Ancora la verità è lontana.
E dimmi, uomo spaccato sulla croce,
e tu dalle mani grosse di sangue,
come risponderò a quelli che domandano ?
(passo del Colore di pioggia e di ferro, Salvatore Quasimodo)
Fin dagli albori della vita sulla Terra, l'uomo, o meglio ancora la cultura umana, si é posta una serie di interrogativi essenziali ed ha espresso teorie sulla propria esistenza. È come se ogni comunità, per una necessità istintiva, presa coscienza della propria finitezza e precarietà si fosse posta, in termini orali o scritti, domande e avesse formulato una propria teoria sulla concezione del Tutto, in termini di dimensione spazio temporale, geografica e ambientale, elaborando in modo più o meno complesso un proprio racconto cosmologico, una propria storia della nascita dell'uomo e del Mondo. L'Idea dell'Universo come Unico, poiché tutto ingloba e assoggetta, é l'Idea di un contenitore supremo che ordina e determina ogni regola. L'Universo é finito, o é piuttosto in infinita espansione, oppure é ancora un Universo indefinito ? Questi meravigliosi interrogativi rendono ancora più opprimente la nostra finitezza. Essi hanno portato ad una concezione dell'Universo che, in termini di dimensioni, supera tutto ciò che l'uomo ha potuto concepire in più di duemila anni e che, grazie alle continue scoperte, ha allontanato continuamente le frontiere dell'Universo che é osservabile. Ogni volta che avviene una scoperta e la presa di possesso di una "terra incognita", il limite estremo toccato dall'esploratore diventa subito un nuovo punto di osservazione del mondo.
Dalla nascita dei miti antichi alle teorie scientifiche più avanzate, la storia del rapporto fra arte e scienza é anche la storia del conflitto fra sapere empirico e conoscenza astratta, tra l'occhio e lo spirito. Grazie alle scoperte delle scienza, essa è diventata "strumentale" in quanto interpone tra l'occhio-uomo nuovi mezzi e tecnologie riuscendo ad avvicinarci sempre più ai confini dell'universo ma, allo stesso tempo, ad allontanare l'uomo dal "cosmo".
Fin dalla nascita della modernità era predominante la concezione dell'armonia. Il Quattrocento italiano ci ha tramandato l'allegoria dell'artista-scienziato: nessuno al pari di Leonardo da Vinci ha incarnato questa consonanza tra padronanza artistica e scienza. Soltanto la cultura umanistica poteva assemblare in armonia l'arte con la scienza, la corrispondenza fra grande e piccolo, segreti della terra e del cielo. Galileo Galilei, il padre dell'astronomia e della scienza moderna, grazie all'invenzione del telescopio, muta radicalmente le certezze ottiche e artistiche rivoluzionando il sapere nato dall'osservazione, che ora si fa più razionale in virtù delle verità apprese dalle lontane tradizioni.
Oggi il telescopio ha subito notevoli evoluzioni e, non a caso, "Hubble", il satellite che gira attorno alla terra trasmettendo informazioni complesse decodificate al computer, rappresenta un ulteriore "progresso" della scienza. Esso permette allo stesso tempo sia di avvicinare i confini dell'universo, ma soprattutto di portare a nuove concezioni e scoperte che continuano a rendere fertile la voglia dell'uomo di sapere e di indagare in questo scrigno, parte dell'immaginario umano. Con il dagherrotipo e la fotografia cambia il modo di porsi dell'uomo di fronte a tutto ciò che lo circonda anche se, all'inizio questi strumenti furono considerati come "cialtronerie" per il risultato spesso scadente che producevano ma che, grazie all'evoluzione della tecnica, si é perfezionato nel tempo. Dapprima utilizzati dal genio militare per le principali illustrazioni topografiche delle spedizioni, in seguito furono impiegati anche per le grandi ricerche esplorative e antropologiche.
Dopo la guerra di Secessione, la rapida evoluzione della fotografia la rese un elemento indispensabile poiché forniva una testimonianza reale e faceva partecipe il pubblico delle varie esperienze impresse nella pellicola. La fotografia iniziò ad incuriosire la gente tanto che divenne un "ripetitore" popolare delle esplorazioni come lo diventerà poi la televisione con le riprese della spedizione nello spazio "Apollo 9".
I nuovi strumenti messi a disposizione dal progresso tecnologico e scientifico portarono a termine forse il più grande sogno cosmico del tempo: poter viaggiare dalla Terra alla Luna. Nel corso dei secoli i miti della "traversata celeste" dell'anima e dell'uomo sono sempre stati parte fondamentale dell'immaginario collettivo. È grazie a Galilei e al risultato delle sue ricerche con il cannocchiale, che la possibilità di veder realizzato il sogno di far viaggiare il corpo umano nello spazio e di poter colonizzare la Luna, si insinua nell'immaginario collettivo. Alla fine, nel Luglio 1969, per la prima volta un uomo camminava sulla Luna e questo rese reali i desideri che da tempo l'uomo aveva sperato di poter realizzare. Ma con questo passo avanti nuovi sogni e nuove idee iniziarono ad insinuarsi nella mente umana, sempre più alla ricerca di una risposta alla propria esistenza, finitezza e precarietà. Il viaggio dell'uomo sulla Luna instaura un nuovo punto di osservazione e apre l'epoca della fine della Storia, della mondializzazione e del postmoderno verso una ricerca che va Oltre, nell'Universo e nel Cosmo. La trasgressione simbolica dello spazio che porta a ritrovare altrove le fonti vita, é come la trasgressione simbolica del tempo: conquistare lo Spazio significa voler trionfare sul Tempo e sulla Morte, raggiungere le nostre stesse origini, quando la Vita é apparsa. Il viaggio e l'esplorazione hanno caratterizzato l'immaginario dell'uomo fin dall'antichità, da Pitea il Massaliota, che per primo osò varcare le Colonne d'Ercole, a Luciano di Samosota, da Humboldt che percorrerà le Ande a Darwin che scoprirà la chiave dell'origine della vita nelle Galápagos fino ad arrivare agli attuali viaggi nello spazio alla ricerca di nuove forme di vita su Marte.
L'esaltazione del mito del viaggio coinvolge anche la letteratura: i viaggi cosmici di personaggi immaginari come il Consolidator di Daniel Dafoe (1705), a I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift (1726), a Micromégas di Voltaire (1705), a Eureka di Edgar Allan Poe, rappresentano tutte esaltazioni di questo mito; l'entusiasmo del viaggio ha coinvolto anche il cinema: basti pensare al film 2001: Odissea nello spazio di Kubrick.
In che modo questi viaggi, queste scoperte, dall'inizio del Romanticismo alla fine delle Avanguardie, hanno plasmato la sensibilità moderna ? Questa riflessione estetica ha portato l'evoluzione della sensibilità moderna dal senso del bello classico, fondato sull'armonia, sulla misura e sull'idea del centro, al senso del Sublime, con Kant e Burke, fondato sulla concezione di un mondo decentrato e illuminato, oppure al senso dell'orrore della scoperta dell'hibris del mondo tecnologico. Dal Romanticismo alle Avanguardie storiche, da Caspar David Friedrich ad Anselm Kiefer, da Turner a Fontana, dal Futurismo italiano al Suprematismo russo, la mostra "COSMOS, l'arte alla scoperta dell'infinito", esplora la storia della nostra modernità attraverso il bello dei temi come la natura, il paesaggio, il panorama, l'apertura all'ebbrezza del bello in un percorso espositivo di accostamenti fra opere, fotografie e oggetti di epoche, tendenze ed espressioni differenti, collegati da un sottile fil-rouge che é il tema che le accomuna: il viaggio intrapreso dall'uomo per scoprire, indagare, misurare, rappresentare, evocare e raccontare lo spazio, la natura, il cielo, l'universo, dunque il Cosmo.
L'America sarà, per la sua natura, il luogo eletto del turbamento e dello sconvolgimento. Infatti, dalla sua scoperta svanisce ogni visione dell'Europa come centro della terra, e sotto l'influenza di Humboldt i grandi paesaggisti americani come Church, Moran, Cole, ma anche i fotografi come Muybridge, Sullivan, Carleton Watkins, offriranno rappresentazioni della nuova Terra Promessa, di quello che si pensava fosse il nuovo Giardino dell'Eden. Questo senso di rivelazione, ma anche di apocalisse, sarà illustrato da tutti i movimenti moderni: Balla trascriverà le rivoluzioni di Mercurio e dei suoi pianeti, mentre Kupka, Brancusi e Delaunay parteciperanno a questa esaltazione cosmica. Masson, Mirò, Picasso e Calder continueranno questa poetica dei corpi mobili nello spazio, di un mondo liberato dalla gravità che, nelle astrazioni di Kandinskij, Malevic e Lissitzky, ignorerà la nozioni di "alto" e "basso". Dalle fantastiche nostalgie cosmologiche di Fontana, Kiefer, Celmins e Ruff, fino alle contemporanee autoderisioni dei giovani artisti come Kiki Smith e Foncuberta.
Quando gli artisti russi, sulla scia di Kazimir Malevic, si volsero, dopo il 1910, alla non-oggettività, varcarono una linea che in Occidente né i futuristi, né i cubisti si erano indotti a superare. Quasi simultaneamente Malevic, Mikhail Matiushin, Tatlin, Kandinskij, Larionov e Filonov crearono forme diverse di arte non-oggettiva connessa a tematiche di espressione visiva che non erano ancora state sollevate. Tutte le correnti dell'avanguardia russa, in particolare il movimento suprematista di Malevic, trattarono il tema dello spazio e del cosmo.
In contrasto con il concetto europeo che vedeva nel dramma musicale la sintesi di tutte le arti (Schopenhauer, Nietzsche, Wagner) il filosofo russo Nikolai Fedorov proponeva l'architettura quale immagine simbolica della trasformazione della materia; un'architettura in cui si sarebbe espressa la creatività cosmica universale.
Grazie alla teoria di Fedorov, la ricerca del Suprematismo di Malevic si rivolge alla scoperta di una soluzione in termini architettonici del caos e all'organizzazione armonica del cosmo, che si sarebbe realizzata ... "plasmando" il cosmo stesso e utilizzando l'arte secondo le più alte leggi della morale, della bellezza e dell'armonia.
Anche le avanguardie storiche italiane si misurarono con il cosmo e lo spazio. Nel Divisionismo, padre del Futurismo, pittori italiani come Pellizza Da Volpedo, Morbelli e Previati, in apparenza soltanto seguaci del "Pointillisme", presupponevano un vivo interesse sociale e sottintesi occulti.
Fino alla metà degli Anni Venti, nel Futurismo in Italia, vi era una tendenza ad identificare il ruolo dell'artista nella costruzione della città del futuro, mentre in seguito si passò all'attuazione nel presente di quanto inizialmente era stato proposto come futuro dai primi artisti che si unirono in questo movimento. Il Manifesto dell'Aereopittura Futurista del 1929, stilato sostanzialmente da Marinetti e sottoscritto da Balla, Benedetta, Depero, Dottori, Fillia, Prampolini, Somezi e Tato, affermava le straordinarie possibilità rappresentative che sarebbero potute scaturire dal volo. Nello stesso manifesto si esaltava l'armonia incessante e la graduata moltiplicazione di forme e di colori che scaturivano dalla continuità del volo.
Nella ricerca futurista, Balla di propose di rendere in pittura l'arcobaleno, ma anche eventi celesti o complesse raffigurazioni psicologiche o rivelazioni apocalittiche. De Chirico e Savinio, i "Dioscuri", si collocarono spesso di fronte a fenomeni cosmici come la luna, il sole, le comete e la Via Lattea. La loro ricerca si fonda sull'analisi della fine e non dell'inizio della continua metempsicosi (palingenesi) dei fenomeni cosmici: più che della creazione si interessarono dell'apocalisse.
Nel dopoguerra, risultano interessanti le operazioni artistiche dello spazialismo di Fontana e il concettualismo di Paolini che, pur essendo estremamente differenti, non pongono sicuramente la parola fine al rapporto tra l'avanguardia italiana e il Cosmo: al segno-gesto-materia si contrappone il concetto assoluto che si situa nel passaggio da un'arte di rappresentazione a un'arte di pura percezione, in cui l'opera fa parte della realtà. Fontana, invece di proseguire verso il superamento del quadro, secondo il postulato futurista, ne mantiene la struttura formale, ma allo stesso tempo ne sovradetermina l'oggettività fisica, in modo che l'immaginazione possa relazionarsi direttamente con lo spazio cosmico di cui egli si appropria con buchi e tagli. In altre parole, come sottolineato da Leopardi, « solo una localizzazione fisica e limitata dello spazio può permettere allo spirito umano di accedere all'immaginario della vita cosmica ».
Il rapporto dell'uomo con il Cosmo può essere ben rappresentato e messo in relazione con una poesia che Salvatore Quasimodo scrisse nella notte del volo orbitale del primo Sputnik russo; essa celebra l'intelligenza laica dell'uomo che aveva collocato una nuova luna nel cielo come fosse diventato a sua volta Dio.
In principio Dio creò il cielo
e la terra, poi nel suo giorno
esatto mise i luminari in cielo
e al settimo giorno riposò.
Dopo miliardi di anni l'uomo,
fatto a sua immagine e somiglianza,
senza mai riposare, con la sua
intelligenza laica,
senza timore, nel cielo sereno
d'una notte d'ottobre
mise altri luminari uguali
a quelli che giravano
dalla creazione del mondo. Amen.
(Alla nuova luna, Salvatore Quasimodo)
L'umanità avverte la necessità di esplorare e conquistare proprio per affermare e dichiarare la sua potenza e allo stesso tempo fragilità. Una necessità che continuamente si rinnova e si ripresenta come fisiologica, che rigenera continuamente il mito più antico e più insistente della storia umana, un ritornare di interrogativi e l'impossibilità di dare risposte che non siano nuove domande: la ricerca delle proprie origini.
SCHEDA TECNICA
Palazzo Grassi, Venezia
26 Marzo - 23 Luglio 2000
COSMOS. Da Goya a De Chirico, da Friedrich a Kiefer. L'arte alla scoperta dell'infinito.
Curatore Jean Clair
Con la collaborazione di Constance Naubert-Riser (Arte Moderna), Didier Ottinger (Arte Contemporanea), Rosalind Pepall (Arti decorative e Coordinamento generale prestiti), Christofer Philips (Fotografia), Maurizio Fagiolo dell'Arco (Metafisica e Arte Contemporanea italiana), Claudia Gian Ferrari (Futurismo italiano)
Allestimento Gae Aulenti
Catalogo Bompiani
BIBLIOGRAFIA
-
COSMOS. Da Goya a De Chirico, da Friedrich a Kiefer. L'arte alla scoperta dell'infinito.
a cura di Jean Clair, con interventi di AA.VV., edizione Bompiani, 2000
- SALVATORE QUASIMODO, Tutte le poesie, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1960. "Colore di pioggia e di ferro" fa parte della raccolta "La vita non é sogno" 1949; mentre "Alla nuova luna" fa parte della raccolta "La terra impareggiabile" 1958.
|