Jonathan
Safran Foer è uno dei più conosciuti scrittori viventi di lingua
inglese. Il suo romanzo-esordio,
Everything is illuminated (Ogni cosa è illuminata)
del
2002,è
un ponte tra la sua formazione, tradizione, cultura e le opere
successive, una chiave di volta che racchiude presente e passato
artistico dello scrittore.
Ogni
cosa è illuminata è una
ricerca profonda sulla memoria personale e collettiva che mischia il
privato con la grande storia in un'intricata rete di rimandi che si
reificano negli oggetti-ricordo. Il protagonista della vicenda è un
giovane ebreo, un collezionista di oggetti di famiglia, che
intraprende un viaggio in Ucraina per trovare la donna che ha salvato
suo nonno dai Nazisti.
L'anima
collezionistica, l'attenzione al dettaglio, il filtro personale e il
meccanismo di scelta degli oggetti da imbustare ed esporre come
rarità preziose sono temi molto cari a Joseph Cornell.
Foer
conosce bene il “cacciatore di immagini”
tanto da dedicare all'artista A
Convergence of Birds: Original Fiction and Poetry inspired by Joseph
Cornell.
É
un'antologia
di testi come risposta alla richiesta di ricervere “a
story or a poem that uses Joseph Cornell's bird boxes as the source
of imaginative inspiration..(but) which need not make any explicit
reference to either Cornell or the art itself”.
La
raccolta ruota intorno al dono-omaggio, un concetto essenziale
dell'arte di Cornell: “The
gift, of a gift, of a gift”.
Le Shadow
Boxes
sono doni per il fratello Robert, omaggi alle dive e agli artisti per
i quali ha un'ammirazione maniacale tanto da raccogliere pagine,
ritagli di giornale, fotografie volti a comporre dossiers
tematici da archivista visionario. La corrispondenza personale
dell'artista, inoltre, è piena di cartes-de-visite,
ritagli, immagini spediti come dono-souvenir.
Ogni
cosa è illuminata porta l'eco
dell'arte di Joseph Cornell: è una reinterpretazione del viaggio
come ricerca delle proprie radici e raccolta di oggetti che
allestiscono una parete espositiva della memoria familiare. Il filtro
dell'autore non ha solo un taglio personale, ma porta con sé la
tradizione e la storia ebraica della famiglia: gli elenchi, le liste,
la classificazione, l'ordine rievocano inevitabilmente la Shoah.
Basti pensare a Schindler's
List.
Cornell
era un adepto della Christian Science, ma in alcune pagine dei diari
conservati negli Smithsonian Institution Archives compaiono simboli
utilizzati come segna-testo che hanno la forma della Stella di
David.
I
temi del viaggio, del girovagare e del flâneur
costituiscono la matrice di un errare alla ricerca di un fortuito
incontro casuale che faccia incontrare due oggetti, due mondi, due
realtà. Anche Molto
forte, incredibilmente vicino,
opera
successiva di Foer, continua a condurre il lettore in un viaggio di
ricerca che ha il sapore dell'indagine poliziesca.
Il
velo investigativo appartiene alle opere del fotografo francese
Eugène Atget, predecessore ante-litteram
del Surrealismo: la sua arte viene promossa negli Usa grazie a Man
Ray, Berenice Abbott e Julien Levy, gallerista molto vicino a Joseph
Cornell.
La
componente personale che filtra la realtà nei romanzi di Foer è la
dimostrazione di una meditazione profonda sull'arte di Cornell.
Dal
testo di Ogni cosa è illuminata
è stato tratto l'omonimo film-esordio di Liev Schreiber del 2005 che
risulta ancora più vicino al concetto di personalizzazione
dell'opera. Schreiber, infatti, crea una specie di collage
di elementi attinti al testo di Foer tagliando il continuo
spostamento tra i due piani temporali del presente e del passato, due
vicende che si alternano nel libro originale. Il regista focalizza
l'attenzione dello spettatore sul presente e lascia all'oggetto o al
luogo il potere di far affiorare la memoria non come narrazione
prolungata, ma come breve flash
del ricordo che “abita” in un certo senso l'oggetto stesso. É
una specie di found footage
della visione di Foer.
Questo
scritto ripercorre per tappe la trama-viaggio del film senza perdere
di vista il testo nel tentativo di trovare, attraverso un'indagine
surrealista, le tracce di Joseph Cornell. La scelta di concentrare
l'attenzione sull'interpretazione filmica è data dalla passione
dell'artista per la pellicola: il film per Cornell non è solo uno
strumento per la ricerca di un metodo che gli permetta di avvicinarsi
al reale, ma risulta un'esperienza eternamente ripetibile.
“For
Cornell, movies were not wholly dissimilar from religion. While
plays, operas and ballets held a veritable magic for him, their
thrill was short-lived; an opera or a theatrical production is
necessarily transitory, since each performance lasts only as long as
the hour or two it takes to perform it. A movie, by contrast, is more
like a Bible: it’s enduring work that can be experienced and
re-experienced over time, with everything about it staying exactly
the same”.
Cornell
è un artista religioso: le scatole hanno, nella maggior parte dei
casi, la forma di cubi e parallelepipedi rettangoli che, scomposti e
sviluppati, danno la forma di una croce.
Opening
Strane
macchie lunari introducono lo scenario dell'avventura: un'immagine
ibrida, difficile da decifrare, come apertura all'immaginazione. É
il genio di Matthew Libatique, direttore della fotografia, che
delinea da subito l'ambiguità visiva e la doppia valenza delle
immagini del film, echi semantici di forme che si rispondono e si
specchiano in un richiamo continuo portando lo spettatore a decifrare
il fotogramma come se fosse un gioco visivo. Le “macchie” non
sono altro che bolle d'aria nell'ambra che immobilizza un insetto, un
cavalletta incastonata in un gioiello prezioso per la memoria posto
all'inizio di ogni capitolo.
La
camera da presa si concentra su una serie di fotografie puntate ad
una cartina dell'Ucraina in corrispondenza delle città come se
fossero bandierine di conquista della zona. Sono souvenirs
delle tappe di un'avventura
vissuta secondo una ricerca continua finalizzata al ritrovamento dei
parenti di ricche famiglie ebree americane che ripercorrono l'Ucraina
nella speranza di rintracciare una testimonianza viva delle proprie
origini. É
questa l'attività della famiglia di Alex, il narratore della storia:
un'agenzia di viaggi tradizione, la Heritage Tours
di Odessa. La cartina, arricchita dagli oggetti trovati, diventa una
vera e propria nube semantica.
Le
immagini della mappa scorrono sul video mentre Alex spiega come, a
suo avviso, il passato sia passato e come tale debba rimanere sepolto
lungo il fianco dei propri ricordi. Ma questo è stato prima di
incontrare il collezionista: Jonathan Safran Foer.
Chapter
1: An ouverture to the commencement of a very rigid search
Ogni
parte dell'avventura si apre con la scrittura a mano dei titoli dei
capitoli, un omaggio che richiama l'idea del libro, dell'appunto,
della bozza, ma anche del filtro personale dell'esperienza. Tutto è
appuntato secondo le consonanze del narratore che accompagnano lo
spettatore nella ricerca.
L'idea
echeggia delle opere di Cornell, ma anche dell'arte “narrativa”
di Duane Michals,
genio fotografico che vede nella scrittura come nella fotografia la
sua bozza/prova (proof).
“Photograph
is my proof”.
Lo
sguardo di Jonathan, è fisso sulla tomba del nonno. Il regista, con
un solo passaggio, catapulta lo spettatore all'altro capo del globo,
dall'Ucraina agli Stati Uniti, nella realtà dell'eroe di questa
storia, il collezionista.
Il
protagonista è un ragazzo ebreo, riservato e silenzioso, grande
osservatore da dietro le lenti spessissime degli occhiali. L'apertura
della sua presentazione è data dal luogo principe della memoria, un
cimitero dove si dispone la geometria delle tombe spezzata soltanto
da una figura che passa al centro per togliere le foglie secche: è
il vero Jonathan Safran Foer, l'autore del libro, che appare con un
cameo.
Anche
Cornell, in fondo, è un artista funereo: nella sua arte la memoria
ha qualcosa che ricorda un reliquiario dove l'istante-eternità è
bloccato dalle pareti della scatola-capsula temporale. La
terminologia che indica le sue opere, le Shadow Boxes,
ricorda la morte e il regno delle ombre.
Il
collezionista si reca in ospedale dove lo aspetta la nonna, avvolta
da lenzuola bianchissime, per consegnargli, con l'ultimo respiro, dei
doni del nonno che custodiscono un segreto: una Stella di David e una
vecchia fotografia ingiallita dal tempo dove compare suo nonno, da
giovane, in compagnia di una ragazza. Dietro la fotografia c'è una
didascalia “Augustine and me. Trachimbrod 1940”.
Più che un souvenir per
la collezione personale di Safran, la fotografia-oggetto trovato è
un indizio per cominciare una ricerca che ha lo scopo di chiarire
“chi è Augustine”.
Jonathan
si rivede come la miniatura di se stesso, da bambino, allo stesso
capezzale del letto, ma davanti al corpo del nonno quando prende il
suo primo oggetto da collezione, il ciondolo con l'insetto lasciato
sul comodino. É
il suo primo reperto sistemato con cura in un sacchetto da freezer
come se volesse “congelarne” la memoria. Jonathan si dirige verso
la stanza della collezione, la sua Wunderkammer
personale.
La
porta che accede alle meraviglie crea un salto temporale che riporta
Safran al presente: tra le mani ha un sacchetto con l'ultima
conquista collezionistica, la dentiera della nonna presa in ospedale.
L'oggetto, carico di un valore affettivo e mnemonico, è pronto per
essere aggiunto al cabinet de curiosités, una
parete che si presenta come accumulo di oggetti conservati in buste
trasparenti.
Safran
ha negli occhi lo stesso sguardo che aveva da bambino: ha conservato,
insieme a quei ricordi, la stessa curiosità per il fascino della
scoperta. Il bambino-artista-vate è celebrato dal Romanticismo,
eredità che passa al Simbolismo e al Novecento. Nell'arte di Cornell
la visione infantile permette di creare giocando: l'oggetto diventa
uno strumento per dare libero sfogo alla fantasia associativa.
I
gesti del collezionista che imbusta i suoi mirabilia
ricordano un investigatore che fa dell'oggetto trovato un indizio che
traccia la ricerca. Cornell utilizza mezzi tradizionali e ottiene
l'effetto antitradizionale, “come l'assassino che rassicura la
vittima” sulla scia di De Chirico. Atget, allo stesso modo,
fotografa le vie come si fotografa un delitto.
La
collezione di Safran è fatta di oggetti di famiglia classificati ed
etichettati sotto la fotografia del parente a cui appartiene il
souvenir.
É
il catalogo personale di Safran in esposizione, uno scenario per un
solo spettatore,
ma anche un dossier
tematico alla Cornell.
La
morte del nonno coincide con l'inizio della collezione: sotto la
fotografia che lo ritrae, infatti, c'è un unico oggetto, il ciondolo
con l'insetto. L'immagine di Safran che osserva il reperto ricorda il
ritratto di Cornell scattato da Michals negli anni Settanta: in
Joseph Cornell holding an Untitled Bottled Object l'artista
è immortalato mentre tiene tra le dita un barattolo di vetro che
contiene proprio una cavalletta.
Il
collezionista osserva con attenzione dai suoi occhiali spessi,
protesi del miope-mistico come direbbe Magrelli.
Il termine “miope” appartiene alla stessa famiglia di “mistero”
e “mistica”. “Miopia, mistica, mistero hanno tutti come origine
il termine ‘mystes’,
un vocabolo greco che sta a indicare ‘colui che stringe gli occhi
per vedere lontano’. Cercavo, cioè un’interpretazione capace di
collocare un difetto fisico, una patologia, all’interno di un
quadro più ampio: la commistione di malattia e visione, la ricchezza
percettiva prodotta da una mancanza”.
Safran
ha bisogno di un supporto più efficace per vedere al di là dei suoi
occhi (ali): una lente d'ingrandimento (magnifyieng glass
tipica dell'ambiente poliziesco) gli permette di scoprire la
provenienza del ciondolo individuato al collo di Augustine nella
fotografia-dono-reperto.
Le
lenti e il vetro hanno un fascino unico su Cornell e i Surrealisti
grazie al loro potere illusionistico proprio come le vetrine
immortalate negli scatti di Atget.
Chapter
2: The commencement of a very rigid search
La
presentazione dei protagonisti dell'avventura si sposta nuovamente in
Ucraina nella casa dei Perchov dove Alex delinea una caricatura
esilarante della sua famiglia: una serie di Alex in accumulo (nonno,
padre e figlio), la madre, la “miniatura” del fratello e Sammy
Davis Jr. Jr., una cagnolina “degenerata” che serve da guida al
nonno convintosi di essere cieco dopo la morte della moglie.. La
descrizione sa molto di vate mistico.
Alex
e suo nonno vengono informati della nuova “missione”:
accompagnare l'ennesimo ebreo a cercare qualcuno in un posto sperduto
dell'Ucraina, più precisamente a Trachimbrod, un
villaggio che non compare nemmeno sulle cartine.
Il nonno- autista naturalmente ha assoluto bisogno della sua
cagnolina guida che, per l'occasione, viene dotata di divisa
ufficiale, niente più che una t-shirt etichettata.
Il
trio della Heritage Tours
è pronto ad accogliere il collezionista in arrivo: Alex è il
traduttore ufficiale che cerca di rassicurare Safran
dell'attendibilità del guidatore dagli occhiali scuri appisolato al
“timone” di una vecchia Rabant azzurra a sua volta etichettata
con la “didascalia” dell'agenzia.
Gli
argonauti pronti per la ricerca come il “Quartetto di Kundera”
iniziano il loro viaggio, un road movie
costellato di fraintendimenti ed episodi divertenti originati dal
contatto tra culture totalmente diverse, opposte... al rovescio.
L'avventura
offre a Safran nuovi oggetti per la collezione e spunti per il suo
diario di viaggio, un catalogo dove scrive annotazioni secondo le sue
consonanze interiori. L'appunto viene scritto di getto appena vede un
pannello pubblicitario con una cavalletta, eco del ciondolo,
ephemera, ma anche
memoria di una delle piaghe d'Egitto.
La
sera a cena Safran mostra ad Alex la fotografia che ha con sé
parlandogli del passato della sua famiglia che inevitabilmente si
mischia alla storia ucraina, a quella di Alex e di suo nonno: sono
due lati opposti della stessa medaglia, al rovescio. La componente
emotiva della ricerca e la profonda educazione del collezionista
spingono Alex e il nonno ad impegnarsi per aiutare realmente Safran a
trovare Augustine.
Chapter
3: The very rigid search
La
ricerca si rivela da subito molto “rigida”. Gli spazi e le
distese infinite sui fotogrammi sono eco della ricerca stessa, vuota
e interminabile. Non c'è nessuna traccia di Trachimbrod: nessuno
sembra conoscerne l'esistenza per dare un orientamento al viaggio dei
quattro argonauti solitari. Arriva una sola indicazione “a nord per
la superstrada fino ai campi di grano e poi ad est verso la campagna”
per raggiungere almeno la zona localizzata sulla mappa del
collezionista.
La
domanda di un bambino, incontrato per caso durante il percorso, è la
metafora stessa del senso della ricerca: “se non c'è niente a
Trachimbrod perché lo state cercando?”. É
una ricerca caotica, senza una meta certa, un errare o un inseguire
qualcosa, un po' come L'uomo della folla
di Edgar Allan Poe.
Il
vuoto di parole, segnali, persone getta nello sconforto i viaggiatori
erranti. Il tempo si dilata eternamente e si deforma come negli
orologi di Dalì. La luna, come la stella polare per i navigatori
smarriti, guida il nonno di Alex fino ad una costruzione risalente
alla Seconda Guerra Mondiale: c'è una conca nel terreno, baratro
tracciato da filo spinato, dove resti di armamenti arrugginiti e
ruderi di pietre allestiscono uno scenario ormai dimenticato dal
mondo. É
qui che la memoria del nonno di Alex riaffiora come illuminata da un
flash, un lampo che
riporta alla mente il suo passato: si rivede allineato ad una fila di
condannati davanti al plotone di esecuzione con una Stella di David
cucita al petto della giacca. Sono pensieri segreti, ricordi
offuscati volutamente dal nonno di Alex che stranamente si finge
cieco.
Nessuna
parola viene detta ai compagni di viaggio che, accampati per la
notte, esprimono le loro perplessità. Alex capisce che c'è qualcosa
che non va: è come se suo nonno “sognasse continuamente anche
quando non è in requiem”.
Anche
Safran ha un'illuminazione in sogno: vede se stesso al fiume Brod.
Sul fianco opposto c'è un altro se stesso che lo guarda. Nel letto
del fiume, l'acqua che scorre porta con sé tante buste di plastica
che vociferano nel silenzio della notte sotto lo sguardo vigile della
luna, “l'assistente dello stregone”.
Chapter
4: An ouverture to illumination
Il
risveglio interrompe la visione di Safran. L'atmosfera è distesa e i
quattro argonauti si godono il paesaggio della “terra più fertile
di tutta l'Europa dell'est”. Il nonno di Alex tradisce appena il
suo tormento dicendo che prima della guerra quello era il posto più
bello del mondo. Alex capisce che suo nonno è stato lì tanto tempo
fa e che ha qualcosa da nascondere.
Il
posto perfetto per l'illuminazione è lungo il fianco della strada,
un tempio di pace dove un piccolo sentiero traccia il percorso per la
rivelazione. Ai lati e tutt'intorno i girasoli si ergono e guardano
verso il sole. Nel campo si apre un piccolo spazio lineare che lascia
intravedere una casa: il bucato bianchissimo sventola su fili lunghi
e ordinati, geometria che ricorda le tombe del cimitero dove appare
il vero Safran Foer. Anche questo è un luogo della memoria.
Vista
la quantità di panni stesi, sembrerebbe abitato da un intero
villaggio. In realtà c'è solo una donna, Lista nel libro di Foer,
dedita alla cura del bucato sotto un sole splendente. Nessuno può
disturbarla in una giornata simile, ma le domande di Alex su
Trachimbrod le incupiscono il viso: è paura del presente e del
passato per qualcuno che non ha mai dimenticato. Solo la fotografia
di Augustine e del nonno di Safran mostrata da Alex la convince a
rivelarsi: Trachimbrod è lei.
Chapter
5: Illumination
La
casa di Lista è una Wunderkammer: ovunque
si trovano scatole etichettate contenenti oggetti accuratamente
classificati per categorie (Matrimoni e altri
festeggiamenti; Argento , Girandole, Profumo; Diari, Blocchi per gli
schizzi, Mutande; Morte del Primogenito; Giocattoli di Legno;
Statuette, Occhiali; Menorah; Polvere). Anche
lei è una “collezionista” ed è impossibile non pensare alla
scatola come alla Shadow Box
cornelliana.
Lista
si mostra ospitale con i viaggiatori: vorrebbe preparare qualcosa per
loro anche se non ha carne, poco male per un vegetariano come Safran.
Il tema della carne naturalmente rimanda alla memoria ebraica: la
storia ci insegna che gli ebrei, durante la Seconda Guerra Mondiale,
si rifiutarono di mangiare la carne di maiale, la più economica
vista la situazione di profonda crisi e disagio, ma cibo proibito.
Il
tema torna in modo più forte in Se
niente importa,
altro testo di Foer. É
vivo in lui il ricordo della nonna: per lei il cibo, è “terrore,
dignità, gratitudine, vendetta, gioia, umiliazione, religione,
storia e, ovviamente, amore”. Il rifiuto della carne per la
generazione di Foer è legato alla consapevolezza del meccanismo
brutale della macellazione e del consumismo, ma echeggia delle sue
radici: basti vedere la copertina di Se
niente importa
raffigurante una mucca in primo piano con il codice attaccato
all'orecchio, una classificazione, un numero, così come è stato per
gli ebrei durante il Nazismo.
Lista
spiega ai viaggiatori che non è sola: dice che “ha tutti loro”
indicando le scatole. Sono accumuli di oggetti classificati. Ne apre
una con etichetta “Casomai” per mostrarla ai viaggiatori. É
un reliquiario di famiglia contenente l'anello di nozze che sorella
aveva messo in un barattolo e sotterrato prima della sua morte. Era
un'abitudine frequente in quell'epoca: la terra lungo il fiume,
secondo Lista, è piena di oggetti preziosi anelli, soldi, gioielli,
fotografie. Come una rabdomante ne ha trovate solo alcune, ma tuttora
riempiono la terra. Ecco spiegate le voci provenienti dalle buste
nella visione di Safran.
Il
collezionista estrae una busta: sono soldi, un dono per Lista da
parte della famiglia Foer “nel caso” Safran trovi la donna che ha
salvato il nonno dai Nazisti.
Augustine
è la sorella di Lista. La donna si avvicina a Safran e, togliendogli
gli occhiali (che rappresentano lenti ingannevoli), riconosce i
tratti del nonno lasciando affiorare i ricordi che illustra ai
viaggiatori con una serie di vecchie fotografie, souvenirs
visivi della memoria: è una storia per immagini.
C'è
una foto raffigurante un abitante di Trachimbrod: Baruch, ovvero il
nonno di Alex. Lista racconta che “stava seduto tutto il giorno
davanti alla biblioteca. Prendeva più
libri di tutti nello shtetl e
non sapeva neanche leggere. Gli piaceva pensare ai libri: ci pensava
senza leggerli. Dicevano che era matto”, esattamente come Lista:
avevano questo in comune.
A
Convergence of Birds (casualmente)
è stato creato come antologia di storie liberamente ispirate alle
scatole di Cornell: sono storie pensate non lette. É
il fascino delle Shadow Boxes,
opere aperte a molteplici interpretazioni grazie agli enigmatici
accostamenti degli oggetti.
Alex
e Safran lasciano il nonno solo con Lista e si spostano sotto il
portico. Alex è sempre più perplesso: suo nonno è una brava
persona. Solo il libro di Foer svela il tradimento di Baruch.
Safran
si accorge che la canottiera di Alex è al rovescio: l'interno è
all'esterno e l'esterno è all'interno. L'etichetta della canottiera
è ciò che determina il verso, l'orientamento, il senso, la
posizione. Così l'etichetta delle buste indica la posizione
temporale, la data, ma anche il senso, significato. É
curioso che la forma canottiera ricordi una busta con i manici. Allo
stesso modo, la scatola cornelliana contiene oggetti provenienti
dall'esterno: c'è uno specchio semantico tra il microcosmo della
Shadow Box e il
macrocosmo della realtà.
Safran
raccoglie un insetto dal campo, un ephemera
che ripone nella custodia degli occhiali e spiega ad Alex il motivo
della sua collezione: la paura di dimenticare.
I
viaggiatori vengono guidati da Lista a Trachimbrod dove è rimasta
solo una lastra di pietra in memoria dei 1024 abitanti morti per mano
del fascismo tedesco nel 1942. Intorno alla targa c'è un cerchio
creato con le pietre: la pietra sulle tombe nella loro cultura è un
segno-dono. Nella
lingua ebraica “Pietra” di dice Eben
e
si
scrive con tre lettere: alef,
bet, nun.
Le stesse lettere si possono combinare in: alef
e bet
che danno: Av,
cioè padre, bet
e
nun
che formano Ben,
cioè figlio. Eben
nasce dalla fusione di Av
e Ben.
La pietra è una metafora della memoria, il continuo passaggio della
tradizione dal padre al figlio.
Il
sasso può essere inteso come minutia,
ma anche come una specie di biglia-moneta che innesca un meccanismo:
ricorda il gioco e il funzionamento della slot
machine, ma
anche una componente mistico-religiosa.
“Anticamente
il gioco simboleggiava il labirinto in cui si spingeva a calci un
sassolino bianco e piatto- l'anima- verso l'uscita, il punto di fuga
con il suo cielo senza nubi”.
La
rivelazione di Lista e la scoperta di Trachimbrod avvengono sotto la
luce della luna: i fotogrammi sono coperti da un velo bluastro dovuto
al buio. “Azzurro
è il colore dei tuoi capelli gialli - diceva Schwitters”.
C'è
un'eco di impotenza e di immaterialità sulla scena, quel vuoto
tradotto da Kandinskij proprio con il blu. Le immagini, coperte dal
velo scuro, ricordano il primo found
footage
di Cornell, Rose
Hobart, cortometraggio
contenente estratti di East
of Borneo
e un documentario scientifico con l'eclissi:
“he
also added other film clips including the climatic sequence: a lunar
eclipse, after which the moon falls out of the sky and into a pool,
creating ripples on the surface”.
Un
filtro di vetro blu applicato in fase di proiezione rende
Rose Hobart un
found
footage
triste, termine che, in inglese come in francese, si traduce come
“blu” (blue,
bleu). Cornell
aggiunge un secondo titolo al film, Tristes
Tropiques, che
ricorda il duchampiano
“tr” c'èst très important.
La
fine di Trachimbrod è avvenuta in modo “molto organizzato” a
dire di Lista: tutti vengono disposti in file con l'ordine di
sputare sulla torah.
Tutti eseguono gli ordini, eccetto suo padre che faceva baciare ai
suoi figli tutti i libri: “libri di cucina, libri per bambini,
commedie, anche i diari”.
I
ricordi del nonno di Alex riaffiorano: rivive l'esecuzione, il suo
risveglio miracoloso tra i corpi sotto la luce di una luna pallida,
la visione di Lista con la cesta sotto il braccio per raccogliere gli
oggetti, la sua partenza silenziosa dopo aver abbandonato la giacca
con la Stella di David a terra.
Safran
raccoglie il reperto più pesante della sua collezione: una manciata
di terra del Brod e la mette in due buste donandone una al nonno di
Alex.
Lista
spiega ai viaggiatori che il nonno di Safan era partito per l'America
alla ricerca di una casa per lui ed Augustine una settimana prima che
lei venisse uccisa. Il collezionista, toccato dalla vicenda che
mischia il suo passato a quello di Lista, dona alla donna il ciondolo
con l'insetto appartenente alla sorella. Lista ricambia lasciandogli
portare con sé la scatola “Casomai”.
Augustine
aveva sepolto l'anello nel barattolo dicendo a Lista “casomai”
non perché sapeva che l'avrebbero uccisa, come sostiene Alex, e
nemmeno come prova della sua esistenza, come pensa Safran, ma “nel
caso” qualcuno venisse a cercare. L'oggetto, secondo Lista, non
esiste per qualcuno. I viaggiatori sono lì per l'anello: è la
ricerca che ha dato a quell'anello un valore, un'esistenza, così
come a Trachimbrod.
Lista,
vissuta tra le scatole di Trachimbrod, chiede ai viaggiatori se la
guerra è finita. La rievocazione di una memoria sepolta lungo il
fianco dei propri ricordi è troppo dolorosa per il nonno di Alex.
Schreiber allestisce una scena simbolica, il suicidio di Baruch nella
vasca da bagno che mischia acqua e sangue rievocando una delle piaghe
d'Egitto. L'evento serve a fare riflettere lo spettatore:
l'attenzione storica è rivolta alle vittime dell'Olocausto, ma,
secondo il regista, si dovrebbe ricordare la difficoltà di coloro
che sono sopravvissuti.
L'avventura
è finita, la ricerca ha risolto il “caso” del collezionista-
investigatore. Safran torna alla stazione con Alex: gli lascia un
ricordo di sé, un dono, il ciondolo con la Stella di David
appartenente al nonno. A gift of a gift of a gift.
Alex
ha modo di riflettere sulla loro “molto rigida ricerca”: è la
dimostrazione che ogni cosa è illuminata dalla luce del passato. É
sempre lungo il fianco dei propri ricordi. Dall'interno guarda
l'esterno e viceversa, al rovescio, come due frecce di direzione
opposta, due triangoli rivolti in due versi opposti che, in qualche
modo, si combinano e si compenetrano, proprio come i due triangoli
che compongono la Stella David.
L'espressione-titolo
del libro (come del film) è tratta da L'insostenibile
leggerezza dell'essere di Milan
Kundera che associa la luce rossastra del tramonto che illumina ogni
cosa alla nostalgia.
L'avventura
dei viaggiatori non resta un accumulo di ricordi isolati: Alex ne
farà un libro, un memoriale, dono per il collezionista perché hanno
condiviso qualcosa per cui vale la pena esistere e “nel caso”
qualcuno venga a fare una ricerca. La loro avventura è nata da un
“incontro casuale”,
ma ha assunto un significato incancellabile.
Al
suo rientro in Usa Safran riconosce nei volti delle persone che vede
gli stessi visi incontrati in Ucraina, come se il suo mondo fosse lo
specchio del regno dell'avventura, al rovescio. Le due realtà si
rispondono a suon di immagini: Alex sparge la terra del Brod
contenuta nella busta sulla tomba del nonno suicida, così come farà
Safran sulla lapide di suo nonno in Usa.
L'incanto
del riflesso ha affascinato intere generazioni di artisti, ma è
nella vetrina di Atget che la doppia visione assume il significato
più ludico: per questo gli scatti del fotografo francese più
apprezzati dal Surrealismo sono proprio quelli delle vetrine. La
fotografia-vetro-obiettivo riesce ad avvalorare l'inganno: è lo
strumento con cui i Surrealisti creano una parificazione magica degli
elementi che compongono i loro collages.
Ogni
cosa è illuminata dalla luce del passato, rivelata dall'oggetto
perché scritta nella memoria. “Scrivere con la luce”
letteralmente si dice “foto-grafare”. La ricerca di Safran parte
proprio da una vecchia fotografia.
Il
film si chiude con una dedica: “for Alex”. Tutto
è un dono per la memoria come nella perfetta tradizione di Cornell:
a gift of a gift of a gift.
NOTE
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