A circa un anno e mezzo dalla significativa esposizione che ha consentito al pubblico romano di “scoprire”, senza lasciare l’Urbe, uno dei più celebri musei d’Europa (il Musée d’Orsay)
il Complesso del Vittoriano, in un’ottica di continuità, presenta un coraggioso “faccia a faccia” con un aspetto, certamente meno noto
, ma altrettanto bello ed intenso, della corrente che nella seconda metà dell’Ottocento ha sconvolto, finanche destabilizzato, la società contemporanea.
Non tipici paesaggi open air, ma ritratti dipinti e scolpiti, perché al centro della ricerca di questo poco plausibile ed improbabile “gruppo–non gruppo” c’è stata proprio la figura umana rappresentata secondo un “fare moderno”. Il ritratto che, nel corso del Settecento, si è innalzato a genere pittorico alto, fino a questo momento, pur avendo espresso interpreti eccezionali, capaci di penetrare la psicologica del committente , ha avuto “il gravoso compito di fissare, congelare, l’immagine di un uomo o di una donna per i posteri” .
Ai pittori del Caffè Guerbois non interessa l’accademica regola della μíμησις (mimesis) e la trionfale celebrazione del soggetto committente lascia il posto ad una coerente e scientifica ripresa dal vero .
Schemi e punti di vista tradizionali sono capovolti e il ritratto diventa un’immagine di vita borghese, resa attraverso un nuovo linguaggio fatto di luce e colore, apparentemente rapido ed essenziale, in realtà frutto di un’attenta e scrupolosa meditazione sul soggetto reso senza filtri né compromessi.
Nella spietata ricerca della vera forma e spinti da un desiderio di negazione delle pittura ufficiale, gli artisti impressionisti immergono la figura umana (amici, parenti ma anche modelli o conoscenti) nel palpitante contesto di una società in continua trasformazione; le immagini si popolano di contemporaneità e l’obsoleto genere del ritratto diviene una moderna scena di genere connotata da veridicità, un vero e proprio spaccato socio-culturale di una città attraversata da grandi mutamenti artistici, culturali e sociali.
Al formalismo eccessivo succede, dunque, un gusto più libero, incurante della minuta esecuzione, attirato, piuttosto, dalla modernità.
A cura di Guy Cogeval, Ophélie Ferlier e Xavier Rey la mostra presenta oltre 60 opere straordinarie, alcune delle quali mai esposte nella Capitale, tele che parlano con forza della movimentata atmosfera di rinnovamento di una società in via di trasformazione che è la Parigi degli anni Sessanta dell’Ottocento. L’iter si articola in cinque sezioni, tutte introdotte da attente note storiche ; attraverso capolavori noti, emblemi del movimento, e tele, certamente poco conosciute, ma altrettanto fondamentali, il visitatore è letteralmente proiettato nello spirito della società francese dell’epoca.
La prima sezione, Un nuovo ritratto di artista, propone, e non poteva essere altrimenti, i ritratti stricto sensu: fin da subito si percepisce il venir meno delle atmosfere di nobiltà che hanno avvolto i soggetti ritratti fino a quel momento, i toni sono distesi, i protagonisti disinvolti, la dimensione psicologica intensa. Vi segnaliamo il “brillante”, per sfrontatezza, ritratto di Bazille ritraente uno sfacciato Renoir seduto scompostamente su una sedia (fig. 1, 1867) o il ritratto di Monet al lavoro ripreso da Renoir (fig. 2, 1875), la cui sorprendente resa tattile di barba e capelli da sola, senza l’aiuto delle parole, può spiegare al pubblico l’inedita, quanto rivoluzionaria, tecnica pittorica, fatta di luce e colore, approntata dell’artista. Da non tralasciare assolutamente lo sguardo allucinato ed intenso dell’Autoritratto di Cézanne (fig. 3, 1875), né il potente ritratto bronzeo di Rodin plasmato da Paul Troubetzkoy (fuso nel 1926 da modello del 1906).
Nelle sale successive si racconta l’infanzia (Ritrarre l’infanzia), momenti di vita autentici, caratterizzati da dolcezza, gioia e tranquillità: non deve sfuggire il sorprendente Ecce Puer o Impressione di bambino di Medardo Rosso (fig. 4, 1906) ritraente Alfred Mond a sei anni , raffigurante lo stupore di un bambino di fronte a qualcosa di banale per un adulto . Ma anche la tenera Bambina con cappello di paglia di Renoir (fig. 5, 1908 ca.) singolare per tecnica adottata.
Passando oltre si attraversa la terza sezione, Intimità, dedicata a rappresentazioni private, confidenti e familiari di persone vicine agli artisti. Sono istantanee di momenti di vita domestici, catturati dai pittori, che vi partecipano intensamente, e restituiti attraverso la propria personale visione artistica. Segnaliamo l’intenso e malinconico ritratto dell’amatissimo nonno di Degas: Hilaire de Gas (fig. 6, 1875), raffigurato su un divano borghese, indicante lo status sociale della famiglia. Da non perdere assolutamente lo Studio per la ballerina dello stesso (fig. 7, 1921-1931), dove le imperfette forme di Aurélien sono osservate minuziosamente e riconsegnate sotto una luce spietata ed impietosa che non concede nulla all’idealizzazione del soggetto.
Le sale seguenti raccontano la Mondanità di un mondo ormai trasformato, gli artisti ritraendo la realtà in cui vivono, si impadroniscono di tutti quei luoghi intellettuali che li circondano. Il bel mondo della Parigi di metà Ottocento è continuamente scrutato e descritto in tele che rimandano a tutta la frivolezza e alla vanità di coloro che le abitano. E allora non possiamo non soffermarci sulla luminosa Altalena o Balançoire di Renoir (fig. 8, 1876), dove la luce è già protagonista, o sulla frizzante e leggera figura di Madame Charles Max del nostro Boldrini (1896) che racconta di una società dinamica ed ottimista dove tutto è possibile.
L’esposizione termina con la sezione dedicata alla Modernità, all’eredità lasciata da questi artisti. Un ambiente denso di opere che sono veri e propri monumenti: la potente Angelina (fig. 9, 1865), il balcone (fig. 10, 1868), non a caso figura simbolo della mostra, entrambi di Manet; l’immensa Madame Cèzanne (fig. 11, 1885), lo schivo e solitario giocatore di carte (fig. 12, 1890-1892) e la monumentale, nonché fondamentale per certi esiti di alcune avanguardie del secolo seguente, donna con caffettiera (fig. 13, 1890-1895) tutti del maestro, certamente non definibile come impressionista, Cézanne.
Il catalogo
A cura di Guy Cogeval, Ophélie Ferlier e Xavier Rey , il volume in brossura, pubblicato da Skira, si presenta editorialmente curato.
Alla tradizionale parte introduttiva di ringraziamenti di coloro che hanno reso possibile questa impresa espositiva (istituzioni, partner ed organizzatori), segue un’apprezzabile unità saggistica, di circa 25 pagine, con testi dei curatori e di Francesca Villanti di Comunicare Organizzando: “Com’è fatto un ritratto impressionista? di X. Rey; “Essere e apparire: sculture-ritratto moderne del Musée d’Orsay” di O: Ferlier; “Riflessioni su genesi e carattere del movimento impressionista” di F. Villanti.
Segue, quindi, per circa 80 pagine il catalogo sticto sensu, la presentazione delle opere esposte, secondo il criterio delle cinque sezioni adottato in mostra; ogni gruppo di dipinti è accortamente introdotto da una spiegazione motivante il raggruppamento impiegato dalla rassegna. L’impostazione delle cartelle è quella classica: bellissime immagini a tutta pagina accompagnate da una didascalia (autore, titolo, datazione, supporto/tecnica, dimensioni, provenienza e data di acquisizione, numero di riferimento), manca, però, l’analisi storico-critica del quadro e la relativa bibliografia.
Rileviamo, purtroppo, l’assenza tout court dei tradizionali e fondamentali strumenti di studio a completamento del volume: nessuna appendice documentaria, e neppure un’aggiornata bibliografia , mentre i crediti fotografici precedono i ringraziamenti istituzionali.
LA MOSTRA
Complesso del Vittoriano, Roma
Quando: 15 ottobre 2015 - 7 febbraio 2016
NOTE
Bibliografia
“IMPRESSIONISTI. Tête à tête”, (a cura di) G. Cogeval, O. Ferlier e X. Rey, catalogo della mostra Roma (Complesso del Vittoriano 15 ottobre 2015- 7 febbraio 2016), Roma 2015.
Musée d’Orsay. Capolavori., (a cura di) G. Cogeval e X. Rey, catalogo della mostra Roma (Complesso del Vittoriano 22 febbraio- 8 giugno 2014), Roma 2014.
Margareth Scolari Barr, Medardo Rosso, New York, 1963.
Ardengo Soffici, Il caso Medardo Rosso: preceduta da l’impressionismo e la pittura italiana, B Seeber, 1909.
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