L’Archivio
di Stato è nell’immaginario collettivo un luogo polveroso e
antico dove vi si recano solo vecchi studiosi di “cose” antiche.
È da considerarsi invece, il più importante istituto pubblico
destinato alla conservazione permanente della documentazione relativa
a organi e uffici centrali e periferici dello Stato. Qui vengono
depositati tutti quei documenti che lo Stato ha in proprietà e/o che
vengono destinati alla conservazione permanente e che possono essere
consultati dal pubblico, previo permesso. Ovviamente i documenti
possono essere di vario genere e possono coinvolgere enti pubblici o
privati, ma anche famiglie o addirittura singole persone. Documenti
di tutti i generi che l‘archivista di Stato deve saper leggere,
classificare, gestire, ordinare. Un lavoro certosino, difficile
perché si deve avere una cultura quasi enciclopedica, sicuramente
bisogna avere oltre che una buona cultura storica e conoscenza delle
lingue antiche, una grande pazienza.
Abbiamo
incontrato a Roma Maria Luisa San Martini, un’archivista di Stato,
oggi in pensione, che per quasi quarant’anni si è dedicata a
questa difficile professione.
Chi
è l’archivista di Stato ?
L’archivista
di Stato è un funzionario dello Stato laureato e specializzato, che
svolge sia un ruolo amministrativo che tecnico. Il primo, quello
amministrativo, riguarda l’osservanza delle leggi in materia di
archivi e di documenti, la guida degli uffici preposti, i rapporti
con le altre amministrazioni. Il secondo, quello tecnico, riguarda
più strettamente gli archivi antichi, il loro ordinamento, la
redazione di inventari e indici e quindi facilitare la fruizione da
parte del pubblico. E’ in questa fase che c’è la possibilità di
trovare documenti su avvenimenti sconosciuti, fatti nuovi,
rivelazioni su personaggi, ecc. E’ la fase più appassionante del
nostro lavoro, quella che porta alla divulgazione di nuove fonti per
la storia, ma che è laterale rispetto ai nostri compiti
istituzionali.
Come
si diventa archivisti di Stato ?
Mediante
concorso pubblico per laureati in legge, lettere, scienze politiche
e, più recentemente, in beni culturali. Per i neo assunti è poi
prevista la specializzazione nella scuola di archivistica,
paleografia e diplomatica dell’Amministrazione stessa. Il problema
è che i concorsi non vengono indetti più ormai da molti anni. Per i
lavori ci si affida anche a contratti con privati. Già negli ultimi
anni, prima del mio pensionamento, si affidavano lavori di
inventariazione a cooperative per contratto.
Quali
conoscenze bisogna avere ?
Naturalmente
è essenziale la conoscenza del latino, della paleografia, della
diplomatica, della sfragistica. Anche la conoscenza degli stemmi,
delle monete può tornare utile in ogni momento. Lo studio della
paleografia fornisce i mezzi per esercitarsi nella lettura delle
scritture antiche, ma poi occorre molto esercizio sul campo.
Come
si leggono i documenti storici ?
Occorre
saper leggere la scrittura cancelleresca, pensata e codificata, con
propri caratteri e legamenti diversi dai nostri e in latino
medievale; occorre cimentarsi con le scritture correnti, sia in
latino che in volgare, spesso scritte velocemente, con una gran
quantità di abbreviazioni. Questa può essere di difficile lettura,
specialmente quella del ‘500 nei verbali degli interrogatori dove è
molto veloce e abbreviata; come anche la scrittura mercantesca.
Bisogna
avere determinate precauzioni quando si leggono documenti storici ?
La
consultazione da parte degli studiosi avviene in una sala di studio
sorvegliata, ma si suppone il corretto comportamento. Certo non si
può strappare pagine e mettersele in tasca, né inumidire il dito
per voltare pagina. I documenti devono essere restituiti come erano
alla consegna, nello stesso stato, le carte sciolte nello stesso
ordine.
Come
avviene la consultazione ?
La
consultazione dei documenti è aperta al pubblico e gratuita; è
sottoposta solo alle normali formalità per l’identificazione e
l’accettazione delle regole della sala di studio.
Da
quale ente o ufficio vi arrivano i vari documenti? E chi decide che
devono essere conservati ed archiviati? C’è un iter ?
La
risposta a queste domande costituisce una disciplina a livello
universitario, l’archivistica. Sinteticamente possiamo dire che gli
Archivi di Stato sono nati per la conservazione degli archivi degli
stati preunitari: a Roma dello stato pontificio, a Firenze dello
stato mediceo, ecc. A questi archivi, che sono archivi ‘chiusi’,
si sono aggiunti gli archivi dello Stato italiano che
progressivamente diventavano ‘antichi’.
Il‘versamento’
avviene previo ‘scarto’, o meglio cernita dei documenti da
conservare. Per l’operazione viene nominata una commissione per
decreto ministeriale . In Italia ci sono Archivi di Stato in tutti i
capoluoghi di provincia; nella capitale, oltre all’archivio di
Stato di Roma c’è anche l’Archivio Centrale dello Stato.
Quest’ultimo conserva gli archivi delle amministrazioni centrali
dello Stato a partire dall’Unità d’Italia. Mentre nelle province
si conservano le carte degli uffici locali statali. Cioè
nell’Archivio centrale si conservano le carte dell’amm.ne
centrale come per es, i ministeri; nelle province le carte degli
uffici periferici dello Stato, come per es. i tribunali, le
prefetture, ecc.
Nella
Sua lunga carriera ha trovato alcune cose interessanti e inedite ?
Come
dicevamo prima, nel corso di un riordinamento di archivio le sorprese
sono la regola. Si scopre sempre qualcosa di interessante e anche di
assolutamente nuovo. Leggere di un avvenimento di prima mano e senza
intermediari, da qualcuno che ne è spettatore è cosa perlomeno
emozionante. Una volta ne lessi una sconvolgente in un tomo notarile
del 1532. A circa metà del volume di atti notarili del 1527, dopo
alcune carte bianche, il notaio raccontava del sacco di Roma del
1527. Racconta di come le soldatesche imperiali, che avevano carta
bianca nel saccheggio, avevano messo a ferro e fuoco la città,
uccidevano chi si opponeva e depredavano, distruggevano, stupravano
le donne di ogni età. Anche la sua casa era stata invasa e
distrutta, la figlia maggiore aveva subito violenze ed era impazzita
ed egli era riuscito a fuggire con l’altra su un carretto e si era
rifugiato in campagna. Ed ora, tornato con la morte nel cuore,
riprendeva il suo lavoro di notaio. Un altro notaio annotava, alla
fine del volume, alcune ricette di cucina e ricette mediche, in un
altro poesie da innamorato.
Si
è dedicata a qualche particolare documento ?
Moltissimi.
Lavorare a un archivio sconosciuto porta anzitutto a conoscere
l’istituzione che l’ha prodotto. Questo è un contributo per la
storia delle istituzioni ed è un nostro compito specifico.
Riordinare gli archivi giudiziari della Repubblica romana del 1798-99
e quelli del periodo napoleonico ci porta a scoprire le prime preture
moderne e i primi atti di stato civile in un quadro di rinnovamento
generale nell’amministrazione della giustizia.
Riuscire
a decifrare è davvero emozionante, non trova? È come scoprire un
tesoro nascosto ?
E’
così. E una volta trovammo davvero un piccolo tesoro nascosto in un
volume notarile. Era un mazzetto di banconote da 50 e 100 lire del
periodo dell’ultima guerra mondiale. Erano fuori corso, ma potevano
nascondere una storia: un archivio è un ottimo nascondiglio in casi
di emergenza. Cercammo l’erede del notaio che aveva custodito
l’archivio per ultimo, ma non ne sapeva nulla e non dimostrò alcun
interesse.
Cosa
potrebbe consigliare ai giovani che vogliono approcciarsi a questo
lavoro ?
Di
solito gli stessi Archivisti di Stato organizzano, nelle loro sedi,
le scuole di archivistica, paleografia e diplomatica. Per accedere a
queste scuole occorre la laurea e la conoscenza del latino. La scuola
è biennale e si conclude con esami scritti e orali rilasciando un
diploma utile per lavorare in qualsiasi archivio pubblico e privato.
Quale
tra le tante richieste da parte del pubblico, ha trovato un po’
strane ?
Non
ne ricordo. Il pubblico in sala di studio viene aiutato a fare la
richiesta da personale specializzato e dagli inventari. Si tratta di
professori universitari, studiosi di storia dell’arte, di laureandi
che preparano la tesi di laurea. C’è poi un altro tipo di utente:
quello che consulta documenti a scopi amministrativi come i vecchi
catasti e gli atti dei notai cessati più di cento anni fa.
Sono
certa che la professione dell’Archivista di Stato, alla fine di
questo interessante colloquio, sarà considerato dai lettori non solo
un lavoro importante, ma una fonte sorprendente di notizie e fatti
storici per la varietà e vastità del materiale che ogni giorno può
portare alla luce.
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