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Gli ori di Luigi Valadier Roma, Villa Medici
Francesca Romana Orlando
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 136 (3 febbraio 1997)
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Questa mostra è la prima esposizione monografica in Italia dedicata a Luigi Valadier e la seconda in assoluto, visto che la prima si è tenuta al Louvre nel l994. L'attenzione verso questo eclettico artista si è sempre scontrata con le difficoltà di classificazione storico-artistica che la sua opera comporta, così come afferma il curatore della mostra Alvar Gonzales-Palacios. A Villa Medici sono esposti numerosi esempi di oreficeria e di opere scultoree realizzate per la committenza romana.

Figlio di Andrea Valadier, argentiere francese stabilitosi a Roma nel 1714, Luigi Valadier ha trascorso la maggior parte della sua vita a Roma lavorando per le più importanti personalità della seconda metà del 700 di tutta Europa, dal Papa alla Zarina, milords inglesi, ambasciatori portoghesi, alti prelati, collezionisti francesi e spagnoli. La più importante commissione papale riguarda la collezione dei cammei per la quale Valadier fu chiamato da Pio IV nel 1719 con l'incarico di montare le gemme pontificie. Si trattava di cammei di epoca imperiale rinvenuti nelle catacombe romane all'inizio del secolo e raccolti dal Cardinale Gaspare Carpegna nel primo decennio del Settecento. Lo stile di queste opere è rococò ma Valadier, sensibile allo spirito degli antichi, anticipa, nella semplicità grammaticale della sistemazione dei cammei, lo stile Impero del primo Ottocento. Un precedente di questo tipo potrebbe ritrovarsi in alcune opere di Giovan Battista Piranesi come Santa Maria del Priorato. D'altra parte, però, Valadier non condivide con il Piranesi la ricerca filologica sull'antico.

In seguito al trattato di Tolentino del 1797, la Santa Sede fu costretta ad accettare l'imposizione di Bonaparte che esigeva la consegna, quale bottino di guerra, di un numero straordinario di opere ed oggetti d'arte delle collezioni vaticane. Nonostante la Restaurazione di Luigi XVIII e la sua promessa di restituzione delle stesse, non rientrarono mai in Italia anche per la scarsa fermezza dei Commissari del Papa inviati in Francia nel 1815 (tesi fornita da Gonzales-Palacios).

Solo negli ultimi anni, gli studiosi, fra i quali il curatore della mostra, sono riusciti, grazie a delle stampe presso la Calcografia Nazionale di Roma e le notizie ricavate dai conti del Valadier, ad identificare le opere mancanti. Fra queste un pezzo di un deser (termine usato per indicare un particolare tipo di centrotavola composto di vari elementi a diversi incastri su un supporto anch'esso componibile) ritrovato presso il Museo Archeologico di Madrid. Esso faceva parte di uno dei due deser commissionati dall'Ambasciatore di Malta a Roma, il Bali de Breteuil, nel 1778. Altri oggetti decorativi di grande valore esposti a Villa Medici sono due candelabri in porfido e bronzo realizzati per Marcantonio Borghese e gli argenti, tra cui una parte (un ramaiolo, due salsiere e due vassoi) di un sontuoso servizio realizzato tra il 1783 e 1784 per il Principe Borghese.

Negli ultimi anni della sua vita Valadier si dedicò attivamente alla fusione di statue in bronzo. Non è noto, però, se egli eseguisse personalmente i modelli delle proprie fusioni e soprattutto se i disegni fossero autografi, a parte quelli che sono trascrizioni di celebri prototipi dell'antichità. Le grandi statue in mostra provengono dalla Francia: l'Apollo del Belvedere era stato commissionato nel 1773 da Luigi XV per la sua favorita, Madame du Barry, le altre due sono copie di antichi marmi per il Conte d'Orsay (1780)

La mostra ospita, infine, numerosi disegni autografi provenienti dalla Pinacoteca Civica di Faenza, dal Gabinetto Comunale della Stamperia a Roma e da diverse collezioni private. Si tratta di studi progettuali e di disegni per la presentazione alle committenze che illustrano meticolosamente l'oggetto.

Luigi Valadier muore suicida nel 1785. La leggenda lo vuole disperato per le continue difficoltà tecniche nella fusione della campana di San Pietro. Sembra ormai certo, dagli ultimi studi compiuti sui documenti dell'epoca, in particolare sui libri dei conti, che dietro il suicidio ci sia un movente diverso: una condizione economica disastrosa e non più sostenibile. Valadier, infatti, si era unito in affari con un socio che pretendeva il 24 per cento degli utili annui. È facile, quindi, pensare allo stato di indigenza nel quale doveva trovarsi l'artista, tenuto conto, inoltre, dei costi elevati dei materiali impiegati e del fatto che " i personaggi potenti che commissionavano le opere non avevano fretta di saldare i propri conti " (Gonzales-Palacios)


	

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