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Lo Studio Soligo a Roma  
Laura Turco Liveri
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 174 (16 aprile 1999)
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Area Artisti

A Roma le gallerie d'arte private sono state, fino a tempi recentissimi, tra i catalizzatori più rilevanti e interessanti per scoprire e misurare il polso della situazione artistica della città. In questo senso la galleria è stata un luogo privilegiato, oltre ai musei e alle sedi pubbliche di esposizione, per il rapporto interpersonale che si poteva instaurare offrendo un ambiente più raccolto e la possibilità di una continuità degli incontri.

In proposito, nell'agosto scorso ci siamo accostati al titolare di una delle più attive gallerie d'arte contemporanea di Roma, Francesco Soligo, che ha rappresentato per quasi trent'anni, dal 1971 al 1998, tanti artisti che hanno contribuito a costruire la storia dell'arte recente. Una testimonianza tanto rara quanto preziosa, giacché il gallerista romano ci ha lasciati l'11 aprile di quest'anno all'età di soli 52 anni. Resta comunque il suo appassionato lavoro cui si è dedicato operando scelte circostanziate e a volte problematiche, che hanno dato vita, negli anni Settanta, all'omonimo Studio sito fino a poco tempo fa a metà di via del Babuino, un microcosmo che si è presto inserito negli spazi "storici" della città e che ha dato un grande contributo alla cultura e all'arte italiana.

Soligo ha aperto ufficialmente nel 1971 con una mostra di Giulio Turcato seguita subito dopo da una di Mario Schifano, allora uno dei rappresentanti di spicco della "Scuola di Piazza del Popolo". La Galleria Soligo si è posta così fin dall'inizio nel filone sperimentale di quanti sostenevano che le modifiche sostanziali vissute dall'arte in quegli anni non portavano alla morte di ogni forma espressiva, ma al contrario contenevano i germi di un nuovo modo di essere e di indagare il mondo 1 . L'ambiente romano del periodo, inoltre, favoriva gli incontri e gli scambi tra intellettuali. Rammentiamo qui le innumerevoli feste e cene, spesso improvvisate, negli studi degli artisti in Via Margutta e nelle case delle principesse romane, da Romana Adami a Marta Marzotto, fino al barone Franchetti; veri e propri cenacoli dove il mondo dell'arte si riuniva. Vi si incontravano il poeta, il pittore, l'attore, o molti registi cinematografici. Alcune osterie, come quella di Naride e Cesare Menghi, erano regolarmente frequentate da Mafai, Consagra, Omiccioli, Corpora, Scarpitta, Leoncillo, Turcato e Carla Accardi col marito Totò Sanfilippo. Allo stesso modo, "Da Cesaretto", era frequentata tra gli altri da Sandro Penna, Achille Perilli e Gabriele Baldini 2 .

Soligo è stato testimone di questo clima fin da ragazzo, quando passava per lo studio di Afro, amico di famiglia, e vi trovava una festa a inviti spontanei, o di Turcato, dove si erano riuniti Dorazio, Corpora, registi e attori. E nel suo modo di essere ha cercato di assorbire gli elementi di novità dell'epoca e li ha convogliati, fortunatamente non unico a Roma, nella sua galleria, creando un cenacolo di intellettuali che ha nutrito quattro generazioni di artisti, a lui legati da un rapporto di amicizia e stima reciproca. All'inizio sono stati infatti Corpora e Afro a presentargli l'uno Dorazio, l'altro il pittore genovese Emilio Scanavino, consigliandolo affettuosamente nei primi passi da gallerista. Una volta conosciuto Schifano, poi, che gli presentò a sua volta Festa e Angeli, Soligo ha scelto di seguire la via dei giovani, suoi coetanei, per un rapporto paritario di scoperta dell'arte, nella prospettiva di un lavoro comune. Un lavoro che si è svolto prevalentemente con i pittori, giacché Roma - testimone Franco - è sempre stata afflitta dall'isolamento volontario di ogni gallerista rispetto ai colleghi, in una ricerca parallela e solitaria pur nel rispetto e nella stima reciproca. Al rapporto personale e di collaborazione con gli artisti, di contro, il mercante romano è rimasto fedele fino ad oggi facendone un parametro fisso di interlocuzione e di dialogo, al punto da non indirizzare la galleria verso una linea particolare, ma solo verso l'area della pittura d'avanguardia. Il suo criterio di scelta degli autori da trattare si è sempre basato sulla corrispondenza tra la persona e le motivazioni interiori dell'opera. L'incontro con Giulio Turcato ne è un esempio. Quell'"uomo di intelletto continuo" lo ha coinvolto infatti nel gioco della pittura, suggerendo continuamente nuovi spunti e significati. I numerosi viaggi di lavoro intrapresi con l'artista mantovano hanno costituito infatti un'occasione preziosa di confronto e di approfondimento culturale e umano per entrambi, oltre poi allo stimolo per una vita più sana e morigerata, in particolare per Turcato: prova ne sia che la diffidente Vana Caruso, moglie del pittore, si convinse a lasciar viaggiare da solo il consorte con il suo gallerista ...

Riguardo al rapporto tra artisti, d'altro canto, aneddoti ormai famosi ma accaduti realmente ci raccontano il clima che si viveva solo vent'anni fa. Turcato, per esempio, era convinto che una volta, a Venezia, Emilio Vedova, suo compagno d'accademia e acerrimo rivale, avesse pagato due figuri per buttarlo in un canale, mentre con tutta probabilità era stato Turcato stesso che, in preda ai fumi dell'alcol, vi era caduto da solo. Allo stesso modo è rimasta famosa la storia di Afro che aveva lasciato il suo studio ai due pittori veneti, ritrovandolo poi come un campo di battaglia, tra una poltrona Frau distrutta, perché ne avevano usato la pelle per ripararsi le scarpe, e un water otturato da tubetti di colore terminati. Erano storie di apparenti gelosie e rivalità nutrite più da scherzi goliardici che da una reale ostilità professionale; come è accaduto - altro aneddoto riportato da Soligo- ad Aldo Mondino in occasione della sua prima mostra a "La Salita" di Liverani, quando all'inaugurazione trovò i suoi quadri spostati in strada perché considerato un intruso dagli artisti della galleria. All'epoca, del resto, il confronto-scontro si articolava prevalentemente sul piano culturale e tecnico, e nasceva da lunghe discussioni negli studi per un consapevole rinnovamento del linguaggio, anche in conflitto con le direttive realiste di ascendenza togliattiana. Oggi, invece, una più ostinata competizione tra colleghi si unisce all'isolamento volontario dovuto anche a radicali cambiamenti del "sistema" come la crisi delle gallerie e lo sviluppo televisivo del mercato. 3 .

Arricchitasi nel tempo con le presenze di Renato Mambor e Cesare Tacchi, poi, la fase della Scuola di Piazza del Popolo è proseguita con la seconda generazione di pittori con cui Soligo ha proposto diverse novità di ricerca: già dal 1976 presero parte alla sua cerchia Costantino Marino e Nicola Maria Martino, presentati da Montanarini, allora direttore dell'Accademia di Belle Arti di Roma. Martino, con la sua particolare poesia visiva e le affinità di carattere, è stato più vicino al gallerista romano presentandogli a sua volta alcuni allievi, tra i quali Alberto Parres, autore che Soligo segue tuttora nell'evoluzione della ricerca, improntata su un tipo di gestualità che recupera in chiave pittorica tendenze postinformali sulla scia di una personale riflessione. Un'altra presenza che lavora ancora oggi nella galleria è Cesare Berlingeri, introdotto nel 1978 da Ciccio Alliata, nobile siciliano che lo ha ospitato nelle serate culturali a Monreale. Berlingeri, all'epoca, usava una pittura alla Tàpies, ma già in quelle opere, concepite come piccoli progetti tela su tela giocati sulle trasparenze, si intravedevano gli sviluppi futuri, consolidatisi, poi, con le famose "Piegature" in chiave più concettuale. Successivamente, con Esteban Villalta Marzi, si è aggiunta alla linea della galleria una ricerca espressiva permeata da un cromatismo molto acceso che utilizza, per fotografare la realtà contemporanea, il linguaggio stilizzato dei Cartoons in una sorta di Pop Art tutta italiana.

Durante gli anni Ottanta il nuovo gruppo ha trovato nello Studio Soligo quel punto di aggregazione che è progressivamente mancato nei salotti della capitale. Nel frattempo è continuata anche l'attività espositiva di Schifano, Angeli e Festa (di cui Soligo cura l'archivio storico 4 ) e gli altri maestri della generazione precedente 5 .

In questo decennio persisteva ancora la curiosità del pubblico e resisteva l'evento 'inaugurazione', riunendo artisti, personaggi conosciuti, fotografi, critici, giornalisti specializzati. E' negli anni Novanta, invece, che si è avvertito maggiormente il declino della "cultura" della galleria in quanto tale. Pur in questo clima di difficile transizione, tuttavia, Soligo ha inserito nel suo gruppo un altro pittore, Fabrizio Campanella, romano, che ha proposto un'ulteriore concezione della forma in un'opera strutturalmente e cromaticamente calibrata, nel vigore prorompente di ritmi visivi sinesteticamente affini alla musicalità.

La nuova fase dello Studio Soligo, sostenuta dal figlio Raffaele, si inaugura ora a Milano, dove la galleria ha aperto nella sede di Via Pontaccio 19, e a Roma con il trasferimento nella storica Via Margutta (al civico 49), zona peraltro scelta da diversi operatori qualificati tra i quali citiamo quantomeno la galleria Banchi Nuovi. Nella città meneghina, del resto, la vitalità del mercato è stata sempre più accesa, e con essa la collaborazione tra colleghi: indice, nel complesso, di un contatto più costante con il collezionismo, che da sempre costituisce l'orizzonte di una dialettica proiettata verso prospettive in continuo rinnovamento.


NOTE

1 Cfr. l'inchiesta Morte della Pittura ?, a cura di Achille Perilli e Fabio Mauri, condotta tra critici d'arte, pittori, scultori, scrittori e musicisti affermati ed emergenti (pubblicata in: Almanacco Letterario Bompiani, Milano, 1961, pp. 267-282). Per Piero Dorazio, ad esempio - il pittore che, sensibile ai giovani artisti, presentò Schifano a Soligo - anche in quegli anni c'era molto da fare, in termini di linguaggio visivo (Ivi, p. 271).

2 Cfr. Achille Perilli, Il mio sodalizio con i poeti, in: Giuseppe Appella (a cura di), Forma 1 e il libro d'arte, Edizioni della Cometa, Roma, 1994, p. 101.

3 Quest'ulteriore risorsa era già nata nel 1978, con le brevi aste televisive di Angiolino Calestani, e si è organizzata a livello aziendale agli inizi degli anni Novanta, quando il colosso della Telemarket si è diffuso a livello nazionale coinvolgendo attualmente collezionisti e operatori su larga scala.

4 Nel 1997, inoltre, è stato pubblicato dalla Canale Arte Edizioni il I Tomo del Catalogo Generale dei dipinti di Tano Festa, a cura di Francesco Soligo, che, insieme a pochi altri, è stato costantemente vicino al travaglio di questa grande personalità, soprattutto negli anni difficili dell'isolamento e dell'incomprensione da parte dei circuiti ufficiali che hanno emarginato l'artista dopo i primi riconoscimenti degli anni Sessanta, e lo è stato fino alla morte, avvenuta nel 1988. Nello Studio Soligo, sottolineiamo per inciso, è stata scattata l'unica foto che ritrae insieme Festa, Angeli Schifano, vero documento storico e ulteriore testimonianza del clima di incontri e scambi creatosi nelle due salette di Via del Babuino, servite, tra l'altro, anche come studio per Tano.

5 Per l'attività espositiva dei maestri storici allo Studio Soligo ricordiamo: la mostra di Schifano dal titolo Cosmesi presentata da Italo Mussa, nel dicembre 1981; la personale di Angeli, nel febbraio 1982; quella di Festa, nel novembre 1984, dal titolo The day of the birth, seguita da un'altra ancora nel marzo dell'anno dopo (Cfr. AA. VV., Le Scuole Romane, sviluppi e continuità. 1927-1988, cat. mostra alla Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, Verona, Arnoldo Mondadori Editore-De Luca Editore, Milano-Roma, 1988, pp. 225-226).



Alberto 	Parres, Sahara fig. 1
Alberto Parres, Sahara, cm. 130 x 160
Fabrizio 	Campanella, Studio fig. 2
Fabrizio Campanella, Studio, acrilico su tela, cm. 18 x 24
Tano 	Festa, Don Chisciotte fig. 3
Tano Festa, Don Chisciotte, cm. 130 x 160, 1987
Esteban 	Villalta Marzi, Este toro enamorado de la luna fig. 4
Esteban Villalta Marzi, Este toro enamorado de la luna, acrilico, 200 x 200

	
Si ringraziano Alberto Parres (fig. 1), Fabrizio Campanella (fig. 2), Raffaella Soligo (Tano Festa, fig. 3) ed Esteban Villalta Marzi (fig. 4) per la gentile concessione delle relative immagini.
 

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