Vent'anni significa avere una
vita davanti di nuove scoperte, esperienze, viaggi, emozioni. Non per
Allegra Lunare, la protagonista di questo romanzo ripescato e
ripubblicato dopo la grande notorietà di Chiara Gamberale.
Tutto è pronto o quasi per il
grande passo: il trasferimento nella nuova casa e l'inizio di
un'altra fase, una seconda vita. Gli scatoloni sono lì, come
reliquie del tempo che è stato. Le foto, i mobili, le pagine
profumano ancora della linfa vitale, di quell'atmosfera familiare che
ha regnato fino ad oggi. La casa è il monumento alla memoria degli
affetti, della crescita e dell'infanzia di Allegra, un'intricata
matassa di ricordi racchiusi tra quelle pareti che custodiscono il
passato.
La ragazza prende un lungo
respiro e si ferma tra quelle mura amiche: lascia che gli occhi
accarezzino gli oggetti liberando i flash della mente. Ogni sguardo
si focalizza su un particolare che rievoca il passato: l'oggetto è
una madeleine. Non si tratta
di un semplice flusso di coscienza, ma di una lettera ai nuovi
inquilini che abiteranno quella dimora.
La finzione è il canale che
permette ad Allegra di far riaffiorare le immagini e la rete
mnemonica familiare. Ognuno di quegli accessori del quotidiano ha una
storia da raccontare: il lettore viene investito dagli intrecci
liberi e abbaglianti della proprietaria di casa che si perde nella
nostalgia e ripercorre la vita del padre, universitario
rivoluzionario, della madre, modella americana, del fratello
Giuliano, nato con la sindrome di down, dell'amore delle zie, Adriana
e Matilde, della passione di Zuellen che trasforma tutto in
qualcos'altro.
«Io sono convinta che nel
momento in cui le persone che poi diventano nostre ci rubano il primo
pezzo di tempo, di sguardo, di respiro, di voce, ecco, un nervetto in
noi lo sente, che sta per accadere qualcosa d'importante. Non è
detto che quel nervetto bussi alla nostra testa e si dichiari, certo,
ma si muove, quel qualcosa si muove e per un bel po' non comandiamo
più noi. Comanda il nervetto».
L'oggetto
si associa al calendario del passato, come in un diario di bordo, e
splendono date della memoria affettiva, tesoro per “cacciatori dei
giorni narrati”, perché quell'evento legato ad un ephemera
impolverato ha bisogno di essere
riqualificato come arte. La letteratura del trasloco prende vita e la
lettera scritta dona grandiosità all'oggetto legato in modo eterno
al ricordo.
La
libertà delle corrispondenze, delle evocazioni, dell'emozione
sboccia in più direzioni così come è varia la tipologia letteraria
che spazia dalla lettera, al diario, all'intermezzo teatrale, alla
lista, alla tabella, ad un'impaginazione che sembra più una nota
personale che un vero romanzo. Ma è proprio qui che nasce il fascino
della scoperta e l'oggetto è una casella del memory,
una porta per un mondo parallelo che nasconde un sentiero per il
passato che emerge come teatro per sognatori, una pellicola in bianco
e nero che apre al tempo che fu. Le scatole sono manichini
dechirichiani arroccati su scacchiere polverose distanti gli uni
dagli altri, ma misteriosamente associati secondo enigmi da
giocatori.
Non
è la prima volta che la letteratura e l'arte in generale presentano
la dimora personale come teatro della memoria. Alla ricerca
del tempo perduto è un testo
che Allegra dichiara di non voler mai leggere, eppure ne è coinvolta
in prima persona. La lezione proustiana attraversa tutta la
narrazione come un rete visibile ai sognatori.
La
vecchia casa vittoriana della zia Elspeth di Un'inquietante
simmetria di Audrey Niffenegger
era specchio del passato coperto dalla magica polvere del mistero e
dell'enigma da scoprire sotto il velo del ricordo.
La
scatola cornelliana era il teatro espositivo dell'intimismo,
collezione e Wunderkammer del
ricordo secondo associazioni filtrate dalle consonanze interiori
dell'autore. Le scatole delle ombre, Shadow
Boxes, hanno un
fascino particolarissimo che lega l'istante all'eternità del
ricordo, la vita alla morte, l'oggetto all'arte.
«Questione delle ombre che
ha negli occhi. Sa, io sono sempre stato affascinato dalle ombre.»
Duane
Michals aveva creato con House I once called home un
teatro di fantasmi mnemonici in cui le fotografie del passato
familiare si sovrapponevano a quelle odierne lasciando emergere le
presenze che continuano ad abitare, come spettri incastrati tra la
vita e la morte, quelle mura domestiche.
Il sipario del passato
custodirà per sempre la rarità preziosa della memoria, ma la vita
continua come lo spettacolo e si apre un bagliore di luce verso il
“dopo” che addolcisce la nostalgia.
«Vedi Allegra» mi ha
detto, «quand'ero piccolo, al circo, spiavo accucciato dietro al
tendone mia mamma che volteggiava in aria ed era un vero inferno,
perché ogni istante ero certo si spappolasse per terra e mi mangiavo
le unghie fino a farmi sanguinare le dita, giuro, finché esplodevano
gli applausi e arrivava il turno dei pagliacci, che seguivano sempre
il numero dei trapezi. Insomma, ci ho messo del tempo, ma poi l'ho
imparato. Capito ?»
No, non capivo mica. E
allora lui mi ha spiegato quello che avrei imparato da lì a sempre.
«Arrivano i pagliacci,
presi a ripetermi invece di divorarmi le mani. Tanto prima o poi
arrivano i pagliacci. Anche se mamma si sfracella al suolo, comunque
dopo è il loro turno. Arrivano i pagliacci.»
CHIARA GAMBERALE, Arrivano i pagliacci, Milano, 2014 (2002).
|