Una sfida davvero intelligente quella che tre musei etno-antropologici
di lingua francese si sono mutualmente lanciati, misurandosi intorno ad un
tema espositivo comune: la différence.
Oltre a confermare un'invidiabile solidarietà francofona, questa
singolare iniziativa, è l'occasione di un interessante confronto fra i
linguaggi di tre diverse realtà museali: il Museo Dauphinois di
Grenoble, il Museo Etnografico di Neuchâtel e il Museo della
Civilizzazione del Québec.
La mostra intitolata La différence: trois musées, trois
regards, si inserisce in una più ampia ridiscussione degli strumenti
e delle finalità del museo stesso.
Considerato nella sua più ampia accezione, il concetto di
différence è stato quindi interpretato da ogni museo
seguendo il proprio orientamento teorico, restando fedele alle proprie
tradizioni o alla mancanza di queste, come nel caso del museo canadese.
Il museo della Civilizzazione del Québec creato nel 1988, vanta infatti
la più recente storia delle collezioni. Istituzione nazionale inserita
nel circuito dei grandi musei, promuove la diffusione della cultura e della
storia canadese, offrendo al suo giovane pubblico l'opportunità di
conoscere società di tradizione antica, senza mai tralasciare il
riferimento all'attualità.
Creato nel 1906 per documentare le tracce dei primi abitanti del Delfinato e
delle Alpi, il Museo Dauphinois di Grenoble rappresenta invece il prototipo del
museo regionale dell'uomo. Qui le attività di ricerca, conservazione e
valorizzazione del patrimonio (archeologico, etnologico, storico, industriale,
artistico) fanno parte di un più vasto progetto di sensibilizzazione del
pubblico anche rispetto a questioni contemporanee.
Pur vantando la fondazione più antica, risalente al XVIII secolo, il
museo svizzero di Neuchâtel, (sede di un importante fondo etnografico di
oggetti africani), persegue da anni una politica espositiva del tutto
innovativa. La sua vocazione è quella di stimolare e provocare il
pubblico, portandolo a riflettere su temi universali del presente, preparandolo
al futuro grazie alle testimonianze del passato.
Il ricchissimo percorso de La différence, (attualmente presentata
nel Museo Dauphinois di Grenoble, fino al 27 settembre), preceduto da
un'indispensabile introduzione comune, è inaugurato dall'allestimento
del museo di Neuchâtel.
Coerente con la sua vocazione, l'equipe svizzera ha scelto di illustrare la
nozione di différence considerata nella sua accezione di
operatore logico, utile a misurare, valutare, sanzionare uno scarto rispetto ad
una norma o ad un sistema di regole.
Partiti dall'assunto che ai nostri giorni le travail de la difference est
donc lisible dans toutes les domaines du social, i curatori hanno
analizzato la differenza sociale nell'arco dei sette giorni della settimana.
Simboleggiati da sette bacheche, dove sono esposti oggetti vari, tutti i giorni
poggiano sull'utopia, rappresentata da uno specchio. E' l'utopia
dell'uguaglianza che porta a confondere il desiderio di uguaglianza con la
realtà nella quale viviamo, sempre più selettiva e
discriminante.
Al centro dello spazio a disposizione, ordinato simmetricamente, si susseguono
compatti: il giorno dell'uguaglianza; del successo; della linea; del
self-service; della retta via; della salvaguardia; della realtà.
Nelle bacheche-giornata, la cui stessa struttura rimanda alle regole del
sistema, fra feticci di civiltà scomparse e riti-miti contemporanei,
rappresentanti il caldo del giudizio sociale, si erge un obelisco blu, simbolo
del freddo dei vari sistemi di misurazione. Su ogni giornata, incombe un
personaggio diverso, in equilibrio precario fra uguaglianza e disuguaglianza.
Contemporaneamente allo scorrere di questa semaine simbolique, è
possibile seguire a destra e sinistra, l'evoluzione della conoscenza umana, dal
mito alla scienza, raccontata attraverso la riproduzione di classici della
letteratura e dell'iconografia.
Accolto sulla soglia d'ingresso dalle prime due pagine del libro della Genesi,
su quella di uscita il visitatore si imbatte in queste parole di Michel
Foucault:
... alors on peut bien parier que l'homme s'effacerait, comme a la limite
de la mer un visage de sable.
Preceduto dal titolo Vers l'indifférence, questo brano,
tratto da: Les mots et les choses, intende far riflettere sul rischio di
dissoluzione del senso e sul destino dell'uomo, sullo stato di indifferenza
verso la quale ci porta, inesorabilmente, la società virtuale.
Con uno sguardo rivolto e distolto dall'etnologia, il MEN propone quindi la
sua interpretazione della différence. Gli oggetti esposti, segni
di una realtà culturalmente orientata, sono gli argomenti portanti di
una storia che ne mette in rilievo tutte le caratteristiche, siano esse
estetiche, funzionali, o simboliche.
Exposer c'est troubler l'armonie, (...) déranger le
visiteur dans son confort intellectuel, (...) susciter des emotions des
colères, des envies d'en savoir plus, legge nella conclusione il
visitatore, ancora turbato dall'intesità segnica e dal registro
altamente ironico dell'allestimento di Neuchâtel.
Lasciato il suolo svizzero, si passa alle sorprese multimediali dell'equipe
canadese, che ha affidato il compito di rappresentare il concetto di differenza
ad un oggetto universalmente diffuso e relativamente recente: la porta.
La soglia della porta è infatti la frontiera che marca la differenza,
fra il noto e l'ignoto, il lecito e l'illecito, il pubblico e il privato.
Nella suggestione della penombra, accompagnato da un motivo musicale, il
visitatore entra in un corridoio lungo il quale numerose porte, l'una di fronte
all'altra, si aprono sul mondo della differenza.
Con la porta della toilette si introduce la questione della segregazione
originale, della differenza sessuale. Naître mâle condamne
à l'urinoir, si legge accanto ad un orinatoio di duchampiana
memoria.
Si passa poi alle differenze genetiche, a quelle fra l'uomo e l'animale, fino
ad arrivare alle differenze fisiognomiche.
La presentazione è un vero trionfo multimediale (spezzoni di film
celebri, video amatoriali, documentari, reportages, videografica), apprezzato
dal giovane visitatore, meno gradito forse da un pubblico più maturo e
tradizionale.
La serie di testi che completano l'allestimento (firmati da Bernard Arcand,
Serge Bouchard), arricchiti con dati statistici e notizie puntuali, risultano
in alcuni momenti un po' goffi nel loro lirismo ostentato, adatti ad una
platea abituata all'immediatezza degli slogan pubblicitari, mediamente meno
colta e consapevole rispetto a quella europea.
Les portes sont des visages (...)sculptés par le vent, par le
temps, par les mains qui n'ont jamais cessé de les ouvrir et de le
refermer. Plus encore les portes sont des masques. (...) cachent nos vies
intérieures, sources de la considérable différence qui
sépare les êtres. (...), scrive Bouchard, sottolineando
che, se l'universale diffusione delle porte ne rivela l'uguaglianza fra gli
uomini, l'originalità della loro fattura mostra invece tutta la nostra
profonda differenza.
Un'altro uscio spalancato è quello della scuola, una visione sulle
vergognose ingiustizie dell'istruzione:
Tout le mond naît analphabète. Des millions d'etres humains
dans le mond entier le resteront toute leur vie. En 1990, la planète
comptait près d'un milliard de personnes qui ne savait ni lire ni
écrire...
Ecco illustrato il binomio analfabetismo-povertà, accanto alle
rapidissime conquiste di Internet, apparentemente offerte a tutti, ma di fatto
riservate a chi può permettersele.
La porta intesa come muro alla tolleranza prende in considerazione le
discriminazioni razziali. Il caso canadese (suddiviso per tappe dal 1847 al
1919 al 1995) viene illustrato da una serie di video-clip sulle numerosissime
organizzazioni neonaziste xenofobe.
Le porte testimoni muti di un tempo passato, hanno assistito al succedersi
degli eventi più svariati senza poter parlare, come nel caso del ghetto
ebreo.
Ai riti violenti dei movimenti di estrema destra che scorrono sul video, si
contrappone la dolce e angosciante litania di un'avemaria sussurrata da uno
speaker senza soluzione di continuità. Siamo davanti alla porta del
confessionale, aperta (o chiusa) sull'ampia questione della fede, e del peccato
che secondo Arcand accomuna tutti in un simile destino. La grata del
confessionale separa il profano dal dominio del sacro, ribatte Bouchard, un
non-luogo dove personne pourra venir te chercher.
Durante questa marcia trionfale non poteva mancare la porta a sbarre della
prigione. Dal prigioniero abbandonato nell'oblio della cella di un tempo si
è arrivati a quello reso famoso dalle telecamere, entrate nel carcere
dopo averne oltrepassanto senza rispetto la soglia. Cifre impressionanti sul
numero di incarcerazioni scorrono sul video che mostra, in plongé, un
prigioniero nella sua cella.
Se la violazione della libertà altrui è rappresentata da una
porta sfondata, (...pénétrer chez quelq'un contre son
gré, c'est nier d'un coup de boutoir tout ce qu'il est.), quella
chiusa con il catenaccio è il simbolo della perdita di libertà
politica. A questo proposito viene ricordata la celebre legge del lucchetto,
adottata nel 1937 dal Parlamento del Québec, in vigore della quale il
procuratore generale poteva far chiudere qualsiasi istituzione sospettata di
permettere la propagazione dell'ideologia comunista. L'accesso vietato diventa
occasione, secondo Arcand, di un esame di coscienza.
Dopo aver indugiato sulla soglia di un silenzioso luogo di clausura, e
annunciata l'esistenza di un impenetrabile giardino delle meraviglie chiuso ai
visitatori, il cammino si arresta sulla soglia dell'aldilà. Un filmato
in bianco e nero, intenzionalmente flou, propone un avvicendarsi di persone di
ogni età sull'ultima soglia.
L'intensità emotiva del finale, viene però guastata dalla
grossolanità del testo che invita il pubblico a non affrettarsi,
perchè ogni ora circa 5400 persone passano la soglia del non ritorno.
Infinito è il numero di porte passate durante l'arco della nostra vita.
Nello spazio del museo la porta costituisce l'accesso privilegiato verso nuovi
mondi, nuove culture, nuove idee, diventando in definitiva una metafora della
conoscenza.
L'ultima tappa de La différence è costituita
dall'allestimento Museo Dauphinois di Grenoble, il meno provocatorio e anche il
più didattico, in equilibrio fra tradizione etno-antropologica e
suggestioni contemporanee.
Fra le numerose figure leggittimamente ispirate dal concetto di differenza,
l'equipe francese ha scelto quelle che autorizzano l'esplorazione della
diversità culturale.
Il percorso infatti si articola intorno a tre nuclei, quello della
diversità culturale francese (Diversité du nôtre),
quello delle culture nel mondo, fino a toccare le differenze sociali
riscontrate più recentemente (Nous autres).
I francesi hanno voluto vedere nel concetto di differenza un elemento
dinamico, capace di generare eventi. L'universo stesso, spiega un pannello
introduttivo, si è costituito grazie ad un'asimmetria fondamentale, come
la specie umana si riproduce a partire dalla differenziazione sessuale.
L'umanità ha elaborato culture e civilizzazioni, liberando
potenzialità espressive diverse, caratterizzate da segni e forme
particolari.
Nella prima tappa la différence coincide con la differenza della
Francia stessa, mosaico di culture regionali illustrate attraverso i suoi
manufatti, le tecniche, i costumi, i rituali, i linguaggi e le scritture.
Vengono proposte varie tipologie di case e quindi di tetti, che permettono
l'individuazione di aree territoriali diverse: l'ardesia, la lava, il legno, il
cotto.
Una scelta di utensili illustra invece le abitudini culinarie, che dividono la
Francia dei sapori in tre: quella dell'olio d'oliva a sud, quella del burro a
nord, quella dello strutto a sud-ovest.
Fra le tecniche di costruzione e i costumi alimentari si frappongono grosse
canne di bambù fissate nel pavimento dalle quali escono i suoni
stridenti o caldi delle lingue regionali (bretone, lingue d'oc e d'oil,
fiammingo, il basco, il guascone.)
A porre fine al mosaico di realtà culturali regionali l'avvento della
Rivoluzione Francese, alla quale è dedicato un tratto del percorso.
Simbolo di accesso a nuovi valori, la rivoluzione segna la conquista della
dignità umana, e l'emergere di una figura del tutto nuova, quella del
cittadino. Ridotto ai suoi diritti e ai suoi doveri questo individuo, egli
accede ad una norma di universalità astratta che nega i particolarismi
locali e le identità culturali.
Nello spazio riservato alle culture degli altri, si assiste al
confronto fra l'Europa e i selvaggi, vittime della sua
espansione. La colonizzazione è stata per gli occidentali
l'occasione di una presa di coscienza dell'alterità esistente. Questo
ha portato ad una giustificazione dello sfruttamento e dell'oppressione
dell'uomo considerato diverso.
In un cerchio formato da preziose maschere popolari, simboliche ed
enigmatiche, si realizza un dialogo ideale fra culture diverse ma di pari
dignità. Una dignità raggiunta relativamente tardi, con l'avvento
della decolonizzazione nel XX secolo, quando l'etnologia riesce a
restituirgliela.
Mentre l'umanità si avvia verso l'uniformità culturale
influenzata dalla logica di mercato, nuove realtà culturali si affermano
e si fondono alle antiche in un ricambio continuo, infinito e imprevedibile,
quello del villaggio globale, unico luogo possibile.
Dopo una ricca collezione di cappelli, -segni distintivi dell'appartenenza ad
una regione, una gerarchia, un'etnia, un gruppo, una funzione nella
società- con il foulard islamico, tappa finale del percorso, si apre il
dibattito sul diritto dell'uomo a manifestare liberamente la propria
differenza.
A Jean Paul Sartre spetta invece l'ultima parola:
Tout un homme, fait de tous les hommes et qui les vaut tous et que vaut
n'importe qui.
La difference: Trois musée, trois régards, è
prevista in Québec dal febbraio a settembre 1997.
Dopo la chiusura della manifestazione, seguirà una valutazione e un
convegno internazionale, indetto dall'I.C.O.M., con lo scopo di sensibilizzare
la riflessione contemporanea sulla vocazione dei musei e sul tipo di
rappresentazione della realtà da loro proposta.
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