L’Arte intesa come tèchne
può essere descritta come l’applicazione di un complesso di
regole ed esperienze elaborate dall’uomo, quindi della conoscenza,
per produrre oggetti o rappresentare immagini tratte dalla realtà o
dalla fantasia. Anche la Medicina è una disciplina definita come
Arte in quanto capacità di applicare la conoscenza e quindi la
Scienza relativa alla salute dell’uomo alla cura della malattia. E
non è, probabilmente, un caso che queste discipline spesso hanno
recuperato in un rapporto dialettico le esperienze dell’una per lo
sviluppo dell’altra. Nel corso dei secoli, infatti, è stata
documentata la collaborazione tra artisti e medici. Pensiamo all’arte
classica e a quando gli artisti attraverso una pratica di
osservazione degli esercizi ginnici degli atleti riuscivano a
rappresentare caratteri anatomici ancora poco conosciuti ai medici, i
quali non potevano utilizzare, ad esempio, la dissezione di cadaveri
vietata per motivi religiosi. Dalle sculture potevano “ammirare”
la rappresentazione della tensione muscolare come è possibile vedere
nel Discobolo di Mirone.
Nel campo della Medicina solo
Erofilo di Calcedonia ed Erasistrato, nel III sec. a. C. effettuavano
dissezioni su corpi “vivi” 1
e si dovrà aspettare, per sperimentare tale pratica, il 1241 con
Federico II il cui editto non solo autorizzava ma stimolava l’uso
di cadaveri in campo medico. È del 1316 il trattato “Anothomia”
di Mondino de’ Liuzzi che riprende legalmente tali studî settori,
fondando la prima Scuola di Anatomia Umana in Europa.
Si
dovrà comunque attendere il Rinascimento, con la vera e propria
nascita della medicina "moderna", per avere testimonianza che anche
gli artisti avranno la possibilità di utilizzare i corpi per i loro
studî anatomici. Il primo esempio è Antonio Benci detto il
Pollaiolo, i cui disegni anatomici sono conservati al Louvre2.
È in questo periodo che la collaborazione tra medici è artisti è
più fervida, basta riferirsi al trattato di Anatomia di Andrea
Vesalio De
humani corporis fabrica libri septem (1543)
con
le sue 300 xilografie
anatomiche illustrate dall' incisore
e pittore
fiammingo
Jan Stephan van Calcar3.
Superfluo citare i disegni di Leonardo con gli studî anatomici, le
descrizioni per dissezionare i cadaveri o i disegni di
Raffaello, studî per la composizione della Deposizione
Borghese (1507)
che documenta la pratica dell’artista e la conoscenza anatomica.
Ma
l’Arte non ha soltanto “attinto” dalla pratica medica per
rappresentare la figura umana, ha anche documentato l’arte medica
come testimoniano gli innumerevoli dipinti che raffigurano lezioni di
anatomia come Una
lezione di anatomia per artisti (ca.
1570), Michelangelo
circondato da altri artisti che mostrano il muscolo sartorio di un
corpo morto, di
Federico Zuccari o la Lezione di anatomia del dottor Willem van der
Meer (1617) di Michiel e Pieter van Miereveld o la Lezione
di anatomia del Dr Nicolaes Tulp
(1632) di Rembrandt van Rijn.
In
questa breve descrizione dei rapporti tra artisti e medici non è
possibile non citare la ceroplastica anatomica. Nel Rinascimento ha
luogo la vera riscoperta del corpo umano; artisti e medici ne
studiano il cadavere, spinti da un forte interesse scientifico per
l’anatomia, ed è in questa fase iniziale di ricerca che la cera
svolge un ruolo essenziale, soprattutto nell’opera degli artisti.
Tale pratica viene utilizzata nella ricerca anatomica come mezzo
espressivo figurativo e numerosi furono gli artisti che si servirono
di modellini preparatori in scala ridotta in cera per le loro
produzioni. Anche questa tecnica fu utilizzata per rappresentare al
meglio la figura umana come ne è esempio Lo
scorticato
(1678) di Ludovico Cardi, detto il Cigoli guidato nelle indagini
anatomiche dal medico fiammingo Maiering, Ed è dalla collaborazione
tra Gaetano Giulio Zumbo, ceroplasta siciliano, e il chirurgo
francese Guillaume Desnoues che si sviluppa nel ‘700 la
ceroplastica anatomica. Gli artefatti anatomici vengono
prodotti
per la formazione dei medici ma il loro estremo realismo e la
rappresentazione dell’aspetto drammatico della morte le fanno
considerare vere e proprie opere d’arte.
Altro tema che intreccia le
discipline artistiche e mediche è rappresentato dalla presenza delle
patologie. Questo aspetto ha interessato molto i medici che hanno
potuto, attraverso l’osservazione della rappresentazione della
figura umana nel corso dei secoli, rintracciare la presenza di alcune
patologie oggi, per fortuna, debellate come la peste. È interessante
a tale proposito riportare quanto scrive il medico Giovanni
Franceschini nel 1906 “ anche
i lati più tristi e dolorosi della vita umana, così piena di
sofferenze fisiche, siano stati, in quasi tutti i tempi, soggetto di
studio da parte di artisti preclari, e come anche le scienze più
pietose e ributtanti della medicina abbiano strappato al pennello
creatore dell’artefice appassionato opere palpitanti di vita, di
verità, di sentimento. E poichè il bello è lo splendore del vero,
si può dire che anche le più crude verità della patologia umana
rivestite degli splendori dell’arte da una mano sapiente di
artefice, hanno contribuito alla creazione del bello, con opere
sublimi di pittura e di scultura” 4.
La natura del lavoro negli
artisti ne fa degli eccellenti osservatori. Essi catturano ogni più
piccolo particolare del corpo delle figure rappresentate registrando
anche le condizioni fisiche dei loro modelli. Ed è per questo motivo
che i medici possono esercitare le loro capacità di osservazione per
descrivere patologie di modelli in dipinti del passato come la
diagnosi di scoliosi nella donna di spalle nel Le
Tre Grazie (1639) di
Peter Paul Rubens 5.
Tale pratica ha sviluppato un dibattito in merito alla bontà dell’esercizio clinico rispetto a
pazienti che non possono più essere curati e la Iconodiagnostica
introdotta in Italia da un anatomo patologo, Il Prof. Vittorio
Franco, ha destato critiche dall’ambiente degli storici dell’arte.
Ma uno dei risultati presentati e quelli di un collega medico
spagnolo sulla Gioconda
forse possono accendere curiosità attorno a questa disciplina.
I l
Professor Franco,
analizzando circa cento opere d’arte ha potuto scoprire che,
probabilmente, la Gioconda aveva uno xantelasma
sotto l’occhio
sinistro, ovvero un deposito di grasso, segno di iperolesterolemia,
e un
lipoma sulla mano. Il
medico spagnolo Francisco Javier Barbado Hernandez per la Gioconda
del Prado (1503-1506)
opera di allievi di Leonardo, ha riscontrato sulla mano non un lipoma
ma segni conseguenza di un salasso. La storica dell’arte Carla Gori
comparando le evidenze risultate dalle analisi di quest’ultimo ha
riscontrato da una lettera del funzionario ducale Giacomo Seregno
datata 2 agosto 1496 “sappiamo
che la primogenita del Moro, da mesi sottoposta alle cure
dell'archiatra e astrologo Ambrogio da Rosate per una malattia
misteriosa, forse da avvelenamento, in quella data rifiutava il
salasso”, e quindi
pensa che questa documentazione possa aggiungersi a quegli elementi
che portano ad identificare la Gioconda con Bianca Sforza 6.
Negli ultimi anni l’arte ha un
ruolo sociale nei luoghi di cura e l’arte terapia è utilizzata
come sostegno o cura nell’indirizzo psichico.
L’arte riveste un ruolo
importante nell’apprendimento e il pensiero visivo a partire da
Arnheim è un utile strumento per lo sviluppo della conoscenza. È
nell’ambito del dibattito sulle funzioni del museo e dell’opera
d’arte nella società contemporanea in campo educativo e formativo
che è possibile parlare della Visual Thinking Strategy. La pratica
dell’osservazione dovrebbe essere uno dei cardini della formazione
medica e tale Teoria può rappresentare un aiuto al miglioramento
delle competenze cliniche 7.
(Vincenza Ferrara)
La Visual Thinking Strategy (VTS)
A metà degli anni ’70, negli
Stati Uniti, Abigail Housen, psicologa cognitivista, figlia di una
psicologa e di uno storico dell’arte, dà inizio ad un importante
studio basato sui comportamenti dei visitatori in un museo e
incentrato sui pensieri che vengono stimolati di fronte ad un’opera
d’arte.
Housen adotta come strumento
d’indagine un’intervista indiretta con la quale i fruitori del
museo sono invitati a raccontare ciò che vedono nell’opera e i
pensieri che questa gli suscita. Le domande sono aperte e sono volte
a non influenzare lo spettatore. Nel corso del tempo questo strumento
d’indagine, chiamato Aesthetic Development Interviews (ADI),
permette alla Housen di raccogliere un ampio campione di dati e di
avere una panoramica complessa sulle idee di molte persone di fronte
a un’opera 8.
Quando ci si confronta con
l’arte, nell’intelletto si costituiscono pensieri e giudizi in
ragione del sorgere di emozioni e sensazioni che portano ad
un'interpretazione soggettiva. Nell’epoca
contemporanea un modello fisso e condiviso di verità e di realtà
può considerarsi improbabile, partendo da questi presupposti può
risultare difficile dare una lettura unitaria e organica dell’opera
d’arte.
La Housen nota fin da subito che vi è una grande differenza nella capacità di analisi
tra un osservatore abituato a confrontarsi con l’arte e un altro
che lo è molto meno. Intuisce che nelle persone a contatto da tempo
con l’arte si sviluppano importanti cambiamenti nel modo di pensare. La
complessità del pensiero che l’arte è in grado di suscitare fa
notare alla Housen che, comunque, anche lo spettatore meno abituato
alla fruizione dell’arte, utilizza una serie di meccanismi psichici
per trarre conclusioni che sono fondamentali per la comprensione e
l’apprendimento. Questi meccanismi vengono generati da
associazioni, ricordi, fatti e sentimenti che l’immagine è capace
di far emergere in modo inconsapevole dall’osservazione.
Dai risultati di questo studio e
dal confronto con altre ricerche su questo tema, la Housen inizia a
sviluppare una strategia didattica interamente basata sulla forza
della comunicazione visiva e mette a punto il metodo della della
Visual Thinking Strategy, capace di aiutare concretamente gli
studenti nell’apprendimento e nell’acquisizione di capacità di
analisi.
Il titolo di questo nuovo metodo
didattico è pensato in onore di Rudolf Arnheim, la cui ricerca
spiega in modo convincente la connessione tra la percezione visiva e
il pensiero. Identificare ciò che vediamo, secondo Arnheim, è un
atto di conoscenza. Quando si guarda qualcosa, si attuano rapidamente
dei meccanismi di comprensione per riconoscere e afferrare il senso
di ciò che ci viene messo dinanzi agli occhi. Inoltre grazie agli
stimoli visivi si mettono in moto automaticamente pensieri e abilità
atti a risolve
problemi 9.
Dunque la premessa sulla quale è costruita la didattica della Visual
Thinking Strategies è quella di usare l’arte visiva per sviluppare
il pensiero critico 10.
Nel metodo VTS gli studenti sono
chiamati a guardare ed in seguito ad interpretare un’opera d’arte.
Vengono guidati nella visione da un operatore che li stimola ad usare
le capacità individuali di osservazione, di riflessione e ad esporre
e provare le proprie idee agli altri compagni, in un ambiente
caratterizzato dal confronto costruttivo.
Le domande poste agli studenti
sono volte a sollecitare la curiosità di una visione più profonda e
attenta ai dettagli, senza andare però a condizionare i pensieri che
ne derivano. Il dibattito critico che nasce da questi quesiti mirati
e opportunamente moderati, attiva negli studenti l’abilità a
pensare criticamente e a prendere in considerazione le opinioni
altrui, imparando a considerare la possibilità di avere più di una
soluzione possibile ad un unico problema.
La metodologia VTS parte dalla
consapevolezza che le capacità di apprendimento dell’alunno,
colgono solo quello che la sua mente è in grado di comprendere
autonomamente. Le informazioni e le idee che esulano da tale
principio possono essere usate da quest’ultimo, solo in modo
superficiale e non indipendente, a meno che, la sua mente non sia
stata abituata a ragionare in modo elastico e analitico.
La Housen spiega che la scelta
portata avanti dalla VTS di utilizzare l’inchiesta estetica nella
didattica scolastica e museale, si deve proprio alla complessità
intrinseca dell’oggetto artistico. L’interpretazione di un’opera,
infatti, permette di ottenere una molteplicità di possibili
risposte. La naturale stratificazione di significati profondi e la
naturale ambiguità dell’arte, fa sì che innumerevoli riflessioni
e opinioni scaturiscano liberamente da quest’ultima.
In questo modo, nella didattica
VTS, l’opera d’arte diventa veicolo dell’apprendimento, viene
usata come stimolo estetico per accrescere le capacità critiche e di
analisi negli studenti. L’opera, quindi, non viene considerata solo
come un pregevole manufatto artistico, come capolavoro, ma viene
utilizzata come punto di partenza per innescare riflessioni libere,
capaci di potenziare negli studenti competenze fondamentali.
Un elemento chiave della didattica VTS, sta nello spingere gli studenti ad esporre e spiegare
le prove della loro valutazione di un'opera d'arte. Le riflessioni comprovate e il
confronto delle idee, sono il punto di forza di questo metodo, che
vede nell’acquisire l’abilità a sviluppare una modalità di
pensiero superiore, il suo obiettivo primario. Questa sfida
cognitiva incoraggia gli studenti ad affidarsi alle proprie capacità
e alle proprie conoscenze, aumentando così la fiducia in se stessi e
la voglia di esporre i propri pensieri e conclusioni.
Quando gli alunni padroneggiano
tali competenze, queste finiscono per diventare dei processi mentali
che si ripetono, più o meno consapevolmente, ogni qualvolta venga
attivato un meccanismo di comprensione e apprendimento. Sono quindi
trasferibili e applicabili a tutte le materie scolastiche, dalla
matematica alle scienze, e sono auspicabili a tutti gli allievi di
ogni ordine e grado 11.
Gli studî sull'impatto della VTS
mostrano infatti che, oltre alla crescita della comprensione
estetica, viene sostenuta anche la crescita delle capacità di
pensiero critico e creativo che possono essere facilmente trasferite
ad altre aree tematiche. Inoltre è stato dimostrato che l’uso del
linguaggio visivo aiuta notevolmente il profitto e l’integrazione
di studenti disagiati per questioni sociali, fisiche o linguistiche 12.
(Claudia Staffoli)
La VTS in medicina
A partire dagli anni ’60 si
sviluppa la disciplina delle medical humanities dall’esigenza di
arricchire gli studî nelle scienze mediche con le discipline
umanistiche 13.
Nella convinzione che la medicina sia qualcosa di più che un insieme
di conoscenze e di abilità tecniche, gli educatori medici hanno
ritenuto importante inserire materie umanistiche come arte,
letteratura, filosofia, etica, storia, nel programma di studî
formativi di un buon medico. Infatti negli ultimi decenni, mentre da
un lato abbiamo assistito a progressi in campo medico sul fronte
della ricerca, delle analisi strumentali e di laboratorio, con il
risultato di una efficacia migliore nella diagnosi e nella cura,
dall’altro si è verificato un aumento dei costi per il ricorso a
tali strumenti, molte volte non necessari, con la conseguente
congestione dei laboratori e un aumento dei falsi positivi. Il motivo
sta nella perdita di interesse da parte del medico nell’esame
fisico del paziente e nell’inadeguato insegnamento della
Semeiotica, ovvero la disciplina medica che studia segni e sintomi
per giungere ad una diagnosi. Poiché solo una corretta diagnosi
guida la decisione di una terapia adeguata, è necessario
implementare l’insegnamento della semeiotica per formare medici
preparati. C’è un consenso generale sul fatto che la Semeiotica
inizia da una corretta e approfondita osservazione, si parla quindi
di “occhio clinico”, per indicare la competenza semeiologica che
consiste nell’uso dei sensi per fare diagnosi di malattia 14.
Nonostante vi siano esempi
precedenti di ricorso all’arte nell’ambito dei corsi di studî di
medicina come strumento conoscitivo per sviluppare la capacità di
osservazione e descrizione 15,
la “Visual Thinking strategy”, come è stata ideata dalla Housen,
viene applicata per la prima volta in un corso di laurea in medicina
e chirurgia nell’università di Harvard nell’anno accademico
2003-2004 agli studenti del 3° anno, con un corso elettivo di 9
settimane dal titolo Training
the eye16.
Il corso è realizzato per una parte al museo di belle arti di Boston
e per un’altra parte con lezioni cliniche, sia in aula sia in
corsia, in cui i docenti medici mettono l’attenzione sulla diagnosi
visiva e correlano l’esame fisico a concetti artistici. Al museo
gli studenti si esercitano, lavorando in coppia, direttamente con
opere d’arte originali sull’osservazione, descrizione e
collaborazione creativa del significato. Nella sessione finale un
paziente con una patologia complessa viene intervistato e visitato
dal medico direttore del corso, con la partecipazione attiva degli
studenti 17.
Negli anni successivi tale
strategia è stata adottata da altre università statunitensi come
quella dell’Ohio in collaborazione con il museo d’arte di
Colombo, nel corso Art of Analysis, che a partire dall’anno
accademico 2010-2011 ha coinvolto gli studenti del 5° anno di
medicina. Seguendo la linea di pensiero della VTS della Housen, è
stata ideata una rubrica del pensiero critico per guidare l’analisi
delle opere, chiamata ODIP, acronimo di Osservare, Descrivere,
Interpretare, Provare 18.
Nell’anno accademico in corso
(2014-15) anche il dipartimento di dermatologia di Dallas e il museo
d’arte della città hanno inaugurato un corso dal titolo Art
of observation, in cui
gli studenti divisi in piccoli gruppi di discussione vengono messi di
fronte ad opere d’arte e vengono guidati nel focalizzare la loro
attenzione sull’osservazione e la descrizione dell’opera, nonché
a discutere insieme con l’aiuto di un facilitatore 19.
I rapporti tra arte e medicina,
come abbiamo visto, sono tantissimi a partire dall’importanza che,
in entrambe le discipline, ha l’osservazione del dettaglio, così
come del contesto e della dimensione affettiva e narrativa della
persona. L’arte, mediante le attività di osservazione, analisi,
confronto e discussione date dalla VTS, consente allo studente di
medicina di acquisire un metodo da applicare anche nell’attività
clinica, migliorando le competenze nell’esame obiettivo del
paziente, implementando le capacità di problem solving e pensiero
critico, abituandosi al lavoro di gruppo, coltivando l’empatia
verso il paziente e il rispetto dell’altro (sia esso paziente o
collega).
(Sara De Santis)
Conclusioni e prospettive
La VTS viene applicata sia
nell’ambito dell’apprendimento scolastico che in quello
universitario in ambito di cura in America. In Europa e in
particolare in Italia non ci sono state ancora esperienze di questo
tipo, anche se nei Corsi di Laurea in medicina sono sempre più
frequenti attività integrative legate all’arte, alla letteratura,
alla musica. Presso il Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia della
Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza è attivo un corso
integrato di metodologia-scientifica e scienze umane che ha
introdotto la formazione umanistica per gli studenti.
È nell’ambito di questa
formazione che è in corso una sperimentazione della VTS per gli
studenti del III anno di Medicina con la collaborazione della
Galleria Borghese. Ritenendo la VTS strumento utile per lo sviluppo
del pensiero critico e adatto a stimolare la sensibilità all’arte
e alla visita dei luoghi di cultura e una maggiore consapevolezza
dell’importanza del patrimonio culturale, al termine di questa
sperimentazione, analizzati i risultati e l’impatto sul
miglioramento delle competenze, si proporrà tale pratica nei
diversi ambienti di apprendimento e come integrazione alle attività
educative dei musei.
(Vincenza Ferrara)
NOTE
1
Mingazzini, P., Leonardo
e l'anatomia in
IL BASSINI, 30(1), 2010, pp. 62-74.
4
Franceschini,
G., La
patologia umana nell’arte
in Emporium rivista mensile illustrata d'arte - letteratura -
scienze e varietà, vol. XXIV, n. 144, dicembre 1906.
7
Familiari,G., Ziparo, V.,
Relucenti M., De Biase, L. Gallo, P., Frati, L. , Arti
figurative e Formazione in Medicina. Potenzialità
e prospettive
in MEDICINA E CHIRURGIA (ISSN:2279-7068), 2010, 2143- 2150.
8
Housen
A., Aesthetic
thought, critical thinking and transfer in
Arts in Learning Journal, 18(1), 2002, 99-132.
9
Arnheim
R., Visual
Thinking,
University of California Press, Berkeley-Los Angeles, 1969; trad.
it. Il pensiero
visivo, Einaudi,
Torino, 1974.
12
Lampert,
N., Critical
thinking dispositions as an outcome of art education. studies
in
Art Education,
47(3), 2006, pp. 215-228.
13
Polianski, I. J., & Fangerau, H. Toward
“harder” medical humanities: Moving beyond the “two cultures”
dichotomy.
In Academic
Medicine, 87(1),
2012, pp. 121-126.
14
Toro-Huamanchumo CJ,
Aree-Villabos LR. The
clinical eye: a need to improve the teaching of semiology in
undergraduate medical education
in t J Med Students. 2014 Jul-Oct; 2(3):144-5.
15
Braverman
I.M. To
see or not to see: How visual training can improve observational
skills. Clinics in
Dermatology 29,2011, pp. 343-346.
16
Shapiro,
J., Rucker, L., & Beck, J. Training
the clinical eye and mind: using the arts to develop medical
students' observational and pattern recognition skills
in
Medical Education, 40(3),
2006, pp. 263-268.
17
Katz
and,J. T., Khoshbin S., Can
visual arts training improve physician performance?
In Trans Am Clin Climatol Assoc. 2014; 125:331-342.
18
Jacques
A., Trinkley R, Stone, L., Tang R., Hudson W., Khandelwal S.,
Art of analysis: a cooperative program between a museum and medicine
in Journal for Learning though the Arts, 8(1) 2012.
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