Il
caso Catania
L’indagine
sul contesto artistico della Catania fra Otto e Novecento sollecita
in modo particolare la nostra attenzione, perché rivelatrice di una
realtà ancora quasi inesplorata, quella di una città dall’economia
vivace, impegnata in una grande espansione commerciale ed al contempo
dedita ad un consumo culturale straordinariamente alto, sostenuto da
una borghesia dinamica e dagli interessi molteplici. Lo documenta nel
1907 un testimone d’eccezione come Federico De Roberto: «(…) in
questi ultimi sessanta anni, con uno slancio paragonabile solo a
quello di Milano, [Catania] ha più che triplicato la sua
popolazione. (…) La città s’avvia ad arricchirsi ancora, a
crescere sempre più, coi commerci e le industrie.» .
L’interesse
per quel prodigioso «slancio» di cui parla De Roberto costituisce
una delle motivazioni che hanno dato avvio a questo studio su taluni
sviluppi inediti di uno specifico ramo dell’apprendistato operaio
sul versante delle arti applicate. Alcuni aspetti della ricca e
multiforme cultura artistica etnea fra il XIX ed il XX secolo, in
particolare la formazione artistico-professionale destinata alla
classe operaia come strumento di emancipazione sociale e di crescita
professionale, ci hanno consentito d’individuare in alcune di
queste istituzioni scolastiche tutta una serie di strumenti
didattici, teorici e metodologici, che rivelano in queste strutture,
mai sufficientemente osservate prima, preziosi giacimenti e patrimoni
culturali dal nobile statuto sociale, finalizzati alla formazione
artistica e professionale dei figli della classe operaia. In quella
fase di grande crescita imprenditoriale, chi operava nei diversi
ambienti artistico-culturali catanesi, e quindi entro contesti
diversi ed apparentemente distaccati fra loro, poteva fruire, per una
serie d’intrecci e di proficue contiguità, di tutta una rete di
contatti e di collaborazioni che si rivelarono oltremodo fecondi ed
impressero una cifra esclusiva ed irripetibile sul contesto artistico
catanese di quel periodo; questo venne animato e sostenuto da una
società di grande floridezza economica, non appiattita su valori
meramente mercantilistici ma, anche in virtù di tale ricchezza,
vivacemente interessata alla produzione artistica contemporanea .
La
passione e l’interesse mostrati da Federico De Roberto per Catania
in quella particolare fase d’evoluzione non sembrano aver indotto
significative risonanze in ambito storico-critico; si registra
infatti una forte carenza di studi specifici su taluni aspetti legati
al contesto artistico del periodo ed alla promozione delle arti,
quali, ad esempio, la committenza, il collezionismo, la critica, le
strutture espositive, le relazioni fra letteratura, opera lirica e
arti visive, studi che certo contribuirebbero a delineare particolari
forme del cosiddetto ‘sistema dell’arte’ in questa peculiare
fase storica. La scarsità di analisi ed approfondimenti in materia
rende non facile una lettura incrociata dei diversi dati relativi al
contesto artistico catanese, e pone qualche limite alla ricostruzione
di un profilo organico dell’industria artistica locale che appare
comunque ipotizzabile, malgrado la documentazione carente .
Nel complesso mosaico culturale del tempo le scuole destinate alla
formazione operaia s’inserirono perfettamente e riuscirono a
delineare il gusto dei catanesi in materia di arte applicata con
risultati finora sottovalutati, spesso ignorati, la cui conoscenza
potrà restituirci importanti tessere mancanti.
Le
Associazioni dei lavoratori e l’istruzione popolare: La scuola del
Circolo degli Operai di Catania
In
Sicilia le società di mutuo soccorso erano assai diffuse alla fine
dell’Ottocento, l’isola era infatti la terza regione italiana,
dopo la Lombardia e l’Emilia Romagna, per numero di associazioni
mutualistiche. Questa forte presenza è indicativa di un sistema
produttivo intraprendente, caratterizzato da componenti diverse:
artigianali, commerciali ed industriali. Tali società etnee
annoveravano un numero di soci che oscillava all’incirca fra i
settanta ed i cento per ciascuna, come fu documentato da uno dei
diversi censimenti promossi dal Ministero dell’Agricoltura,
Industria e Commercio (MAIC) .
La
maggior parte delle scuole artistico-professionali destinate agli
operai di Catania furono fondate soprattutto per iniziativa di
associazioni di mutuo soccorso; alcune di queste società si posero
il precipuo obiettivo programmatico di sostenere socialmente ed
economicamente la manodopera artigiana locale, come il Circolo degli
operai, la Società mutualistica degli Ebanisti, quella dei
tagliapietre e scalpellini, quella degli «artisti decoratori e
pittori», ed infine, ubicata nel quartiere di Cibali, la
«Fratellanza artigiana» .
É interessante notare come alcune di queste istituzioni
mutualistiche tendessero ad una categorizzazione molto precisa: i
decoratori vollero distinguersi sia dai lavoratori generici nel campo
edile, sia dai titolari delle ditte di decorazione (seppur molto
piccole); anzi in alcuni casi la consapevolezza di possedere capacità
tecniche molto specialistiche indusse il lavoratore a sottolineare la
propria qualifica con definizioni oltremodo caratterizzanti (ad
esempio quella di «decoratore d’appartamento») .
Le
scuole operaie artistico-professionali catanesi non hanno mai
costituito oggetto di analisi sistematiche, al contrario delle scuole
operaie di altre città italiane, quali quelle dell’Associazione
Scuole Tecniche San Carlo di Torino (1848), oppure quelle della
Società di Mutuo Soccorso ed Istruzione di Pordenone (1872) .
Un filo rosso lega naturalmente tutte queste scuole sorte sul
territorio nazionale: le attività promosse dai circoli etnei dei
lavoratori trovano forte corrispondenza con le opere intraprese da
altre associazioni italiane, basate sugli stessi principi fondativi
delle associazioni catanesi .
Fondate
sul principio della reciproca solidarietà fra i lavoratori, le
società operaie si distinsero presto per un chiaro orientamento
verso il socialismo .
Alcune di esse (sedi anche di scuole operaie spesso sorte sulle
ceneri delle università di mestiere)
erano legate alla necessità di istituire stabili legami
organizzativi sul modello degli stati europei che registravano una
più avanzata evoluzione economica, e dopo l’unità d’Italia,
grazie ad una nuova coscienza sociale, si dimostrarono autenticamente
interessate a conquistare per i propri iscritti non solo l’istruzione
ma anche il suffragio elettorale .
Furono
soprattutto le società operaie di mutuo soccorso a carattere più
moderato a volersi occupare d’istruzione e di corsi scolastici per
gli operai, pur mantenendo le consuete attività assistenziali mirate
all’organizzazione di cooperative di consumo e vendita, alla
promozione di «cucine economiche e forni sociali», all’istituzione
di pensioni e case economiche .
Le azioni legate all’istruzione popolare relative all’istituzione
di biblioteche, scuole serali e festive, corsi di preparazione,
apparvero numerose almeno fino al 1914, grazie all’iniziativa di
camere del lavoro, federazioni di categorie, società di mutuo
soccorso e leghe. Si tratta di un fenomeno non particolarmente
studiato, ma è chiaro che esso variò da zona a zona in base alle
risorse economiche degli
enti interessati e, naturalmente, secondo il loro precipuo interesse
ad investire nell’istruzione popolare. Pur nella loro
diversificazione queste scuole presentavano un aspetto comune:
l’assenza quasi totale di aiuti e di controllo da parte dello
Stato, una condizione destinata a favorire l’ingresso della
massoneria, della chiesa cattolica e dei mazziniani nella costruzione
dell’istruzione scolastica italiana .
La
politica governativa si dimostrò particolarmente lacunosa per quanto
concerne le scuole artistico-professionali, rispecchiando un grande
disinteresse per la qualità e la formazione dei docenti: gli
insegnanti non erano tenuti ad alcuna registrazione ufficiale secondo
la legge Casati ,
quindi i docenti dei «corsi speciali tecnici per artieri» erano
dispensati «dal far constare la loro identità» .
Il Governo dette così prova di una grave carenza nell’organizzazione
della formazione artistico-professionale, mostrandosi miope dinnanzi
alla necessità di manovalanza specializzata, caratterizzata da
precise identità professionali e soprattutto capace di contribuire
alla crescita economica indotta dalla rivoluzione industriale.
Sulle
scuole artistico-professionali operaie di Catania fino ad oggi si
possiedono pochi dati, ricavati prevalentemente da documenti
d’archivio chirografi e da un numero sparuto di testi a stampa. A
Catania, secondo relazioni statistiche ministeriali del 1879,
troviamo due esempi di questo tipo di scuole finanziate dal Ministero
dell’Agricoltura
alle quali si dette l’articolata definizione di «Scuole
industriali popolari cui sono concessi dal Ministero del Commercio
sussidi annuali non iscritti nominativamente in bilancio» .
I due modelli catanesi furono la «Scuola di disegno del Circolo
degli Operai» (caratterizzata dalla predominanza del Disegno
geometrico e ornamentale), e la «Scuola serale di disegno e plastica
della Società dei figli del lavoro» (centrata sull’insegnamento
«Applicazioni del disegno e della plastica alle arti»). Grazie ai
finanziamenti erogati da altri enti, come il Comune di Catania e la
locale Camera di Commercio, nel contesto etneo emerse un’altra
scuola artistico-professionale di rilievo: la Scuola serale di
disegno industriale diretta da Gaetano Brusà, docente di «Disegno
di figura e Modellazione».
Nell’economia
di questa breve trattazione privilegeremo l’istituzione scolastica
di più antica fondazione fra quelle etnee, ossia la Scuola del
Circolo degli operai, riservandoci d’illustrare in altra sede e più
diffusamente le altre istituzioni scolastiche catanesi destinate agli
operai. Il motivo di questa scelta si individua nella preziosa
evidenza documentaria offerta da questa istituzione scolastica
relativamente ai sussidi didattici: i calchi rinvenuti presso questa
scuola coincidono con i modelli in uso presso altre scuole italiane
frequentate da operai, e presso scuole frequentate da giovanissimi
allievi ancora in cerca di un primo collocamento nel mondo del
lavoro. Inoltre il legame ipotizzabile fra la Scuola del Circolo
degli operai di Catania e quelle di altre istituzioni scolastiche
etnee ha consentito di far luce su altri strumenti didattici, come il
materiale fotografico utilizzato in moltissime scuole
artistico-professionali italiane .
Qualificato
come una delle più antiche società operaie di Sicilia, il Circolo
degli Operai catanese venne istituito nel 1861-1862
sotto la presidenza del valente falegname Marcellino Pizzarelli ed
aveva come finalità quella di istruire ed offrire varie forme di
assistenza agli operai .
Una peculiarità dello statuto stabiliva che le professioni dei soci
del Circolo dovessero rientrare nell’ambito
artistico-professionale: «Sono ammessi a far parte del Circolo tutti
gli Operai, sieno maestri di bottega o lavoranti, trafficanti,
mercanti a minuto, professori di belle Arti ed industrie. (…) Per
meritoria eccezione possono ancora essere ammessi come Soci, i
Direttori o Capi maestri di fabbriche esistenti; e coloro che un
tempo furono Operai, e che mercè la loro industria e la loro
economia si trovarono dati alla mercatura o ad altro: il resto dei
cittadini è rigorosamente escluso.» .
Come molte associazioni di mutuo soccorso, anche quella del Circolo
degli Operai di Catania era destinata a ricevere supporto economico
dalla locale Camera di Commercio (1862)
per
la creazione della Scuola di disegno d’ornato del Circolo (1868)
ritenuta «tanto utile agli operai per le sue applicazioni nelle
arti» .
Nel 1874 la Scuola di disegno d'ornato prevedeva un corso di studi
particolarmente articolato da parte della dirigenza scolastica e
caratterizzato da numerose discipline, come aritmetica, geometria
elementare, disegno geometrico elementare, disegno d'ornato, disegno
geometrico lineare, disegno applicato .
Da quanto appare nei quadri statistici del 1878-1879 approvati dal
Ministero dell’Agricoltura, l’offerta formativa della Scuola era
più completa rispetto al passato: in quegli anni la Scuola
comprendeva la sezione ornamentale, quella di disegno applicato alle
arti e mestieri, e quella di disegno geometrico-lineare, oltre al
disegno d’architettura; le materie studiate nella Scuola erano
quelle caratterizzanti le sezioni: Plastica, Elementi di Aritmetica,
algebra e geometria, Disegno ornamentale, Disegno geometrico lineare,
Disegno architettonico, e applicato alle arti e ai mestieri .
La
Scuola di disegno dipendeva dalle direttive emanate dal Ministero
dell’Agricoltura Industria e Commercio ,
che si fece carico di tutte le operazioni di monitoraggio e di
supporto logistico: per gli esami finali dei corsi delegava specifici
docenti affinché redigessero le relazioni consuntive sui corsi,
elargiva contributi economici e forniva ausili didattici per il
disegno (come, ad esempio, le raccolte di gessi come modelli da
copiare e riviste d’aggiornamento per l’ornato). I volumi dei
periodici inviati al Circolo etneo dal Ministero dovettero essere di
certo utili alla costituzione della biblioteca della Scuola di
disegno: «Iournal Manuel des Peintures» e «Recueil de menuiserie»
sono le riviste più comuni fra quelle inviate alle scuole italiane ,
elemento che evidenzia -come nel caso dei gessi che esamineremo- come
la scuola etnea potesse godere dello stesso trattamento di cui
beneficiavano altre scuole dislocate sull’intero territorio
nazionale; essa non rappresentava quindi una realtà del tutto
isolata e marginale rispetto ad altre realtà scolastiche italiane.
Il
programma di disegno d’ornato nelle scuole artistico-professionali
prevedeva l’esecuzione di soggetti tratti generalmente da opere
d’arte riprodotte in fotografie, stampe e gessi; apparve quindi
imprescindibile che anche la Scuola del Circolo operaio etneo ne
potesse disporre, come dimostra pochi anni dopo l’invio di una
raccolta di gessi da parte del Ministero. Nel 1880 il corso di
Plastica annesso alla Scuola di disegno industriale ricevette infatti
dal Ministero dell’Agricoltura alcuni modelli in gesso, come
attestato anche dalla documentazione d’archivio presente a Roma :
una lettera del 1880 documenta da parte del Ministero l’intenzione
di inviare una raccolta di gessi ornamentali «(…) delle cinque
disponibili per conto di questo Ministero.» .
La comunicazione, inviata al prof. Salomone Salomoni dell’Istituto
d’arti e mestieri di Fermo ,
lo indica come uno dei fornitori di gessi
per
conto del Ministero dell’Industria e Commercio; appare anche da
un’altra lettera del 21 aprile 1880 della Società Operaia di
Messina (fondata nel dicembre 1861)
allo stesso Ministero, che testimonia la consegna dei gessi alla
Scuola dello stretto. I gessi venivano trasportati per ferrovia,
grazie ad accordi fra il Ministero dell’Agricoltura (committente
per le scuole destinatarie) e Salomoni (mittente in accordo con
spedizionieri); nel caso frequente della consegna di gessi in
frantumi, le scuole avevano facoltà di reiterare la richiesta,
ottenendo così a volte ulteriori invii di nuove collezioni .
Questi
dati relativi alle raccolte di gessi prodotte da Salomone Salomoni si
rivelano importanti, perché fino ad ora sono stati condotti rari
studi sistematici sull’organizzazione del Ministero
dell’Agricoltura in materia di formazione delle raccolte di gessi
destinate alle scuole artistico-professionali prima della produzione
dei gessi da parte dei Fratelli Gherardi presso il Museo Artistico
Industriale di Roma (1887) .
Nel «Programma di associazione ad un ordine di modelli in gesso per
servire allo studio della plastica ornamentale» del 1880, il
professore Salomoni include una lista precisa dei 24 modelli in
gesso, facenti parte delle sue collezioni al momento pronte per la
vendita ;
il dettaglio dei modelli che Salomoni nel 1880 forniva al Ministero
dell’Agricoltura, e quindi anche alle scuole di Messina e di
Catania, risulta prezioso per conoscere il repertorio didattico dei
modelli a disposizione degli insegnanti e degli operai delle scuole:
«1. Foglia d'acqua. / 2. Foglia semplice / 3. Campanello / 4. Palma
bacellata presa da un fregio Romano. / 5. Rosa presa dalla biga
Vaticana. / 6. Foglia d'acanto presa da un candelabro Vaticano. / 7.
Stelo rivestito di foglia d'acanto. / 8. Fiore con foglie d'acanto
rivoltate. / 9. Rosone dello stile del Secolo XV. / 10. Sviluppo di
foglie nel centro di una voluta. / 11 Sviluppo intero di una voluta /
12. Nascimento di una candelliera preso dal palazzo Ducale di Urbino.
/ 13. Parte di un fregio Romano / 14. Idem del Secolo XV. / 15.
Capitello da pilastro. / 16 Festone di frutta. / 17. Parte di una
candelliera del Secolo XV. / 18. Idem dell'epoca Romana. / 19.
Nascimento di una candelliera del Secolo XV. / 20. Idem di un fregio
Romano. / 21.Studio di fiori fatto dal vero. / 22. Parte di un fregio
del Secolo XV. 23. Decorazione di una tavola del Secolo XV. / 24.
Festone sostenuto da putti. / Supplemento alla I° serie: 1. Rame con
foglie d'Edera / 2. Rame con foglie d'Alloro / 3. Rame con foglie
d'Olmo / 4. Rame con foglie di Quercia / 5. Rame con foglie di Vite
/ 6. Foglie e spighe di grano» .
Dalla
lettura del documento si evince dunque che si tratta di modelli
derivati da repertori che riecheggiavano variamente l’antico,
influenzato dallo storicismo romantico e legato ad una cultura del
revival
che si affermò nelle istituzioni scolastiche operaie così come
nelle altre scuole artistico-professionali d’Italia. L’antico
nelle collezioni di gessi per le scuole testimonia l’adesione delle
istituzioni scolastiche alle regole codificate dalle accademie
deputate alla formazione artistica, regole che non prevedevano
cambiamenti negli insegnamenti e nei procedimenti artistici e quindi
neanche ‘nuovi’ rapporti con le ‘nuove’ industrie .
Un’altra indicazione che emerge dall’analisi del documento mostra
come i modelli in stile medievale fossero apprezzati quanto quelli in
stile rinascimentale o classico, secondo l’orientamento della
cultura artistica contemporanea di avanguardia destinata al recupero
dell’arte del passato; conformemente a
questa
posizione anche la conoscenza delle forme decorative medievali si
rivelò indispensabile per il rinnovamento delle arti applicate, come
appare non solo dai cataloghi circolanti nelle scuole, ma anche dai
repertori delle collezioni private. Nel costituire
quindi
le raccolte sia per le scuole sia per i collezionisti privati, l’uso
del calco si affermò sempre più, con il conseguente aumento del
numero dei modelli di stile classico, medioevale e rinascimentale.
Per
quanto concerne il corso di Plastica del Circolo degli operai di
Catania apprendiamo dai documenti d’archivio che nella Scuola si
faceva uso, come di consueto, di argilla, stecche di bosso per
modellare e panni o tele per mantenere umida la materia delle opere
in lavorazione; ed inoltre, da un appunto chirografo conservato
all'Archivio Centrale dello Stato, risulta che il Circolo etneo
chiese al MAIC di avere per il corso di Plastica «nuovi modelli in
gesso grado superiore a quelli arrivati già (Salomoni) e buone
fotografie» per far esercitare gli allievi sul rilievo .
L’utilizzo
di immagini per lo studio soprattutto del disegno di figura era
prassi abbastanza comune nelle scuole artistico-professionali di
quell’epoca: le immagini si utilizzavano soprattutto per esaminare
le sculture di cui non era possibile ottenere le riproduzioni in
gesso. A questo scopo in alcune scuole italiane vennero utilizzate
–come appare da documentazione conservata all’Archivio Centrale
dello Stato -
le «fototipie ‘Michetti’»; ne troviamo infatti traccia anche a
Catania presso la Scuola d’arti e mestieri, e nella vicina Messina
presso la Scuola di disegno degli operai e presso la locale Scuola
d’arti e mestieri .
Inviate intorno al 1884 ad alcune scuole italiane ,
le tavole fototipiche erano state elaborate molto probabilmente da
Francesco Paolo Michetti (1851-1929) che possedeva un archivio
fotografico segreto .
Tale pratica di segretezza, non insolita nel caso di noti artisti,
rende il loro ricorso all’uso della fotografia assai difficile da
ricostruire, poiché in base ad «estetiche tradizionali di tipo
idealista, il pittore, in quanto genio, in alcun modo avrebbe dovuto
ricorrere al sussidio tecnico della fotografia (…) Nella pratica
però le cose andavano in tutt’altro modo» .
Per quanto concerne le «fototipie ‘Michetti’» (fig. 1) è
opportuno evidenziare che non abbiamo reperito nelle fonti d’archivio
ulteriori informazioni che permettano d’identificare con certezza
il Michetti menzionato nei documenti, così come le fototipie da lui
elaborate ;
è comunque ipotizzabile che il fotografo sia stato proprio Michetti
e che le tavole fototipiche raffigurassero ritratti legati a temi
sociali .
Appare significativo che la passione per la fotografia, anche se
utilizzata non a fini pittorici, unisse Michetti a un esponente della
cultura letteraria catanese, Giovanni Verga, grande estimatore del
ritratto fotografico ;
una trama di intense relazioni è altresì riscontrabile fra pittori
e scrittori etnei: ad esempio in uno dei ritratti fotografici
eseguiti da Verga troviamo raffigurati gli artisti Francesco Di
Bartolo (1826-1913) e Calcedonio Reina (1842-1911) .
Questo era il contesto della città etnea in cui si muovevano gli
allievi della scuola del Circolo degli Operai ed in cui essi dovevano
trovare lavoro.
Nella
documentazione archivistica relativa alle notizie statistiche del
1891
appaiono informazioni preziose sul collocamento lavorativo degli
allievi della Scuola nel quinquennio precedente (1885-1890), un
periodo assai difficile per l’economia catanese a seguito
soprattutto di una grave crisi finanziaria. Dalla lettura di questi
dati si ricava che su circa cinquanta allievi che avevano completato
il corso di studi, i più diventarono orefici, ebanisti,
«intagliatori di pietra bianca», scultori in legno, «marmorai»,
fabbri, argentieri, incisori, sarti .
Si dovette certo trattare di una manodopera più qualificata rispetto
alla media, che però non riusciva a trovare facilmente collocazione
nel mercato del lavoro locale: gli industriali catanesi furono poco
lungimiranti non impiegando nelle proprie officine operai qualificati
con un adeguato livello d’istruzione, se non nei settori
artigianali dell’ebanisteria/falegnameria e della sartoria (ambiti
in cui l’industria manifatturiera locale eccelleva), e così con
questa miopia nel condurre le aziende gli industriali non riuscirono
a imporsi in modo deciso alla presenza dell’industria straniera
nell’area etnea. Per questo motivo nell’ultimo quarto del XIX
secolo la formazione degli operai catanesi nel campo delle arti
applicate si mostrò carente e poco specializzata, come sembra
confermare un sostenitore del Circolo degli Operai: «(…) un umile
operaio di Manchester, di Sheffield e di Lione può servire di
maestro a’ nostri capifabbrica» .
Questa mancanza di interesse per la preparazione degli artieri da
parte degli imprenditori locali sarà un peso che l’industria
artistica siciliana sconterà amaramente
quando
il mercato diventerà più competitivo, soprattutto nel momento in
cui si farà ricorso alla meccanizzazione per la lavorazione in
serie.
Nel
1894 il Comune di Catania soppresse il sussidio precedentemente
erogato al Circolo degli Operai e la Scuola dovette affrontare grosse
difficoltà economiche; l’anno seguente, sciolto il Consiglio
Comunale di Catania, quest’ultimo venne commissariato da un
ispettore del Ministero dell’Interno, Benedetto Giustiniani, che
decise di vendere vari edifici di proprietà del Comune per
ristabilirne le finanze, fra cui l’edificio nel quale si svolgevano
le lezioni delle scuole del Circolo degli Operai. Da questo momento
in poi le già esigue tracce documentarie della Scuola del Circolo
degli Operai divengono ancora più labili ;
per tale motivo è auspicabile la riapertura di alcune sezioni
dell’Archivio di Stato di Catania (chiuse per lavori di restauro e
manutenzione dell’edificio), che potrebbero contenere ulteriori
preziosi documenti sulla storia delle scuole artistico-professionali
etnee, e dunque sulla storia di Catania.
NOTE
Per decisione del governo italiano sorsero numerose scuole, definite
d’indirizzo tecnico in base alla legge Casati (1859), a cui si
deve una prima forte accelerazione al processo di ordinamento
dell’intero sistema scolastico italiano. L’indirizzo tecnico
(legge Casati, artt. 273-275) era suddiviso in un grado inferiore
(le scuole tecniche) ed in uno superiore (gli istituti tecnici),
entrambi triennali, ed era dedicato ai giovani attratti da una
formazione assai pratica per avere uno sbocco immediato nel mondo
del lavoro legato prevalentemente all’ambito dell’agronomia,
piccole e grandi industrie, e commerci. Vedi G.
Bucco,
art. cit.,
pp. 120, 125; N.
D’Amico,
Storia
e storie della scuola italiana. Dalle origini ai giorni nostri,
Bologna 2010, pp. 61 (nota 8), 117.
In un modello compilato nel 1885 dal Circolo degli Operai di Catania
(probabilmente dall'allora presidente del Circolo Operai, Natale
Napoli) il Circolo risulta essere stato fondato nell'ottobre 1862,
ma secondo Andrea Russo (direttore alla fine del XIX secolo della
scuola di sordomuti di Catania) era stato istituito nel 1861. Nel
1862 Giuseppe Garibaldi era stato ospitato da repubblicani e
garibaldini presso la sede del Circolo (ai Quattro Canti) per
pronunciare un travolgente discorso ai catanesi. Sul modulo del 1885
vedi Archivio Centrale dello Stato (da ora in avanti ACS), MAIC,
Divisione industria e Commercio, III versamento: commissioni
tonnare, scuole, camere di commercio, relazioni estere, informazioni
commerciali (1860-1899), b. 408a; sulla relazione di Russo si veda
A.
Russo,
Sul
circolo degli operai di Catania. Cenni del Prof. Andrea Russo,
Catania 1881, pp. 47-49. Inoltre si veda G.
Giarrizzo,
Catania,
Roma-Bari 1986, pp. 33-34.
Nella scuola dello stretto si studiavano Disegno di ornato e figura,
Disegno geometrico, Plastica, Aritmetica, vedi lettera dell’11
dicembre 1886 e schema dell'anno scolastico 1885-1886, in ACS, MAIC,
Divisione industria e Commercio, III versamento: commissioni
tonnare, scuole, camere di commercio, relazioni estere, informazioni
commerciali (1860-1899), b. 408a. Sulle notizie statistiche sulla
Scuola di Messina vedi anche Notizie Statistiche sulle scuole, in
ACS, fondo MAIC 1861-1916, Sottosegr. Stato, Div. Ind. Com., 3.°
vers (1860-1899),
b.
408b.
BIBLIOGRAFIA
|