L’utopica
macchina Memex, descritta da Vannevar Bush
nel suo profetico articolo As
we may think ,
si poneva come la soluzione a tutta una serie di problematiche legate
alle attività di studio e di ricerca, prima tra tutte la
meccanizzazione di dati testuali e visivi in un archivio personale in
modo tale da poter effettuare confronti, sovrapposizioni e
collegamenti tra vari materiali in precedenza reperiti, ponendosi in
tal senso come precursore del sistema ipertestuale
e del personal computer.
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Figura
1: Illustrazione della macchina Memex, tratta dalla seconda edizione
dell'articolo di Bush pubblicata nel 1945 in "Life"
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Bush,
nel descrivere il progetto della sua macchina di comparazione,
seleziona alcune tra le più importanti tecnologie coeve,
illuminandone il percorso ed indicandone lo sviluppo ultimo, fino al
totale completamento: il Memex è, sostanzialmente, un calcolatore
analogico, un dispositivo elettro-ottico, la cui unità operativa è
il microfilm .
La
combinazione di queste nuove tecnologie con questo innovativo
utilizzo insieme alla possibilità di controllare ogni sinapsi
tramite una tastiera e un sistema di leve e bottoni e all’utilizzo
della fotografia, consentiva a questa project machine di essere il
clone elettronico dei processi della mente e del ragionamento umano.
I
meccanismi interni al macchinario consentivano, oltre ad una rapida
consultazione dei documenti e delle immagini archiviate, anche la
possibilità di creare dei collegamenti stabili tra i vari materiali
archiviati e la fondamentale opportunità inserire delle note a
margine, degli appunti, dei commenti a corredare il materiale
esistente.
Altra
affermazione perspicace e veggente è quella della creazione di una
figura professionale specializzata nella creazione di percorsi
associativi, più o meno ciò che noi chiamiamo utente consapevole.
La
progettazione e descrizione del Memex è da considerarsi il risultato
di un lungo processo di sintesi sull’elaborazione della mente umana
mediante accostamenti di vari elementi che si stava portando a
compimento.
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Figura
2: Etienne - Jules Marey, Bird Flight, Pelican, 1886
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La
fine del XIX secolo aveva portato alla luce invenzioni come la
fotografia ,
che consente all’uomo
di fermare l’istante in un’immagine. Ma, con il tempo, si sentì
sempre più l’esigenza di riprodurre una situazione in movimento:
dapprima la cronofotografia ,
inventata dal medico francese Étienne - Jules Marey ,
per un fine puramente scientifico, anche se in seguito questa
tipologia di strumento venne utilizzata soprattutto dagli artisti
futuristi per osservare la velocità e fissarla in un’immagine;
successivamente si pensò ad un mezzo espressivo in grado sì di
riprodurre una situazione, ma in movimento: nacque così il cinema
nel 1891, dopo degli esperimenti precedenti, ed arrivò al grande
successo con i fratelli Lumière
e con le teorie legate al montaggio e alla regia di Sergej
Ejzenstejn ,
elaborò un’opera teorica dal titolo molto eloquente: Il movimento
espressivo .
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Figura
3: Storia delle immagini in movimento: da sinistra, Joseph Nicéphore
Niépce, Etienne - Jules Marey, i fratelli Lumière e Sergej
Ejzenstein
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Per
dar luogo ad immagini in movimento la componente comparativista è
molto forte, da un lato perché più figure di uno stesso soggetto
realizzate in pose diverse danno luogo ad una sequenza ed è dunque
importante che le immagini, tra loro confrontate, risultino diverse,
dall’altro, nella cinematografia, ciò che conferisce espressione
al movimento è proprio il confronto tra il testo scritto e
l’interpretazione dell’attore, azione questa volta dalla figura
mediatrice del regista.
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Figura
4: da sinistra, locandina del cinematografo Lumière e un celebre
fotogramma dal film del 1925 La corazzata Potëmkin
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L’interpretazione
degli attori, che si basa principalmente sulle capacità del volto di
esprimere ogni tipologia di emozioni, può essere uno snodo
importate, per condurre lo studio culturalista sulla nascita del
progetto Memex, parlare, seppur brevemente e in modo non troppo
approfondito, della fisiognomica ,
disciplina che tra XIX e XX secolo raggiunse dei risultati
significativi.
Questo
settore prende il nome da un termine greco coniato da Aristotele
e da lui utilizzato per individuare la scienza che deduceva degli
aspetti spirituali di un individuo dal suo aspetto corporeo e dalle
caratteristiche somatiche. A partire dal teorico greco, per tutto
l’evo moderno, la fisiognomica fu una pratica utilizzata da artisti
e filosofi, in ambito ritrattistico, caricaturale, morale e
precettistico.
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Figura
5: Cesare Lombroso e una delle sue tavole comparative, tra
Rivoluzionari e criminali politici, matti e folli
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Il
culmine di tale pratica si raggiunge in Germania con Theodor Piderit
e il suo Mimik
und Physiognomik
del 1858 e in Italia con Cesare Lombroso ,
il quale dedicò numerosi scritti alla trattazione della materia,
accompagnati da illustrazioni.
Il
metodo comparativo testo - immagine – individuo era qui
fondamentale non solo a livello di ricerca scientifica, ma anche e
soprattutto per motivazioni di utilità sociale e civile, come
indagini di pubblica sicurezza su omicidi, furti o crimini vari.
Sono
significative, in tal senso, le tavole realizzate per la comparazione
degli identikit tipizzati, che accompagnavano la descrizione testuale
redatta dallo pseudo scienziato.
Procedendo
sulla strada degli studi comparativisti contemporanei, si giunge
all’attività di comparativismo linguistico, ovvero lo studio delle
relazioni delle lingue, al fine di indagarne la storia e
l’evoluzione; attivo, in tal senso, nel ramo dell’indoeuropeistica
tra XIX e XX secolo è Hermann Osthoff .
Anche
le discipline storiche furono colpite dall’ondata comparativista,
in particolare ad opera di Marck Bloch
e degli annalisti: nel 1928, infatti, lo storico francese scrisse
Storia comparata delle società europee ,
nel quale si cercano, mediante la comparazione, le cause comuni dei
fenomeni e le influenze reciproche tra le società.
In
realtà gli stessi padri della storia comparata
non amavano molto praticarla, preferendo a questo metodo sociologico
le tradizionali classificazioni cronologiche, geografiche o per
settori disciplinari, utilizzando quindi la disciplina comparatistica
solo nei settori più vicini alla sociologia, vale a dire la
demografia storica
e la storia economica quantitativa .
Il
settore in cui, però, la componente del comparativismo è molto
forte è sicuramente la storia dell’arte, più in particolare
l’ambito iconografico e critico.
Uno
dei primi teorici ad utilizzare un metodo scientifico per
l’attribuzione delle opere alla mano di un determinato artista fu
Giovanni Morelli ,
grande conoscitore d’arte proveniente da una formazione in ambito
medico: egli prestava una fortissima attenzione a particolari
anatomici o del vestiario, riproducendoli in disegni eseguiti da lui
stesso, al fine di poterli confrontare con le opere reali e poterle,
infine, attribuire, con una certa scientificità, alla mano di un
artista.
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Figura
6: Giovanni Morelli e uno dei suoi disegni, esempio della sua pratica
attribuzionista
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Ma
è, nuovamente, la Germania a produrre la mente più brillante in
tale pratica: Aby Warburg .
Egli,
che amava definirsi “Amburghese di cuore, ebreo di sangue, d’anima
fiorentino”, dedicò, nel 1888, una conferenza ai Tipi della
Cappella Brancacci ,
dove condusse un’indagine fisiognomica sugli affreschi masacceschi,
rifacendosi al metodo morelliano sì, ma dimostrando la sua ampia
conoscenza dei più svariati settori e studiosi, partendo da Charles
Darwin ,
i già citati Piderit e Osthoff e August Schmarsow .
Tuttavia,
le più significative applicazioni del metodo comparativo –
associativo da parte del critico amburghese consistono nel Bilderatlas Mnemosyne e nella fondazione del Kulturwissenschaftliche
Bibliotek.
Il
cosiddetto Atlante della Memoria, ultimo progetto di Warburg, è
composto da una serie di tavole (63 nell’ultima versione), ciascuna
delle quali ha un "tema – polo", rappresentato da un’immagine posta
al centro del pannello, circondato da altre immagini assemblate
attorno al nucleo centrale secondo connessioni stabilite da Warburg
stesso; talvolta, alcune opere vengono come zoomate, per rendere
visibile in dettaglio che lega l’immagine complessiva al tema
principale.
La
macchina Mnemosyne aveva come principale obiettivo quello di dare
parola alle immagini, consentendo loro di ricreare i processi
formatori di pathosformeln
e le loro migrazioni tra le diverse culture. È, dunque, proprio il
confronto di diversi elementi a dar luogo alla comune origine di un
tema.
Il
critico, purtroppo, lasciò incompleto il suo lavoro e, con l’avvento
del Nazismo ,
i suoi collaboratori, in particolare la sua assistente Gertrude
Bing ,
che aveva raccolto gli appunti del maestro, non riuscirono a gestire
la complessità del materiale nel momento del trasferimento a Londra
dell’Istituto e dovettero rinunciare alla pubblicazione, che
avverrà, postuma ed incompleta, a sua volta, a Vienna nel 1994.
Il
secondo progetto warburghiano, oggi inserito nell’istituzione nota
come Warburg Institute con sede a Bloomsbury, quartiere di Londra, è
una biblioteca che conserva e gestisce materiale di ricerca per oltre
350000 volumi collocati su scaffali aperti, eccezion fatta per libri
rari e di valore, oltre ad un cospicuo numero di fotografie, queste
ultime parte dell’Archivio Warburg, anch’esso ivi custodito.
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Figura
7: Bilderatlas Mnemosyne, tafel 6: Antike Vorprägungen: Raub
(Proserpina, Unterwelt [Tafel 5]). Opfer (Polyxena). Opfernde Mänade
(Priesterin). Tod des Priesters (Laokoon). Conclamatio. Tanz des
Priesters (Isis). Grabtä nzerin en. Achill auf Skyros (als
Chorführer?)
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Figura
8: Biblioteca Warburg, Amburgo
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La
Biblioteca Warburg è costruita secondo il principio del buon
vicinato :
l’insolito sistema di catalogazione si basa sulla divisione della
storia umana in quattro categorie, azione, orientamento, parola e
lingua, e la collocazione dei volumi è progettata in modo tematico
ed interdisciplinare, garantendo al ricercatore il facile reperimento
di materiali tra di loro confrontabili e su argomenti analoghi entro
uno stesso scaffale, ignorando totalmente le regole della
biblioteconomia tradizionale .
Dopo
la morte di Warburg, l’avvento di Hitler ed il clima pre bellico,
gran parte degli studiosi europei iniziarono ad emigrare verso gli
Stati Uniti, i cerca di un territorio più fertile entro cui
elaborare nuove teorie: così anche alcuni degli allievi del critico
amburghese, primo tra tutti il padre teorico dell’iconologia Erwin
Panofsky ,
si trasferirono nel nuovo continente, portando con loro tutto il mental set europeo del periodo tra le due guerre. Fu in questo
contesto culturale che nacque un’opera come Studi di Iconologia ,
fondamento della nascente disciplina iconologica.
Nello
stesso ambiente in cui la storia dell’arte porta la tradizione
europea e la modifica innovandola, la tecnologia pre ipertestuale
muove i suoi primi passi, traendo da questa antica tradizione
culturale del vecchio continente dei nuclei concettuali fondamentali,
che saranno il principio attraverso il quale progettare una macchina
per rendere democratica la selezione di materiali attuata dal
pensiero umano.
L’analogicità
dell’operato di Warburg e la digitalità del progetto di Bush
avevano l’unico fine di facilitare e rendere patrimonio
l’intelletto dell’uomo.
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Figura
9: da sinistra, Aby Warburg e Vannevar Bush
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È
con stima ed affetto che ringrazio le professoresse Claudia Cieri
Via e Paola Castellucci per avermi permesso, con i loro insegnamenti,
di attuare questa riflessione, che ha l’intento di collegare
fenomeni di ambiti apparentemente diversi, ma che, in nome della
multidisciplinarietà, hanno un’unica esigenza culturale di fondo.
NOTE
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