Non
è un caso che, ad accogliere il nostro ingresso alla mostra presso
il Braccio di Carlo Magno in Vaticano, sia la straordinaria statua
equestre di S. Ambrogio martire
(fig.1): capolavoro dell’oreficeria seicentesca in argento fuso e
cesellato, proveniente dalla Concattedrale di Ferentino.
Il
Santo,
fedelissimo seguace di Cristo divenuto centurione per l’onore
del Romano Impero, è simbolo della forza spirituale.
Antecedendo
l’esposizione di manufatti legati alle pratiche del culto, esso si
pone come emblema di un cammino iniziatico che attraverso il rito e
la preghiera, permette al fedele di entrare in contatto con “l’altro
da sé”.
Un
rapporto, questo, che fluisce mediante
la visione della realtà creata e fa riflettere su come l’arte
possa servire con la dovuta reverenza a tale scopo. Nel Capitolo VII
del Concilio Vaticano II si dichiara che
le opere d’arte religiosa e sacra, debbano esprimere l’infinita
grazia divina con la quale intrattengono una relazione naturale
e tramite
l’espressione della bellezza, esplicitare il loro “unico” fine
di guidare religiosamente le anime a Dio.
«L’arte
religiosa diviene “sacra” quando finalizzata al sacro culto,
rito, sacro luogo: “bellezza” e “dignità” devono servire al
“decoro del culto” ed entro questa finalità sono ammessi
cambiamenti di materia, forma, ornamento.
L’arte
sacra autentica deve cercare “nobile bellezza” e non “mera
sontuosità».
Caratteristiche
ben incarnate dalle mirabilia di oreficeria, rimaste per troppo tempo
ai margini dell’attenzione del vasto pubblico, che con questa
rassegna (aperta fino al 30 giugno 2015), il Vaticano in accordo con
la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici del Lazio, ha voluto
valorizzare tramite un percorso espositivo ponderato.
Un
percorso che si snoda tra le preziose testimonianze di fede
provenienti dalle raccolte delle piccole e
grandi diocesi della regione, quali: Rieti,
Orte,
Fondi,
Amatrice,
Alatri,
Sezze,
Soriano nel Cimino
ed altre.
L’equipe
curatoriale, sotto l’egida della dott.ssa Benedetta Montevecchi, ha
privilegiato un’ambientazione intima con luce soffusa, per meglio
mettere in risalto l’operato dei grandi artefici, arricchendo
l’allestimento con pannelli didattici
che ne illustrano aspetti inediti e tecniche esecutive; la pratica
devozionale è connessa invece, alla proiezione di brevi filmati che
ne illustrano l’uso cerimoniale.
Si
tratta di opere appartenenti per definizione alla categoria delle
arti minori: busti reliquiari, come lo splendido esempio di S.
Tommaso Veringerio (fig.2)
o di S.
Maria Salome, croci processionali
finemente lavorate (la Croce di Amatrice, Cittaducale, Sora, Veroli,
Campagnano di Roma), calici, ostensori e sculture che ornano le
suppellettili liturgiche, antiche testimonianze di fede, volute da
committenti ecclesiastici e non.
Realizzate
in argento, bronzo o dorate, arricchite con preziose gemme che
richiedono una lettura ravvicinata, concentrata sulla minuziosa
perizia dei particolari, quali descrivono un piccolo universo
d’immagini simboliche.
La
varietà delle opere in mostra rispecchia le tendenze artistiche che
hanno ispirato le botteghe degli argentieri locali, anche grazie agli
influssi culturali di maestri forestieri; nell’area viterbese è
evidente il contributo senese, mentre influssi ascolani ed abruzzesi
caratterizzano la sabina.
Non
stupisce se i fedeli di ogni epoca, anche quelli vissuti in umile
condizione, abbiano fregiato di magnificenza i luoghi di culto e gli
oggetti con i quali hanno celebrato i misteri della salvezza.
La
tendenza allo sfarzo dell’arte liturgica, deriva in gran parte dal
fatto che tali oggetti venivano messi in mostra durante le
celebrazioni, come espressione della devozione dell’uomo che offre
lode e riconoscenza a Dio e che nel complesso rituale della Messa,
dove ogni gesto ha un significato specifico, assumono grande
importanza anche per la nobiltà del materiale.
Sono
le Sacre Scritture
a far risalire allo Spirito di Dio la genialità dell’artista e
dell’artigiano, specialmente quando essi dedicano la loro attività
al culto, utilizzando i doni della natura come legno, pietre e
metalli, che nel corso del tempo si sono arricchiti di contenuti
simbolici.
I
metalli ad esempio, assumono il significato dell’energia
potenziale, della trasformazione e della trasmutazione, incarnano
l’eternità, la permanenza, l’atemporalità.
L’oro
in particolare,
metallo raro tratto dalla terra attraverso un procedimento di lunga
ricerca e difficile raffinazione, è emblema dello sforzo per
raggiungere l’intima verità delle cose, la perfezione estetica e
morale.
Numerose
sono infatti le opere dorate selezionate per la mostra, come le Croci
Processionali di Veroli, la Pace di Sezze, il Busto
reliquiario di Palestrina e di Montefiascone, il San Michele
Arcangelo di Montecassino.
Indizi
questi di come gli artisti del passato, offrendo all’ammirazione e
contemplazione dei fedeli i fatti salienti del mistero e della
salvezza, presentati nella perfezione della bellezza, abbiano
espresso nell’immagine sacra molto più della parola: hanno
comunicato il messaggio evangelico.
NOTE
BIBLIOGRAFIA
Benedetta
Montevecchi (a cura di), Sculture Preziose. Oreficeria sacra nel
Lazio dal XIII al XVIII secolo, catalogo della mostra, Gangemi
Editore, 2015.
La
Bibbia, S. Paolo Edizioni, 2014.
LA MOSTRA
Musei
Vaticani, Braccio di Carlo Magno
30 marzo – 30 giugno
2015
Lunedì – venerdì: 9.30 – 17.30;
mercoledì:
13.30 – 17.30;
sabato:
10 – 17;
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Fig. 1
Fantino Taglietti, Statua Equestre di S. Ambrogio martire, 1641
Argento fuso e cesellato
Ferentino, Concattedrale dei Santi Giovanni e Paolo
Fig. 2
Argentiere meridionale, Busto reliquiario di S.Tommaso Veringerio, XV sec.
Lamina d'argento sbalzato ed inciso, rame fuso, sbalzato ed argentato
Amaseno, Chiesa collegiata di S. Maria Assunta
Fig. 3
Oreficeria franco-angioina, Base di Croce (o Reliquiario) con Fuga in Egitto, prima metà XIV sec.
Argento fuso, sbalzato e cesellato, smalti traslucidi
Arcidiocesi di Gaeta, Museo Diocesano
Foto cortesia Tiziana Gianni
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