Dopo
più di quarant’anni, dalla mostra postuma curata da Palma
Bucarelli e Cesare Brandi nel 1973,
Roma ospita l’importante rassegna, pensata da Maria Cristina
Bandera,
dedicata ad uno dei protagonisti del secolo breve: Giorgio Morandi.
L’esposizione
ci conduce, intellettualmente ed emotivamente, alla ricerca della
vicenda artistica e mentale di un maestro, apparentemente appartato e
solitario, integrato, invece, nel tessuto culturale dell’epoca,
eppure, dal punto di vista della produzione artistica, assolutamente
fuori dal coro. Il suo linguaggio, ancor oggi attuale e moderno,
fatto di una pittura che appare come un luogo appartato e quieto,
infatti, non ha eguali negli ambienti artistici a lui contemporanei e
successivi.
L’itinerario
mette in luce il rapporto sincretico tra il maestro e le realtà
esterne che attirano la sua attenzione: il mondo naturale, i paesaggi
e gli oggetti domestici che propone instancabilmente nelle sue nature
morte
(bottiglie, tazze, vasi, scatole ….). Morandi che, come i
crepuscolari, elegge temi antiretorici, celebrando soggetti
quotidiani, pur partendo dalla materialità delle cose, non lavora
secondo la regola della μίμησις
(mimesis), piuttosto trasfigura “il mondo visibile”, in un
processo mentale del tutto personale, per giungere a “l’essenza
delle cose”.
Nella continua ricerca dell’“essenza” è necessario, afferma
l’artista, “toccare il fondo, l’essenza delle cose”, solo
così può pervenire a quella personalissima astrazione mentale,
ancora riconoscibile e riconducibile alla realtà, che vive, però,
in una luce ed in un’atmosfera magica, di attesa e di sospensione,
che rende la sua opera silenziosa e vibrante, estremamente moderna e
assolutamente originale.
Per
scoprire l’“essenza” il pittore non guarda lontano, l’universo
che osserva si limita, infatti, ai tre luoghi, indagati, ricercati e
disegnati con passione per tutta la vita. Il suo pensiero è
costantemente stimolando da: la camera-studio ricolma di quegli
oggetti domestici che si ripetono con persistenza nelle sue opere
(brocche, bottiglie, scatole. fiori…), il cortile che si vede dalla
finestra della sua casa di via della Fondazza a Bologna e il piccolo
paese dell’appennino tosco-emiliano dove trascorre le sue vacanze.
L’artista, dunque, partendo sempre dagli stessi umili oggetti,
nonché dai soliti paesaggi a lui cari, nel suo inaccessibile e
quieto atelier,
disegna ed incide meticolosamente ed alacremente per restituire le
silenziose, sobrie e scarne rappresentazioni, altamente poetiche, di
“ciò che vale”:
una visione strettamente personale e di tipo intellettivo, sublimata
sulla tela dopo un lento processo mentale di trasfigurazione. Questa
la cifra stilistica del maestro, che si fa chiamare professore ,
a cui Morandi dimostra una solitaria e coerente fedeltà per tutta la
vita. Evidentemente la ricerca su quei pochi motivi (nature morte con
oggetti casalinghi, paesaggi e fiori) gli consente di giungere “al
fondo delle cose”. Quei temi, trasfigurati e depurati della loro
fisicità, inseriti in uno spazio apparentemente senza prospettiva,
immersi in atmosfere assorte e distaccate, per mezzo di una
tavolozza misurata e dimessa, ci sono consegnati in opere piene di
intimità latrici di un messaggio di silenzio.
La
mostra ha il merito di presentare oltre 150 opere, di cui un
centinaio di dipinti ad olio, organizzate in 4 macro-sezioni secondo
un percorso tematico-cronologico. Si possono vedere capolavori del
maestro difficilmente esposti al pubblico, provenienti da collezioni
private e fondazioni bancarie, nonché prestiti eccezionali come la
Natura
Morta
del Centre
Pompidou.
La
prima interessantissima sezione propone, secondo un andamento
cronologico, l’attività grafica del maestro bolognese che amava
definirsi pittore ed incisore: “ dipingo e incido paesi e Nature
morte”
. Si tratta di manufatti importantissimi e piuttosto rari, Morandi,
infatti, era solito riservare tirature bassissime. In alcuni casi
alla stampa esposta si affianca la corrispondente matrice di rame
concessa in prestito dall’Istituto
Nazionale per la Grafica
che ha ricevuto in dono dallo stesso Morandi i rami delle sue opere
grafiche.
Una
piccola sezione documentaria presenta i rapporti epistolari
intercorsi tra Morandi e i suoi due amici storici: Longhi e Brandi.
In
questa iniziale sezione si presentano due splendidi e rari acquarelli
su carta, del 1918, raffiguranti entrambi una bagnante
(Firenze, Collezione
Alberto della Ragione
e Collezione
Privata).
Morandi che sperimenta la figura umana solo tangenzialmente,
si avvicina al tema del nudo femminile attraverso Cézanne, ma la
tendenza, maturata dal nostro durante gli anni Venti, ad astrarre i
soggetti reali e a renderli secondo una visione, ancora figurativa,
ma personale porta l’artista ad abbandonare questo soggetto che
poco si presta ai suoi tentativi di comprensione, per eleggere quei
temi, a cui rimane fedele per tutta la vita, più confacenti perché
evocativi.
Segue,
quindi, il core
della mostra, la sezione dedicata alle solenni e monumentali
nature morte:
si parte dalla prima opera del genere, eccezionale prestito francese
(fig. 1), realizzata nel 1914. La tela, di ispirazione cubista, ma
influenzata anche dal dinamismo futurista, ha un accentuato ed
insolito andamento verticale, mostra una sintesi artistica, che non
impedisce la riconoscibilità degli oggetti, in cui sono già
presenti quegli elementi che diventeranno presto usuali in Morandi:
una brocca, una scatola e una bottiglia (qui ancora trasparente). Il
quadro sembra quasi un monocromo, i colori, infatti, si limitano ad
una scala di bruni e di grigi.
Sulla
stessa parete sono presenti le due celeberrime opere, conservate a
Brera,
memori del brevissimo periodo metafisico del bolognese(figg. 2 e 3).
Morandi, con questi due dipinti, dimostra ancora una volta di non
essere un outsider,
ma di essere ben inserito nel dibattito artistico della prima metà
del XX secolo. Il maestro, però, non aderisce acriticamente al
movimento, piuttosto vi si avvicina interpretandone la concezione e
restituendo una visione originalissima del fenomeno che ha fatto
parlare de Chirico di “metafisica degli oggetti comuni”.
Negli
anni Venti il maestro prosegue il suo itinerario pittorico e, dopo le
atmosfere sospese di tipo metafisico, il tema della natura
morta
è periodicamente riproposto in opere dal carattere più lirico
(figg. 4 e 5).
La
parte finale della sezione raggruppa una serie di tele che mostrano
ancora il soggetto della natura
morta,
arricchito, però da un elemento nuovo: quello della conchiglia.
L’itinerario
della mostra prosegue con le rappresentazioni di paesaggi,
motivo, come il precedente, coltivato nell’arco dell’intera
parabola artistica. I primi quadri degli anni Venti mostrano volumi e
forme semplificati, di memoria cézanniana, inseriti in spazi chiari
ed aperti di matrice pierfrancescana (fig. 6). Nel decennio seguente
le luminose atmosfere di quegli anni lasciano il posto ad una pittura
più scabra ed erosa, sintomatica di un lavoro di ricerca sulla
materia pittorica, ma sono i paesaggi
degli ultimi anni di vita dell’artista che trovo maggiormente
affascinanti: si assiste ad un processo di rarefazione e spoliazione
dei dati visibili, la fisicità dell’oggetto si perde ed una
pittura sempre più scarnificata appare sulla tela. Le forme appaiono
come “solidi schiacciati contro il fondo, ulteriormente appiattito
dalla pennellata, e la messa in tralice rimane come unica indicazione
spaziale”
(fig. 7).
L’ultima
sezione della rassegna presenta una raccolta di opere che ritraggono
vasi di fiori (fig. 8). Il soggetto, ancora una volta, è indagato
costantemente dal bolognese nell’arco dell’intera sua vita. I
fiori
di Morandi, scrive la curatrice della mostra, “siano prima per i
boccioli chiusi e compattati tra loro, e poi per le corolle vaporose
e infine per i petali frastagliati, fra i brani più belli di pittura
della storia dell’arte”,
essi ci documentano una conoscenza che spazia dalla Maestà
di Giotto degli Uffizi
all’uso dell’impasto cromatico del tardo Renoir.
Interessante e curioso il fatto che il maestro per le sue
rappresentazioni di fiori non faccia uso di piante fresche, piuttosto
si serva di riproduzioni di stoffa o carta,
in effetti il processo mentale che sottende al suo modus
operandi,
implica una costante presa di distanza dal dato naturalistico e fa
percepire il soggetto come un’astrazione figurativa. In
quest’ottica evidentemente i fiori finti rappresentano lo strumento
più confacente.
Il
catalogo
A
cura di Maria Cristina Bandera e pubblicato da Skira, il catalogo in
brossura esibisce una piacevole cura editoriale.
Le
prime 18 pagine sono dedicate ai tradizionali ringraziamenti di
istituzioni che hanno reso possibile la mostra. Ricca e notevolmente
sostanziosa la parte saggistica che si svolge nelle successive 70
pagine. Sei testi scientifici di studi aggiornati sul maestro a firma
di: Maria Cristina Bandera, curatrice della mostra e massima esperta
del pittore; Catherine Mobeig Goguel, storica dell’arte modernista
di disegni e conoscitrice “quasi per caso” di Morandi; Fabio
Fiorani; Giulio Paolini, artista concettuale; Ferzan Ozpetek, regista
cinematografico.
Appassionante,
intenso e completo il saggio a firma della Bandera che ripercorre con
precisione la vita di Morandi.
Interessante
e ricco di notazioni aneddotico-personali anche il saggio della
Goguel. Fiorani ci parla della vicenda delle matrici di rame giunte
in dono all’allora Calcografia
nazionale,
mentre Paolini, con la sua sensibilità di artista, riferisci la sua
conoscenza del maestro e della sua arte. L’ultimo saggio è una
testimonianza vivida di come il mondo cinematografico abbia amato
l’artista Morandi. Di notevole interesse la pubblicazione
all’interno del volume di uno scritto inedito di Roberto Longhi.
Le
successive 240 pagine esibiscono, secondo un criterio tematico, non
coincidente con l’itinerario della mostra, il catalogo delle opere
esposte: immagini bellissime a tutta pagina ritraggono i quadri nella
loro interezza. Le schede, tutte a cura di Stella Seitun, storica
dell’arte, sono impostate secondo la tipica struttura: titolo,
datazione, indicazione del catalogo ragionato Vitali,
supporto/tecnica, dimensioni, provenienza, firma e analisi
storico-critica.
In
coda al volume due apparati biografici: su Giorgio Morandi il primo,
e quello relativo alle schede il secondo
I
crediti fotografici, come ormai di consueto, si trovano nelle prime
pagine del catalogo.
NOTE
BIBLIOGRAFIA
Giorgio
Morandi (1890-1964), (a
cura di) M.C. Bandera, catalogo della mostra (Roma, Complesso
del Vittoriano,
28 febbraio – 21 giugno 2015). Roma 2015.
Giorgio
Morandi Roberto Longhi. Opere , Lettere, Scritti.
(a cura di) M.C. Bandera, catalogo della mostra (Firenze, Fondazione
degli Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi,
1-22 giugno 2014), Milano 2014.
Giorgio
Morandi, (a
cura di) M.C. Bandera, catalogo della mostra (Lugano, Museo d’Arte
della città, 2012). Cinisello Balsamo 2012.
M.C.
Bandera, Miscellanea
per Morandi,
in “Paragone - Arte”, LVII, terza serie, n. 67 (675), Firenze,
maggio 2006.
Giorgio
Morandi (1890-1964), (a
cura di) P. Bucarelli, C. Brandi, catalogo della mostra (Roma,
Galleria
Nazionale d’arte moderna,
18 maggio – 22 luglio 1973). Roma 1973.
L.
Vitali, Giorgio Morandi pittore, Milano 1964.
LA MOSTRA
Dove:
Complesso del Vittoriano, Roma
Quando:
28 febbraio - 21 giugno 2015
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