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Velázquez: il suo terzo viaggio in Italia Roma,
Palazzo Ruspoli,
30 mar. - 1 lug. 2001
Eva De Lorenzis
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 27 giugno 2001, n. 271
http://www.bta.it/txt/a0/02/bta00271.html
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Area Mostre

«Troppo vero ! ... »; sembra che esclamasse Innocenzo X davanti al ritratto che Velázquez dipinse per lui nel 1650 in occasione del suo secondo soggiorno in Italia.
Non è solo la resa realistica dell'opera pittorica che contraddistingue la maniera artistica del famoso pittore spagnolo, anche se realtà interiore altrimenti detta "malinconia" è quella che traspare dai suoi ritratti di corte come quello dell'Infanta Margherita, realtà tra classicismo e pre-romanticismo è quella dei suoi vibranti paesaggi dell'anima come Villa Medici ed ancora realtà ironica e beffarda è quella dei tanti nani-giullari come Il buffone Calabacillas simboli di una nobiltà annoiata e cinica.

Opere queste esposte nella mostra romana la cui eccezionalità si percepisce già dalla significativa scelta del titolo: due furono i viaggi che Velázquez fece in vita nel nostro paese e questo terzo post mortem vuole essere nelle intenzioni degli stessi curatori della mostra un ulteriore valido omaggio al genio del pittore sulla scia delle iniziative promosse in Spagna per il 4º centenario della sua nascita avvenuta a Siviglia nel 1599: quale città poteva essere meglio coinvolta in questo se non Roma che Velázquez stesso elesse a sua terza dimora dopo Siviglia e Madrid ... e dove lasciò anche il suo unico figlio maschio avuto dalla relazione con una giovane popolana, piacevole incidente di percorso per il quale il pittore abituato alla rigidezza della costumatissima e religiosissima corte spagnola ritarderà di quasi un anno il suo rientro a Madrid.

A Siviglia lo spagnolo inizia nel 1610 a soli 11 anni la sua carriera artistica avendo come maestro (e non in ultimo futuro suocero !) Francisco Pacheco, apprezzato e valente pittore amante della cultura umanistica che lo introdurrà alla Corte madrilena dove ben presto il sivigliano diviene pittore personale del re Filippo IV, unico ad avere il privilegio di ritrarlo. Ed è a corte che Velázquez incontra italiani come Francesco Barberini, il marchese Giovan Battista Crescenzi, il grande erudito, antiquario e collezionista Cassiano del Pozzo e non in ultimo anche il futuro papa Innocenzo X, al secolo Giambattista Pamphilj, tutti personaggi utili a favorirlo durante i suoi soggiorni italiani, il primo unicamente a carattere formativo e culturale tra l'agosto del 1629 e il dicembre del 1630 ed il secondo con una valenza più ufficiale, raccogliere quadri e sculture per la residenza reale dell'Alcazar, tra il gennaio 1649 e il giugno 1651.

L'esposizione segue lo svolgersi delle tappe fondamentali della vita del pittore analizzandone criticamente la produzione artistica anche se alcune opere fondamentali come Las Meninas, Le filatrici o La Venere allo specchio non sono qui presenti perché considerate patrimonio permanente dai musei e dalle collezioni che le possiedono, non dimentichiamo che oltre il 60% dei quadri di Velázquez si trovano al Prado in questa specifica posizione ed è proprio grazie ad un accordo con il museo spagnolo che è stato possibile raggruppare comunque un cospicuo numero di opere del pittore nella mostra di Palazzo Ruspoli che non a caso ha nel direttore del Prado stesso Felipe V. Garin Llombart uno dei suoi curatori (... comunque tutti spagnoli !).

Due sono le sezioni in cui è stato diviso il percorso espositivo: una raccoglie varie tele dipinte durante i viaggi italiani, tra le quali spicca il Marte del Prado che è presentato accanto al suo modello statuario, il famoso Ares Ludovisi, e la già citata Villa Medici, mentre l'altra riunisce opere appartenute alle collezioni estensi del Ducato di Modena. Il Velázquez strinse infatti rapporti amichevoli con Francesco I d'Este nonostante arrivasse a Modena nel 1649 in un momento in cui il Duca stava abbandonando la politica filo-spagnola a vantaggio della Francia: alle collezioni estensi appartengono dipinti in esposizione come il Ritratto di Francesco I e il Cavaliere di Santiago.

Lo spazio riservato ai ritratti sottolinea la capacità dell'artista di carpire gli stati d'animo dei suoi pur altolocati soggetti, dalla civetteria della regina Marianna d'Austria allo sguardo languido e malinconico del re Filippo IV all'artificiosità delle pose dell'infanta Margherita, bambina costretta dai dettami di corte a prestarsi al rito del quadro ufficiale.

L'importanza della maniera di fare pittura del Velázquez sta forse proprio nell'indagare il mondo che lo circonda non solo con gli occhi della verità oggettiva ma anche con una sensibilità emotiva che fa trasparire dalle sue tele un'epoca ricca di splendori reali ed artificiosi, come i personaggi che lui immortala ormai sempre più visioni nostalgiche di una nobiltà sulla strada del declino o come i suoi scorci di paesaggi appartati vivi solamente nell'intimità di uno stato d'animo. Ed è con una serie di tre autoritratti di ancora discussa autenticità che si conclude la mostra nel modo più personale ed intimo possibile… il saluto dello stesso artista al moderno visitatore.




 
 

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