In una collezione privata, oggi a New York,
tra le tante opere europee presenti, alcune delle quali repliche più tarde di
dipinti noti di Teniers il giovane e
altri artisti fiamminghi e spagnoli, due possono essere con sicurezza
attribuite: una all’artista di origine tedesca, ma attivo ad Anversa Joos van
Cleve (fig. 1), e l’altra al pittore, ugualmente attivo ad Anversa quasi un
secolo dopo, Heidrick van Steenwyck il
giovane, che la realizzò probabilmente avvalendosi della collaborazione di
Jan Brueghel il vecchio, meglio noto
come Brueghel dei velluti (fig. 4).
Si tratta di opere acquistate dall’attuale collezionista negli anni Ottanta del
Novecento in Spagna, rispettivamente passate come Hans Holbein il giovane e Pieter Neeffs I,
attribuzioni incoerenti e non rispondenti a quanto emerso dall’analisi delle
due, comunque di alta qualità tecnica ed espressiva.
Il primo dipinto, realizzato su tavola di
legno di quercia smussata sui lati e giuntata a seguito di una rottura
attraverso una toppa in cotone grosso fissata con colla a contatto di cm
49,5x32,5, è un ritratto di donna anziana con indicazione, sulla destra in
alto, della data di realizzazione e dell’età del soggetto in latino: “An[no]
Dom[in]i: 1521/ Aet[ati]s: 64” (fig. 2). L’anziana signora, caratterizzata da
un grosso naso e labbra voluminose, è ritratta all’altezza del busto di scorcio
con un intenso sguardo rivolto allo spettatore. La testa è coperta con un velo
verde scuro che scende sulle spalle fino al petto, mentre il busto da un
vestito a tunica chiuso al collo con bottoni.
L’opera, già presso la collezione di
Sebastiano di Borbone e Braganza, figlio unico dell’infante Pedro Carlos di
Spagna e dell’infanta di Portogallo Maria Teresa, nonché grande collezionista e
pittore anch’egli [1] ,
pur scurita e uniformata nel colore dallo strato di bitume passato sopra in
occasione di un vecchio restauro, presenta le caratteristiche proprie della
ritrattistica di Joos van Cleve, uno dei protagonisti della scuola anversana
tra il 1515 e il 1530 circa [2] .
Nel caso in questione, in particolare, va messa in evidenza la relazione – in
lui rara, ma presente in altri artisti coevi, a cominciare da Holbein – tra due
concezione spaziali opposte: quella della scrittura e quella tridimensionale,
già presenti, in fieri, in artisti fiamminghi del calibro di Van Eyck, ma che in
questa fase di van Cleve, prende una via del tutto “moderna”, soprattutto per l’attenzione
rivolta verso la restituzione volumetrica dei corpi, resa attraverso un attento
studio anatomico ed espressivo, così evidente nell’opera in oggetto, in cui lo
sguardo diventa elemento centrale dell’intera composizione (fig. 3). Esito
ugualmente apprezzabile nell’altra opera a questa associabile: il ritratto di
uomo anziano del Prado (cat. P02182), anch’esso dipinto su tavola (cm 62x47),
passato un tempo come Holbein e ugualmente proveniente dalle collezioni reali [3] .
Si tratta di due opere, quella del Prado e l’inedita che qua si propone, che
forse un tempo costituivano un dittico raffigurante una coppia, anche se le
dimensioni attuali delle due tavole non collimano affatto, pur essendo quella
newyorkese palesemente ridimensionata sui lati e giuntata al centro a causa di
una rottura del supporto avvenuta ab
antiquo. L’altra ipotesi che potrebbe qua essere avanzata è quella che si
tratti di dipinti pressoché coevi, data la comune provenienza spagnola dalla
famiglia reale, il ché fornirebbe una datazione anche per il dipinto del Prado,
passato anche per ritratto di Sebastian Münster, che a questo punto andrebbe
fissata al 1521 circa. Altro dato straordinario che emerge da questo inedito
dipinto, realizzato pochi anni prima del suo presunto – ma mai provato –
viaggio a Genova, del quale sarebbero testimoni il Trittico dell’Adorazione dei Magi della chiesa di S. Donato, il Compianto su Cristo morto per Santa
Maria della Pace (oggi a Parigi, Louvre) e l’Adorazione dei Magi per la chiesa di San Luca d’Albaro (oggi a
Dresda, Gemäldegalerie), tutte datate tra il 1525 e il 1527 circa [4] ,
è il suo – già documentato – interesse per lo sfumato leonardesco e per la
caducità dell’esistenza resa esplicita nelle rughe e nelle imperfezioni del
volto, che nel nostro caso si vanno a sommare ad una leggera obesità e una
lieve gobba, che rende questo soggetto ad un tempo la rappresentazione della
saggezza della vecchiaia, mentre dall’altra restituisce il senso pieno della
vicinanza al trapasso, constatazioni che in ugual modo possono essere applicate
al ritratto del Prado. Sensazioni contrastanti che van Cleve riprende dalla
lezione dureriana del San Girolamo del Museo Nazionale di Lisbona: pensoso, col
viso solcato da rughe, la lunga barba, mentre con la mano sinistra indica un
teschio, posto accanto a un libro: simboli rispettivamente dell’humanitas della paideia e dell’humanitas caduca. Sentimenti che il
nostro dovette studiare e approfondire in forma espressiva soprattutto
attraverso la vicinanza con Nicasius Hackeney, membro della corte di
Massimiliano I, per il quale realizzò il trittico con la Dormitio Virginis nel 1515 (Colonia, Wallraf-Richartz Museum) [5] .
Il ritratto di questa sconosciuta anziana signora, forse di Anversa,
rappresenta quindi una pietra miliare lungo il percorso artistico di van Cleve,
per il quale da una parte valeva ancora la lezione straordinaria della
ritrattistica espressiva di Van Eyck – mi
riferisco in particolare al Cardinale Albergati, il canonico Van der
Paele o il Cancelliere Rolin – dall’altra le nuove istanze umanistiche del
primo quarto del ‘500, che ebbero nella città commerciale di Anversa uno dei
centri più vivaci e interessanti d’Europa.
Il secondo dipinto, realizzato su una
lastra di rame di 38x57 cm, rappresenta in prospettiva l’interno della medesima
chiesa, non identificata, che lo stesso van Steenwyck [6]
rappresentò in un altro dipinto oggi al Louvre di Parigi. Si tratta di un
edificio a tre ampie navate di pari altezza, alle quali a destra se ne aggiunge
un’altra corta, illuminate da vetrate sui lati e voltate a crociera costolonata
le laterali e a stella quella centrale. Separano le navate grandi pilastri
quadrilobati e rastremati che reggono archi a sesto acuto che separano le
campate delle navi laterali e a sesto ribassato nella navata centrale. Nella
prima campata a sinistra si apre un’ampia cappella illuminata da una vetrata e
decorata con un trittico raffigurante, nella parte centrale, la scena del Noli me tangere e a sinistra, forse, un San Cristoforo, davanti al quale sta una
donna vestita a lutto genuflessa in preghiera, mentre un’altra sta sul margine
del gradino d’accesso, ugualmente in preghiera e sullo sfondo – sotto la
vetrata – è sistemato un sarcofago coperto da un telo, con quattro grandi
candelabri ai lati e una corona aurea sopra. Sopra la cappella è un grande
organo barocco a due piani con le porte decorate aperte. Nel primo pilastro a
sinistra è sistemato un inginocchiatoio con un ragazzo di spalle che prega in
ginocchio sotto l’immagine di un santo diacono in adorazione del crocifisso con
sotto una epigrafe illeggibile. Addossato al secondo pilastro, sempre a
sinistra, è un altro altare sormontato da un trittico con due ante chiudibili,
con al centro una Annunciazione e ai
lati San Giovanni Battista e un santo
vescovo, forse Agostino. Sul terzo pilastro dello stesso lato è il pulpito
ligneo e un tabellone con i nomi degli aderenti a qualche confraternita. Sul
primo pilastro a destra è sistemata una epigrafe in olandese, in parte
leggibile, riferita all’antica dedicazione della chiesa a Santa Chiara [7] ,
sormontata da uno stemma, probabilmente della famiglia Cottenbourg, con sotto
la data 1606 in numeri arabi e sopra le lettere M N (fig. 5). Sulla navata
destra di apre una grande cappella divisa in due campate con un trittico
sull’altare e una donna genuflessa al centro. L’aula è occupata da un folto
gruppo di persone vestite a lutto alcune delle quali depongono un sarcofago in una botola aperta nel
pavimento accanto ad un sacerdote in abiti pontificali e alcuni diaconi (fig.
6). Nella navata sinistra altri sacerdoti, mentre sul fondo altri personaggi e
l’altare separato dal coro sovrastato da un crocifisso.
Non si hanno notizie circa la provenienza
dell’opera, tuttavia la data 1606 e i confronti con altre opere simili presenti
rispettivamente alla National Gallery di Londra e al Louvre riconducono
indiscutibilmente alla mano di Hendrick van Steenwyck il giovane, a cui va assegnato il disegno dell’architettura e dei
polittici, e a Jan Brueghel il vecchio,
meglio noto come Brueghel dei Velluti,
a cui possono essere assegnate le figure dei personaggi che animano la scena.
In particolare il rinvio va a due interni di chiesa presenti alla National
Gallery di Londra, dei quali uno in prestito dal Victoria and Albert Museum
(cat. NG2204, L1116), attribuiti ai due artisti e datati rispettivamente
1604-15 e 1615 e dipinti su rame, come il nostro (il primo cm. 25,6x40,2; il
secondo cm. 36,7x55); mentre l’interno della medesima chiesa, ma con un arredo
differente, è raffigurato in un dipinto del Louvre su tela, sempre assegnato a
van Steenwyck e databile al 1630 circa (cm. 116x182). Un altro dipinto su rame,
del tutto simile al nostro come stile, per qualità del tratto e soggetto, è
quello custodito all’Hermitage di San Pietroburgo (cm. 26x34), mentre un altro
ancora è custodito sempre alla National Gallery di Londra (cat. NG4040, cm.
10,5x15,3) e datato al 1609 circa. Stante così i fatti si tratterebbe di uno
dei più grandi dipinti su rame con questo soggetto realizzato da van Steenwyck
e Brueghel il vecchio conosciuto. Van Steenwyck nacque ad Anversa. Suo padre,
il pittore olandese Hendrik van Steenwyck I, uno degli ideatori del genere di
interni, si trasferì con la famiglia a Francoforte nel 1585, dove educò il
figlio presso la sua bottega. Nel 1603, alla morte del padre, van Steenwyck il
Giovane assunse la guida dello studio di Francoforte, anche se già nel 1604 e
fino al 1615 fu attivo principalmente ad Anversa, dove collaborò con i pittori
Frans Francken I e Jan Brueghel il Vecchio, detto dei Velluti. Van Steenwyck è
ampiamente noto per i suoi ambienti immaginari basati sulla Cattedrale di
Nostra Signora di Anversa, da cui sembra dipendere anche il nostro dipinto. Le
sue opere ebbero un’influenza importante sulle successive opere di Pieter
Neeffs I, al quale l’opera in oggetto era stata inizialmente ricondotta.
Stabilitosi a Londra nel 1615, collaborò con van Dyck e Mytens il Vecchio
realizzando gli sfondi dei loro quadri. Trasferitosi prima a L’Aia attorno al
1638, e poi a Leida nel 1642, divenne pittore di corte, morendo verso il 1645
in una delle due città. Sua moglie Susanna era anche lei pittrice specializzata
in interni architettonici.
Le due opere qua proposte, rimaste finora
inedite, pur rientrando nella più vasta produzione fiamminga che va dalla
seconda decade del Cinquecento alla prima del secolo successivo, costituiscono
certamente aggiunte importanti per i due artisti, sia perché datate con
certezza – la prima al 1521, mentre la seconda al 1606 – sia perché di alta
qualità formale ed espressiva.
NOTE
[1] La notizia della provenienza del dipinto
è fornita unicamente dalla scheda sintetica redatta dal prof. Jacobo Asensi
Lloria nel 1987 circa, in possesso dell’attuale proprietario della collezione
newyorkese.
[2] La bibliografia su van Cleve è abbastanza
ampia, tuttavia vale la pena qua citare, quali punti di riferimento principali
per la vicenda attributiva e biografica: L. BALDASS, Joos van Cleve. Der
Meister des Todes Mariä, Vienna 1925; J. BIAŁOSTOCKI, “Joos van Cleve in dem
Kalkarer Altar”, in Kunsthistorische
Forschungen Otto Pächt zu seinem, 70 (1972), pp. 189-195; J. O., HAND, Joos van Cleve: The Early and Mature
Paintings, Philadelphia 1978; C.
SCAILLIÉREZ (a cura di-), Joos van
Cleve au Louvre, catalogo della mostra, Paris 1991; J. O. HAND, Joos
Van Cleve: The Complete Paintings, New Haven (CT) 2004.
[3]
Sull’attribuzione della testa di anziano del
prado, ritenuta fino al 1873 di Holbein, si veda: M. W. AINSWORT, New
Insights into Joos van Cleve as a Draughtsman, Davaco 1983; J. SANDER,
“Leonardo in Antwerpen: Joos von Cleves Christus- und Johannesknabe, einander
umarmend”, in Städel-Jahrbuch, XV (1995), pp. 175-184.
[4] Sulle relazioni tra van Cleve e Genova
si veda: C. SCAILLIÉREZ, “Joos van Cleve e Genova”, in Pittura Fiamminga in Liguria. Secoli XIV-XVII (a cura di P.
Boccardo e C. Di Fabio), Genova 1997, pp. 111-125.
[5] N. LIPMANN, “Cleve, Joos van”, in La Pittura in Europa. Il Dizionario dei
pittori (a cura di C. Pirovano), vol. I, Torino 2002, pp. 125-126.
[6] Sulla famiglia Steenwyck esiste oggi un
unico catalogo ragionato che ripercorre l’intera produzione nota di Hendrick il vecchio, Hendrick il giovane e Susanna van Steenwyck,a cui
si rinvia per le opere citate e la biografia di Hendrick il giovane: J. HOWART, The
Steenwyck family as masters of perspective. Hendrick van Steenwyck the Elder (c. 1550 - 1603), Hendrick van
Steenwyck the Younger (1580/82 - 1649), Susanna van Steenwyck (dates unknown -
active 1639 - c. 1660), Turnhout 2009.
[7] Il pannello riporta la seguente
epigrafe: “Klare Heilige dag was
geordineerd om vier sart eerst om een tempel die she wipt vasten Andreu […]
was in vonmile? dan hiden” (“il giorno di Santa Chiara, è stato commissionato a
quattro artisti il primo tempio, aperto durante il digiuno di Andreu, ecc.),
mentre attorno allo scudo sistemato sopra è presente la data 1606 e la sigla “M
N” forse riferibile al committente.
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