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“Arrivano i Pagliacci”: traslochi letterari  

Eleonora Rovida
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 29 Novembre 2015, n. 792
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Area Libri

Vent'anni significa avere una vita davanti di nuove scoperte, esperienze, viaggi, emozioni. Non per Allegra Lunare, la protagonista di questo romanzo ripescato e ripubblicato dopo la grande notorietà di Chiara Gamberale.

Tutto è pronto o quasi per il grande passo: il trasferimento nella nuova casa e l'inizio di un'altra fase, una seconda vita. Gli scatoloni sono lì, come reliquie del tempo che è stato. Le foto, i mobili, le pagine profumano ancora della linfa vitale, di quell'atmosfera familiare che ha regnato fino ad oggi. La casa è il monumento alla memoria degli affetti, della crescita e dell'infanzia di Allegra, un'intricata matassa di ricordi racchiusi tra quelle pareti che custodiscono il passato.

La ragazza prende un lungo respiro e si ferma tra quelle mura amiche: lascia che gli occhi accarezzino gli oggetti liberando i flash della mente. Ogni sguardo si focalizza su un particolare che rievoca il passato: l'oggetto è una madeleine. Non si tratta di un semplice flusso di coscienza, ma di una lettera ai nuovi inquilini che abiteranno quella dimora.

La finzione è il canale che permette ad Allegra di far riaffiorare le immagini e la rete mnemonica familiare. Ognuno di quegli accessori del quotidiano ha una storia da raccontare: il lettore viene investito dagli intrecci liberi e abbaglianti della proprietaria di casa che si perde nella nostalgia e ripercorre la vita del padre, universitario rivoluzionario, della madre, modella americana, del fratello Giuliano, nato con la sindrome di down, dell'amore delle zie, Adriana e Matilde, della passione di Zuellen che trasforma tutto in qualcos'altro.

«Io sono convinta che nel momento in cui le persone che poi diventano nostre ci rubano il primo pezzo di tempo, di sguardo, di respiro, di voce, ecco, un nervetto in noi lo sente, che sta per accadere qualcosa d'importante. Non è detto che quel nervetto bussi alla nostra testa e si dichiari, certo, ma si muove, quel qualcosa si muove e per un bel po' non comandiamo più noi. Comanda il nervetto».

L'oggetto si associa al calendario del passato, come in un diario di bordo, e splendono date della memoria affettiva, tesoro per “cacciatori dei giorni narrati”, perché quell'evento legato ad un ephemera impolverato ha bisogno di essere riqualificato come arte. La letteratura del trasloco prende vita e la lettera scritta dona grandiosità all'oggetto legato in modo eterno al ricordo.

La libertà delle corrispondenze, delle evocazioni, dell'emozione sboccia in più direzioni così come è varia la tipologia letteraria che spazia dalla lettera, al diario, all'intermezzo teatrale, alla lista, alla tabella, ad un'impaginazione che sembra più una nota personale che un vero romanzo. Ma è proprio qui che nasce il fascino della scoperta e l'oggetto è una casella del memory, una porta per un mondo parallelo che nasconde un sentiero per il passato che emerge come teatro per sognatori, una pellicola in bianco e nero che apre al tempo che fu. Le scatole sono manichini dechirichiani arroccati su scacchiere polverose distanti gli uni dagli altri, ma misteriosamente associati secondo enigmi da giocatori.

Non è la prima volta che la letteratura e l'arte in generale presentano la dimora personale come teatro della memoria. Alla ricerca del tempo perduto è un testo che Allegra dichiara di non voler mai leggere, eppure ne è coinvolta in prima persona. La lezione proustiana attraversa tutta la narrazione come un rete visibile ai sognatori.

La vecchia casa vittoriana della zia Elspeth di Un'inquietante simmetria di Audrey Niffenegger era specchio del passato coperto dalla magica polvere del mistero e dell'enigma da scoprire sotto il velo del ricordo.

La scatola cornelliana era il teatro espositivo dell'intimismo, collezione e Wunderkammer del ricordo secondo associazioni filtrate dalle consonanze interiori dell'autore. Le scatole delle ombre, Shadow Boxes, hanno un fascino particolarissimo che lega l'istante all'eternità del ricordo, la vita alla morte, l'oggetto all'arte.

«Questione delle ombre che ha negli occhi. Sa, io sono sempre stato affascinato dalle ombre.»

Duane Michals aveva creato con House I once called home un teatro di fantasmi mnemonici in cui le fotografie del passato familiare si sovrapponevano a quelle odierne lasciando emergere le presenze che continuano ad abitare, come spettri incastrati tra la vita e la morte, quelle mura domestiche.

Il sipario del passato custodirà per sempre la rarità preziosa della memoria, ma la vita continua come lo spettacolo e si apre un bagliore di luce verso il “dopo” che addolcisce la nostalgia.

«Vedi Allegra» mi ha detto, «quand'ero piccolo, al circo, spiavo accucciato dietro al tendone mia mamma che volteggiava in aria ed era un vero inferno, perché ogni istante ero certo si spappolasse per terra e mi mangiavo le unghie fino a farmi sanguinare le dita, giuro, finché esplodevano gli applausi e arrivava il turno dei pagliacci, che seguivano sempre il numero dei trapezi. Insomma, ci ho messo del tempo, ma poi l'ho imparato. Capito ?»

No, non capivo mica. E allora lui mi ha spiegato quello che avrei imparato da lì a sempre.

«Arrivano i pagliacci, presi a ripetermi invece di divorarmi le mani. Tanto prima o poi arrivano i pagliacci. Anche se mamma si sfracella al suolo, comunque dopo è il loro turno. Arrivano i pagliacci.»


CHIARA GAMBERALE, Arrivano i pagliacci, Milano, 2014 (2002).



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