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Matisse " La révélation m'est venue de l'Orient " Roma, Musei Capitolini
Silvia Giabbani
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 148 (4 febbraio 1998)
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Area Mostre

Il titolo di questa grande mostra dedicata a Matisse, assente da Roma da quasi vent'anni, vuole indicare la linea guida che collega le oltre duecento opere esposte, tese a coprire tutto l'arco cronologico della sua produzione artistica.

È dunque l'influsso dell'arte orientale quello che si cerca di delineare nel corso di tutta l'esposizione, arrivando anche a proporre un confronto diretto con oggetti " orientali "cui il pittore, direttamente o indirettamente, può essersi ispirato per alcune delle opere esposte.

È importante chiarire che l'arte da Matisse genericamente definita come "orientale" comprende al suo interno culture diverse tra loro, tutte presenti nei loro influssi, nella esposizione romana.

Queste vanno dal generico giapponesismo in voga alla fine del XIX secolo, "La Giapponese" ( 1901 c. , coll. privata), all'arte ispano-moresca incontrata ad Algeri sia nel 1906 che nel 1912, "Strada a Biskra" ( 1906, Statens Museum for Kunst, Copenaghen ), "Vasi e Frutta su un tappeto nero" ( 1906, Ermitage, San Pietroburgo ), "Amido" ( 1912, Ermitage, San Pietroburgo) "Il Riffano" (1912, Ermitage, San Pietroburgo); solo per fare degli esempi.

Protagonista costante delle ricerche espressive di Matisse è il colore, ed è appunto l'uso diverso, più strutturale , che l'arte orientale gli propone ad attirare la sua attenzione. Ma è anche la qualità stessa del colore ad attirarlo, la sua forza, la sua luce, l'uso di colori primari e secondari, ad aprigli nuove possibili soluzioni nella sua ricerca di una strutturazione plastica del quadro, in cui ciascun elemento-colore occupa un posto preciso nella economia generale dell'impianto pittorico.

Altro aspetto indagato è quello relativo al rapporto, rilevabile soprattutto nei ritratti, con le icone bizantine o quelle russe.
Il rapporto è stabilito in dipinti come "Marguerite" ( 1906-7, Museo Picasso, Parigi), dove i volumi si fanno superficie, dove l'individualità fisionomica e psicologica del ritratto vengono sacrificate per la ricerca di effetti " decorativi", proprio come le immagini bizantine, dove erano i nomi di santi o imperatori scritti vicino a rendere possibile la loro identificazione, così per identificare la donna dipinta da Matisse su un fondo ocra come l'oro, dobbiamo leggerne il nome posto sulla sua testa, Marguerite.

In questa mostra sono presenti diversi ritratti famosi, come per esempio il " Ritratto di M.de Matisse" ( 1913, Ermitage, San Pietroburgo), "August Pelerin II" ( 1917, Museé National d'Art Modern, Centre Georges Pompidou, Parigi), il " Ritratto di Sarah Stein" (1916, San Francisco Museum of Modern Art), "Testa di Lorette" ( 1916-17, Coll. privata) a testimonianza dei vari passaggi a cui il tema del ritratto, sempre presente nell'arte occidentale, è stato sottoposto dalla instancabile meditazione di Matisse. Suo scopo era quello di svincolare il ritratto dall'abituale valore riconoscitivo basato sulle fattezze individuali, per realizzare un ritratto in cui tutto il quadro partecipava alla identificazione del soggetto. In questo senso il rapporto con l'arte bizantina è superato quando, a partire da " La gioia di vivere" del 1906, costruisce le sue famose figure senza volto, in cui è palese la sua visione innovativa, rispetto sia all'arte occidentale che orientale, dello statuto pittorico della figura umana.

A partire da " Nudo con tappeto spagnolo" ( 1919, coll. privata ), " Nudo rosa seduto" ( 1935-36, coll. privata) "Ragazza con veste bianca su fondo rosso" ( 1944, coll. privata), sono molte le opere "senza volto" qui presentate che ci permettono di seguirne gli sviluppi.

Il confronto con l'arte orientale e il suo modo di adoperare il colore, è qui rappresentato anche con i famosi papiers découpés, con cui finalmente Matisse riesce ad operare direttamente nel colore. Tecnica utilizzata già dagli anni venti, è negli anni quaranta, per le illustrazioni di Jazz, che ne scopre le potenzialità innovative. Entusiasta delle qualità contemporaneamente plastiche e pittoriche che questa tecnica gli consentiva di esprimere in un unico gesto, cominciò una nuova e produttiva fase artistica, qui ben rappresentata in opere come i due pannelli " Oceania , il cielo" e "Oceania, il mare" ( 1946, Coll. privata ), " Pannello con maschera" ( 1947, Danske Kunstindustrimuseet, Copenaghen ), "L'eschimese" ( 1947, Danske Kunstindustrimuseet, Copenaghen ), sino ad arrivare al bozzetto finale, in grandezza naturale, della vetrata per la Cappella del Rosario di Vence, il famoso " Albero della vita" ( 1949, Collezione d'arte Religiosa Moderna, Musei Vaticani, Roma ) o alla grande fragile ceramica " Gli Acanti" ( 1953, Coll. privata ). Con questa opera, eseguita un anno circa prima della morte, Matisse testimonia ancora la vitalità sua e del confronto dialettico che in tutti questi anni aveva tenuto con l'arte orientale, nel momento in cui si confronta con un tema, quello degli acanti, presente nell'arte sin dal periodo greco- romano.



 
    BIBLIOGRAFIA

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    A Kostenevich - N. Semionova, Matisse et la Russie, Mosca-Parigi 1993.

    J. Flam, Matisse. The man and His Art. 1869-1918., Londra 1986.

    H. Matisse, Le chemin de la couleur. Propos recueillis par Gaston diehl, in " Art présent ", n.2, 1947.

    Matisse in Marocco. The paintings and Drawings, 1912-1913, catalogo della mostra, National Gallery of Art, Washington 1990.

    Matisse, La révélation m'est venue de l'Orient, catalogo della mostra a cura de L'Artificio, Firenze 1997.

     

 
 

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