Il sempre più crescente interesse mostrato dai singoli stati e dagli
organismi internazionali nei confronti della tutela e della valorizzazione del
patrimonio culturale "universale" è un argomento che, pur essendo stato
affrontato in numerosi studi, ancora oggi risulta piuttosto complesso e
difficilmente sintetizzabile in modo organico e sistematico da parte della
dottrina.
Il problema principale, alla base di tale constatazione, è l'inesatta
definizione del concetto di bene culturale, da cui è derivata la
necessità di fornire un preciso significato del termine, in vista
dell'elaborazione e della successiva applicazione di un'apposita normativa
volta a garantire un'adeguata protezione e conservazione dei patrimoni
culturali a livello internazionale.
A tal proposito si sono rivelati utili nel presente lavoro non solo i
riferimenti agli interventi di alcuni studiosi, i quali hanno espresso la loro
opinione in materia tramite pubblicazioni di testi od articoli in riviste e
periodici specializzati, ma anche e soprattutto l'analisi ed il relativo
commento agli stessi documenti (accordi bilaterali e multilaterali, risoluzioni
e raccomandazioni inviate dagli organi competenti in seno agli organismi
internazionali presso gli stati membri), che in realtà si sono
dimostrati il mezzo più efficace per la preservazione di un patrimonio
di per sè universale in grado di unire tutti i popoli nell'espressione
dei più alti valori di civiltà ed umanità e nel
superamento dei concreti limiti spaziali e temporali.
Certamente bisogna tener conto del fatto che le soluzioni offerte dal punto di
vista giuridico sono state riformulate più volte allo scopo di incidere
non solo sulla disciplina sostanziale, (dato l'ampliamento della nozione stessa
di bene culturale, comprendente, oltre ai beni mobili, sia i siti e complessi
monumentali nonché archeologici, sia l'ambiente come risultato
dell'interazione tra elemento naturale ed azione dell'uomo), ma anche in
relazione alla necessità di modificare l'apparato burocratico nazionale
ed internazionale preposto ad assicurare una valida protezione dei beni
stessi.
Nella redazione del testo, allora, si è ritenuto necessario prendere in
considerazione l'argomento secondo questi punti, per semplificare in maniera
evidente la nostra indagine.
Nella premessa generale si è cercato di fornire un'accezione del
concetto di bene culturale, tentativo affiancato, in un'ottica di carattere
pubblicistico, dalla necessità di confermare l'unità funzionale e
strutturale di tale categoria di oggetti, nel primo caso giungendo ad una
risposta positiva (sulla base di elementi quali l'interesse e
l'utilità), nel secondo creandosi non pochi problemi, dato che la
qualificazione dello status dei beni culturali è realizzata in relazione
alla proprietà pubblica o privata rivendicata su di essi. Quindi si
è proceduto ad una prima classificazione delle norme internazionali,
sottolineando l'assenza di fonti consuetudinarie e confermando invece la
presenza e l'importanza di disposizioni pattizie in materia, catalogabili in
due differenti categorie (per la conservazione e per la protezione materiale
delle opere d'arte).
Successivamente si è passati, nel secondo capitolo, ad una valutazione e
alla verifica dell'applicazione pratica della normativa internazionale da parte
dei singoli stati e delle organizzazioni governative e non, distinguendo con
particolare attenzione le ipotesi di conflitto armato da quelle verificatesi in
tempo di pace. In quest'ambito, all'esigenza di fare riferimento, nel primo
paragrafo, ad alcuni punti fondamentali (come la definizione del concetto di
bene culturale, il diritto di proprietà rivendicabile ed esercitabile
sull'oggetto, la procedura di individuazione degli oggetti da tutelare), per
ribadire come, in tempo di pace, sia stato garantito un graduale intervento dei
soggetti interessati, compiuto all'inizio bilateralmente e poi mediante la
conclusione di accordi multilaterali presso importanti organizzazioni
internazionali (ONU, UNESCO, Consiglio d'Europa, CEE, OSA, nonché IOPA,
INTERPOL e UNIDROIT), si è contrapposta, nel secondo paragrafo, la
necessità di affrontare la trattazione del medesimo problema in tempo di
guerra principalmente attraverso la Convenzione dell'Aja del 1954.
Ci si è soffermati, poi, nel capitolo seguente, sul fenomeno di scambio
dei beni culturali, osservando sia i casi di esportazione ed importazione, sia
il trasferimento illecito, sia gli atti di restituzione e di ritorno degli
stessi. In relazione al primo punto è stato possibile, introducendo
l'argomento attraverso la presentazione delle più frequenti ipotesi di
movimento dei beni, distinguere tre tipi di stati coinvolti nel commercio delle
opere d'arte nel mercato internazionale, ovvero quelli esportatori, quelli di
transito e quelli importatori; quindi, riguardo il traffico illegale dei beni
culturali, a parte la difficoltà di fornire un'esatta accezione del
significato di tale espressione, è risultata evidente la validità
di un intervento di carattere sovranazionale, rispetto all'azione dei singoli
stati, soprattutto sulla base della Convenzione adottata in sede UNESCO il
14/11/1970 (concernente le misure per impedire e vietare l'illecita
importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni
culturali); infine, particolare importanza è stata attribuita al ruolo
assunto dai paesi interessati e dalle organizzazioni internazionali in materia
di restituzione e di ritorno degli oggetti d'arte, da cui è derivata
l'elaborazione di principi generali, utili nell'indicare l'idonea linea di
condotta mediante la quale superare gli ostacoli presenti in tale settore, ma
non sempre seguiti, in quanto non inseriti nei relativi ordinamenti interni.
L'attenzione è stata quindi rivolta alle prospettive della cooperazione
internazionale in materia, sottolineandosi, sulla base di una breve
ricostruzione degli sviluppi che hanno coinvolto tale ambito negli ultimi
trent'anni, da una parte la collaborazione, ancora in fieri, tra UNESCO e
UNIDROIT, per l'entrata in vigore di un nuovo testo convenzionale relativo alla
tutela dei beni culturali in caso di furto o di esportazione illecita,
dall'altra l'indiscusso ruolo rivestito dalle istituzioni e dagli enti museali,
per la creazione di una disciplina in grado di stabilire i comportamenti
standard adottabili dagli stati a livello internazionale, nonché
auto-regolamentativa delle funzioni ordinariamente assunte dai musei nel
mercato artistico mondiale.
Da ultimo, si è rivelato utile, seppur affrontato poco nel dettaglio, un
confronto tra normativa internazionale e normativa italiana, sulla base della
produzione legislativa tesa alla conservazione del patrimonio storico,
artistico e culturale del nostro paese (vedi art. 9 COST., L.1/6/1939 n.1089,
decr.l. del 14/12/1974 e successiva L. 29/1/1975, istitutivi del Ministero dei
Beni Culturali ed Ambientali), per verificarne la reale compatibilità,
il conseguente adattamento della prima alla seconda, ed i concreti risultati
prodotti da tale operazione nell'ambito del nostro ordinamento.
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