La mostra, che si conclude in questi giorni nelle sale di palazzo
Barberini, si presenta come unica rassegna allestita in Italia per
celebrare il 4° centenario della nascita di Nicolas Poussin
(Normandia 1594 - Roma 1655), pittore francese che proprio a Roma
raggiunse non solo il suo apice artistico ma anche fama e
celebrità tra i grandi committenti del tempo che agivano nella
città, come appunto i Barberini.
Proprio Poussin è stato uno degli interpreti principali del
classicismo secentesco all'epoca affermatosi come corrente
culturale ed artistica in voga tra gli intellettuali, i nobili
mecenati ed i pittori romani.
Il giovane Nicolas Poussin venne introdotto a Roma nel 1624 dal
celebre cavalier Marino che lo aveva notato alla corte francese di
Maria dè Medici e lo aveva convinto a seguirlo in Italia proprio
nel momento in cui il pittore iniziava la sua ascesa negli
ambienti artistici parigini.
Nella città, Poussin gode della protezione e dei favori del
cardinale Sacchetti e di Francesco Barberini, nipote di Urbano
VIII, amicizie che gli valgono subito committenze importanti.
Siamo ormai nel 1627, anno in cui il pittore termina la "Morte di
Germanico" (Minneapolis - Institute of Arts), primo quadro famoso
presente alla mostra romana che comprende in tutto una trentina di
dipinti non solo di Poussin ma anche di altri pittori stranieri
attivi in quel periodo a Roma, come il cognato dell'artista,
Gaspard Dughet (Roma 1615 - 75), suo discepolo e grande
paesaggista, famoso per le sue numerose tempeste e vedute della
campagna romana, alcune delle quali esposte nella stessa rassegna.
La mostra si presenta interessante perchè cerca di dare una
visione generale della presenza di pittori stranieri nella Roma
del Seicento, presenza che si rivelerà preponderante e
fondamentale per l'affermazione di un certo tipo di pittura, quale
quella "di genere" rappresentata dai paesaggisti, dai pittori di
rovine classiche e di nature morte, ci basti ricordare oltre al
già citato Dughet, nomi come il grande Claude Lorrain (1600 -
1682) e quelli di altri artisti attivi nella seconda metà del
secolo, quali il tedesco Christian Berentz (1658 - 1722) ed il
fiammingo Abraham Bruegel (1631 - 1697). Ma su tutti prevale la
figura di Nicolas Poussin, sempre cosciente del proprio successo
ma mai così narcisista da compiacersene pubblicamente, un artista
che contrapponeva ai successi pubblici una vita privata calma e
modesta, un artista che, pur accettando lavori dalle potenti
famiglie romane del tempo (Sacchetti, Barberini, ecc.) si rifiutò
sempre di entrarne al servizio preferendo una certa libertà di
scelta in fatto di commissioni.
L'arte di Poussin si formò alla scuola manierista di Fontainbleau
dalla quale però il pittore si distaccò ben presto preferendo
i modelli nitidi e rigorosi dei maestri del Rinascimento italiano,
primo fra tutti Raffaello, ai quali, arrivando in Italia, affiancò
il colorismo forte e prepotente della grande pittura veneta di
Tiziano.
Ed è proprio al grande pittore veneto che l'artista si
rifà dipingendo i due "Baccanali di putti" presenti alla mostra e
datati intorno al 1626, le due copie da Tiziano del "Festino degli
Dei" (Roma - Castel S. Angelo) e del "Bacco ed Arianna" (Roma -
Accademia di S. Luca) a lui attribuite da una parte della critica
ed il famoso "Trionfo di Flora" del 1627 ca., forse eseguito per
il cardinale Sacchetti, nel quale alla classica nitidezza dei
volti femminili si accompagna il ritmo festoso degli amorini,
tanto presenti nei quadri del pittore francese, ed un certo velo
di malinconia caratterizza insolitamente le espressioni dei
personaggi presenti al trionfo della divinità, figure di semidei
che diedero origine a fiori, come Narciso, Giacinto e Clizia,
tratte direttamente dalle "Metamorfosi" di Ovidio.
Ai quadri di storia appartengono la "Morte di Germanico", già
precedentemente citato, e la "Battaglia di Gedeone contro i
Madianiti" (Roma - Pinacoteca Vaticana); nel primo, appartenuto al
cardinale Francesco Barberini, alla tragica compostezza del
momento, tutta classica, si accompagna il dolore e la tristezza
che traspare dai volti dei presenti sormontati dall'inquietante
drappo blu-notte che sembra avvolgere e coprire l'intera scena
come la morte che immatura sopraggiunge ad abbracciare l'eroe
romano. Il secondo quadro, la cui storia è tratta dal Libro dei
Giudei (VII), è illuminato dalla luce notturna che lambisce i
corpi dei soldati morti e risalta i movimenti concitati della
battaglia dando alla scena la plasticità propria di un rilievo
classico.
Dei quadri a carattere religioso del pittore è presente il noto
quanto raccapricciante "Martirio di S:Erasmo" (1628/9 - Roma,
Pinacoteca Vaticana), opera firmata destinata a S. Pietro e
realizzata dietro appoggio del cardinale Barberini (per il quale
Poussin ha prodotto una copia da cavalletto presente alla mostra).
Dalla tela traspare un senso tragico ed eroico della vita molto
forte, la scena è dura e cruenta come quelle della "Strage degli
innocenti" (1624/30) e de "La Peste di Azoth" (1630/31), alla fortezza classica rappresentata dalla statua di Ercole posta sulla
destra in alto a sormontare l'azione dei carnefici vien
contrapposta la forza cristiana del martirio che il Santo sopporta
eroicamente; e questa contrapposizione, tra rigore ed equilibrio
classico e senso tragico, spirituale ed eroico del destino e della
storia dell'uomo è la contrapposizione che caratterizzerà
fino alla fine l'arte del pittore Nicolas Poussin.
Roma - P.zzo Barberini, Via delle Quattro Fontane, 13
Fino al 29 Gennaio 1995
|