Nel giugno 2011 è stata
inaugurata al pubblico l’esposizione permanente della collezione di
opere d’arte dell’imprenditore e grande collezionista Guido
Angelo Terruzzi, scomparso nel 2009. Della collezione, ospitata nella
splendida residenza di Villa Regina Margherita di Bordighera, fa
parte un interessante dipinto (fig. 1) – un olio su tavola dalle
seguenti dimensioni: cm 98,5 x 121,5 cm – fino ad oggi escluso dal
percorso espositivo, in quanto necessita di pulitura e per questo
motivo conservato nella sala riunioni al secondo piano della villa,
raffigurante un Compianto
su Cristo morto, opera
inedita attribuita a Vincenzo Tamagni da San Gimignano (1492-post
1530), artista che, tra il 1515 e il 1520, fece parte dell’entourage
di Raffaello a Roma.
Vincenzo Tamagni
è uno degli artisti meno noti di quella grande stagione artistica
che fu il primo
Cinquecento
italiano:
la sua
produzione pittorica combina chiaramente gli stili del tardo
Quattrocento con quelli dell’alto Rinascimento senese
e fiorentino
senza
prescindere dalla importantissima “lezione romana” di Raffaello.
Nella prima edizione delle Vite
dei Pittori, Scultori e Architetti,
Giorgio Vasari
tracciava una prima biografia
del
Sangimignanese
rendendo
giustizia al suo operato, ma concedendo ben poco spazio ai dettagli
della sua vicenda umana. La traccia vasariana fu in seguito
arricchita da Gaetano Milanesi nel Commentario
all’edizione ottocentesca delle Vite.
Il dipinto in esame da notizie
comunicate a chi scrive dalla curatrice della collezione, la
Dottoressa Annalisa Scarpa, dovrebbe farne parte da ormai trent’anni
o poco più; purtroppo non è stato possibile risalire al periodo
preciso dell’acquisto dell’opera e neanche alla modalità, cioè
se l’acquisto – su consiglio dell’allora consulente
dell’imprenditore Terruzzi, Federico Zeri – fu effettuato sul
mercato antiquario o tramite asta pubblica.
La tavola si presenta inserita in
una cornice che, a una prima occhiata, sembrerebbe originale e coeva
alla tavola stessa. La cornice dorata e decorata “all’antica” è
provvista, lateralmente, di pilastrini scanalati fino a metà altezza
con capitelli; nell’architrave e nel basamento compaiono due fregi
dipinti a grottesche. Ai lati del basamento sono presenti due stemmi
dipinti (figg. 2, 3), incastonati nella cornice: questo potrebbe far
pensare che il dipinto possa essere stato commissionato, visto anche
il soggetto, per essere collocato in qualche cappella gentilizia e i
due stemmi, probabilmente, indicare le famiglie di provenienza dei
proprietari della cappella.
Il soggetto rappresentato è il
momento seguente alla Deposizione dalla Croce: “il Compianto, così
come la versione iconografica del medesimo episodio detta Mise
au tombeau, estesasi
maggiormente nell’area culturale franco-germanica a partire dal
Quattrocento, si sofferma nel momento in cui, avvolto o messo a
giacere sul sudario di «purissimo
panno di lino», il
corpo è collocato nella tomba alla presenza di Giuseppe e Nicodemo,
insieme a Giovanni, Maria e le tre Pie Donne (di solito la Maddalena,
Maria Salome e Maria madre di Giacomo: Luca, 24,
10). È un momento in cui il ‘tempo
della storia’
si ferma ed esplode alto, inconsolabile, radicale nell’esperire la
perdita, rituale e intimo allo stesso tempo, il pianto dei seguaci di
Cristo, ma soprattutto delle ‘sue’
donne. La Madre si accascia sul corpo del Figlio, baciandolo sulle
guance, o vi si piega sopra sorretta da Giovanni, o crolla tra le
braccia delle altre donne. La Maddalena alza spesso le braccia al
cielo, scompiglia i capelli, urla e singhiozza ad alta voce, si
lancia verso il corpo terreo di Gesù, oppure si abbarbica ai piedi
che un tempo aveva bagnato con le sue lacrime o vi si accuccia
accanto. Le altre Marie fanno da coro amplificante le emozioni delle
due protagoniste, accompagnandone l’espressività e il cordoglio”.
La scena dipinta sembrerebbe
ambientata all’alba; in lontananza si vede una città arroccata e
il Monte Calvario con i due ladroni ancora appesi ancora alle
rispettive croci. L’atmosfera è serena, e sembra quasi stridere
con l’azione che si sta svolgendo. In primo piano (fig. 4) –
disposto a mo’ di tableaux
vivants – è il
gruppo dei dolenti intorno al corpo
livido e freddo di Gesù adagiato sul lenzuolo.
Al centro della composizione è
Maria,
contenuta nel suo dolore, che tiene sulle ginocchia il corpo del
Figlio – che ancora non è stato lavato dal sangue – verso cui
rivolge uno sguardo amorevole. L’artista, come può vedersi, ha
messo in evidenza la ferita sul costato di Cristo, aperta e stillante
ancora sangue, unica nota cruenta di tutta la composizione.
Alla sinistra della Madonna è
San Giovanni che sorregge un lembo del lenzuolo su cui è adagiato il
corpo esanime di Gesù e dall’espressione del volto sembra quasi
meditare sul mistero della morte. Alla destra della Vergine sono due
donne che nell’iconografia tradizionale del Compianto rappresentano
le due sorelle della Madonna, figlie di Sant’Anna ma di padri
diversi: Maria di Cleofa e Maria Salome.
Le due donne sono rappresentate una con le mani intrecciate in
atteggiamento di preghiera mentre fissa, disperata, il corpo di Gesù,
l’altra, invece, sembra quasi voler allontanare da sé questa
visione terribile rivolgendo lo sguardo altrove.
Maria di Magdala, conosciuta come
Maria Maddalena, è invece inginocchiata ai piedi del Cristo,
piangente ma composta nella sua muta disperazione, con i lunghi
capelli sciolti che le cadono sulle spalle e con la mano sinistra
delicatamente accostata alla guancia: sembra che anche lei, come San
Giovanni, voglia meditare sul mistero della Passione.
Generalmente nell’iconografia
del Compianto oltre ai personaggi citati, troviamo rappresentati
Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea: secondo la consuetudine
iconografica, durante il “Compianto” e la “Deposizione” di
Cristo nel sepolcro Nicodemo si occupa delle gambe di Gesù mentre
Giuseppe d’Arimatea sostiene le spalle.
In questo caso (fig. 1), invece,
Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea sono raffigurati poco distanti dal
gruppo dei dolenti – e in secondo piano – mentre discutono tra di
loro: uno dei due, presumibilmente Nicodemo, tiene in mano i chiodi
che trafissero i piedi e le mani di Gesù. I due personaggi
sopraccitati, quindi, sono raffigurati in una posizione lontana dal
gruppo centrale: una esplicita richiesta della committenza o una
scelta iconografica dell’artista? Questo al momento non è dato
sapere. Un precedente del genere si ritrova nel Compianto,
datato 1502, di Luca Signorelli (fig. 5, oggi conservato al Museo
Diocesano di Cortona): qui, Giuseppe e Nicodemo sono, infatti,
raffigurati, mentre discutono, subito dietro il gruppo dei dolenti.
Certo, la similitudine tra i due
dipinti si ferma a quanto riportato, infatti, come è chiaramente
visibile dal confronto tra le due tavole, il pathos che
contraddistingue il dipinto del Signorelli non si riscontra nel
dipinto del Tamagni. Quest’ultimo, invece, è più vicino a un
Compianto
dipinto nel 1495 dal Perugino per la chiesa di Santa Chiara a Firenze
e oggi conservato presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti,
sempre a Firenze (fig. 6): in entrambi i dipinti “il corpo di
Cristo è circondato da una cerchia di astanti coinvolti in una
aggraziata rappresentazione di gesti rituali”.
Il dipinto, comunque, è da
ritenersi, tra le opere pittoriche del Tamagni, una delle migliori,
sebbene risenta ancora fortemente dello stile del Sodoma – del
quale il Sangimignanese, ricordiamo, fu apprendista e tra gli aiuti
nelle imprese di Monte Oliveto, Subiaco e quasi probabilmente a Roma
– e chi scrive concorda con la datazione – 1510 ca.
– attribuitagli da Federico Zeri. L’auspicato restauro della
tavola sicuramente restituirà non solo una migliore lettura del
totale ma darà anche nuova vita ai colori che, in special modo
quelli delle vesti, dovevano in origine risaltare accesi e vibranti.
In conclusione, è da ricordare
che Tamagni eseguirà solo un’altra volta il tema del Compianto:
nella chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano, nel primo altare
della
parete destra dedicato a S. Vincenzo, vicino l’ingresso laterale
dell’edificio, a coronamento di una tavola di Pier Francesco
Fiorentino – datata 1494 e raffigurante una Madonna
con Bambino e Santi
– vi è una lunetta dipinta a fresco, molto ben conservata, opera
del Nostro, raffigurante un Compianto
su Cristo morto.
NOTE
In ricordo di Gabriele Borghini (1943- 2013) e Nicole Dacos (1938-2014).
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