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Fig. 01 - Hermes del Belvedere
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L’Hermes
del Belvedere è una
scultura derivata da una originale greca – lysippesca per Koft
- che anticamente ha subito dei restauri. Quando viene scoperto, nel
XVI secolo, presenta delle fratture, poi reintegrate, su gambe e
glutei .
Sulla spalla sinistra ha un drappo, ricadente sulla schiena, che
avvolge il braccio corrispondente. Dal lato opposto, è scolpito un
tronco di palma, sul quale la figura maschile poggia la propria gamba
destra, con funzione statica per l’opera. Il soggetto, un giovane
imberbe, attualmente visibile in forma frammentaria è al momento
privo di attributi. Per questo, nel tempo, dalla sua scoperta, è
stato identificato con una serie di personaggi storici e mitologici.
Fulvio
racconta: «Sopra
le Terme Titiane vicino à santo Martino in monte, furono gia le
Terme di Traiano Imperatore, ove’ poco fa furono ritrovate due
statue del fanciullo Antinoo molto amato da Adriano Imperatore,
il quale fu di bellezza eccessiva, statevi poste innanzi per
comandamento di esso Adriano, tale che anchora hoggidi il detto luogo
si chiama Adrianello. Le predette statue furono poste da Leone decimo
nel Vaticano, cioè in Belvedere» .
La
scultura è ricordata da Nardini che ne colloca il ritrovamento
sempre presso S. Martino de’ Monti, al tempo di Leone X,
identificandola con una delle due «statue
d’Antinoo fanciullo amato da Adriano in un luogo detto Adrianello,
le quali hora sono in Belvedere, segue l’inditio, che da Adriano
ancora alcuna, ma non molta fabrica vi s’aggiungesse, la quale
ritenesse il nome di lui.» .
Vasari,
trattando la vita di Bramante, non la segnala tra le statue del
Belvedere collocate da Giulio II e da Leone X .
Mercati,
pur riferendo le notizie riportate da Nardini, attribuisce il
ritrovamento al tempo del pontificato di Paolo
III, «in
hortis propinquiss moli Adriani Imperatoris, ubi nunc S. Angeli est
Arx.» .
Visconti ,
sulla scorta di Mercati, sostiene
la datazione del ritrovamento nel pontificato di Paolo III,
considerando anche l’assenza della scultura nel Belvedere durante
il pontificato di Leone X, secondo le affermazioni di Vasari.
Nel
1886 Müntz
pubblica un documento che, alla data del 27 febbraio 1543, riporta
«D.
1000 auri in auro D Nicolao de Palis civi romano… pro quadam statua
marmorea perpulchra… S. Sanctitati donata, quam S. S. in viridario
Belvederis locari mandavit.» ,
che
ha determinato la collocazione della
scoperta della scultura vicino a Castel Sant’Angelo durante il
pontificato di Paolo III, legandola all’acquisto del papa per 1000
ducati da Niccolò de Palis nel 1543 .
Michaelis
afferma l’incompatibilità cronologica dell’identificazione dello
stesso Antinoo
(Hermes)
del Belvedere citato tra le diverse fonti .
Celio
riferisce che l’Hermes,
già creduto Antinoo,
è stato trovato nel 1543 in un giardino presso Castel Sant’Angelo .
Stessa
notizia è ripresa da Helbig che colloca il ritrovamento della statua
nello stesso 1543, fuori Roma, tra
Castel Sant’Angelo e il giardino di Paolo III .
Successivamente
anche Brummer segnala l’Antinoo
come un acquisto di Paolo III .
Gerlach,
considerando il gran numero di rinvenimenti di sculture identificate
con Antinoo, dato che le fonti contestuali vagliate non forniscono
dettagli specifici sull’opera del Belvedere, accenna alla
possibilità che l’Hermes
indicato precedentemente come Antinoo
del Belvedere, possa in origine non coincidere con l’attuale
scultura, anche perché la stessa scultura sarebbe citata nel testo
di Andrea Fulvio del 1543 (che indica la collocazione con Leone X) e
nel documento di acquisto dell’opera che risulterebbe comprata da
Paolo III nel medesimo
anno .
Al
di là delle datazioni discordanti sul ritrovamento della scultura, è
riconosciuto un ruolo fondamentale a papa Paolo III circa la
sistemazione dell’opera nel giardino del Belvedere, operazione che
rientra tra i più estesi lavori di sistemazione del luogo
voluti dal pontefice a partire da due mesi dopo la sua incoronazione,
nell’ottobre 1534. La committenza è assegnata a Baldassarre
Peruzzi (1481-1536)
che si trova a riparare e completare i lavori iniziati da Donato
Bramante (1444-1514) .
Le opere che interessano il giardino del Belvedere, in cui in una
nicchia nella parete nord della corte delle statue trova collocazione
l’Antinoo
(Hermes
del Belvedere) si interrompono nel 1536 per la morte di Peruzzi e
vengono portate avanti da Antonio Cordini, detto Antonio da Sangallo
il Giovane (Firenze, 1484 - Terni, 1546) .
Il
significato riferibile all’Antinoo
(Hermes)
del Belvedere, modello ideale di proporzioni del corpo umano adottate
nell’antica Grecia ,
non può essere disgiunto dal suo valore simbolico e politico moderno
di oggetto antico utilizzato come legittimazione di determinati
valori. La figura di Paolo III è determinante per l’inserimento
dell’opera all’interno di un programma artistico e di propaganda
politica molto articolato, caricandola di particolari significati.
Papa
Paolo III ,
al secolo Alessandro Farnese (Canino, febbraio 1468 – 10 novembre
1549), figlio di Pier Luigi e Giovannella Caetani, nella sua
giovinezza è stato allievo di Pomponio Leto (1428-1498) ,
figlio illegittimo della casa di S. Severino fondatore della celebre
Accademia Romana degli Antiquari. Leto, negli anni ‘50 del XV
secolo, era giunto a Roma, dove aveva studiato latino sotto la guida
di Lorenzo Valla (1407-1457)
ed era diventato professore di retorica all’Università di Roma.
Alessandro
Farnese ha inoltre studiato gli autori greci sui testi originali,
amando la lingua greca al pari della latina, configurando così la
sua
ideale doppia personalità greco-romana.
L’Accademia
Romana che si riuniva presso Pomponio Leto, perseguiva lo studio e la
conoscenza dell’antichità classica ed era un gruppo di studio e di
confronto in cui si discuteva di storia antica, di rovine
archeologiche e di letteratura latina. Gli accademici avevano
visitato le catacombe di San Callisto, SS. Pietro e Marcellino,
Praetestato e Priscilla. La rinuncia al nome vernacolare a favore di
uno latino da parte del fondatore dell’Accademia (Julius Pomponius
Laetus) e degli altri accademici, oltre alle frequenti adunanze,
«diedero
ombra al pontefice» .
L’Accademia
per questo ha subito le persecuzioni di Paolo II, al secolo Pietro
Barbo (Venezia, 1417 – Roma, 1471), pontefice dal 30 agosto 1464 ,
che ha considerato le sue azioni ereticali e perseguitato la maggior
parte dei suoi membri come pagani, cospiratori contro il pontefice.
Leto ed altri accademici sono quindi stati imprigionati a Castel
Sant’Angelo per quasi un anno. Alessandro Farnese presso Pomponio
Leto ha coltivato lo studio delle lingue greca e latina, ed è stato
abbastanza attivo nelle riunioni dell’Accademia Romana, al punto di
poter essere considerato un suo membro. Inoltre è stato uno degli
interlocutori nell’autorevole dialogo dell’umanista romano Paolo
Cortesi (1465-1510)
De hominibus doctis .
In
seguito, dal 1487 al 1489, Alessandro Farnese è stato a Firenze per
istruirsi nella corte di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico
(1449-1492) .
Intenzionato
inizialmente ad intraprendere la carriera diplomatica, ha poi
abbracciato quella ecclesiastica, divenendo protonotario apostolico
(1491), tesoriere generale (1492), cardinal diacono (1493), legato
del Patrimonio (1494), vescovo di Corneto e Montefiascone (1499),
legato nella Marca d’Ancona (1502), vescovo di Parma (1509), di
Tuscolo (1513), di Benevento (1514), di Ostia (1524) e infine papa
(13 ottobre 1534).
Nonostante
i molteplici mutamenti avvenuti nella sua esistenza, Paolo III non
dimentica mai la sua prima educazione umanistica.
Quando
era ancora cardinale, Girolamo Fracastoro
(1478-1553)
gli ha dedicato i suoi
libri de
Sympathia & Antipathia
e, secondo Tiraboschi, «lo
esalta con somme lodi, perchè colla benevolenza, col favore, colla
liberalità sostiene ed anima gli studiosi, e dice di averne fatta
pruova egli stesso, a cui senza esserne chiesto aveva conceduti
segnalatissimi benefizj» .
Ariosto
presentava il cardinale Alessandro Farnese
circondato da celebri eruditi letterati del tempo, tra i quali il
futuro cardinale figura chiave della Controriforma Gasparo Contarini
(1483-1542) ,
l’umanista teologo Jacopo Sadoleto (1477-1547) ,
Rodolfo Pio da Carpi (1500-1564) ,
Reginald Pole (1500-1558) ,
il letterato Pietro Bembo (Venezia, 1470 – Roma, 1547) ,
Marcello Cervini (1501-1555)
che sarebbe salito al soglio pontificio per un brevissimo pontificato
con il nome di Marcello II nel 1555, ed il giureconsulto Federico
Cesi (Roma, 1500 – 1565) .
Paolo
III, uomo di larga cultura, attinta in massima parte nella Firenze
del Rinascimento, si distingue per la sua posizione neutrale e
indipendente, per le sue decisioni ben ponderate, per le tendenze
riformatrici e per la volontà di pacificare imperatore e re di
Francia, con l’obiettivo di unire le forze contro il
Protestantesimo e i Turchi.
Dopo
il Sacco del 1527 e la conseguente crisi degli anni successivi, il
pontificato di Paolo III segna un momento di profonda trasformazione.
Dall’inizio
del pontificato, il papa si occupa attivamente della questione
religiosa e della lotta alle eresie. Si circonda di dotti e
letterati. Tiraboschi riconoscerà al pontefice il merito di dare un
contributo ad elevare le sorti letterarie teologiche dell’epoca,
affermando: «Il
rozzo stile, e le scolastiche sottigliezze de’ Teologi di quel
tempo rendevagli oggetto di disprezzo e di scherno agli eretici, a’
quali sembrava di ritrovare nella barbarie degli Scrittori Cattolici
un nuovo argomento a difesa delle lor nuove opinioni.» .
Paolo
Giovio (Como, 1483 – Firenze, 3 agosto 1552)
nell’inverno 1535, trascorrendo il pomeriggio al servizio del papa,
riferisce al duca di Milano Francesco II Sforza (Milano, 4 febbraio
1495 – Milano, tra 1° e 2 novembre 1535)
che ogni giorno lo trova «più
umano, più cortese, più dotto, più alto de concetti, più
cristiano e più giusto; e questo è vero, perché io vedo ch’al
bene e al proprio ecclesiastico è presto e risoluto, e alle altre
cose mondane sa quando vole ponersi un paro d’orechie di mercante
genovese, e sputa passate firentine, e tene schinate al muro, da
massaro bergamasco» .
Paolo
III si trova a fronteggiare l’espansione della Riforma protestante,
iniziata da
Martin Lutero (Eisleben, 1483 - ivi, 18 febbraio 1546) ,
religioso tedesco, magister
artium,
entrato nel 1505 nel convento degli Agostiniani di Erfurt, dal 1513
professore di esegesi biblica, che ha maturato la sua
interpretazione del Vangelo, riconoscendo la giustificazione dei
peccati per sola fede. Nel 1517 ha pubblicato e affisso alla porta
della chiesa del castello di Wittenberg le 95
tesi in
cui poneva sotto accusa la prassi ecclesiastica delle indulgenze.
Presa coscienza della radicale peccaminosità dell’uomo, Lutero
sosteneva che la salvezza si sarebbe ottenuta soltanto attraverso il
totale abbandono alla misericordia divina e non per mezzo delle
opere. Dichiarato eretico nel 1518 da papa Leone X, al secolo
Giovanni de’ Medici (1475-1521) papa dal 1518 ,
non ha ritrattato le proprie convinzioni religiose e nella disputa di
Lipsia contro Johannes Eck ha contestato apertamente la supremazia
pontificia. Lutero, impegnato nella traduzione in tedesco del Nuovo
Testamento, compie prediche e stila opuscoli.
Nonostante
Paolo III abbia deciso di convocare tra ottobre e novembre 1534 un
concilio generale, a causa delle difficoltà opposte dalla situazione
in Germania e in Italia soltanto il 2 giugno 1536 il concilio può
essere indetto a Mantova per il 23 maggio dell’anno successivo.
Andato a monte per la riluttanza dei Protestanti a recarsi in una
città italiana e il rifiuto del duca ad ospitare l’assemblea, si
sceglie Vicenza come sede del concilio, rinviandone l’apertura al
1° maggio 1538. Tuttavia, la riluttanza dei Luterani a parteciparvi
e la mancanza d’accordo fra gli stessi Cattolici tedeschi
costringono a rinviarlo ancora e poi a sospenderlo a tempo
indeterminato. Successivamente, al posto del concilio si tenta la via
dei colloqui, per portare all’accordo le due confessioni. Dato che
il papa vuole che si concludano sulla base delle verità cattoliche,
a un’intesa non si giunge a Ratisbona (1542), né si giungerà a
Spira (1544) e a Worms (1545). Si convoca un concilio, a Trento, il
22 maggio 1542, sospeso (6 luglio 1543), riconvocato (19 novembre
1544) e infine aperto il 13 dicembre 1545.
Di
pari passo col Concilio, per volere del papa, si attua una riforma
interna della Chiesa e dal 20 novembre 1534 sono nominate due
commissioni di tre cardinali ciascuna con l’incarico di provvedere
a una riforma dei costumi e ad un’accurata inchiesta sulle
amministrazioni religiose e politiche dello stato. Successivamente i
poteri delle commissioni vengono estesi e se ne creano altre.
Aperto
il Concilio, sono posti a base della dottrina il Vecchio e il Nuovo
Testamento nella versione della Vulgata al pari della tradizione
ecclesiastica. Si afferma il dogma del peccato originale, si discute
il principio della giustificazione per la fede, si promulga il
decreto dei sacramenti. Si affronta inoltre la Riforma ed è deciso
l’obbligo della residenza degli ecclesiastici.
La
riluttanza dei Protestanti e dei Cattolici ad avvicinarsi alle
posizioni dei rispettivi avversari, intralcia i lavori del Concilio.
Scoppiata la guerra contro la Lega di Smalcalda, alla quale il papa
contribuisce come capo della Cattolicità, il pontefice si ritira
quando si rende conto che viene condotta con intenti politici e in
seguito al rifiuto da parte dell’imperatore di combattere l’eretico
sovrano inglese.
Il
Concilio, lasciata la città di Trento, si trasferisce a Bologna ed è
sospeso a tempo indeterminato.
La
Controriforma riconosce un nuovo ordine religioso, quello dei Gesuiti
(27 settembre 1540), e l’organizzazione dell’Inquisizione romana
con
la bolla Licet
ab initio
(21 luglio 1542), atti compiuti entrambi da Paolo III. Nasce inoltre
la Congregazione dell’Indice, deputata ad aggiornare l’elenco dei
libri proibiti, pena la scomunica, perché contenenti idee
considerate pericolose per la fede.
Il
pontefice, frattanto, contribuisce alla presa di Tunisi (1535) e alla
difesa dell’Adriatico meridionale (1537). Inoltre, costituisce una
lega, destinata a sgretolarsi dopo aver scongiurato il pericolo
immediato, che abbraccia gli stati cristiani, non riuscendo tuttavia
a ottenere l’adesione della Francia (settembre 1537 - febbraio
1538).
Il
Concilio di Trento, iniziato nel 1545 per volere di Paolo III e che
si concluderà nel 1563 sotto il pontificato di Pio IV, al secolo
Giovanni Angelo Medici (1499-1565) papa dal 1559 ,
indica per l’arte criteri precisi basati sulla decenza e sulla
funzione didascalica dell’immagine sacra. Moltissime delle norme
(canoni) stabilite dal Concilio di Trento sono formulate con
l’intento di controbattere le tesi protestanti e, per quanto
attiene la disciplina, di rendere più efficace e incisivo il governo
del territorio ecclesiastico (diocesi e parrocchie), sottolineando i
compiti e il potere dei vescovi nei confronti del clero e dei laici.
Durante
il pontificato di Paolo III,
a partire dal suo immediato inizio, tra il 1535 e il 1540 circa, sono
contemporaneamente aperti almeno cinque grandissimi e impegnativi
cantieri (il nuovo San Pietro, fondamento ed espressione
dell’universale potere religioso romano; i Palazzi Vaticani, con la
Sala Regia e la Cappella Paolina, rappresentativa residenza ufficiale
pontificia; Castel Sant’Angelo, manifestazione della potenza
terrena e garanzia di sicurezza a sbarramento dell’accesso al
Vaticano; il complesso capitolino; oltre a Palazzo Farnese, residenza
privata del papa e segno del potere della famiglia) che quasi mai
sono ristretti ad un singolo edificio ma si estendono al suo
contenuto urbano .
Dagli
interventi emerge la volontà di evidenziare il legame e la
continuità con il passato. Il moderno ingloba l’antico
utilizzandolo come forma di legittimazione del presente,
attualizzando e dando nuovi significati a valori e messaggi
rievocati.
Paolo
III,
papa di stile prettamente rinascimentale per la sua educazione
umanistica, cosciente della gravità del momento storico di
transizione che la Chiesa sta attraversando ,
fin dall’inizio del pontificato fa avviare la riqualificazione del
Colle Capitolino
con la sistemazione del Campidoglio, luogo dell’autorità civile
che diventa il simbolo della presenza del papato all’interno
dell’Urbe,
simbolo politico di riaffermazione diretta dell’autorità personale
e della Chiesa nel luogo del potere dei romani antichi, sull’Arx
Capitolina,
presso il creduto Palazzo di Augusto e il tempio di Giove Capitolino,
dominante sugli antichi Fori. I lavori si svolgono secondo
un progetto unitario,
in rapporto visivo diretto con il Colosseo ed altre antichità
romane.
Il palazzo che vi è fatto sorgere su preesistenze romane,
fornisce al complesso continuità stilistica tra l’antichità
classica e l’intervento papale, ed il progetto generale,
comprendente due piazze su livelli diversi, è completato da un
accurato programma iconologico e statuario facente riferimento
all’antica Roma che comprende il trasporto della statua di Marco
Aurelio dal Laterano, la collocazione di due statue di fiumi lungo il
fronte del Palazzo Senatorio, la predisposizione della nicchia
centrale per la statua di Giove e, davanti all’ingresso del
monastero, di due statue di Costantino, poste davanti all’obelisco.
L’importanza
del Campidoglio viene sottolineata in rapporto a Roma, dal punto di
vista urbanistico, divenendo riferimento visivo da Porta del Popolo,
dal lato verso il Foro, dall’antica via Lata (via del Corso)
all’epoca (1538-1542) in parte regolarizzata, a sua volta asse
centrale del grande tridente viario con via Ripetta, verso il Tevere,
e via del Babuino (1540), verso il Pincio. Inoltre, la nuova via del
Campidoglio, partendo dalla via
Papalis,
in qualche tratto rettificata, ricollega la zona centrale della città
all’allora periferico e isolato Colle Capitolino.
I
lavori della
fabbrica di San Pietro sono ripresi nel 1538, dopo una pausa di oltre
vent’anni, sotto la direzione di Antonio da Sangallo il Giovane e
poi di Michelangelo (Caprese, 1475-1564) ,
attivo per il pontefice anche nella realizzazione degli affreschi del
Giudizio
universale
nella Cappella Sistina e della Conversione
di San Paolo
e della Crocifissione
di San Pietro nella
Cappella Paolina. I lavori della fabbrica di San Pietro si collocano
nell’ambito delle grandi imprese decorative promosse da Paolo III
dopo la stasi susseguita alle tragiche vicende del Sacco, assegnando
all’arte un valore di propaganda, attuando una politica culturale
ben precisa, pianificata in base ai fini prefissati .
La scelta stessa di intervenire sulla basilica di San Pietro,
rappresentante l’inizio della Cristianità, è leggibile sempre
nell’ottica di esaltare la continuità del papato dalla Chiesa
delle origini che ha affermato la sua supremazia sui culti pagani.
Continuità
tra la Roma classica e la cristiana, tra la supremazia dell’Impero
Romano e del papato con Paolo III sono alla base anche dei programmi
iconografici dei grandi apparati decorativi, in cui sono stabiliti i
paralleli tra il papa Farnese e uomini illustri dell’antichità e
al mito dell’età dell’oro, con le esaltazioni in chiave
mitologica (attraverso l’identificazione del pontefice con Giano,
Apollo, Giove, Ercole…) o storica (con l’accostamento di Paolo
III ad Alessandro Magno e Cesare) .
Benché nel tempo gli indirizzi politici del papa si evolvano, resta
costante il parallelo stabilito dal pontefice con l’antico,
attraverso il mito, utilizzato nei programmi decorativi. Infatti,
nella Sala dei Cento Giorni di Palazzo della Cancelleria la figura di
Giano che chiudendo la porta del suo tempio simboleggia il ritorno
della pace, fornendo un’allusione a Paolo III pacificatore ,
cede il passo nella Sala di Perseo di Castel Sant’Angelo
all’uccisione del serpente Pitone, richiamo alla lotta contro
l’eresia protestante .
Quindi
stretto è il riferimento a Paolo III nel ciclo di affreschi a
Castel Sant’Angelo
(la fortezza pontificia costruita sull’antico Mausoleo di Adriano),
attraverso le rappresentazioni delle storie di San Paolo, delle
quattro virtù cardinali, delle otto Muse, di San Michele Arcangelo,
dell’imperatore Adriano
e soprattutto con gli episodi
storici di Alessandro Magno (virtuoso, destinato alla supremazia nel
fare grazia ai sudditi e nel riconciliare le controversie). Anche la
stessa rappresentazione di San Michele Arcangelo nell’atto di
riporre la spada nella guaina per annunciare la fine della peste
costituisce il riferimento all’intenzione di Paolo III di porre
fine alle discordie religiose seguite alla Riforma protestante e a
quelle politiche dopo il sacco di Roma.
Due
colossali busti antichi di Adriano e Antonino Pio, resti di
decorazione dell’antico mausoleo, sono inseriti nelle nicchie
circolari simmetriche nel cortile d’onore, riutilizzati quindi in
chiave simbolica, assumendo il ruolo di metafore del potere e non più
quello di indici esponenziali di valori civili e storici secondo la
tradizione umanistica .
Anche
a Castel Sant’Angelo dal punto di vista urbanistico è attribuito
particolare rilievo: sovrastante
da ogni lato il tessuto urbano, imponendosi su di esso con assoluto
distacco, assumendo una particolare valenza emblematica quale sede e
simbolo del potere centrale,
è posizionato allo sbocco del ponte Sant’Angelo, dove il Canal di
Ponte (via del Banco di Santo Spirito) è completato tra il 1543 ed
il 1546 da via Paola e da via di Panico, formando un tridente che da
una parte converge visivamente sul Castello e dall’altra si collega
direttamente con via Giulia, via dei Banchi, via del Pellegrino e con
la via
Papalis
(le maggiori arterie della città), raggiungendo poi, attraverso via
di Tordinona e all’antica via
Recta (via
dei Coronari), la zona di piazza Navona e del Pantheon, collegato con
la via
Papalis .
Considerando
la complessa figura di Paolo III, alla luce della sua formazione e
delle posizioni assunte da pontefice, è possibile individuare
molteplici significati riferibili all’Antinoo,
oggi conosciuto come l’Hermes
del Belvedere.
Il
soggetto, identificato nel tempo con Teseo, Ercole imberbe per Mengs
e Meleagro, secondo Winckelmann ,
dal 1818 ha trovato definitiva identificazione in Mercurio (Hermes),
con Visconti che ha riferito il tronco di palma da sostegno,
all’utilizzo delle foglie da parte del dio per segnarvi le lettere
da lui inventate .
Gerlach
identifica il soggetto della scultura del Belvedere con un Antinoo
divinizzato, collegandolo per motivi iconografici a Mercurio, inteso
come Ermete Trismegisto, i cui insegnamenti nel XVI secolo sono
ammirati come dottrina teologica, e ne dà un’interpretazione
legata alla storia della salvezza, alla diffusione globale del
Cristianesimo, riconducendo tale interpretazione a studiosi presenti
all’epoca a Roma, come il Commissario Generale delle Antichità
della città dal 1534 Latino Giovenale Manetti, Sadoleto, Pietro
Bembo, Pighius e Ligorio .
Inoltre, Gerlach non accetta la possibilità che ci sia un
collegamento tra l’Hermes
del Belvedere e Giona, inteso come prefigurazione di Cristo .
Al
di là dei dibattiti sull’individuazione del soggetto rappresentato
dalla scultura lysippesca alla sua realizzazione, durante il
pontificato di Paolo III l’opera risulta prevalentemente
identificata con Antinoo, probabilmente a causa del luogo di
ritrovamento, prossimo alla Mole di Adriano, a cui si lega il nome
del giovane. Tuttavia, con Paolo III Antinoo si carica anche di una
serie di significati storici e politici che anticipano temi legati
alla Controriforma, emersi con maggiore decisione negli anni
successivi, poco esplorati nell’ambito degli studi precedentemente
condotti sull’Antinoo (oggi Hermes)
del Belvedere.
Antinoo
era il giovane conosciuto in Bitinia dall’imperatore
Publio Elio Adriano (Italica, Spagna, 76 - 138 d.C.), durante il suo
viaggio in Asia Minore nel 123 d. C.. Preso al seguito di Adriano,
ufficialmente come servo, in realtà come amante, Antinoo affogò nel
Nilo vicino ad Ermopoli, in Egitto, nel 129 o 130 d. C., in
circostanze sconosciute. Alcuni quindi hanno supposto che si sia
trattato di un incidente o che il giovane si sia immolato in un
sacrificio celebrato per prolungare la vita dell’imperatore oppure
che si sia trattato di un suicidio per non implicare l’imperatore
in uno scandalo, al suo ritorno a Roma, dove non sarebbe stato
tollerato il ruolo assunto da Antinoo. Adriano dichiarò Antinoo dio
e fondò la città di Antinoopoli, sulla riva opposta a Ermopoli.
Antinoo,
associato ad Osiride ed assimilato tra le divinità greche ora a Pan,
ora ad Adone (a Cipro) ora ad Apollo (a Delfi e a Nicopoli), ora a
Ermes (Hermes), ora a Dioniso, sarebbe apparso in cielo sotto forma
di stella. Il suo culto, facente capo ad un’impostazione religiosa
di tipo ellenizzante con valenze misteriche ,
testimoniato da monete e raffigurazioni, doveva essere limitato alle
province orientali dell’Impero Romano. A Roma sono ricordati due
obelischi con epigrafi dedicate al giovane, provenienti probabilmente
da un monumento funebre. Anche il Canopo in Villa Adriana, presso
Tivoli, doveva essere un monumento in ricordo di Antinoo.
La
rappresentazione di Antinoo, conosciuta attraverso numerose scultore
e monete, dal punto di vista iconografico è caratterizzata da volto
ideale, espressione classicistica di una giovinezza senza tempo,
mento arrotondato, bocca carnosa con il labbro superiore sporgente,
naso largo e dritto, sopracciglia rettilinee con leggero inarcamento
verso l’esterno, pettinatura formata da una massa disordinata e
compatta di ricci, lasciati molto lunghi sulla nuca e ricadenti sulla
fronte, incorniciandola con ciocche a virgola .
La
tipologia dell’Antinoo nella prima metà del XVI secolo è legata,
dal punto di vista figurativo, alla figura del profeta Giona, come è
rilevabile dalla letteratura artistica dedicata. Bellori,
infatti, afferma, a proposito del Giona realizzato da Lorenzetto
nella Cappella di Agostino Chigi al Popolo, che la sua «testa
ch’è bellissima, si riconosce imitata dall’Antinoo.» .
De’
Ficoroni, in modo analogo, segnala che il profeta Giona della
Cappella Chigi nella chiesa di Santa Maria del Popolo, «scultura
di Lorenzetto Fiorentino col disegno di Raffaelle» ,
ha la testa di Antinoo .
Fuesli,
riferendosi alle statue moderne di Roma che sono universalmente più
stimate, trattando, in primo luogo, quelle di Lorenzetto nella chiesa
della Madonna del Popolo, rappresentanti Elia e Giona, segnala che la
testa di «Giona
è un’imitazione di quella del supposto Antinoo di Belvedere, ed è
volgare opinione che questa figura sia stata disegnata da Raffaello,
e da lui qua e là ritoccata per far onore al suo favorito allievo
Lorenzetto. Certo è, se non altro, che l’artefice profondamente
conosceva il far di Raffaello e degli antichi.» .
Tuttavia, come segnala Mambella, la testa del profeta Giona della
Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo,
è ispirata a quella celebre dell’Antinoo
Farnese
allora
a Roma nella galleria di Palazzo Farnese .
Nonostante
l’Antinoo
– oggi conosciuto come Hermes
- del Belvedere non abbia ispirato il profeta Giona, realizzato dopo
il 1520 ,
per la Cappella Chigi a Santa Maria del Popolo, lo stretto legame
estetico-iconografico e simbolico tra il giovane amato
dall’imperatore Adriano ed il profeta è stato stabilito nel tempo
che precede il pontificato di Paolo III.
Il
profeta Giona (Iona), come è narrato nella Bibbia (Libro di Giona) ,
era stato chiamato dal Signore a predicare a Ninive ma egli si
imbarcò per Tarsi e per questo venne punito con una tempesta.
Individuato Giona come causa dell’evento, i marinai gli chiesero
che cosa avrebbero dovuto fare per calmarla e Giona rispose loro di
gettarlo in mare. I marinai seguirono le sue indicazioni e la
tempesta svanì. Giona, inghiottito da un grande pesce, vi trascorse
tre giorni e tre notti, pronunciando delle orazioni, poi fu lasciato
sull’asciutto ed andò a predicare a Ninive dove, dicendo che la
città entro quaranta giorni sarebbe stata sovvertita, i suoi
abitanti bandirono il digiuno di cibo ed acqua (che fecero attuare
anche agli animali) e si vestirono di sacchi. Il Signore quindi non
distrusse Ninive e Giona si adirò. Uscito dalla città e riparatosi
all’ombra di una frasca, il Signore fece salire al di sopra di
Giona una pianta di zucca per fargli ombra ma il giorno seguente la
fece attaccare da un verme che la fece seccare. Quando Giona, colpito
dal sole, si sdegnò per la morte della zucca, il Signore gli disse
«Tu
hai p(er)donato alla zucca, nella quale non t’affaticasti, ne la
facesti crescere, la quale in una notte fu, & in una notte perì.
Et io non perdonerò à Ninive città magna, nella quale sono piu che
dodici volte diece migliaia d’huomini, i quali non sanno
[discernere] intra la destra sua, & la sua sinistra, & molti
animali?» .
Nel
testo è possibile rintracciare dei richiami espliciti alla morte ed
alla resurrezione, essendo chiamato Inferno il ventre del pesce e la
liberazione di Giona da parte dell’animale è presentata in termini
di uscita della vita del profeta dalla fossa per volontà di Dio. «Et
orò Iona al suo Signore Dio nel ventre del pesce. Et disse. Chiamai
nella mia afflittione al Signore, & esaudimmi. Chiamai nel ventre
dell’inferno, efaudi la voce mia. … & ha fatto ascendere
della fossa la mia vita Signore mio Dio.» .
È
significativo notare che i marinai, secondo la Bibbia, chiesero a
Giona come fare per placare la tempesta e, dopo aver ricevuto dal
profeta l’indicazione di gettarlo in mare, si rivolsero al Signore
dicendo «Preghiamo Signore preghiamo che non periamo per l’anima
di questo huomo, & non porre sopra di noi il sangue innocente,
perche tu Signore come hai voluto, hai fatto» .
Dunque la posizione dei marinai non appare quella di uomini
scellerati o violenti, titubanti di fronte alla soluzione offerta
loro. Tuttavia, proprio nell’anno della conclusione del Concilio di
Trento (1545-1563) ,
don
Antonio di Guevara affermerà: «i
crudeli marinari gettarono Giona Profeta nel profondo del mare»
e si abbandonerà ad una serie di riflessioni sugli uomini buoni e
sui malvagi, presentando una giustapposizione netta degli individui
interpretabile come un riferimento alla Chiesa cattolica
(rappresentata da Giona) contro i suoi nemici che ne minano
l’esistenza (eretici e Turchi): «Di
cui è figura Giona, senon di tutti i buoni, & chi figurano i
marinari, che lo gittarono in mare senon gli huomini malvagi? I
marinari alhora gettano Giona nel mare, quando i cattivi perseguono,
& rovinano i buoni, perche non ha il cattivo maggior tormento,
che udire commendare i buoni alla sua presenza, Di quanti erano in
quella nave, solamente Giona profeta era Santo, & virtoso; il che
si vede manifestamente: perche niuno di loro contradisse, quando lo
gettarono nel profondo mare, anzi tutti furono d’accordo contra di
lui; perche quantunque i cattivi habbiano tra loro qualche
distensione, tuttavia al mal fare tutti s’accordano. Quanto màggior
pericolo portano i buoni nell’honore stando in compagnia dei
cattivi, che la vita, & le facultà nel profondo mare, &
questo si vede manifestamente; perche gli huomini gettarono da se
Giova & l’acque lo riceverono in se. … il Signore molto avati
gli havea apparecchiato il pesce, nel quale si salvasse, che
determinassero i marinari d’annegarlo.» .
Nelle
parole di don Antonio di Guevara è inoltre possibile rintracciare la
fiducia nel passaggio dei “buoni” da una apparente morte ad una
rinascita, auspicata dalla Controriforma.
Inoltre,
la vicenda di Giona richiama i concetti di redenzione, di
evangelizzazione e di intermediazione tra Dio e gli uomini, elementi
tanto cari alla Controriforma che alludono all’affermazione del
ruolo della Chiesa cattolica, contestato dalla Riforma protestante.
Quindi, la figura di Giona si colloca in linea con quelle dei santi
che godono di particolare fortuna nell’età della Controriforma ,
mitizzati attraverso le biografie e l’iconografia agiografica, che
esprimono l’ansia dell’evangelizzazione e dell’incontro, detto
«immedesimazione»
con Cristo.
La
figura di Antinoo, inoltre, è strettamente legata a quella di
Mercurio, a partire dai toponimi geografici che caratterizzano la sua
storia. Infatti, la città di Antinoopoli, edificata nel luogo dove
Antinoo sarebbe affogato, si trova vicino a Hermopoli, la città di
Hermes, indicata da Torrentino come «città
d’Egitto fabbricata da Mercurio» .
Quest’ultimo, corrispondente ad Hermes, che letteralmente significa
“interprete”, è definito dallo stesso Torrentino come
l’«interprete
delli Dei» .
Hermes è quindi un intermediario, richiamando un tema caro alla
Controriforma, in risposta al ruolo di mediazione della Chiesa, messo
in discussione dalla Riforma protestante.
Benucci
segnala che Mercurio, esiliato
dall’Olimpo per lo sdegno paterno di Giove, divenuto sulla Terra
guardiano di greggi insieme ad Apollo (anch’egli cacciato dal
Cielo), è
protettore
di viaggiatori, mercanti e ladri, accompagnatore negli Inferi delle
anime dei morti, ambasciatore degli dei, è presente quando si
concludono trattati di pace o di alleanza ed è colui che stabilisce
la pace o intima la guerra .
È quindi possibile rintracciare, in questi ultimi due compiti
assolti da Mercurio, un riferimento ai delicati equilibri diplomatici
e religiosi che Paolo III cerca di mantenere con la sua politica
volta a raggiungere la pace.
Mercurio
(Hermes) è inoltre associato ad Ermete Trismegisto, figura
mitologica nata dalla fusione del Dio egiziano Toth con Hermes greco,
detto tre
volte grande,
che nell’interpretazione razionalistica è diventato una persona
fisica, Ermete o Mercurio Trismegisto, considerata un filosofo
realmente esistito .
Dalfi, in proposito, distinguerà due «Ermeti»:
uno
divino, quello Trismegisto, celeste, l’intelligenza divina, il
segretario degli dei, colui che «scrisse
intorno agli dei in lingua divina» ;
un altro terrestre, maestro dei mortali che insegnò loro la parola e
la scrittura, a riconoscere ed adorare gli dei, la filosofia, le
scienze, le arti, e quanto era necessario alla vita .
Benucci,
invece, affermerà che esistono molti Mercurio ma che i pagani greci
e romani ne adoravano uno solo. Inoltre, ricorderà un terzo Mercurio
riconosciuto dagli Egizi «come
figliuolo del Nilo; e credevano fosse persino proibito pronunziarne
il nome» .
Di questa paternità si trovava precedente menzione anche in
Boccaccio, il quale riferiva a proposito di un Mercurio, quarto
figlio del Nilo, Hermete Trismegisto, uomo pio e molto dotto, avente
buona opinione del vero Dio, riverito dagli Egizi che non osavano
chiamarlo per nome e che chiamavano figlio del Nilo per innalzare la
sua gloria e quella del fiume .
Era
considerato dagli Egizi l’inventore dell’alfabeto, della
religione, dell’astronomia, della musica, della lotta,
dell’aritmetica, della scultura, della lira, dell’uso degli ulivi
ed autore di 36.525 libri, «ridotti
ragionevolmente da S. Clemente Alessandrino a soli quarantadue,
divisi in molte sezioni» .
Dalfi,
trattando Toth o Ermete Trismegisto, lo definirà come uno dei
semidei d’Egitto,
ricordato da Eusebio
per la sua celebre sapienza, per aver scritto «secondo
i dettati della scienza, le cose che appartenevano al culto e alla
religione» ,
per essere l’«inventore
delle lettere e della scrittura, e padre della scienza»
e
l’associa alla magia buona,
«imparata
per comunicazione degli dei, per far felici i mortali» .
Mercurio
è rappresentato
con il caduceo in mano e sul capo il petaso con due piccole ali ai
lati. Talvolta
anche caduceo e calzari sono alati. In
alcuni monumenti antichi Mercurio
è rappresentato con una catena d’oro pendente dalla bocca con
attaccato alle estremità un orecchio, alludendo alla sua grande
facoltà di persuasione, capace di assoggettare tutti gli animi.
Rappresentato come un uomo giovane e di belle sembianze, ignudo e con
un mantello, raramente seduto per alludere al perenne movimento,
costretto a recarsi dal Cielo sulla Terra e agli Inferi, a volte è
rappresentato con il volto metà bianco e metà nero.
Caratteristiche
iconografiche salienti di Mercurio sono dunque associate alla parola
e alla intermediazione, alle quali alludono le ali come verrà
sottolineato da Cartari: «Furono
poi date le penne a Mercurio, come hò detto, perché nel parlare, di
che egli era il Dio, (ò che significava forse anco la cosa stessa)
le parole se ne volano per l’aria non atri menti, che se havessero
l’ali. Onde Homero chiama quasi sempre le parole veloci, alate, &
che hanno penne. Che Mercurio havesse sempre le penne in capo, si
vede appresso di Plauto, quando per poco di hora, ch’ei si
travestì, non nevolle essere senza, ben che dicesse di farlo, perche
gli spettatori conoscessero lui fal servo di Anfitrione, nel quale si
era mutato, & queste sono seu parole. … haveva Mercurio il
cappello anchor, & à questo erano ancho attaccate l’ali;
quantunque Apuleio lo mostri senza, quando racconta il giudicio di
Paride rappresentato in scena, facendo che per Mercurio comparisce un
giovine tutto bello, e vago nell’aspetto con biondi, & crespi
crini, frà liquali erano alcune dorate penne poco da quelle
differenti, che in forma d’ali spuntavano fuori, & haveva
intorno un panno solamente, che annodato al collo gli pendeva giù
dall’homero sinistro, & il caduceo in mano.» .
È
inoltre associato a Mercurio, dio della vigilanza, il gallo a cui,
sui monumenti, si metteva nel becco una grossa spiga di grano perché
il controllo continuo porta la ricchezza della terra. Più raramente
Mercurio, come dio dei pastori, è associato all’ariete (Pausania).
Talvolta può essere rappresentato con una tartaruga nelle mani,
alludendo all’uso che il dio fece del guscio di una tartaruga
svuotato ed appeso, ottenendo uno strumento chiamato testudine
(Apollodoro e Luciano).
La
collocazione dell’Antinoo
del Belvedere (oggi identificato come Hermes)
nell’omonimo giardino durante il pontificato di Paolo III è
riconducibile al programma attuato dallo stesso pontefice attraverso
le imprese decorative e di rifacimento di edifici antichi (in primo
luogo Castel Sant’Angelo, adattamento del Mausoleo di Adriano),
volte a stabilire una continuità simbolica con il passato antico di
Roma, quale legittimazione del presente. La scultura del Belvedere,
identificata all’epoca con Antinoo, è strettamente legata ad altri
soggetti, quali Hermes (Mercurio ed Ermete Trismegisto) ed il profeta
Giona. Tale legame deve essere conosciuto e voluto da Paolo III,
umanista prima che pontefice.
Antinoo
(personaggio storico-mitologico dell’antichità romana e orientale
pagana) ed il profeta Giona (figura biblica veterotestamentaria)
rappresentano il legame con il passato e sono entrambi protagonisti
di un passaggio. Infatti, Antinoo umano, dopo essere affogato, sorge
in cielo come stella, mentre il profeta, inghiottito dal pesce, vedrà
nuovamente la luce dopo tre giorni per procedere con il suo
apostolato. Inoltre, Giona, punito e perdonato come gli abitanti
della città di Ninive, richiama il concetto di redenzione, tanto
caro alla Controriforma. Alla figura di Antinoo-Giona si giustappone
quella di Mercurio (Hermes) che, nonostante ricopra come il profeta
il ruolo primario di intermediario, porta con sé l’opposta
esperienza in merito al concetto di redenzione e perdono del
Cristianesimo. Infatti, Mercurio, a differenza di Giona e degli
abitanti di Ninive, non è stato perdonato ma punito con l’esilio
dall’Olimpo per lo sdegno del proprio padre Giove. Inoltre,
il riferimento di Mercurio Ermete Trismegisto figlio del Nilo e
Antinoo, morto affogato nel Nilo, pone entrambe le figure maschili in
opposizione tra loro, benché Mercurio non abbia delle
caratteristiche negative, essendo un intermediario divino e
rappresentando la sapienza rivelata agli uomini.
La
scultura oggi conosciuta come l’Hermes
del Belvedere, richiamando le figure di Antinoo, Giona e Mercurio,
rappresenta quindi per Paolo III l’anima del suo pontificato, a
cavallo tra il rinnovato interesse per l’antico con il Rinascimento
ed il Concilio di Trento che si configura come un’attenzione per la
chiesa delle origini, depurata da tutte le sovrastrutture successive
e le deviazioni intercorse nel tempo, leggibile in una chiave non
giustapposta allo spirito rinascimentale, e come prefigurazione di
una nuova vita. Infatti, non a caso, il Concilio di Trento è indetto
da un papa umanista che ben concilia la sua formazione di studioso
dell’antico con le azioni volte a ristabilire un equilibrio nel suo
tempo, pervaso da spinte politiche e culturali disgreganti. Come
Antinoo e Giona dopo una loro apparente fine hanno avuto modo di
essere protagonisti di un nuovo inizio, così la Chiesa cattolica,
minata dalla Riforma protestante e dai Turchi, può rinascere,
trovando la strada per il suo futuro nel passato, fonte autorevole di
legittimazione religiosa e politica, pronta ad accogliere e perdonare
chi si redime e si pente, con uno spirito opposto a quello delle
religioni pagane.
NOTE
Andrea
FULVIO, Opera
di Andrea Fulvio del le antichità della Città di Roma, & delli
edificij memorabili di quella. Tradotta nuovamente di latino in
lingua toscana, per Paulo dal Rosso cittadino Fiorentino,
Venegia, per Michele Tramezino, 1543, p. 109v.
Famiano
NARDINI, Roma
antica di Famiano Nardini alla santità di N. S. Alessandro VII,
Roma, Per il Falco, 1666, p. 115.
Michele
MERCATI, Michaelis
Mercati Samminiatensis Metallotheca Opus Posthumum, Auctoritate, &
Munificentia Clementis Undecimi Pontificis Maximi E tenebris in
lucem eductum; Opera atem, & studio Joannis Mariæ
Lancisii
Archiatri Pontificii illustratum,
Romæ, Ex Officina Jo: Mariæ Salvioni Romani, 1718, pp. 363-365, p.
363.
Giambattista
VISCONTI – Ennio Quirino VISCONTI,
Il Museo Pio Clementino illustrato e descritto da Giambattista ed
Ennio Quirino Visconti,
vol. I, Milano, per Nicolò Bettoni, 1818, pp. 33-43, p. 40.
Cfr.
James S. ACKERMAN, The
Cortile del Belvedere,
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1954, p. 65,
nota 1.
Gaspare
CELIO, Memoria
delli nomi dell’artefici delle pitture che sono in alcune chiese,
facciate, e palazzi di Roma,
(ristampa dell’ediz. Napoli, per Scipione Bonino, 1638),
Introduzione e commento critico a cura di Emma ZOCCA, Milano,
Electa, 1967, p. 95.
HELBIG
W. 1891 a, n. 146
(53), pp. 90-92.
Hans
Henrik BRUMMER, The
statue cort in the Vatican Belvedere,
Stockholm, Almqvist & Wiksell, 1970, p. 212.
Per
le notizie sui lavori del Belvedere commissionati da Paolo III:
ACKERMAN
J. S. 1954, pp. 60-71.
Cfr.
Giovanni POZZOLI - Felice ROMANI - Antonio PERACCHI, Dizionario
storico-mitologico di tutti I popoli del mondo compilato dai signori
Giovanni Pozzoli, Felice Romani e Antonio Peracchi sulle tracce di
Noel, Millin, La Porte, Dupuis, Rabaud S. Etienne &c. &c.,
Tomo III., Livorno, Tipografia Vignozzi, 1829, ad vocem Meleagro,
pp. 1485-1489. Giuseppe
Antonio GUATTANI, Lezioni
di storia, mitologia e costumi ad uso di coloro che si dedicano alle
arti del disegno dettate agli alunni delle scuole della Pontificia
Accademia Romana di S. Luca delle Belle Arti dal ch. Giuseppe
Antonio Guattani gia’ segretario perpetuo di quell’accademia, e
professore,
Volume Terzo, Roma, tipografia di Crispino Puccinelli, Roma 1839, p
368.
Per
le notizie storiche e biografiche di papa Paolo III e sulla
Controriforma: Girolamo
TIRABOSCHI, Storia
della letteratura italiana dell’abate Girolamo Tiraboschi
bibliotecario del serenissimo Duca di Modena,
Tomo settimo. Dall’Anno MCCCCC, fino all’Anno MDC. Parte prima,
Napoli, A Spese di Giovanni Muccis, 1781, pp. 18-20.
Giuseppe
PALADINO, Paolo
III Papa,
in Enciclopedia Italiana, 1935, ad
vocem
<http://www.treccani.it/enciclopedia/paolo-iii-papa_%28Enciclopedia-Italiana%29/>
visitata in data 06/09/2015. Richard HARPRATH, La
formazione umanistica di papa Paolo III e le sue conseguenze
nell’arte romana della metà del Cinquecento,
in Roma
e l’antico nell’arte e nella cultura del Cinquecento,
a cura di Marcello FAGIOLO, Roma, Istituto della Enciclopedia
Italiana, fondata da Giovanni Treccani, 1985, pp. 63-85.
Luciano
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La storia. Chiese e confessioni. Le sfide del III millennio,
Firenze, Giunti Gruppo Editoriale, 1998, p. 32. Arnaldo BRUSCHI,
Roma
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e architetture al tempo di Paolo III. Il caso del complesso
capitolino,
in Per
Franco Barbieri. Studi di storia dell’arte e dell’architettura,
a cura di Elisa AVAGNINA – Guido BELTRAMI, Venezia, Centro
Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio - Marsilio,
2004, pp. 131-153,
p. 131.
T.
C. Price ZIMMERMANN, Paolo
Giovio. The
Historiam and the Crisis of Sixteenth-Century Italy,
Princeton, Princeton University Press, 1995, Traduzione di Franco
MINONZIO, Paolo
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storico e la crisi italiana del XVI secolo,
Cologno Monzese (MI), Lampi di Stampa, 2012, p. 183.
Per
le notizie su Pomponio Leto e sull’Accademia Romana degli
Antiquari: Lorenzo
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della Toscana sino al principato con diversi saggi sulle scienze,
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Commemorating
the Dead. Texts and Artifacts in Context,
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PIGNOTTI
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Cit.
in ZIMMERMANN T. C. P. 2012, p. 183.
In
ZIMMERMANN T. C. P. 2012, p. 183.
Per
le notizie su Martin Lutero e la Riforma protestante: Martin
LUTERO, [Disputatio
pro declaratione virtutis indulgentiarum]. De libertate Christiana.
De captivitata Babylonica Ecclesiae praeludium,
traduzione di Italo PIN,
Le 95 tesi,
Pordenone, Edizioni Studio Tesi, 1984 (Cfr. Nota biografica).
Cfr.
Eraldo GAUDIOSO,
Paolo III Farnese e la politica delle arti,
in Gli
affreschi di Paolo III a Castel Sant’Angelo. Progetto ed
esecuzione 1543-1548,
a cura di Filippa Maria ALIBERTI GAUDIOSO – Eraldo GAUDIOSO, vol I
Gli affreschi, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di
Castel Sant’Angelo, 16 novembre 1981 – 31 gennaio 1982), Roma,
De Luca Editore, 1981,
pp. 23-29, p. 23.
Cfr.
Filippa Maria ALIBERTI GAUDIOSO – Eraldo GAUDIOSO, Catalogo,
in Gli
affreschi di Paolo III a Castel Sant’Angelo. Progetto ed
esecuzione 1543-1548,
vol. II I disegni, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di
Castel Sant’Angelo, 16 novembre 1981 – 31 gennaio 1982), Roma,
De Luca Editore, 1981, pp. 11-206, p. 77. CANOVA L. 1998,
p. 223.
Per
le notizie sulle decorazioni di Castel Sant’Angelo: Gli
affreschi di Paolo III a Castel Sant’Angelo. Progetto ed
esecuzione 1543-1548,
a cura di Filippa Maria ALIBERTI GAUDIOSO, voll. I e II, catalogo
della mostra (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 16
novembre 1981 – 31 gennaio 1982), Roma, De Luca Editore, 1981.
HARPRATH
R. 1985,
pp. 63-85.
Johann
Joachim WINCKELMANN, Storia
delle arti del disegno presso gli antichi di Giovanni Winkelmann
Tradotta dal Tedesco e in questa edizione corretta e aumentata
dall’abate Carlo Fea giureconsulto,
tomo terzo, Roma, dalla Stamperia Pagliarini, 1784, p. 264
(L’identificazione è espressa nelle Lettere, Articolo XVI, pp.
262-266). Johann Joachim WINCKELMANN,
Opere
di G. G. Winckelmann. Prima edizione italiana completa,
Tomo II., Prato. Per i fr. Giachetti, 1830, p. 557, nota 92.
GERLACH
P. 1998,
pp. 355-377.
Ibidem,
pp.
356-357.
Per
le notizie storiche su Antinoo: Giovanni
DE’ CONTI BARDI, Della
Imp. Villa Adriana e di altre sontuosissime già adiacenti alla
città di Tivoli descrizione di Giovanni de’ Conti Bardi antico
accademico della Crusca,
Firenze, nella Stamperia Magheri, 1825, pp. 24-25.
Eric
M. MOORMANN - Wilfried UITTERHOEVE, Van
Achilleus tot Zeus,
Nijmegen, SUN, 1987, trad. it. Luca
ANTONELLI - Giandomenico MONTINARI - Davide SPANIO, Miti
e personaggi del mondo classico,
Dizionario di storia, letteratura, arte, musica a cura di Elisa
TETAMO, Milano, Paravia Bruno Mondadori, 2004, ad vocem Adriano,
pp. 17-20. Alessandro GALIMBERTI, Adriano
e l’ideologia del Principato,
Roma, «L’Erma»
di Bretschneider, 2007, pp. 142-143.
Cfr.
Matteo
CADARIO, Le
molteplici e mutevoli immagini di Antinoo,
in Antinoo
il fascino della bellezza,
a cura di Marina SAPELLI RAGNI, catalogo della mostra (Tivoli, Villa
Adriana, Antiquarium del Canopo, 5 aprile – 4 novembre 2012),
Milano, Mondadori Electa, 2012,
pp.
64-77.
Francesco
DE’ FICORONI, Le
vestigia e rarità di Roma antica ricercate, e spiegate da Francesco
de’ Ficoroni Aggregato alla Reale Accademia di Francia,
Libro primo, Roma, Nella Stamperia di Girolamo Mainardi, 1744, pp.
38-39.
Per
la datazione del Giona della Cappella Chigi in Santa Maria del
Popolo: Cfr. J.
SHEARMAN, The
Chigi Chapel in Santa Maria
del Popolo,
in “Journal of the Warburg and Courtald Institutes”, XXIV,
1961, pp. 129-160, cit. in Guido CORNINI, n.
49 Gian Lorenzo Bernini,
in I
papi della speranza. Arte e religiosità nella Roma del ‘600,
a cura di Maria Grazia BERNARDINI – Mario LOLLI GHETTI, catalogo
della mostra (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 16
maggio – 16 novembre 2014), Roma, Gangemi Editore, 2014, p. 140.
La
Bibbia tradotta in lingua Toscana, di lingua Hebrea, per il
Reverendo maestro Santi Marmochini Fiorentino dell’ordine de
predicatori, Con molte cose utilissime, & degne di memoria, Come
della seguente epistola vederai. Aggiuntovi il terzo libro de
Macchabei non piu tradotto in lingua volgare,
Vinegia, appresso gli heredi di Luc’antonio Giunti, 1546,
pp. 326v-327r.
Antonio
DI GUEVARA, La
seconda parte del Monte Calvario che espone le sette parole, che
disse Christo in su la Croce. Composto dall’illustre s. don
Antonio di Guevara, Vescovo di Mondogneto. Tradotto dallo spagnuolo,
per M. Pietro Lauro; con le postille nel margine,
a cura di M. Pietro LAURO, Venecia, appresso Gabriel Giolito de’
Ferrari, 1563, p. 412.
Ibidem,
p. 413.
Per
le notizie sui santi della Controriforma: Romeo
DE MAIO, Riforme
e miti nella chiesa del Cinquecento,
Napoli, Guida editori, 1973, p. 271.
Hermano
TORRENTINO, Elucidiario
poetico, Nel quale sono contenute le Historie, Favole, Isole,
Regioni, Città, Fiumi, & i Monti piu famosi con altre cose di
questa maniera: opera necessaria à tutti gli studiosi di Poesia.
Raccolto per Hermano Torrentino, Et di Latino tradotto in volgare da
M. Oratio Toscanella,
Venetia, Appresso Nicolò Bevilacqua, 1561, p. 129.
Ibidem.
Cfr.
Camillo
BENUCCI, Ristretto
analitico del dizionario della favola suddiviso in articoli disposti
per ordine alfabetico con notizie, ragguagli ed annotazioni tolte
dai piu’ accreditati scrittori storici, cronisti e poeti antichi e
moderni. per Camillo Benucci dedicato all’illustrissimo
commendatore Antonio Mordini prefetto della provincia di Napoli,
Napoli, Stabilimento Tipografico Partenopeo, 1874, ad vocem 2726.
Mercurio.,
pp. 39-41, p. 39.
Cfr.
S.
Francesco DI SALES, Trattato
dell’amor di Dio o Teotimo,
Milano, Paoline Editoriale Libri, 1989, p. 164.
Teodoro
DALFI,
Viaggio biblico in Oriente. Egitto, Istmo di Suez, Arabia Petrea,
Palestina, Siria, Coste dell’Asia Minore, Costantinopoli ed isole
fatto Negli Anni 1857, 1865, 1866 dal sacerdote D. Teodoro Dalfi
Prevosto di S. Maria di Casanova-Carmagnola e Missionario Apostolico
da lui descritto specialmente al giovane clero,
vol. Egitto, tomo 2°, Torino, Tipografia Carlo Favale e compagnia,
1870, ad vocem Toth
o Ermete trismegisto,
pp. 72-73, p. 72.
Cfr.
DALFI
T. 1870, ad vocem Toth
o Ermete trismegisto,
pp. 72-73.
Carlo
ROLLIN, Storia
antica di Carlo Rollin traduzione dal francese ricorretta Con
Aggiunte e Note Storiche Cronologiche Geografiche e Critiche,
Tomo Primo, Genova, nella Stamperia di Agostino Olzati, 1792, p. 48.
DALFI
T. 1870, ad vocem Toth
o Ermete trismegisto,
pp. 72-73, p. 72.
Ibidem.
Ibidem.
Per
le notizie sull’iconografia di Mercurio: BENUCCI C. 1874, ad vocem
2726.
Mercurio.,
pp. 39-41,
p. 40.
BIBLIOGRAFIA
ACKERMAN
J. S. 1954
James
S. ACKERMAN, The
Cortile del Belvedere,
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1954.
ALIBERTI
GAUDIOSO F. M. 1981
Filippa
Maria ALIBERTI GAUDIOSO – Eraldo GAUDIOSO, Catalogo,
in Gli
affreschi di Paolo III a Castel Sant’Angelo. Progetto ed esecuzione
1543-1548,
vol. II I disegni, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di
Castel Sant’Angelo, 16 novembre 1981 – 31 gennaio 1982), Roma, De
Luca Editore, 1981, pp. 11-206.
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PERUZZI 2005
Baldassarre
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BENUCCI
C. 1874
Camillo
BENUCCI, Ristretto
analitico del dizionario della favola suddiviso in articoli disposti
per ordine alfabetico con notizie, ragguagli ed annotazioni tolte dai
piu’ accreditati scrittori storici, cronisti e poeti antichi e
moderni. per Camillo Benucci dedicato all’illustrissimo
commendatore Antonio Mordini prefetto della provincia di Napoli,
Napoli, Stabilimento Tipografico Partenopeo, 1874.
BENZONI
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Gino
BENZONI, Francesco
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visitata in data 07/09/2015.
BIBBIA
1546
La
Bibbia tradotta in lingua Toscana, di lingua Hebrea, per il Reverendo
maestro Santi Marmochini Fiorentino dell’ordine de predicatori, Con
molte cose utilissime, & degne di memoria, Come della seguente
epistola vederai. Aggiuntovi il terzo libro de Macchabei non piu
tradotto in lingua volgare,
Vinegia, appresso gli heredi di Luc’antonio Giunti, 1546.
BOCCACCIO
M. G. 1588
M.
Giovanni BOCCACCIO, Della
genealogia degli Dei di M. Giovanni Boccaccio libri quindeci. Ne’
quali si tratta dell’Origine, & discendenza di tutti gli Dei
de’ Gentili. Con la spositione de’ sensi allegorici delle Favole:
& con la dichiaratione dell’Historie appartenenti à detta
materia. Tradotta a già per M. Gioseppe Betussi. Et hora di nuovo
con ogni diligenza revista, & corretta. Aggiuntavi la vita di M.
Giovanni Boccaccio, con le tavole de’ Capitoli, & di tutte le
cose degne di memoria. Al serenissimo S. Guglielmo Gonzaga Duca di
Mantova & di Monferr.tt c.,
Venetia, Appreβo
Marc’Antonio Zaltieri, 1588.
BRANCIA
DI APRICENA M. 1998
Marianna
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committenza edilizia di Paolo III Farnese sul Campidiglio,
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fatto Negli Anni 1857, 1865, 1866 dal sacerdote D. Teodoro Dalfi
Prevosto di S. Maria di Casanova-Carmagnola e Missionario Apostolico
da lui descritto specialmente al giovane clero,
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Imp. Villa Adriana e di altre sontuosissime già adiacenti alla città
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di Guevara, Vescovo di Mondogneto. Tradotto dallo spagnuolo, per M.
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TORRENTINO
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Hermano
TORRENTINO, Elucidiario
poetico, Nel quale sono contenute le Historie, Favole, Isole,
Regioni, Città, Fiumi, & i Monti piu famosi con altre cose di
questa maniera: opera necessaria à tutti gli studiosi di Poesia.
Raccolto per Hermano Torrentino, Et di Latino tradotto in volgare da
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George
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VASARI
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Giorgio
VASARI, Delle
vite de’ piu eccellenti Pittori Scultori et Architettori Scritte da
M. Giorgio Vasari Pittore et Architetto Aretino,
Primo Volume della Terza Parte, Fiorenza, Appresso i Giunti, 1568.
VISCONTI
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Giambattista
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Il Museo Pio Clementino illustrato e descritto da Giambattista ed
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WINCKELMANN
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Johann
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WINCKELMANN
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Cologno Monzese (MI), Lampi di Stampa, 2012.
Vedi nel BTA:
SIMBOLOGIE ANTIQUARIALI
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