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Figg. 1 e 2. DONATELLO, Monumento equestre al Gattamelata,
Padova, Piazza del Santo
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Mi trovo nella piazza antistante il “Santo”, la famosa
basilica di Padova. Non è un caso, mezz’ora prima della lezione. Ogni volta che
vengo in questa città ne approfitto per una visita allo splendido santuario
anche se oggi la ragione per cui son venuto è diversa.
Davanti al “Santo” campeggia la famosa statua del
condottiero Gattamelata, capitano di ventura al servizio della Serenissima. Il
condottiero ormai non lo ricorda quasi nessuno, ma la statua sì. Sarà l’armonia
della scultura bronzea, sarà la stupenda bravura con cui l’artista ha saputo
“copiare” la natura, sarà la fierezza del portamento del cavaliere, sarà …
Donatello.
A me oggi però interessa un particolare, in fondo perchè è
sempre da un particolare che si conosce il tutto. Non lo indovinerete mai, ce lo ha fatto notare il prof.
ieri per l’appunto. Si tratta delle vene delle zampe del cavallo di Gattamelata
(figg. 1 e 2). Non sorridete ! Non è una banalità. Sapete che i cavalli equestri nel nord Europa sono
scolpiti senza vene ? Lo avete mai notato ? Parto da lontano per arrivare molto vicino.
Durante il corso ci hanno presentato una metodica che
mediante laser studia la vasomozione, cioè gli adattamenti dei vasi del micro
(micro !) circolo agli stimoli provenienti dal cuore. In sostanza si mette un
trasduttore su un centimetro di pelle sul dorso della mano, si vede cosa
succede nel microcosmo e si notano tante cose interessanti. Nella sostanza la
periferia del corpo, la più distante, risente dei movimenti del centro e
tuttavia, cosa ancora più stupefacente ha anche vita autonoma, si autoregola. E
poi … c’è periferia e periferia, microcircolo e microcircolo. Non vorrete mica
paragonare il microcircolo del palmo della mano a quello del dorso, tantomeno a
quello del fegato. Probabilmente è per questo che la pelle risente persino del
nostro umore o del nostro stress … chissà. La periferia ci “parla” del centro.
Torniamo alle vene del cavallo di Gattamelata. Durante la
lezione il professore domandava: avete visto come sono le vene delle gambe del
cavallo di Gattamelata ? Turgide, dilatate, tortuose. Perchè queste invece non
sono visibili nelle state equestri del nord Europa? Il motivo è che al nord c’è
freddo che causa vasocostrizione ed al sud c’è caldo che determina
vasodilatazione. La funzione delle vene
superficiali non è appena quella di condurre il sangue al cuore ma anche di
disperdere il calore e dilatandosi favoriscono la termodispersione. Le vene
risentono dell’ambiente che le circonda, ergo Donatello ha scolpito un cavallo
del sud Europa.
Ogni cosa, persino le vene di un singolo individuo,
persino le statue che le rappresentano, ha una relazione “plastica”, di
adattamento rispetto l’ambiente (l’universo) che la circonda. L’organismo umano
si adatta a cio’ che lo circonda.
Perchè gli uomini hanno una frequenza cardiaca media di
70-80 battiti al minuto ? E le giraffe sono bradicardiche rispetto all’uomo, hanno
cioè una frequenza inferiore mentre il criceto è tachicardico rispetto all’uomo
? Ve lo siete mai chiesti ? Evidentemente il centro risente della periferia, la frequenza cardiaca della distanza che il sangue deve percorrere. Eppure il Gattamelata in persona, come ogni persona abituata agli sforzi fisici, avrà avuto una frequenza media di 40-50 invece di 70 battiti al minuto come la maggioranza degli uomini ... Cosa vorrà dire questo ? In realtà
esiste una variabilità non solo tra le specie ma anche individuale.
Questo mi porta a riflettere su un altro aspetto ancora più
misterioso rispetto al primo: l’individualità. Voglio dire: esistono delle
leggi generali (fisiologia, da fusis, greco, cioè una legge generale della
natura), che descrivono grossolanamente quella che è la risposta della
maggioranza dei soggetti ad un determinato stimolo che viene
dall’ambiente. Tuttavia il meccanismo
generale non descrive esaustivamente la realtà individuale, esso va visto
piuttosto come uno schema che aiuta a comprenderla meglio.
Nella professione medica tenere conto del singolo e non
applicare schemi è fondamentale. In ospedale arriva un tizio, ha una
dilatazione dell’aorta (l’arteria principale dell’organismo), che ha delle
dimensioni al di sopra della norma, anche se non eccessive in termini assoluti. In base a cosa
decido da chirurgo di operarla ? Ragionamento dei miei colleghi. La legge
(linee guida americane) direbbe che si può attendere prima di intervenire. In
realtà vanno fatte alcune considerazioni: gli anglosassoni mediamente hanno una
corporatura più grande degli europei,
quindi hanno delle aorte più grandi, per questo vengono tollerati dei limiti
maggiori di dimensione prima di operare.
Seconda considerazione: che aorta ha il “mio” paziente ?
Mi riferisco alla parte sana dell’aorta,
quella non dilatata. Perchè non è importante appena vedere la dilatazione in sè, ma anche questa in rapporto alla parte sana: se c'è una grande sproporzione tra le due, anche se le dimensioni assolute della dilatazione non sono tanto grandi, il rischio di rottura è alto. Ergo: le leggi (linee guida) servono a dare delle indicazioni, ma essendo il fine la salute del paziente (quello che ho davanti in questo momento), occorre valutare le caratteristiche della singola persona e non applicarle acriticamente. Per questo la
medicina è un’arte, non l’applicazione di uno schema.
Occorre a questo punto dire che il problema della conoscenza,
di ogni arte, di ogni cura non è di facile soluzione. In un mondo che ci dà in
mano sempre più tecniche, sempre piu’ informazioni, occorre sapere come usarle.
Faccio un passo indietro per spiegarmi. Feuerstein un psicologo
dell’educazione, ebreo, ha sfidato l’intelligenza della fine del secolo
passato, quella che dava per spacciati quegli individui che non avevano
sviluppate in tempo, nel corso della giovinezza, alcune abilità. Si riteneva
infatti che queste persone non le avrebbero più potute acquisire. Rigettando
l’idea che l’intelligenza sia “bloccata”, “fissata”, stabilì il principio che
tutti i bambini possano imparare come imparare .
Imparare COME imparare vuol dire insegnarti a camminare
sulle tue gambe, insegnarti il metodo. Il metodo è infatti imparare ad
accorgersi degli indizî, è qualcuno che ti insegna a coglierli. Feuerstein notò
infatti che risultava essere più efficace nell’apprendimento interagire con i
bambini invece che somministrar loro dei test standardizzati . L’intelligenza degli
esseri umani è plastica, ci vuole qualcuno che ti insegni, ti alleni ad usarla
e non cristallizzarla, che ti stimoli a interagire con il mondo circostante.
Ancora una volta torna il leit motiv:
ogni realtà è “plastica” e non può essere cristallizzata in modo definitivo. L'immagine, lo schema non e' la cosa in sè. Nella Bibbia, ad esempio, il vitello d'oro rappresenta un idolo che va distrutto in quanto rappresentazione puramente umana che non può sostituire la divinita non essendo reale. Esso infatti ha "bocca e non parla", "occhi" e non vede, "dalla bocca non emette suoni". Magritte direbbe che la pipa “ce n’est pas une pipe”.
Imparare come imparare
è fondamentale, lo si capisce leggendo
il bellissimo libro di un medico americano Jerome Groopman, anch'egli ebreo: Come pensano i dottori. Nel testo l'autore cita un lavoro scientifico che dimostra
che nella maggioranza gli “errori medici” nella diagnosi sono “errori di
pensiero”. Nella sostanza la “svista” nasce dall’applicare un pregiudizio nella
lettura della realtà di un paziente e della sua malattia causando un errore
nella diagnosi.
La mamma di un mio amico, che era una donna del
popolo, ebbe in sorte di aver un figlio birbante, il mio amico F. appunto. Il
primo giorno di asilo dalle suore, F. picchiò un compagnetto, il secondo vide
il cancello della scuola aperto e scappò per tornare a casa. La mamma del mio
amico pur non essendo un’erudita, non sapendo niente di Feuerstein e compagni,
applicò in qualche modo il metodo di quest’ultimo. Il mio amico infatti cambiò
di asilo, sua mamma diventò la maestra e le prime lettere dell’alfabeto che lui
lesse furono quelle che la donna ritagliava dai fogli di giornale.
Oggi F. fa l’operaio, conosce ed ama le poesie di Pasolini
come pochi altri.
Imparare conviene, ti mantiene giovane per tutta la vita.
Desiderare di imparare infatti è un aiuto per essere piu’ se stessi, conoscere
diventa sempre più “eureka!” Ho trovato ! Sono sceso più in profondità di ciò
che mi sta davanti, ho trovato un nesso nascosto, ho fatto un passo in avanti
attraversando l’apparenza, ho conosciuto di più e meglio chi mi sta davanti ! Che soddisfazione poter imparare ogni giorno,
quando meno te l’aspetti. Che bello imbattersi in Donatello, Feuerstein, un
collega o un professore che usa bene la ragione o nella mamma di F.
NOTE
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