Nel caso del Museo di Grenoble sembra quanto mai appropriato parlare di
museo su misura, o meglio a misura di collezione.
Dal 1796, anno della fondazione ad opera di Louis Joseph Jayet, il museo ha
continuato ad arricchirsi grazie ad oculate acquisizioni, alla
generosità dei privati, ai depositi di stato, composti per la maggior
parte dai cospicui bottini accumulati durante la rivoluzione o con le campagne
napoleoniche.
Con l'arrivo a Grenoble del direttore Andry-Farcy nel 1919, artista dalle idee
all'avanguardia, il museo inizia a riempirsi di opere di giovani artisti
contemporanei non ancora famosi. Con la sua dinamica politica di acquisizioni
il Museo di Grenoble diventa così un importante punto di riferimento nel
panorama museale francese, all'epoca ancora privo di un'istituzione interamente
dedicata all'arte contemporanea. (Il Musée National d'Art Moderne di
Parigi sarà creato infatti solo nel 1946). Sono Picasso e Matisse ad
inaugurare la serie delle donazioni d'artista, offrendo rispettivamente al
museo: Femme lisant nel 1921 e Interieur aux aubergines nel 1922,
opera con la quale aveva già scandalizzato la critica parigina.
Dopo il 1949 i successori del carismatico Farcy, soprannominato con
ammirazione il mendicante dell'arte, si trovarono a gestire una
prestigiosa eredità, in cui quasi tutte le correnti moderne erano
rappresentate: dai fauves ai cubisti, dagli espressionisti ai surrelisti, senza
dimenticare naives e impressionisti. (Un anno prima di andare in pensione
Farcy ebbe l'intuizione di acquistare tele dei contemporanei Soulages, Hartung,
Poliakoff, Schneider.)
È naturale che con l'arrivo degli anni `60 il Museo di Grenoble avesse
decisamente bisogno di una sede più funzionale. I sontuosi ambienti
dell'edificio ottocentesco progettato da Jean-Auguste Questel, erano oramai
troppo esigui per conservare ed esporre adeguatamente un patrimonio artistico
così ricco e composito.
La sede attuale, inaugurata nel 1994, è stata concepita proprio in
funzione di questo notevole corpus di opere, che vanno dall'arte egizia e
arrivano fino alle più recenti tendenze dell'arte contemporanea.
Il nuovo museo su misura, edificato in posizione strategica, sulla
riva sinistra dell'Isarco, ai piedi della montagna, immerso in un ampio parco
di sculture, costituisce un vero e proprio diaframma culturale tra il centro
storico e il nuovo agglomerato urbano.
Già criticato per l'eccessiva austerità delle sue forme, questo
riuscito esempio di architettura museale deve il suo aspetto ad un attento
lavoro di citazione degli architetti, Philippe Macary, Olivier e Antoine
Félix-Faure. Ispiratisi alla purezza dell'arte cistercense gli autori
hanno realizzato un edificio sobrio e lineare, sviluppato su di un solo piano
leggermente sopraelevato (che consente un'illuminazione zenitale), con quattro
lati l'uno diverso dall'altro.
Le due enormi vetrate aperte sul lato ovest permettono una suggestiva
compenetrazione di forme fra le morbide statue classiche esposte all'interno e
due sculture monumentali in acciaio nero, di Alexander Calder e Marck di
Suvero, sistemate sulla piazza antistante. Unica variazione nella
linearità della pianta è la facciata nord, risolta in una grande
curva che segue il corso del fiume, ritmata da cinque vetrate strette e lunghe.
Sempre sulla riva sinistra, collegata al museo attraverso una lunga passerella
a vetrate, si trova la medievale Tour de l'Isle, prezioso resto
tardo-medievale, sede di uno gabinetto di disegni e stampe fra i più
importanti di Francia.
Da fuori la morfologia della costruzione -imponente transatlantico bianco-
potrebbe sulle prime disorientare, ma all'interno, l'avvolgente hall circolare
accoglie il visitatore mettendolo presto a proprio agio. Questo garbato omaggio
al Guggenheim, è l'ambiente pivot di tutte le attività del
museo: l'accueil, la caffetteria, la libreria-boutique, la documentazione,
l'atelier, la biblioteca e l'auditorium al primo piano, la conservazione al
secondo.
Nell'asse della hall si apre la luminosa galleria centrale, spina dorsale del
progetto, che distribuisce gli spazi: sulla destra i 1000 mq riservati alle
esposizioni temporanee, sulla sinistra e all'estremità le 53 sale
dedicate alle collezioni permanenti (5500 mq).
Alla domanda se l'architettura debba annullarsi di fronte alle opere Lorenzo
Piqueiras, responsabile della museografia nel progetto di Grenoble, risponde
che la missione non era quella di realizzare un'architettura neutra,
bensì une architecture qui atteste qu'elle est en attente de
l'oeuvre, pour ainsi dire en "manque".
Nell'allestimento del Museo di Grenoble si è riusciti a stabilire un
equilibrio ideale fra supporto architettonico, illuminazione e opere d'arte,
consentendone una lettura privilegiata e allo stesso tempo naturale.
In questi spazi ben calibrati infatti il visitatore scopre agevolmente i tesori
sotto una luce diffusa, guidato da una segnaletica sobria impressa sulle pareti
bianche, la cui tonalità cambia gradualmente a seconda del secolo
rappresentato. Le numerose aperture a vetri inoltre offrono al visitatore un
punto di vista privilegiato sulla città, consentendogli di orientarsi
più facilmente all'interno del museo.
Una chiarezza espositiva esemplare rende godibili tanto il rigoroso percorso
cronologico che i trasversali percorsi tematici.
Il primo, trionfalmente aperto dalla pittura italiana con opere di Jacopo
Torriti, Perugino, Vasari, Bassano, Veronese, documenta in maniera esauriente
le tappe salienti della pittura europea dal XIII al XIX secolo. Dai nomi del
manierismo italiano, si passa ai maestri del 600 con un sorprendente variare di
dimensioni: Rubens, Bloemaert, Mattia Preti, Osias Beert, Philippe de
Champaigne, Georges de la Tour, Zurbaràn, Vouet, Lorrain. E ancora ai
capolavori di Canaletto, Guardi, David, Delacroix, Ingres, Dorè, fino ad
arrivare ai cosidetti precursori dell'arte moderna: Boudin, Pisarro, Bazille,
Renoir, Monet, Gauguin, Sisley, Courbet.
Sulla superficie curvilinea del lato nord, più di 40 sale distribuite
liberamente illustrano invece l'arte del XX secolo. Inaugurato da una preziosa
donazione, (con quadri di Matisse, Van Dongen, Marquet, Derain, Signac, De
Vlaminck, Friesz.) l'iter tematico si snoda con disinvoltura attraverso i
momenti fondamentali dell'arte contemporanea: fauvismo, cubismo, futurismo,
realismo, metafisica, purismo, De Stijl, surrelismo, espressionismo,
astrazione geometrica e informale, arte cinetica, pop-art, nouvelle figuration,
construttivismo, minimalismo.
Nel piano seminterrato si svolge l'ultima fase espositiva.. Fanno parte
dell'allestimento, la cui mobilità dei pezzi è agevolata
dall'articolazione delgi spazi, tele di Morris Louis, Sam Francis, Joan
Mitchell per l'espressionismo astratto, poi ancora Louise Nevelson, Jannis
Kounellis, Gilbert & George, Rebecca Horn. Nell'ultima sala, dedicata
all'arte minimalista e all'Hard Edge, la parete vetrata mette in
comunicazione diretta le opere esposte di Sol Le Witt, Frank Stella, Ellsworth
Kelly, Kenneth Noland, con le sculture del parco, creando un suggestivo effetto
di continuità museale fra interno ed esterno.
Le due grandi retrospettive finora allestite a Grenoble: Kurt
Schwitters e Rebecca Horn, insieme all'ultima: Noir et blanc.
Hommage à Aurelie Nemours, chiarificano la posizione del
direttore del museo, Serge Lemoine, in carica dal 1986. Studioso dell'arte
astratta in tutte le sue forme, Lemoine prosegue nella linea inaugurata da
Andry-Farcy, acquistando arte contemporanea e suscitando donazioni. La recente
esposizione -una storia dell'astrattismo raccontata rigorosamente in bianco e
nero a partire da Franz Kupka, passando per Vasarely fino alle tendenze
più recenti- ha sollevato una polemica con Jean Clair, riattivando il
sempreverde dibattito fra figurazione e astrazione. A confermare ancora questa
tendenza, la retrospettiva su Morris Louis, in programma a Grenoble dal 29
settembre al 16 dicembre 1996, artista del quale il museo possiede tre tele
fondamentali.
Quello che fu uno dei primi musei francesi d'arte moderna va considerato oggi
come un'istituzione museografica di primo piano in Europa. Ma prima di essere
un museo a misura di collezione è un museo a misura d'uomo.
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