Il testo dedicato alla città di
Roma, pubblicato dall’architetto e urbanista Italo Insolera
nel 1980, offre innumerevoli spunti di riflessione sull’immagine
della capitale dal X al XX secolo, soprattutto grazie all’ausilio
delle piante storiche prodotte a partire, in particolar modo, dal XV
secolo, più o meno negli stessi anni in cui i pontefici della Chiesa
Cattolica iniziano ad interessarsi al tessuto urbano romano, per fare
in modo che la città rappresentasse le mire di magnificenza del Papa
in carica.
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Figura 1: Stemmi papali.
Circondati in rosso i pontefici di cui si farà menzione nel testo
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Anche se la tradizione di
interventi urbanistici su Roma ci porterebbe a rintracciare le radici
di questa tipologia di operazioni all’epoca imperiale, o meglio
ancora tardo repubblicana, le più importanti azioni di modifica del
tessuto urbano si hanno nel XV secolo, sebbene se ne possano
rintracciare i prodromi nel ritorno da Avignone e nel pontificato di
Martino V.
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Figura 2: Statua equestre dell'Imperatore Marco Aurelio,
Musei Capitolini, Roma
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Prima di addentrarsi, però,
nella trattazione, sembra interessante trovare un elemento che avrà
la funzione di fil
rouge nell’analisi
dei vari interventi apportati da una serie di pontefici: la figura
che farà da costante nella storia urbanistica di Roma sarà lo
straordinario monumento equestre di Marco Aurelio.
Partiamo da un primo dato:
reperire una pianta,
o meglio, una rappresentazione
della città di Roma ad intento topografico non risulta possibile
prima del 1482: è proprio a questa altezza cronologica che risale
una prima veduta dell’Urbe, oggi perduta, vista a volo d’uccello
da Porta Pia. Questa prima raffigurazione è giunta a noi tramite
varie repliche, dal 1490 al 1569, la più importante, databile post
1538, è custodita presso la Saletta della Città del Palazzo Ducale
di Mantova.
Da queste proto
piante derivate dalla
editio princeps
redatta tra il 1482 e il 1484 si evince una veduta di Roma ancora in
gran parte basata sui monumenti di maggior pregio e sulle mura, non
sul tessuto connettivo urbano, che però, già a questa data, sotto
il pontificato di Sisto IV, era stato oggetto di innovazioni atte a
dimostrare il potere che il pontefice deteneva e il suo interesse
all’esaltazione di alcune aree cittadine. Queste carte
sono ancora retaggio dei Mirabilia
Urbis medievali.
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Figura 3: Leonardo Bufalini, Pianta di Roma, 1551
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Figura 4: Giovanni Battista Nolli, Pianta di Roma, 1748
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Figura 5: Giovanni Battista Piranesi, Forma Urbis Romae, 1756
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Successive sono le piante
realizzate dall’architetto Leonardo Bufalini
nel 1551, una xilografia di dodici fogli e quattro strisce dove il
tessuto viario e le antichità romane sono molto ben descritte; la
pianta dell’incisore ed architetto Piranesi,
che abbracciando il rovinismo
tout court, realizza,
nel 1756, una pianta dove tenta di ricostruire la Forma
Urbis Romae
ritrovata nei pressi del Foro della Pace. Ma la pianta di Roma che
risulta essere la più completa ed importante per lo studio del
tessuto urbano della Capitale è quella dell’architetto e
cartografo Giovanni Battista Nolli,
realizzata nel 1748, e della quale Insolera si serve per evidenziare
tutti gli interventi che si appresta ad analizzare.
Ma torniamo alla cronologia dei
Papi.
Come già anticipato, il primo
pontefice che si occupò da vicino dell’esigenze della città e, in
primo luogo, dato il momento storico, si dedicò al recupero
dell’Urbe, fu Martino V,
della famiglia romana dei Colonna: egli, pur scegliendo di continuare
a risiedere nei palazzi lateranensi, a partire dal 1424 fino alla
morte sceglierà di risiedere con la sua corte presso lo stabile
della sua famiglia, che riedificò in forma di fortezza accanto alla
chiesa dei SS. Apostoli: Palazzo Colonna, dalla posizione
privilegiata alle pendici del Quirinale, avrà come cappella di corte
l’antica Basilica di fondazione bizantina, che, dopo essere stata
distrutta da un terremoto nel 1348, non fu mai più riedificata fino
a questo momento.
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Figura 6: Interventi di Papa Martino V (su pianta di Nolli)
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Figura 7: Basilica dei SS. Apostoli
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L’interesse a ricostruire
questo edificio sacro e a renderlo cappella della corte papale è
segno tangibile della volontà da parte dei pontefici e dei loro
dignitari di creare una continuità con le tradizioni romane antiche
e con le radici ancestrali della cristianità: infatti l’unico
intervento che Papa Colonna attuerà presso il Vaticano è il
restauro del quadriportico della Basilica Costantiniana, anch’esso
un atto di continuità con l’Impero e, al tempo stesso, un forte
segno politico di ripresa dell’autorità.
A scegliere l’impegno di tutela
e restauro dell’Urbe che il pontefice aveva preso su di sé è una
bolla del 29 marzo 1425, con la quale Martino V ripristina la carica
dei Magistri viarum,
figure dedite al servizio di polizia urbana; oltre a questo, il
pontefice si impegnò nell’opera di restauro di innumerevoli chiese
e cappelle.
Al momento del ritorno di Martino
V al soglio pontificio romano, le più importanti sculture bronzee
dell’antichità si trovavano al Laterano, compreso il monumento
equestre di Marco Aurelio, che all’epoca non era riconosciuto come
tale, ma vi si riconosceva nell’uomo ritratto, a seconda della
vulgata, o l’Imperatore Costantino o un cavaliere che aveva salvato
Roma da un’invasione nemica. Insieme alla celeberrima statua
equestre, si trovavano lì anche la Lupa Capitolina ed altre sculture
bronzee che erano state preservate per il loro forte carico di
significato politico e culturale.
Il pontefice successivo, che
prese il nome di Eugenio IV,
si occupò in misura minore dei problemi urbanistici di Roma;
ciononostante diede il via a tre importanti iniziative: liberò il
Pantheon dalle botteghe preesistenti e lo fece restaurare, incentivò
lo studio della città antica ed incaricò Leon Battista Alberti
di misurare l’Urbe.
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Figura 8: Interventi di Papa Nicolò V (su pianta di Nolli)
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Fu con Nicolò V,
riconosciuto da molti come padre fondatore della politica urbanistica
rinascimentale, che iniziò la commissione di tutta una serie di
interventi al fine di modificare la zona di potere pontificio dal
Laterano al Vaticano: ristruttura il palazzo Vaticano, trasformandolo
e rendendolo una residenza degna del Papa, oltre a preservare
l’antico pavimento della Basilica di San Pietro, pur decidendo di
demolire l’edificio costantiniano per lasciare spazio ad un nuovo e
più grande complesso sacro, circondato da piazze per l’accoglienza
dei fedeli e una nuova grande cupola a coprire la monumentale
Basilica; per rendere l’accesso più agevole, decise di far
sgomberare dalle botteghe la testata del Ponte Sant’Angelo e di
risanare e riedificare il quartiere di Borgo, antistante San Pietro.
Si occupò, inoltre, di rinforzare la cinta muraria preesistente,
detta Leonina dal pontefice che ne curò la costruzione.
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Figura 9: Pianta che illustra
il trivio aperto da Nicolò V
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Oltre alle opere di sgombero,
Papa Parentuccelli si adoperò per la creazione di un tridente
viario, al fine di collegare San Pietro con il Campo Marzio e con la
zona di Campo de’ Fiori: furono così costruite la Via
Papalis, la Via
Peregrinorum e la Via
Recta (quest’ultima,
divenuta poi via dei
Coronari, era sede di
numerosi esercizi commerciali nei quali si vendevano corone di rosari
e souvenirs per i pellegrini, da cui il moderno nome).
Il pontefice che prese il nome di
Paolo II,
della famiglia veneziana Barbo, decise di completare la costruzione
del suo palazzo, adiacente al suo titolo cardinalizio, per potervi
abitare, dato lo stato di cantiere dei Palazzi Vaticani e visto che
non possedeva a Roma un palazzo di famiglia. Al contempo, restaurò
l’antica Basilica di
San Marco,
arricchendola con una loggia per le benedizioni, e finanziò la
costruzione del Palazzetto
dei Cavalieri di Rodi,
facendo sovraintendere ai lavori il suo Cardinal nipote.
Il Palazzo di Venezia rimarrà
residenza papale fino al pontificato di Pio IV,
che donò poi l’edificio alla Serenissima.
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Figura 10: Interventi di Paolo II (su pianta di Nolli)
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Figura 11: da sinistra il viridarium del Palazzo di Venezia, da destra, in alto un particolare della pianta di Leonardo Bufalini, 1551, in basso, un'incisione di Ugo Pinard, 1555, entrambe ricordano l'isola Barbo
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Figura 12: Varie vedute dell'isola Barbo: in alto, a destra, un'incisione di Giuseppe Vasi, in basso, una foto d'epoca mostra la situazione dopo gli sventramenti per la costruzione del Vittoriano
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La scelta del Pontefice di
rendersi vicini i membri dell’Ordine di Malta, anche sotto il punto
di vista urbanistico, è un ottimo tentativo diplomatico per arginare
un eventuale nuovo insorgere delle Crociate.
Interessanti da ricordare sono
due aspetti che sono indice di un crescente interesse per l’antico:
da un lato la costruzione della Casa
di Lorenzo
Manili, dove la
proprietà dell’edificio è dichiarata sulla facciata del palazzo
in capitali latine e la sua data di costruzione è scritta secondo il
sistema ab urbe
condita, quindi
secondo le usanze romane e al modo degli antichi templi; dall’altro
la scelta di porre al centro della struttura del Palazzo di Venezia
il viridarium,
elemento che rimanda alla tradizione dell’architettura classica.
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Figura 13: Interventi di Sisto IV e Innocenzo VIII (su pianta di Nolli)
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Figura altrettanto importante per
la creazione del polo petrino è Sisto IV
della Rovere: a lui si deve la costruzione e la prima decorazione
della Cappella Magna
del Vaticano e la realizzazione della confortevole e panoramica
residenza del Belvedere.
Fece costruire, in Borgo,
un palazzo familiare ed un ponte sul Tevere, che porta ancora il suo
nome, al fine di poter collegare la zona dove aveva fatto costruire
il Palazzo della
Cancelleria con
Trastevere, dato che gli unici ponti dai quali poter accedere
comodamente al Vaticano erano il Ponte Milvio a nord e il Ponte
Sublicio nella zona di Testaccio a sud, oltre a Ponte Sant’Angelo.
Istituisce, tra le altre importantissime operazioni che compì
durante il suo pontificato, la Biblioteca
Apostolica Vaticana,
il cui atto di fondazione, con la nomina del Platina a prefetto, è
ricordata da un meraviglioso affresco realizzato da Melozzo da
Forlì,
ricco di richiami all’antico, e fa costruire l’Ospedale di Santo
Spirito poco lontano dalla Basilica di San Pietro.
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Figura 14: Melozzo da Forlì, Sisto IV nomina il Platina prefetto della Biblioteca Vaticana, 1477, Pinacoteca Vaticana
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Un importante spostamento che
avvenne sotto il pontificato della Rovere è quello del polo
commerciale, che da Campo de’ Fiori viene portato a Piazza Navona.
Il Papa successivo, Innocenzo
VIII,
avrà la sua zona di interesse nell’attuale circondario di Piazza
Navona, area abitata dai Millini, con lui imparentati, dei quali si
conserva un edificio in forma di torre, che ha fornito il nome alla
strada adiacente.
Decise di aprire numerose strade,
tra le quali via dei
Pettinari in
prosecuzione del Ponte
Sisto, e mise a
disposizione delle comunità degli Illirici e dei Lombardi la zona
tra la via Lata
e il Mausoleo di Augusto, dove tuttora si conservano le rispettive
Chiese nazionali.
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Figura 15: Torre Millina in via di Tor Millina
nelle vicinanze di Piazza Navona
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In Vaticano commissionò la
costruzione di un palazzetto, ora perduto, la cui decorazione fu in
parte affidata ad Andrea Mantegna.
Sarà Giulio II,
un nuovo pontefice della famiglia della Rovere, a porre una nuova e
forte attenzione sul Vaticano: qui istituirà, presso il Belvedere,
il primo nucleo collezionistico pontificio di sculture antiche,
commissionerà a Michelangelo
i nuovi affreschi della volta della Cappella
Sistina e a Bramante
il progetto per la nuova San Pietro, edificio che inizierà a vedere
la luce proprio nel 1506 sotto il suo pontificato, in seguito
all’idea avuta da Nicolò V. La figura dell’Apostolo Pietro era
molto sentita da Giulio II, che sarà sepolto in un altro sito
petrino romano, la Basilica
di San Pietro in Vincoli,
di cui era stato titolare e verso la quale rivolse le sue attenzioni
commissionandone dei restauri.
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Figura 16: Interventi di Giulio II (su pianta di Nolli)
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Per tornare alla questione
urbanistica, fece aprire tre assi viari importanti: via
Giulia, dal nome del
pontefice, via della
Lungara, e via
della Lungaretta. Papa
della Rovere fece sistemare anche Castel Sant’Angelo e aprì di
fronte all’omonimo ponte via
dei Banchi.
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Figura 17: Interventi di Leone X e Clemente VII (su pianta di Nolli)
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I due Papi Medici, Leone X
e Clemente VII,
volsero lo sguardo, di fatto, verso le stesse aree di interesse: un
nuovo ed importante incentivo venne dato alla zona ad est di Piazza
Navona, dove oltre a numerosi interventi da parte di cardinali ed
aristocratici, i Pontefici fecero costruire Palazzo Madama e il
complesso universitario della Sapienza.
Importanti furono le aperture
verso nord delle vie di
Ripetta e del
Babuino, oltre alla
progettazione della Chiesa della loro Nazione di provenienza, San
Giovanni dei Fiorentini.
Giunti in piena età di
Controriforma, è notevole la figura di Paolo III Farnese,
che attuò, in primo luogo, tre importanti interventi, due dei quali
di collegamento: la costruzione del Palazzo
Farnese, che doveva
essere collegato con l’acquisita villa in Trastevere tramite un
ponte, per avvicinarsi alla cittadella pontificia; il rifacimento
deli Orti Farnesiani
sul Palatino; il collegamento tra il Palazzo Papale di San Marco e la
torre del Campidoglio: è proprio quest’ultimo colle a portarci al
termine del percorso della statura equestre del Marco
Aurelio.
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Figura 18: Interventi di Paolo III (su pianta di Nolli)
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Proprio Papa Farnese commissiona
a Michelangelo il rifacimento della Piazza del Campidoglio, sede
dell’autorità civile romana e della collezione capitolina,
esistente fin dal pontificato di Sisto IV.
La scelta che il pontefice attuò
sulla zona del colle capitolino è fondamentale e, al tempo stesso,
simbolica: i palazzi del potere comunale, dapprima affacciati sul
Foro Romano e sorti sopra l’antico scrigno delle leggi, il
Tabularium,
vengono fatti ruotare, invertono il loro orientamento originario,
affacciandosi verso Palazzo Venezia e in direzione di San Pietro e
Palazzo Farnese, nuovi poli del potere.
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Figura 19: Piazza del Campidoglio in un'incisione di Etienne Duperac
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Il Marco
Aurelio si pone al
centro di una nuova piazza, che è collegata, tramite la cordonata,
in una cavalcata ideale, con la nuova Basilica di San Pietro. La
formidabile idea michelangiolesca di porre il celeberrimo monumento
equestre al centro di Piazza del Campidoglio simboleggia, oltre al
cambio di orientamento del colle civile di Roma, quasi in atto di
concordia con i pontefici, il cambio della zona di interesse del
potere papale: la statua che, per eccellenza, rappresenta la politica
romana, l’emblema del comando, viene spostata dal Laterano ad un
luogo di altura privilegiato, con lo sguardo verso il Vaticano.
Secoli dopo, in opposizione al
Marco Aurelio,
il monumento equestre a Giuseppe Garibaldi,
anch’esso posto nella privilegiata locazione del Gianicolo, volterà
le spalle al Vaticano, guardando a ritroso e malinconicamente ciò
che non è riuscito ad espugnare all’antico simbolo del potere.
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Figura 20: Monumenti equestri simboli del potere: Giuseppe Garibaldi e Marco Aurelio
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NOTE
BIBLIOGRAFIA
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Maria Accame – Emy Dell’Oro (cur.), I
Mirabilia Urbis Romae,
Tivoli, TORED, 2004.
FRUGONI 1984
Chiara Frugoni,
L’Antichità: dai
Mirabilia alla propaganda politica,
in L’uso dei
classici, Torino, Einaudi,
1984, pp. 3-72.
INSOLERA 1980
Italo Insolera,
Roma. Immagini e realtà
dal X al XX secolo,
Roma, Laterza, 1980.
RAVAGLIOLI 1995
Armando
Ravagloli, Breve storia
di Roma, Roma,
Newton, 1995.
TAGLIAFERRI 1995
Alberto
Tagliaferri, La Roma di
Rafaello, Roma, Newton, 1995.
TEMPLE 2011
Nicholas Temple,
Renovatio Urbis,
New York, Galliard, 2011.
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