Valore filosofico del prefisso «anti»
Le
categorie di classico/anticlassico sono strumenti utili per interpretare l'arte
e l'architettura di ogni tempo perché offrono un sistema di riferimento critico di matrice
filosofica in cui la contrapposizione non si risolve in un'antitesi che esclude
l'elemento opposto, ma al contrario lo sussume in un rapporto dialettico. In
particolare il prefisso «anti», che deriva
«dall'avverbio e preposizione greca «antì» di origine indoeuropea, oltre ad
indicare avversione ed antagonismo, capacità o disposizione a contrastare, […]
indica anche, in parole composte del linguaggio scientifico, posizione
speculare, contrapposizione, inversione, presenza di opposte proprietà: anticiclone,
antilogaritmo, antiparticella».
Nel campo della mitologia, ricordiamo la celebre figura di Anteros che
venne creato per far crescere Eros il quale, da solo, rimaneva piccolo.
In questa accezione originaria Anteros significava Amore reciproco,
mentre nel corso del Rinascimento, per esempio in Alciati, Anteros acquistò
anche il significato moraleggiante di Amor virtutis, amore di virtù,
vale a dire: «amore vero, santissimo, razionale o divino» avversario
dell'«amore volgare o sensuale».
Panofsky spiega come il significato di Anteros non sia tanto quello di
opposizione ad Eros, un «Gegenliebe» appunto, quanto piuttosto di una
competizione nella reciprocità d'amore .
La Galleria dei Carracci in Palazzo Farnese a Roma è un esempio lampante
dell'applicazione del sofisticato concetto di Anteros nella storia
dell'Arte .
Analogamente si può affermare che l'anticlassicismo non esiste in quanto
categoria autonoma, ma come reazione al classicismo nei confronti del quale si
pone in modo “polemico”.
L'anticlassicismo come strumento dialettico in
Argan (dal 1930)
Su
questa linea critica di taglio filosofico e dialettico si pone Giulio Carlo Argan,
il quale usa precocemente la categoria critica dell'"anticlassico" in
un articolo su Andrea Palladio e la critica neoclassica pubblicato nella
rivista "L'Arte" del 1930: «il Palladio si oppone nettamente al gusto
classico antico e a quello del Rinascimento fiorentino e romano [...] Se dunque
con questo termine "architettonico" noi intendiamo la funzione, con
la quale gli elementi di un edificio esprimono l'identificarsi dei rapporti
plastici di rilievo con dei rapporti statici di peso e resistenza, in una
assoluta interpretazione dello spazio, il Palladio è nettamente
anti-architettonico; e, quando si determini storicamente l'astratto
"architettonico" nel gusto classico o in quello romano del
Rinascimento, il Palladio appare nettamente in antitesi al gusto classico
stesso». Argan in questo modo superava la critica neoclassica del Milizia che
considerava un errore l'anticlassicismo di Palladio: Argan, infatti, aveva
acutamente intuito che questa scelta palladiana consisteva in una precisa presa
di posizione estetica e conseguentemente mise a fuoco la sua interpretazione in
una definizione critica che divenne celebre quando fu esposta in maniera
compiuta ed analitica nella sua monografia Classico anticlassico: il
Rinascimento da Brunelleschi a Bruegel, Milano, Feltrinelli, 1984.
L'anticlassicismo “politico” di Zevi (1973)
Bruno Zevi, invece, nella sua monografia Il
linguaggio moderno dell'architettura. Guida al codice anticlassico del
1973, trattò in modo sistematico la questione del codice anticlassico
nell'architettura, ma piuttosto nei termini di una contrapposizione netta tra
classico ed anticlassico alla quale assegnò un preciso significato etico e
politico. La rottura degli schemi prefissati dell'ordine classico significava
infatti per Zevi una ricusazione della «dittatura della linea retta» e di tutti
i regimi che l'avevano adottata
In una serrata analisi critica dei morfemi
dell'architettura Zevi affermava che, se il codice classico ragionava per
simmetrie e parallelismi, il codice anticlassico al contrario li rinnegava in
toto a partire dalla pianta dell'edificio che si sviluppava per moduli
giustapposti, fino ad arrivare alla disposizione delle finestre che, nel codice
anticlassico, occupavano la facciata senza alcun ordine prestabilito
distribuendo le stesse in modo casuale. A questo proposito Zevi offrì una
lucidissima dissertazione: «La facciata diventa non-finita. Dato il
carattere episodico delle bucature, alte e basse, dritte e sghembe, non coatte
da relazioni assiali, cessa di essere un oggetto chiuso, autonomo, fine a se
stesso, e stabilisce un dialogo con l'intorno, impersonando un ruolo partecipe,
non più estraneo e ostile, nel volto della città o del paesaggio» .
«Nel momento in cui [l'architetto] differenzia le finestre per forma e
collocazione, rifiuta la facciata tradizionale, le sue connotazioni
classiciste» .
Zevi aveva inoltre riflettuto sul potenziale di attivazione psicologica
dell'architettura moderna che moltiplicava le possibilità di scelta, a
differenza di quella classica che le riduceva, e così facendo creava angoscia .
In Zevi la dialettica classico/anticlassico
assumeva poi i toni della guerra di religione come quando aveva affermato che
«il classicismo è l'architettura della schizofrenia conformista […] forse
l'intera storia dell'architettura potrebbe essere riletta in chiave di nevrosi
della simmetria» .
L'invenzione del termine “Architettura Liquida”
in Novak (1993)
É nel breve ma fondamentale contributo di Marcos
Novak ,
ricercatore venezuelano attivo in America, intitolato icasticamente Architetture
liquide nel ciberspazio ed apparso nel 1993 all'interno del volume Cyberspace.
Primi passi nella realtà virtuale, che prende forma per la prima volta, per
quanto ci è noto, la definizione di "Architettura liquida" in
riferimento al cyberspazio informatico e alla realtà virtuale.
Novak ci fa riflettere sul fatto che nel
Cyberspazio l'architettura si presenta come flusso di informazioni separate tra
dati, informazione e forma grazie alla nuova tecnologia
digitale, tanto che, secondo Novak, «il ciberspazio ci permette di scoprire
relazioni precedentemente invisibili semplicemente modificando la normale
corrispondenza tra dati e rappresentazione» .
Novak ribadisce che la nuova concezione del
corpo e dell'architettura nel ciberspazio prevede la possibilità di modificarsi:
«La differenza tra la fantasia incarnata e la Verità è che noi siamo autori di
fantasia. La fantasia deve servire ai nostri scopi, seri o meno, e nella misura
in cui i nostri obiettivi cambiano con noi, anche la sua incarnazione cambia.
Quindi, mentre riaffermiamo il corpo, gli garantiamo la libertà di cambiare a
capriccio, di diventare liquido. Il termine architettura liquida è usato
in questo spirito. Architettura liquida del ciberspazio; architettura liquida
nel ciberspazio» .
In questo confronto tra le vecchie e le nuove
tecnologie e relative poetiche riferite alla gestione del ciberspazio nell'era
dell'informazione Novak è convinto che: «il compito più grande non sarà quello
di imporre la scienza alla poesia, ma di ridare poesia alla scienza» .
Novak ricorda a proposito la forza evocativa del «duende» di Federico
Garcia Lorca, cioè quello «spirito o demone invocato perché renda comprensibile
un “fatto poetico”, un “heco poético”» .
«Nella poesia - a differenza della prosa, secondo Novak - e come nella
meccanica quantistica, le traiettorie possono sovrapporsi, separarsi,
sdoppiarsi, scomparire dall'esistenza e riemergere spontaneamente» .
«Il ciberspazio è poesia abitata, e navigare in esso è come trasformarsi in una
foglia trasportata sulle ali del sogno» .
Secondo Novak «la poesia è linguaggio liquido» che usa degli strumenti che
producono inflessioni di significato: «metrica e accento, allitterazione e
rima, tautologia, similitudine, analogia, metafora, strofe e antistrofe,
antitesi, cesura, enjambement, assonanza, e consonanza, elisione e
accentuazione, iperbole, onomatopea, prosodia, traslati, ellissi, climax ...» .
A proposito del ciberspazio Novak afferma che è
«più appropriato, piuttosto che asserire che c'è una architettura dentro il
ciberspazio, dire che il ciberspazio non può esistere senza architettura, che
il ciberspazio è architettura, benché di un nuovo tipo, a lungo sognato» .
Nel proseguo del suo saggio l'autore specifica
che con il termine liquido si riferisce ad una «entità animistica, animata,
metamorfica, che supera i confini delle categorie e che richiede le operazioni
cognitivamente ricche del pensiero poetico. Il ciberspazio è liquido.
Ciberspazio liquido, architettura liquida, città liquide. La architettura
liquida è qualcosa di più della architettura cinetica e della architettura
robotica, una architettura di parti fisse e legami variabili. La architettura
liquida è una architettura che respira, e pulsa. […] L'architettura liquida
produce città liquide, città che cambiano al cambiare di un valore, in cui
visitatori con retroterra diversi vedono paesaggi diversi, in cui i dintorni
cambiano con le idee in comune, e si sviluppano quando le idee maturano oppure
si dissolvono» .
La
liquidità in campo sociologico: Bauman (2000)
Il concetto di liquidità in campo
sociologico è stato affrontato in maniera sistematica da Zygmunt Bauman nel suo
libro Liquid modernity (Modernità liquida) dove il pensatore
polacco prende in esame i concetti di eterno presente, della precarietà ed
instabilità della condizione umana nell'era post-moderna, della malleabilità
dei modelli sociali ,
della extraterritorialità del potere ,
della fine dell'epoca del reciproco coinvolgimento di controllori e controllati
,
del nomadismo dell'élite di comando ,
del desiderio come spiritus movens del consumismo ,
del rovesciamento del modello panottico a quello sinottico, cioè
“i molti che controllano i pochi” ,
della città moderna come luogo di incontro tra estranei in cui le
persone portano con sé gli amici con cui parlare senza pensare di fare
conoscenze nei luoghi pubblici ,
del significato socio-urbanistico dei non-luoghi della città del futuro
e della difficoltà insormontabile degli individui di comunicare tra di loro
e molti altri temi degni di attenzione. La lettura del libro di Bauman fornisce
un'analisi imprescindibile del concetto di liquidità nel campo sociologico ed è
estremamente utile per mettere a fuoco i singoli casi estetico-architettonici
ed urbanistici che si stanno realizzando nella società post-moderna e nella
cosiddetta città del futuro.
Liquid
box di Salvatore Rugino: un tentativo di sintesi sull'Architettura Liquida
(2008)
Nella
sua monografia Liquid box Salvatore Rugino cerca di ripercorrere in modo
sintetico il mondo dell'architettura liquida con numerosi ed interessanti
esempi.
Rugino,
in apertura di volume, fa subito riferimento alla Fisica per comprendere le
ragioni spazio-temporali del concetto di fluidità, citando Bauman e Novak per
la definizione degli ambiti del concetto di liquido . Tra
le applicazioni liquide Rugino menziona Lab[au], riconoscendo nello sforzo di
questo studio la volontà di generare un nuovo tipo di architettura .
Per
creare una tassonomia dell'architettura liquida Rugino riprende la tabella di
De Kerckhove che risulta essere molto utile ai fini esegetici
L'α principio
|
L'ε principio
|
Statico
|
Dinamico
|
Esplosivo
|
Implosivo
|
Visivo
|
Tattile
|
Frontale
|
Immersivo
|
Centralizzato
|
Distribuito
|
Analogico
|
Digitale
|
Basato
sulla memoria
|
Basato
sull'intelligenza
|
Specializzato
|
Convergente
|
Frammentato
|
Integrato
|
Astratto
(desensorializzato)
|
Multisensoriale
|
Spazializzato
(attualizzato)
|
Virtualizzato
|
A
tappe, discreto
|
Continuo
|
Rugino
ricorda a questo proposito che «l'elettricità mette tutto in
contatto esattamente come l'alfabeto aveva messo tutto in prospettiva» e più avanti, riferendosi ad uno dei parametri
della tabella di De Kerckhove, afferma che bisogna «lavorare con
l'intelligenza, cancellando la memoria […] se vogliamo vivere in uno spazio
veramente moderno, dobbiamo cancellare l'“impronta”» .
In riferimento alla nuova concezione del tempo
dell'architettura liquida, Rugino afferma che «la staticità della prospettiva
rinascimentale cede il posto all'istantaneità prodotta dalle tecnologie
avanzate» .
Molto acuta è la disamina delle proprietà
psicologiche della proiezione intesa come «capacità emozionale di trasferire
forme umane, animali o vegetali ad un oggetto» che viene attivata dal
cosiddetto “terzo occhio”, ovvero la capacità di vedere oltre il reale .
Le relazioni tra gli oggetti sarebbero governate
dal concetto di «mescla, cioè una miscela, un insieme di più variabili
generate da differenti culture» .
Interessante è anche l'analisi del concetto di territorio
di destabilizzazione in Jean Nouvel, vale a dire quel fattore che il
progettista non rivela al committente, in quanto facente parte del mondo
immateriale, ma che poi si rivela fondamentale per la caratterizzazione
dell'opera costruita .
Interessante
il confronto tra la Virtual house di Eisenman e il cyberspace di
Novak
perché Rugino ricodifica il decostruttivismo in chiave liquida.
Citando Blur Building, realizzato per l'Expo svoltasi in
Svizzera nel 2002, Rugino intende rimarcare come in questo progetto degli
americani Diller & Scofidio si realizza un'opera complessa in cui «i
concetti come dentro/fuori, interno/esterno perdono completamente il loro
senso» inaugurando la fase liquida della moderna architettura tanto che «Toyo
Ito teorizza la Blurring Architecture, cominciando a parlare di
architettura smaterializzata» .
Primi risultati del programma di ricerca
sull'Architettura Liquida (2014)
Gli interventi di Novak, Bauman e Rugino
forniscono elementi molto significativi per orientarsi nella definizione di
architettura liquida, ma non esauriscono affatto le casistiche critiche,
filosofiche, estetiche e storiografiche ad essa collegate. Per questo motivo ho
deciso di intraprendere una ricognizione empirica dell'Architettura museale
effettivamente edificata a livello internazionale alla quale ben si adatta tale
categoria critica di “liquidità” e ho constatato che essa ha le sue origini a
partire dall'inizio degli anni '90 del Novecento. Ho ragione di credere che la
cosiddetta “architettura liquida” possa essere considerata, in pratica, una
trasformazione evolutiva dell'architettura “anti-classica” nella società
dell'informazione di massa nell'era telematica, che prende origine proprio a
partire da quella data .
L'"architettura liquida" è ancora "in fieri" per il
semplice motivo che molti degli edifici ai quali questa definizione si può
riferire sono ancora in costruzione, per cui ad oggi (2014) non risulta ancora
possibile fornire una definizione “chiusa” e definitiva della stessa.
Scopo del mio gruppo di ricerca della Sapienza,
aperto anche ad altri studiosi tramite strumenti telematici e social network
,
è di verificare in modo empirico l'applicabilità di questa etichetta critica di
"architettura liquida" in relazione alla dinamica di
classico/anticlassico, dopo averne dato una definizione il più possibile
esaustiva prendendo in esame, appunto, l'architettura soprattutto museale.
Nelle lezioni del mio modulo Classico, Anticlassico, Architettura Liquida dell'a.a. 2013/2014 - II Semestre alla Sapienza Università di Roma, ho analizzato alcuni elementi-chiave
ricorrenti in molti musei “liquidi”: il confronto della gestione modulare delle
masse architettoniche del Walt Disney Concert Hall (2003) di Frank Gehry
(1929-) con il celebre dipinto Nu descendant un escalier n° 2 (1912) di
Marcel Duchamp (1887-1968) (fig. 1) secondo uno schema di separazione dei
fotogrammi desunto dai fratelli Auguste e Louis Lumière, ed anche con il Dinamismo
di un cavallo in corsa + case (1914-1915), scultura futurista di Umberto
Boccioni (fig. 2), che sposa le coeve teorie spazio-temporali cubiste ispirate
alla fisica moderna di allora e alla teoria della relatività inaugurando
una florida serie di interpretazioni “liquide” ispirate al concetto di energia
cinetica, oppure alla idrodinamica o aerodinamica. A queste tematiche si
collega il tema estetico della spirale, da intendersi come
simbolo di entropia positiva oppure di entropia negativa. La scomposizione
dell'“architettura liquida” in moduli di differenti dimensioni e orientamento,
tutti contrapposti tra di loro in un gioco di relazioni dinamiche, simboleggia
il continuo rapporto dialettico tra gli individui della moderna società
dell'informazione nell'era telematica, in cui i termini del rapporto sociale
mutano incessantemente e, senza soluzione di continuità, forniscono allo
spettatore e fruitore del Museo quella sensazione di eterno presente che è
stata descritta molto lucidamente da Bauman
Ho messo in risalto il debito dell'architettura
liquida nei confronti dell'architettura anticlassica manieristica italiana del
Cinquecento e, in particolare, della Casina pendente (1555 circa)
del Parco dei Mostri di Bomarzo, ideato da Vicino Orsini (1523-1585),
che esalta la funzione simbolica della linea obliqua, poi ripresa, solo
per fare un esempio, nel progetto (1994) di Alessandro Mendini per il Groninger
Museum (fig. 3) e nel Biomuseo (2014) di Panama di Frank O. Gehry
(fig. 3).
La rottura degli schemi, dei parallelismi e
delle simmetrie dell'architettura classica sono tipiche dell'architettura
liquida che si ispira a geometrie non euclidee e alla matematica ed estetica
dei frattali. Ho proposto un confronto tra due diverse immagini frattali
e il Progetto per il National Museum of Qatar (2010) di Jean Nouvel
(1945-), in corso di realizzazione (2014), dove risulta evidente l'adozione di
schemi geometrici complessi e di figure geometriche particolarmente elaborate
derivanti dall'intersezione di corpi solidi (figg. 4 e 5).
Da un punto di vista squisitamente filosofico il
tema dello specchio, oggetto di riflessione durante il Rinascimento
europeo, diventa centrale in architetti come Rem Koolhaas (1944-) che lo usa
nell'Ampliamento del Museo Nazionale delle Belle Arti del Québec (MNBAQ),
Quebec City (2013) che può essere messo a confronto con opere concettuali come Côte à côte (2008) di Daniel Buren (1938-) (fig. 6), oppure Bagatelle (1990)
di Bertrand
Lavier (1949-) (fig. 7), la qual cosa dimostra
come la ricchezza delle modalità di fruizione dell'edificio liquido durante le
varie fasce orarie diurne e notturne, e sotto le conseguenti e diverse fasi di
illuminazione naturale ed artificiale, e il sapiente sfruttamento delle
trasparenze e delle opacità del vetro e delle superfici perimetrali funzionale
all'attivazione psichica di significati nascosti, è appositamente ed
accuratamente studiata per fornire un'interpretazione profonda dell'oggetto
museale il quale, interagendo intellettualmente con il fruitore, diventa a
sua volta soggetto mitopoietico che riesce ad intercettare le istanze
culturali del nuovo spettatore liquido.
Altro
tema fondamentale nell'architettura liquida è quello del labirinto,
simbolo della complessità e del disorientamento. Propongo come esempio un confronto
tra l'architettura liquida di Frank O. Gehry e lo splendido Labirinto di
siepi di Longleat Hedge Maze
(fig. 8). Il labirinto, per la prima volta perfettamente sposato con
l'architettura dei giardini dell'Hypnerotomachia Poliphili di Francesco
Colonna romano signore di Palestrina (Venezia, Aldo Manuzio Sr., 1499),
diventa un oggetto simbolico caro alla società liquida, in quanto rievoca la
sensazione di angoscia dei tempi moderni ben descritta da Bauman. La difficoltà
a comprendere il futuro e la lotta perenne tra gli individui di un nuovo
tessuto sociale altamente competitivo in cui la persona deve conquistarsi un
nuovo posto nella società ad ogni nuova generazione. Gli elementi modulari
dell'architettura di Gehry ricordano le monadi in lotta della società del
futuro e il labirinto sembra essere il marchio estetico-architettonico di
questo nuovo stile di vita.
Infine,
una comparazione tra il Padiglione Quadracci (2001) del Milwaukee Art
Museum (MAM), Wisconsin, USA di Santiago Calatrava (1951-) e la Casa Batlló (1905-1907)
di Antoni Gaudì (1852-1926) dove ricorre lo stesso tema, come noto, ispirato
allo scheletro di animali marini (fig. 9). L'architettura di Calatrava è la più
classicista tra quelle liquide, lo dimostra, appunto, il ricorso a modelli strutturali
in cui vige la simmetria bilaterale, come gli scheletri; ma nondimeno, ad una
attenta analisi, appare in Calatrava il ricorso a quelle metafore
architettoniche avveniristiche che dimostrano come il moltiplicarsi dello
spazio che tende all'infinito nelle foreste di acciaio in tensione permanente,
presente in questo museo unico nel suo genere, unito ad un concetto di
architettura interattiva, sorretta da forze dinamiche in contrasto dialettico,
in realtà accomuna questo edificio a quelli più esplicitamente liquidi di Gehry
e Zaha Hadid.
L'architettura
liquida, nello
sforzo di creare sempre strutture complesse non ripetitive, fa proprie alcune tematiche filosofiche fondamentali di più
vecchia data, come la différance di Derrida (1963 e 1968) . All'armonica
ripetizione di moduli compositivi di uguali dimensioni su direttrici costanti,
tipica dell'architettura classica, l'architettura anti-classica e quella
liquida sostituiscono il concetto di differenza degli spazî, tutti di
diseguali ampiezze e disposti su traiettorie non rettilinee, come nel caso
della pianta del Museo Ebraico di Berlino di Daniel Libeskind, che
approfondisce, inoltre, il concetto di trauma ispirato dal
tragico ricordo dell'Olocausto .
Il trauma interrompe il flusso della quotidianità e crea un
cortocircuito nella lettura dell'opera, generando una propria sintassi
compositiva ed estetico-architettonica dove il male viene evocato per essere
sperimentato in tutta la sua devastante malvagità e drammaticità ed infine
esorcizzato in una tensione perenne rivolta al bene e alla pace.
NOTE
L'anticlassicismo è attestato anche in ambito archeologico. Dei rapporti tra
anticlassicismo archeologico e rinascimentale si occuperà in questa sede del
BTA Graziella Becatti in uno studio di futura pubblicazione.
Ibidem, pag. 193: « [...] Anteros, die Gottheit der "Gegenliebe", ist
keine ursprünglich mythische Gestalt, wohl aber entsprang ihre Konzeption einem
mythischen Bedürfnis, nicht nur den Liebenden, sondern auch den Geliebten einer
göttlichen Macht, zu unterstellen, die ihm die Erwiderung des ihm
entgegenbrachten Gefühles auferlegte.
Der Sinn der Elischen Gruppe ist also nicht etwa ein Kampf gegen die Liebe, sondern ein Wettstreit in der Liebe [...] ».
BAUMAN 2012 (2000), p. XXIX.
Cfr. DE KERCKHOVE 2001,
p. 7, cit. da RUGINO 2012 (2008), p. 25, nota 11. Così come «L'alfabeto (l'α principio) è stato ed è una
tecnologia centrale dell'elaborazione umana dell'informazione» (DE KERCKHOVE),
così il nuovo spazio dinamico creato dall'elettronica e dal ciberspazio (l'ε principio) è basato
sull'intelligenza dinamica. De Kerckhove riprende le parole di Marshall
McLuhan, suo maestro, che definì l'elettricità come «estensione universale del
sistema nervoso centrale».
Cfr. anche
DELEUZE 1997 (1968) e GENTILI C.B. 2000 (1996) che prende in esame il Museo
Dauphinois di Grenoble, il Museo Etnografico di Neuchâtel e il Museo della
Civilizzazione del Québec.
Il tema del trauma
verrà discusso da Lucia Signore in un articolo specifico in questa stessa sede.
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(Parole allo Specchio / Studi e Testi, 26), 2012, pp. 131-152.
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Arch., University of Brasilia, Brazil, 2000, May 2005. <http://etd.lsu.edu/docs/available/etd-01202005-102411/unrestricted/Silva_thesis.pdf>
visionato in data 29/04/2014.
Speculazioni d'artista 2009 Speculazioni
d’artista. Quattro generazioni allo specchio (catalogo della mostra), a
cura di AUGUSTA MONFERINI, MARIA GRAZIA TOLOMEO, ALBERTO DAMBRUOSO, Roma,
Comune di Roma, CAM Editrice, 2009
VENTUROLI 2012 Paolo VENTUROLI, Testimonianza su Argan e il
classicismo/anticlassicismo del Cinquecento, in Giulio Carlo Argan
intellettuale e Storico dell'Arte, a cura di Claudio GAMBA, Milano, Electa,
2012, pp. 248-255.
ZEVI 1973 Bruno Zevi, Guida al codice anticlassico, Torino, Einaudi
(Piccola Biblioteca Einaudi, 214), 1973.
Vedi anche nel BTA: USCITE DI ARCHITETTURA LIQUIDA
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