella di essere "non escludibili"
e "non rivali" ovvero: non rivale è riferito al fatto che
l'utilizzo del bene da parte di un individuo, non deve limitare
l'utilizzo dello stesso a altri, mentre non escludibile è riferito
al fatto che almeno in linea teorica, il bene deve essere usato da
tutti coloro che ne abbiano diritto. I beni comuni della conoscenza,
dunque, anche se tutelati da diritti d'autore, sono patrimonio comune
in quanto il diritto al godimento del bene non può prescindere dal
carattere pubblico di quest'ultimo.
Quindi,
in definitiva, se si associa quanto detto in merito ai Commons,
al mondo della street art, appare subito chiaro il fatto che i
murales hanno tutte la carte in regola per essere intesi come
bene comune: l'utilizzo da parte di un individuo di un'opera di
street art non è rivale e non è escludibile, tali opere sono
patrimonio comune e se si stabiliscono regole, come potrebbero essere
quelle dei CC, esse finirebbero per dare visibilità e riconoscimento
intellettuale all'autore ma non limiterebbero a nessuno la visione di
queste e inoltre produrrebbero nuove conoscenze.
Per
poter confermare l'idea che l'opera di street art sia un bene
comune si è proceduto su due versanti: in primis si sono
andate a interrogare le più importanti biblioteche digitali di
Commons online e poi in seguito si sono intervistati alcuni
artisti i quali hanno espresso la loro opinione in merito alla
situazione.
La
prima biblioteca digitale online consultata è stata quella fondata
da Charlotte Hess nell'Indiana University, ovvero The
Digital Library of the Commons:
questa non ha dato risultati soddisfacenti se non per articoli
attinenti la strada (1.199 sono i risultati)
intesa come luogo urbano da salvaguardare perché di tutti e quindi
bene comune. Per una proprietà transitiva e tenendo conto che
l'opera di street
art
è realizzata in strada per la strada, la definizione di bene comune
che di quest'ultima si fa, potrebbe riguardare, in linea teorica,
anche i murales.
Più
interessanti sono invece i risultati ottenuti interrogando Europeana,
biblioteca digitale europea, online dal 2008 che dà accesso a oltre
2 milioni di oggetti digitali in modalità LOD
messi a disposizione da oltre 2.000 istituti culturali dei paesi
membri dell'Europa: 17 sono i risultati ottenuti con le parole
"Street
art murales" inserite
nella maschera di ricerca, 7.774 i risultati ottenuti con le parole
"street
art" inserite
nella maschera di ricerca (in questa sezione però compaiono anche
immagini e articoli di gallerie d'arte, quindi non tutti i 7.774
risultati sono da riferire direttamente alla street art), 7 i
risultati ottenuti con la parola "Banksy"
inserita nella maschera di ricerca.
Si
è di seguito deciso di intervistare alcuni tra i più conosciuti
street artist, italiani e non, per capire cosa ne pensassero
loro, se fosse valido o meno parlare di bene comune in riferimento
all'opera di street art. Gli artisti intervistati tra il
dicembre del 2013 e il febbraio del 2015 sono stati 41; le interviste
sono state ottenute attraverso indirizzi e-mail, contatti
facebook e incontri con gli stessi. Alle domande hanno risposto in
23, un solo ha risposto dicendo che non avrebbe saputo dare
spiegazioni alle mie domande, 4 hanno rinviato la cosa per questioni
lavorative, 13 non hanno risposto.
DOMANDE
Le
domande in questione sono le seguenti:
1)
Quando l'opera di street art o di writing viene realizzata su
un muro o in qualsiasi altro luogo pubblico di chi diventa ?
2)
L'opera di street art può intendersi come un bene comune?
RISPOSTE
ALICE
PASQUINI a.k.a. ALIC'È:
1)
Per mia opinione l'opera realizzata in uno spazio pubblico diventa
proprietà della città stessa e della gente che interagisce con
essa, per esempio scrivendoci su. In questo modo si dà all'opera la
possibilità di evolversi, di cambiare, di essere distrutta. La
testimonianza fotografica però continua a vivere sul web e
qui viene preservata per la trasmissione ai posteri, infatti Internet
è fondamentale per la storia della street art.
2)
Bisognerebbe innanzitutto fare una distinzione tra cosa è arte e
cosa non lo è, e poi da qui studiare per poter capire se l'opera di
street art è o meno un bene comune.
BOL23:
La
risposta più riduttiva è che sì, la street art è un bene
comune, ma vanno considerati una serie di aspetti. Nella street
art e nel writing ci si appropria di uno spazio sia fisico
sia espressivo, quindi di solito si è portati a dichiararlo. Sui
muri "legali" di Roma (di proprietà pubblica) lo scontro
sulla "proprietà del primo arrivato" è molto attenuato
dal fatto che chi va a dipingere lì sa già, che prima o poi
qualcuno dipingerà sulla sua opera; sui muri illegali, la situazione
è invece più complessa. Infatti un secondo artista che decide di
realizzare un suo "pezzo" lì dove già qualcun'altro ha
graffitato è consapevole che i rischi dovuti al suo gesto sono più
limitati rispetto a un luogo dove mai nessuno ha dipinto. Quindi in
definitiva l'opera di street art è sicuramente un bene comune
perché chiunque può fruirne, ma appartiene a chi l'ha realizzata.
CAMILLA
FALSINI:
Credo
che l'opera realizzata su un muro pubblico debba intendersi come un
bene di tutti quindi comune. Poi ovviamente il discorso è complesso,
perché non a tutti piace un muro dipinto, ma comunque credo che non
possa definirsi di proprietà dell'artista perché se così fosse non
avrebbe senso dipingere in strada.
DEM:
2)
Secondo me no, l'opera di street art non può essere definita
bene comune anche perché se lo fosse sarebbe tutelata dallo Stato,
forse lo diventerà, ma spero proprio di no.
DIAMOND:
1)
Una volta collocata in uno spazio pubblico l'opera è di tutti e non
è di nessuno. Può essere ammirata e fotografata come anche
deturpata.
2)
Tutto ciò che è pubblico dovrebbe essere un bene comune e
condivisibile senza enclosure. Questo per lo meno è quello
che mi auguro.
DAVID
VECCHIATO a.k.a. DIAVÙ:
Il
termine bene comune chiarisce perfettamente quello che è il mio
intento di artista oltre che di curatore di un progetto che si chiama
M.U.Ro, Museo Urban di Roma (progetto di riqualificazione del
quartiere romano Quadraro, attraverso opere di street art). Il
cittadino deve essere attivo e consapevole che tutto lo spazio
pubblico è suo perché è un bene comune. Purtroppo in Italia
abbiamo questa brutta convinzione per cui lo spazio pubblico è
spazio di nessuno. Quindi se l'arte aiuta la società a
riappropriarsi degli spazi pubblici allora perché non utilizzarla a
tale scopo ? Se un muro è rovinato nessuno penserà che sia suo
mentre se il muro lo abbellisci allora sempre più gente potrà dire:
«Quel muro è anche un po' mio perché quel muro appartiene a noi
tutti e va tutelato in quanto bene comune.» [...] Inoltre io ritengo
che in questo contesto si possa parlare di bene comune perché
chiunque può fotografare e pubblicare l'opera su Internet
liberamente.
DOMENICO
TIRINO a.k.a. NAF-MK:
1)
L'opera di street art è potenzialmente di tutti, ma a
definirsi fruitore può essere solo colui il quale passandovi dinanzi
subisce il suo fascino.
2)
Un bene comune è qualcosa che è di tutti e che quindi andrebbe
tutelato come tutelate sono le montagne e i mari. Ma l'opera di
street art è effimera, nasce per essere tale e quindi non va
tutelata perché, se così fosse, non si rispetterebbero le idee
portanti dell'opera. Quindi io non sono d'accordo nell'intenderla
esattamente un bene comune.
EL
EURO:
1)
L'opera anche se collocata in strada è del proprietario del supporto
che può decidere cosa farne.
2)
L'opera di street art può essere intesa come bene comune solo
se il proprietario fisico è espressamente consenziente a renderla
pubblica. Ugualmente il pubblico non può arrogarsi diritti
sull'opera di street art, così come non può averli su
un'opera architettonica.
FIJODOR
BENZO:
1)
Dipende da molti fattori, per esempio dal fatto che sia o meno
legale: nel caso dell'illegalità l'opera è della cittadinanza,
quindi in balia del loro giudizio.
2)
A mio avviso è certamente un bene comune, soprattutto perché
stimola le persone a ragionare sullo sviluppo estetico delle nostre
città, spesso anche in maniera attiva. Questa è una domanda che
dovrebbe essere fatta per strada con un test sui passanti, perché in
questo modo si capirebbe come ragiona la gente e come percepisce
l'invasione di colore che si dirama nelle città.
GIONATA
OZMO GESI:
Le
opere realizzate in strada diventano di chi le fruisce. ma non sono
poi convintissimo che possiamo parlare di bene comune. Le tematiche
aperte sono troppe per poter dare una risposta unica.
GIO
PISTONE:
1)
Secondo me il concetto di proprietà non esiste in strada; esiste
invece il diritto d'autore divisibile in diritti morali e diritti di
utilizzo economico o di copia (copyright). I diritti morali
sono invisibili e non potranno mai essere separati da chi ha prodotto
l'opera; quelli economici invece possono essere ceduti, a esempio
tramite contratto.
2)
Credo che possa definirsi bene comune così come le fontane, le
statue, gli affreschi che si trovano in città.
HITNES:
Dipende
tutto dal fatto se l'opera sia legale o illegale. La superficie dove
viene realizzata l'opera raramente è pubblica, quindi la superficie
resta del proprietario; nel caso in cui la superficie sia pubblica il
lavoro è pubblico, quindi un bene comune. Nel caso in cui l'opera
venga asportata dalla superficie pubblica questa diventa di proprietà
dell'autore, perché così diventa un oggetto commerciabile.
HOGRE:
Un
lavoro realizzato su un muro pubblico è ovviamente un bene comune:
non a caso in Inghilterra esistono già speciali sanzioni per i furti
di street art. L'uomo dipingeva sui muri ancor prima di
imparare a parlare, anzi, forse è stata proprio la capacità
immaginativa e rappresentativa che ha permesso l'evoluzione del
linguaggio. È per questo che credo sia insensato condannare i segni
lasciati sui muri pubblici. C'è anche un'idea politica dietro a
tutto questo: la strada dovrebbe essere di chi ci cammina sopra, di
chi la vive e non si dovrebbe pensare di affidarla a politici e
ricche multinazionali che solo perché hanno i soldi sono libere di
bombardarci con le loro immagini e i loro messaggi.
HOPNN:
Generalmente
io intendo l'opera di street art come appartenente all'arte
pubblica, fruibile dai passanti e gratuita. In effetti, una volta
realizzata sul muro, l'opera diventa un bene comune. L'opera
realizzata in strada deve rimanere in strada e subire modifiche solo
in relazione a essa.
JB
ROCK:
1)
I lavori realizzati in luoghi pubblici sono di chi li nota e nel
notarli si rende conto che quel lavoro ha contribuito a migliorare la
sua vita quotidiana.
KORVO:
1)
L'opera diventa visibile grazie al mio intervento e come ogni altra
creazione la sento mia al 100%; è ovvio che chi decide di operare in
strada vuole condividere la sua opera con gli altri.
2)
Secondo me può sicuramente intendersi come un bene comune, io
intendo un bene comune un qualcosa di universalmente riconosciuto
come tale.
LUCAMALEONTE:
Essendo
l'opera realizzata in strada credo sia valido intenderla come bene
comune; è quindi responsabilità comune assicurarne la conservazione
e la tutela. Questa può avvenire su vari livelli: dal passante che
evita di farci incollare sopra dei manifesti o di far urinare il
proprio cane nei pressi dell'opera, al politico locale che mette in
atto quanto in suo potere per impedirne il degrado.
MARCO
ABAOUT BEVIVINO:
Un'opera
visibile a tutti è di tutti; a qualcuno può piacere, altri possono
restarne infastiditi, ma è comunque un bene comune, o un male comune
a seconda delle opinioni !
MR.
KLEVRA:
1)
L'opera non è mai dell'artista, l'opera è la creazione che poi deve
vivere di vita propria ! Può durare un giorno o un anno, può essere
rispettata e fotografata o totalmente snobbata; questo è quello che
distingue la street art. Le opere nei musei sono sotto i
riflettori perché hanno una storia e una quotazione economica, la
street art invece ha addosso il riflettore più antico della
terra: il sole ! Mentre il prezzo lo fa lo spettatore ! Mi piace
pensare a ogni opera come a un figlio: lo crei, lo fai crescere e poi
lo lasci andare per la sua strada.
2)
Sicuramente è un bene comune: lo deve essere, si snatura un'opera di
street art se diventa proprietà di un singolo individuo !
MR.
THOMS:
L'opera
dal momento che viene realizzata diventa un bene comune condivisibile
gratuitamente da tutti, ma al tempo stesso non può e non deve
diventare un prodotto che crea un introito commerciale per quei pochi
che vogliono lucrare su un'opera gratuita realizzata da un artista.
MR.
WANY:
L'opera
rimane dell'artista, intellettualmente parlando, ma ovviamente è di
fatto un bene comune.
OMINO71:
L'opera
di street art "in senso stretto" per sua natura è
un "bene comune", cioè un bene a titolarità diffusa, non
riconducibile alle tradizionali categorie di "bene privato"
e di "bene pubblico" e quindi, almeno idealmente, dovrebbe
sfuggire alle tipiche questioni sulla proprietà. È ridicolo parlare
di galleristi di street art perché non si può esporre la
street art in galleria o al museo, a meno di pensare a
operazioni "in vitro" o di documentazione. Se ci riferiamo
alla street art in senso stretto, sono convinto che si tratti
di un bene comune, in quanto l'artista, dal momento stesso che la
installa per la strada, si priva del suo possesso, la abbandona e la
regala alla collettività, che ne diventa titolare, scegliendo poi
singolarmente non solo di apprezzarla, disprezzarla o ignorarla, ma
anche di intervenire attivamente fotografandola, valorizzandola e
proteggendola, o rubandola e deturpandola. In altri termini, dal
momento in cui l'opera d'arte viene realizzata, non è più di
nessuno, quindi è di tutti.
ZELDA
BOMBA:
Street
art un bene comune ? Assolutamente sì ... So che il muro dipinto
potrebbe essere privato e dunque che il pezzo potrebbe essere
venduto, ma l'idea non mi piace per niente. Se vado in una strada per
fare un dipinto è come se ci piantassi un albero, perché in qualche
modo modifico il luogo. Non ci deve essere volontà di proprietà
privata in strada ma solo una volontà di dialogo, confronto,
incontro, e poi mi piace pensare ai bambini che fantasticano davanti
ai dipinti. Che si parli di street art o che si parli di museo
per me l'opera rimane di chi guarda, altrimenti non servirebbe a
nulla, altrimenti sarebbe solo uno specchio dove riflessa c'è
l'immagine di chi l'ha prodotta.
Ma
la street
art
è o non è arte? Probabilmente discutendo su tale questione si
potrebbe meglio comprendere il significato della street
art,
un'arte effimera che si nutre della strada, e che quindi deve essere
intesa come bene comune. Un'arte che, nata come atto di ribellione
contro la società industrializzata, oggi diviene lo strumento per
dare nuova vitalità a quartieri creati dall'industrializzazione, ma
abbandonati a se stessi. Rispetto agli anni passati la situazione è
sostanzialmente cambiata e oggi, quando si parla di street
art
si corre un altro rischio; quello di diffondere e promuovere la
street
art
solo in quanto movimento di tendenza, di moda, che permette di
ottenere riconoscibilità. Detto ciò il dubbio che potrebbe sorgere
è un altro: la messa in atto di questo processo mediatico potrebbe
voler dire che la street
art sta
già per morire?
La trasmissione ai posteri, e dunque la documentazione di tutto
quello che è stato fatto, credo siano necessarie perché la street
art può
essere considerata come una delle ultime avanguardie artistiche; il
clamore mediatico tuttavia, fa pensare che la street
art sia
ormai un'arte da catalogare e di cui serbare la memoria, e sia quindi
entrata a pieno titolo nella storia dell'arte.
NOTE
Con
il termine web 2.0 si individua quell'evoluzione del world
wide web
che ha permesso all'utente di diventare attivo, di interagire con
gli altri utenti in rete.
|