Giuseppe Pardini può essere definito, osservando i suoi lavori, un esponente del Classicismo della Restaurazione o Classicismo Borghese
del Ducato di Lucca.
Dopo la caduta di Napoleone viene reinsediato nel Granducato di
Toscana Ferdinando III d'Asburgo-Lorena e nel Ducato di Lucca
troviamo come reggente Maria Luisa di Borbone.
La Toscana venne così restaurata in virtù di un “nuovo-vecchio”
ordine europeo; le ricostituite amministrazioni cercarono di
mantenere quasi tutti i tecnici, precedentemente impiegati,
limitandosi giudiziosamente a ricollocarli nei nuovi ranghi
granducali dei lavori pubblici.
L'architettura, in parte, fu condizionata dai cambiamenti politici;
il Classicismo toscano della Restaurazione partecipa con autonomia e
dignità a quel movimento definito Classicismo Romantico che
interessò l'intera Europa nella prima metà del XIX sec.
Si mantenne una sostanziale continuità stilistica con il precedente
periodo Neoclassico ( circa XVIII-XIX sec. ) e si guardò ancor più
al mondo classico greco-romano, prendendo comunque anche spunto dal
lavoro dei grandi come Bramante, Raffaello, Sangallo, Vignola,
Palladio.
La novità del periodo consiste nell'applicare questo linguaggio
“classicheggiante” ad un contesto nuovo, ad una realtà sempre
più fattiva, operosa, borghese. Forme desunte da una tradizione
millenaria vengono ora elegantemente piegate a nuove esigenze,
desiderio di una società sempre più borghese; una nuova realtà
modernamente antica dove un pacificato equilibrio si unisce ad un
agiato buon senso.
Pardini nasce a Lucca il 4 dicembre 1799 da una famiglia benestante,
segue studi classici e già in giovane età mostra un fervente ed
ardente interesse per l'arte e l'architettura.
Sin da giovane Pardini si dimostra costante nello studio e la sua
passione per le belle arti si fa tanto forte da far decidere con
facilità alla famiglia, nel 1817, di inviarlo a Roma presso
l'Accademia di San Luca per proseguire la formazione.
Durante il soggiorno romano il giovane, oltre a scoprire e studiare
le grandi opere del passato, ( ad esempio Colosseo, Pantheon, Villa
Adriana), conosce e si interessa allo stile Neoclassico e ne rimane
fortemente affascinato; in particolare è colpito dall'elaborato
linguaggio fatto di continui richiami e citazioni degli ordini
classici, dorico, ionico e corinzio e di altri più complessi come lo
ionico vignolesco ed il corinzio imperiale.
Conclusi gli studi presso l'Accademia di San Luca Pardini è
cosciente che la sua istruzione architettonica non può dirsi
conclusa in quanto priva di nozioni tecniche; decide quindi di
arricchire la sua cultura architettonica presso il Regio Collegio di
Lucca dove studia, dal 1821 al 1824, materie scientifiche
indispensabili come la meccanica, l' idraulica, la fisica e la
matematica.
Il desiderio di apprendere e conoscere non si esaurisce con lo studio
ma ne condiziona l'intera vita e lo sprona ad osservare e viaggiare;
appunta e disegna continuamente. Famosi sono i suoi taccuini di
appunti dove troviamo raffigurati anche quei dettagli di architettura
quotidiana, che, ad un occhio inesperto possono apparire
insignificanti e di poca importanza, ma che catturano il suo sguardo
allenato.
In un viaggio agli scavi di Pompei ed Ercolano studiò con attenzione
i particolari tecnici degli edifici romani e rimase estremamente
colpito dalla policromia delle strutture antiche; è indubbio che
l'attenzione per i dettagli sia costruttivi che ornamentali e l'uso
attento dei colori furono due aspetti imprescindibili di ogni suo
progetto.
Fondamentale è il viaggio che Pardini fa in Inghilterra; qui venne a
contatto con il Neopalladianesimo, l'architettura neoclassica e
neogotica di John Nash (1752-1853), ed il linguaggio particolare di
John Soane (1753-1837).
Nel 1834 torna stabilmente a Lucca dove inizia la professione.
Pardini in questi primi anni di lavoro sarà influenzato dalla
persona e dal lavoro di Lorenzo Nottolini (1787-1851) architetto ed
ingegnere noto a Lucca in particolare per i suoi lavori in campo di
regimazione idrica, massimo esempio ne è l'acquedotto, ma anche per
opere di riassetto urbano e di architettura come lo stato attuale di
piazza dell'anfiteatro e l'osservatorio astronomico.
Pardini è un professionista capace e sin da subito non mancano le
commissioni. Le sue opere si distinguono per le continue citazioni
greche, romane e rinascimentali sempre reinserite in modo colto,
sensibile e consapevole nella nuova realtà culturale.
Rivitalizza il neoclassicismo senza sconvolgerlo, tramite una
rinnovata attenzione al vero naturale ed all'arte del quattrocento.
Supera la compostezza e la rigidità delle forme neoclassiche
mostrando allo spettatore nuovi, stupefacenti ed inaspettati
accostamenti: forme greche vicino a dettagli dell'architettura
quattrocentesca. Gli spazi adesso vivi, capaci di colpire
positivamente il cuore dello spettatore, creano stupore ed
ammirazione senza però abbandonare l'ordinato universo delle forme
classiche e le sensazioni di calma, ritmo, solennità.
Gli anni fra il 1833 ed il 1837 sono particolarmente intensi sia dal
punto di vista professionale sia per quello accademico; durante il
1833 incomincia i lavori per la Pieve di Marlia, nel 1834 è Maestro
di Architettura e nel 1835 entra a far parte della Commissione
Consultiva di Belle Arti e Monumenti di Lucca.
Viene nominato “
Segretario ed Ispettore della Deputazione degli
Edili del Circondario dei Bagni Termali”
ed impegnato nella progettazione e nella realizzazione della stazione
termale di Bagni di Lucca. Negli edifici della stazione termale come
in altri progetti vediamo il suo amore per la policromia in questo
caso realizzata con l'accostamento di materiali diversi come
l'intonaco, la terracotta, il gesso e la pietra.
Sempre nello stesso periodo si sperimenta sia nella ristrutturazione
di edifici antichi, come la Basilica di San Frediano, sia nella
progettazione di nuove tipologie edilizie, come la Camera di
Commercio e la Stazione di Lucca, dove massima è la sintesi fra
linguaggio ricercato e tecnologia.
Carlo Lodovico promuove, nel decennio fra il 1830 ed il 1840
attraverso apposite leggi e specifici organi una politica di decoro e
rinnovamento urbano in cui Pardini sarà particolarmente coinvolto.
Seguono nuove nomine ed onorificenze; nel 1837 Pardini è nominato
“Ispettore e Consultore di tutte le fabbriche del ducato escluse
quelle dipendenti dal Regio architetto Lorenzo Nottolini”
e nel 1838 è professore di architettura, prospettiva ed ornato
presso il Regio liceo.
Carlo Lodovico cede nel 1847 il Ducato di Lucca al Granducato di
Toscana; le amministrazioni vengono rinnovate e di conseguenza gran
parte della precedente classe dirigente viene parzialmente liquidata.
Sia Nottolini che Pardini si trovano ora in una situazione difficile,
il primo ormai anziano soffrirà fino alla morte questo
allontanamento dal lavoro, il secondo si sentirà impotente e
frustato di fronte alla brusca interruzione di un periodo così
stimolante e prolifico della sua carriera.
Fortunatamente, per il nostro architetto, la gestione lorenese
durerà solo dieci anni fino all'Unità d'Italia nel 1861. La
carriera di Pardini riprende e nei primi quindici anni del nuovo
stato italiano gli saranno affidati molti lavori. Molti dei progetti
di questo periodo non verranno realizzati o parzialmente, l'ospedale
civico di Lucca ed l'ospedale di Fregionaia sono fra queste opere, ma
saranno comunque occasione di crescita ed arricchimento.
L'Italia sta cambiando volto: si cerca di superare quella dimensione
regionale e provinciale, che prima la caratterizzava, con grandi
progetti di riassetto urbano e la progettazione di nuovi grandi
edifici pubblici, massimo esempio i ministeri romani, in un stile
classico spesso ovvio e prevedibile, quasi burocratico. L'architetto
si scontra con le nuove mode dell'architettura unitaria come
l'eclettismo neorinascimentale ed il neoquattrocentesco, ma grazie
alla sua preparazione ed alla sua sviluppata sensibilità non avrà
problemi a conciliare la sua formazione neoclassica con i nuovi
gusti.Pardini evita, a differenza di molti suoi contemporanei, di
arrischiarsi in citazioni meccaniche di motivi passati e accostamenti
inconsapevoli di dettagli di maestri come Brunelleschi, Michelangelo,
Bramante, Palladio.
L'architetto si trova adesso, nei suo progetti per il pubblico, a
lavorare in scale quasi urbanistiche; la sua grandezza sta nel non
aver abbracciato il nuovo linguaggio ma nel mantenere la sua poetica,
fatta di citazioni colte e studiate, sintetizzandola, allegerendola,
“ampliandola” alle nuove richieste.
Pardini cita decontestualizzando, alterando, arricchendo attraverso
un uso attento dei colori e dei materiali, usando mosaici,
terrecotte, legno, pietra e marmi multicolori. Un esempio
dell'architettura classicheggiante ed al tempo stesso eclettica di
Pardini di questo periodo può essere considerata l'esedra del
manicomio di Fregionaia per la balneoterapia ( purtroppo quello che è
oggi visibile poco corrisponde al disegno originario ed è il
risultato di decenni di amministrazioni insensibili).
Nel 1860 Pardini viene nominato
“ Ufficiale e tecnico
responsabile di tutti quei lavori da eseguirsi nelle fabbriche
dell'Opera Ospedali ed Ospizi di Lucca”.
Dall'Unità d'Italia in poi il nostro architetto si mette alla prova
con i due grandi complessi ospedalieri lucchesi, che per dimensioni
e per richieste si rivelano una grande sfida progettuale; necessario
e propedeutico sarà lo studio e l'approfondimento delle
contemporanee teorie mediche e delle esigenze dei malati, dei medici
e degli infermieri.
Pardini, consapevole della malinconia, delle tristezze e delle
tragedie che possono aleggiare nelle mura di un ospedale, è certo
della necessità di dover dare dignità agli spazi anche tramite
l'ausilio di un linguaggio scelto e di un uso controllato delle
simmetrie. Adatta la sua poetica alle nuove strutture studiando ogni
particolare evitando così una falsa e distaccata monumentalità data
dalla ripetitività di motivi; ogni luogo, anche se di cura, è degno
di essere una bella architettura.
Pardini si dedicherà all'ospedale di Fregionaia per svariati decenni
risolvendo problematiche di tutti i tipi, semplici marciapiedi,
ampliamenti di corpi esistenti ed edifici funzionali alla gestione
del manicomio. Si susseguirono tre differenti grandi progetti di
ampliamento dell'ospedale dove troviamo due concetti cardine; primo,
la ricerca di funzionalità ed organizzazione, secondo, la dignità
del luogo.
E' importantissimo l'impegno di Pardini nei confronti dei malati.
L'architetto ed i medici non desideravano un luogo di reclusione ma
bensì vollero rendere la vita ai degenti il più possibile normale.
Vengono quindi attentamente studiati gli spazi all'aperto, la sala
spettacoli, i locali per la ricreazione, i refettori e le varie sale
lavoro, per i lavori di cucito, tessitura, filatura, fabbro, ferraio,
stagnino, calzolaio e giardiniaggio.
L'ultimo progetto, risalente al 1869, fu estremamente e profondamente
condizionato dalle nuove normative dello stato unitario; venne
infatti imposto l'orientamento nord-sud dei fabbricati e la
realizzazione di ampie finestre per assicurare un adeguata aerazione
ed illuminazione.
Il progetto finale, come abbiamo visto, è composto da due braccia
laterali unite al corpo centrale preesistente, inizialmente i due
corpi esterni dovevano essere caratterizzati da ampi porticati poi
mai realizzati; i lavori iniziarono nel 1870 e furono ultimati dopo
la morte dell'ideatore.
Gli studiati ed articolati prospetti del progetto pardiniano, che
dovevano assicurare respiro, dignità ed anche una certa maestosità
al complesso, non vennero realizzati ma, ancora oggi, possiamo
comprendere la grandezza del progettista dalla lucidità, data da uno
studio attento e sensibile, con cui è stato capace di organizzare
l'intera struttura. E' conservato un disegno del complesso, presso la
Fondazione Tobino, risalente al 1880, che si dice essere opera di un
ricoverato, che ci restituisce in parte la Fregionaia del progetto
pardiniano.
Pardini nella sua vita privata fu noto per essere persona modesta e
di straordinaria mitezza, non approfittò mai della sua alta
posizione per arricchirsi. Le sue doti di architetto e di uomo
vennero sempre più riconosciute all'interno della città di Lucca ma
anche altrove e furono suggellate, particolarmente negli ultimi
anni, da una lunga lista di cariche ed onorificenze.
In tarda età rimase persona sempre viva, attiva e consapevole; si
spense improvvisamente, dopo pochi giorni di malattia, nel giugno del
1884.
NOTE
BIBLIOGRAFIA
GILBERTO BEDINI,
Lucca il paesaggio e l’architettura dell’acqua,
Lucca, PubliEd, 2004
CARLO CRESTI, LUIGI ZANGHERI,
Architetti e ingegneri nella Toscana
dell’Ottocento, Firenze, Casa Editrice Uniedit S.p.A., 1978
GABRIELE MOROLLI,
I classicisimi di Giuseppe Pardini. Architetto
in Lucca 1799-1884, Firenze, Alinea Editrice, 1990
DAVID WATKIN,
Storia dell’architettura occidentale, Bologna,
Zanichelli, 1990