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Tre musei francofoni uniti nella differenza Grenoble, Neuchâtel, Québec
Carmen Barbara Gentili
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 134 (20 settembre 1996)
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Una sfida davvero intelligente quella che tre musei etno-antropologici di lingua francese si sono mutualmente lanciati, misurandosi intorno ad un tema espositivo comune: la différence.

Oltre a confermare un'invidiabile solidarietà francofona, questa singolare iniziativa, è l'occasione di un interessante confronto fra i linguaggi di tre diverse realtà museali: il Museo Dauphinois di Grenoble, il Museo Etnografico di Neuchâtel e il Museo della Civilizzazione del Québec.

La mostra intitolata La différence: trois musées, trois regards, si inserisce in una più ampia ridiscussione degli strumenti e delle finalità del museo stesso.
Considerato nella sua più ampia accezione, il concetto di différence è stato quindi interpretato da ogni museo seguendo il proprio orientamento teorico, restando fedele alle proprie tradizioni o alla mancanza di queste, come nel caso del museo canadese.

Il museo della Civilizzazione del Québec creato nel 1988, vanta infatti la più recente storia delle collezioni. Istituzione nazionale inserita nel circuito dei grandi musei, promuove la diffusione della cultura e della storia canadese, offrendo al suo giovane pubblico l'opportunità di conoscere società di tradizione antica, senza mai tralasciare il riferimento all'attualità.
Creato nel 1906 per documentare le tracce dei primi abitanti del Delfinato e delle Alpi, il Museo Dauphinois di Grenoble rappresenta invece il prototipo del museo regionale dell'uomo. Qui le attività di ricerca, conservazione e valorizzazione del patrimonio (archeologico, etnologico, storico, industriale, artistico) fanno parte di un più vasto progetto di sensibilizzazione del pubblico anche rispetto a questioni contemporanee.

Pur vantando la fondazione più antica, risalente al XVIII secolo, il museo svizzero di Neuchâtel, (sede di un importante fondo etnografico di oggetti africani), persegue da anni una politica espositiva del tutto innovativa. La sua vocazione è quella di stimolare e provocare il pubblico, portandolo a riflettere su temi universali del presente, preparandolo al futuro grazie alle testimonianze del passato.

Il ricchissimo percorso de La différence, (attualmente presentata nel Museo Dauphinois di Grenoble, fino al 27 settembre), preceduto da un'indispensabile introduzione comune, è inaugurato dall'allestimento del museo di Neuchâtel.
Coerente con la sua vocazione, l'equipe svizzera ha scelto di illustrare la nozione di différence considerata nella sua accezione di operatore logico, utile a misurare, valutare, sanzionare uno scarto rispetto ad una norma o ad un sistema di regole.
Partiti dall'assunto che ai nostri giorni le travail de la difference est donc lisible dans toutes les domaines du social, i curatori hanno analizzato la differenza sociale nell'arco dei sette giorni della settimana. Simboleggiati da sette bacheche, dove sono esposti oggetti vari, tutti i giorni poggiano sull'utopia, rappresentata da uno specchio. E' l'utopia dell'uguaglianza che porta a confondere il desiderio di uguaglianza con la realtà nella quale viviamo, sempre più selettiva e discriminante.

Al centro dello spazio a disposizione, ordinato simmetricamente, si susseguono compatti: il giorno dell'uguaglianza; del successo; della linea; del self-service; della retta via; della salvaguardia; della realtà.
Nelle bacheche-giornata, la cui stessa struttura rimanda alle regole del sistema, fra feticci di civiltà scomparse e riti-miti contemporanei, rappresentanti il caldo del giudizio sociale, si erge un obelisco blu, simbolo del freddo dei vari sistemi di misurazione. Su ogni giornata, incombe un personaggio diverso, in equilibrio precario fra uguaglianza e disuguaglianza.
Contemporaneamente allo scorrere di questa semaine simbolique, è possibile seguire a destra e sinistra, l'evoluzione della conoscenza umana, dal mito alla scienza, raccontata attraverso la riproduzione di classici della letteratura e dell'iconografia.
Accolto sulla soglia d'ingresso dalle prime due pagine del libro della Genesi, su quella di uscita il visitatore si imbatte in queste parole di Michel Foucault:
... alors on peut bien parier que l'homme s'effacerait, comme a la limite de la mer un visage de sable.
Preceduto dal titolo Vers l'indifférence, questo brano, tratto da: Les mots et les choses, intende far riflettere sul rischio di dissoluzione del senso e sul destino dell'uomo, sullo stato di indifferenza verso la quale ci porta, inesorabilmente, la società virtuale.

Con uno sguardo rivolto e distolto dall'etnologia, il MEN propone quindi la sua interpretazione della différence. Gli oggetti esposti, segni di una realtà culturalmente orientata, sono gli argomenti portanti di una storia che ne mette in rilievo tutte le caratteristiche, siano esse estetiche, funzionali, o simboliche.
Exposer c'est troubler l'armonie, (...) déranger le visiteur dans son confort intellectuel, (...) susciter des emotions des colères, des envies d'en savoir plus, legge nella conclusione il visitatore, ancora turbato dall'intesità segnica e dal registro altamente ironico dell'allestimento di Neuchâtel.

Lasciato il suolo svizzero, si passa alle sorprese multimediali dell'equipe canadese, che ha affidato il compito di rappresentare il concetto di differenza ad un oggetto universalmente diffuso e relativamente recente: la porta.
La soglia della porta è infatti la frontiera che marca la differenza, fra il noto e l'ignoto, il lecito e l'illecito, il pubblico e il privato.

Nella suggestione della penombra, accompagnato da un motivo musicale, il visitatore entra in un corridoio lungo il quale numerose porte, l'una di fronte all'altra, si aprono sul mondo della differenza.
Con la porta della toilette si introduce la questione della segregazione originale, della differenza sessuale. Naître mâle condamne à l'urinoir, si legge accanto ad un orinatoio di duchampiana memoria.

Si passa poi alle differenze genetiche, a quelle fra l'uomo e l'animale, fino ad arrivare alle differenze fisiognomiche.
La presentazione è un vero trionfo multimediale (spezzoni di film celebri, video amatoriali, documentari, reportages, videografica), apprezzato dal giovane visitatore, meno gradito forse da un pubblico più maturo e tradizionale.

La serie di testi che completano l'allestimento (firmati da Bernard Arcand, Serge Bouchard), arricchiti con dati statistici e notizie puntuali, risultano in alcuni momenti un po' goffi nel loro lirismo ostentato, adatti ad una platea abituata all'immediatezza degli slogan pubblicitari, mediamente meno colta e consapevole rispetto a quella europea.
Les portes sont des visages (...)sculptés par le vent, par le temps, par les mains qui n'ont jamais cessé de les ouvrir et de le refermer. Plus encore les portes sont des masques. (...) cachent nos vies intérieures, sources de la considérable différence qui sépare les êtres. (...), scrive Bouchard, sottolineando che, se l'universale diffusione delle porte ne rivela l'uguaglianza fra gli uomini, l'originalità della loro fattura mostra invece tutta la nostra profonda differenza.

Un'altro uscio spalancato è quello della scuola, una visione sulle vergognose ingiustizie dell'istruzione:
Tout le mond naît analphabète. Des millions d'etres humains dans le mond entier le resteront toute leur vie. En 1990, la planète comptait près d'un milliard de personnes qui ne savait ni lire ni écrire...
Ecco illustrato il binomio analfabetismo-povertà, accanto alle rapidissime conquiste di Internet, apparentemente offerte a tutti, ma di fatto riservate a chi può permettersele.
La porta intesa come muro alla tolleranza prende in considerazione le discriminazioni razziali. Il caso canadese (suddiviso per tappe dal 1847 al 1919 al 1995) viene illustrato da una serie di video-clip sulle numerosissime organizzazioni neonaziste xenofobe.
Le porte testimoni muti di un tempo passato, hanno assistito al succedersi degli eventi più svariati senza poter parlare, come nel caso del ghetto ebreo.

Ai riti violenti dei movimenti di estrema destra che scorrono sul video, si contrappone la dolce e angosciante litania di un'avemaria sussurrata da uno speaker senza soluzione di continuità. Siamo davanti alla porta del confessionale, aperta (o chiusa) sull'ampia questione della fede, e del peccato che secondo Arcand accomuna tutti in un simile destino. La grata del confessionale separa il profano dal dominio del sacro, ribatte Bouchard, un non-luogo dove personne pourra venir te chercher.

Durante questa marcia trionfale non poteva mancare la porta a sbarre della prigione. Dal prigioniero abbandonato nell'oblio della cella di un tempo si è arrivati a quello reso famoso dalle telecamere, entrate nel carcere dopo averne oltrepassanto senza rispetto la soglia. Cifre impressionanti sul numero di incarcerazioni scorrono sul video che mostra, in plongé, un prigioniero nella sua cella.

Se la violazione della libertà altrui è rappresentata da una porta sfondata, (...pénétrer chez quelq'un contre son gré, c'est nier d'un coup de boutoir tout ce qu'il est.), quella chiusa con il catenaccio è il simbolo della perdita di libertà politica. A questo proposito viene ricordata la celebre legge del lucchetto, adottata nel 1937 dal Parlamento del Québec, in vigore della quale il procuratore generale poteva far chiudere qualsiasi istituzione sospettata di permettere la propagazione dell'ideologia comunista. L'accesso vietato diventa occasione, secondo Arcand, di un esame di coscienza.

Dopo aver indugiato sulla soglia di un silenzioso luogo di clausura, e annunciata l'esistenza di un impenetrabile giardino delle meraviglie chiuso ai visitatori, il cammino si arresta sulla soglia dell'aldilà. Un filmato in bianco e nero, intenzionalmente flou, propone un avvicendarsi di persone di ogni età sull'ultima soglia.

L'intensità emotiva del finale, viene però guastata dalla grossolanità del testo che invita il pubblico a non affrettarsi, perchè ogni ora circa 5400 persone passano la soglia del non ritorno.

Infinito è il numero di porte passate durante l'arco della nostra vita. Nello spazio del museo la porta costituisce l'accesso privilegiato verso nuovi mondi, nuove culture, nuove idee, diventando in definitiva una metafora della conoscenza.

L'ultima tappa de La différence è costituita dall'allestimento Museo Dauphinois di Grenoble, il meno provocatorio e anche il più didattico, in equilibrio fra tradizione etno-antropologica e suggestioni contemporanee.
Fra le numerose figure leggittimamente ispirate dal concetto di differenza, l'equipe francese ha scelto quelle che autorizzano l'esplorazione della diversità culturale.
Il percorso infatti si articola intorno a tre nuclei, quello della diversità culturale francese (Diversité du nôtre), quello delle culture nel mondo, fino a toccare le differenze sociali riscontrate più recentemente (Nous autres).

I francesi hanno voluto vedere nel concetto di differenza un elemento dinamico, capace di generare eventi. L'universo stesso, spiega un pannello introduttivo, si è costituito grazie ad un'asimmetria fondamentale, come la specie umana si riproduce a partire dalla differenziazione sessuale. L'umanità ha elaborato culture e civilizzazioni, liberando potenzialità espressive diverse, caratterizzate da segni e forme particolari.
Nella prima tappa la différence coincide con la differenza della Francia stessa, mosaico di culture regionali illustrate attraverso i suoi manufatti, le tecniche, i costumi, i rituali, i linguaggi e le scritture.

Vengono proposte varie tipologie di case e quindi di tetti, che permettono l'individuazione di aree territoriali diverse: l'ardesia, la lava, il legno, il cotto.
Una scelta di utensili illustra invece le abitudini culinarie, che dividono la Francia dei sapori in tre: quella dell'olio d'oliva a sud, quella del burro a nord, quella dello strutto a sud-ovest.

Fra le tecniche di costruzione e i costumi alimentari si frappongono grosse canne di bambù fissate nel pavimento dalle quali escono i suoni stridenti o caldi delle lingue regionali (bretone, lingue d'oc e d'oil, fiammingo, il basco, il guascone.)

A porre fine al mosaico di realtà culturali regionali l'avvento della Rivoluzione Francese, alla quale è dedicato un tratto del percorso. Simbolo di accesso a nuovi valori, la rivoluzione segna la conquista della dignità umana, e l'emergere di una figura del tutto nuova, quella del cittadino. Ridotto ai suoi diritti e ai suoi doveri questo individuo, egli accede ad una norma di universalità astratta che nega i particolarismi locali e le identità culturali.

Nello spazio riservato alle culture degli altri, si assiste al confronto fra l'Europa e i selvaggi, vittime della sua espansione. La colonizzazione è stata per gli occidentali l'occasione di una presa di coscienza dell'alterità esistente. Questo ha portato ad una giustificazione dello sfruttamento e dell'oppressione dell'uomo considerato diverso.
In un cerchio formato da preziose maschere popolari, simboliche ed enigmatiche, si realizza un dialogo ideale fra culture diverse ma di pari dignità. Una dignità raggiunta relativamente tardi, con l'avvento della decolonizzazione nel XX secolo, quando l'etnologia riesce a restituirgliela.

Mentre l'umanità si avvia verso l'uniformità culturale influenzata dalla logica di mercato, nuove realtà culturali si affermano e si fondono alle antiche in un ricambio continuo, infinito e imprevedibile, quello del villaggio globale, unico luogo possibile.
Dopo una ricca collezione di cappelli, -segni distintivi dell'appartenenza ad una regione, una gerarchia, un'etnia, un gruppo, una funzione nella società- con il foulard islamico, tappa finale del percorso, si apre il dibattito sul diritto dell'uomo a manifestare liberamente la propria differenza.

A Jean Paul Sartre spetta invece l'ultima parola:

Tout un homme, fait de tous les hommes et qui les vaut tous et que vaut n'importe qui.
La difference: Trois musée, trois régards, è prevista in Québec dal febbraio a settembre 1997.

Dopo la chiusura della manifestazione, seguirà una valutazione e un convegno internazionale, indetto dall'I.C.O.M., con lo scopo di sensibilizzare la riflessione contemporanea sulla vocazione dei musei e sul tipo di rappresentazione della realtà da loro proposta.



	
 

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