Ho avuto la fortuna, quest'estate, di conoscere Mimmo Jodice ed Angela, sua moglie e compagna di avventure creative ... due personaggi veramente incredibili, legati a quell'arte di "vedere il mondo" per affidarlo alla memoria che, nel linguaggio corrente, chiamiamo fotografia.
Personaggi incredibili perché legati alla magia della visione alla capacità condivisa di percepire ciò che sta dietro e dentro le cose, l'umanità, la natura, tutto.
Parlare dell'arte di Jodice è, per me, evocare un'esperienza che ha cambiato il mio modo di vedere il mondo ... e questo mi è accaduto rare volte e soltanto di fronte alle opere dei grandi Maestri dell'Arte. Un'esperienza sconvolgente, anche perché mediata dalla presenza dell'autore che ci parlava con passione di ogni "evento" creativo, di cui era stato ed era testimone oltre che autore.
Così Paul Virilio, nella sua magistrale introduzione al catalogo della Mostra di Jodice recentemente realizzata a Torino dal 19/05 al 9/09/2001 (Retrospettiva 1965-2000) si avvia a concludere: "In definitiva, l'obiettivo fotosensibile di Mimmo Jodice è un "pozzo" in cui l'artista ci trascina alla ricerca della verità dei corpi, in una discesa nel baratro della nostra percezione abituale, per lavare via come un trucco disfatto l'immaginario spettacolare della comunicazione di massa, di una moltitudine di segni emblematici destinati a mascherare il visibile ... in cui l'orrore dei massacri e delle grandi pire funerarie è contrastato solo dall'oscenità, in cui terrore e amore, sangue e fango convivono nella promiscuità."
Al punto di vista prismatico offerto e "sofferto" di Virilio io, come semplice fruitrice dell'opera di Jodice, aggiungerei tre indicazioni, che ho intenzione di sviluppare e collegare raccontando la mia "esperienza visiva" su e con Mimmo. Più che tre indicazioni sono tre "punti di fuga verso" quell'ignoto che, restando fuori dalla nostra capacità di percepire e "riconoscere" il mondo, ci attrae in sempre modo irresistibile e, nello stesso tempo, ci fa paura.
Il primo punto è la "liberazione" dell'angoscia dionisiaca, il secondo è la "bellezza" che salva dall'annientamento e dall'angoscia (due facce dello stesso prisma), il terzo è l'immagine come trasparenza del mondo e mediazione tra noi e il mondo.
La liberazione dell'angoscia dionisiaca
L'opera di Mimmo Jodice è, prima di tutto, una "violenta" e appassionata denuncia contro la violenza e il consumismo della cosiddetta civiltà dell'immagine ... opera altamente drammatica, capace di scuotere e sconvolgere la nostra capacità di percezione e sensibilità profonda
Un esempio : nel "Paesaggio inquieto" del 1971 (fig. 1) un grigio e ruvido muro denso di materia lascia intravedere una striscia di terra nera declinante a sinistra e, al di là della terra ... un cielo grigio perla ... morbidamente abbandonato sul nero della collina. La magia inquietante nasce dal sottile strappo bianco della carta che divide a metà il fotogramma e si pone come linea di confine tra la realtà del paesaggio scarno e ... l'illusione di una "presenza" o identità metafisica che vi si sovrappone come un velo di maya ... separando il reale dal surreale senza dividerli.
È impossibile "consumare" quest'immagine senza esserne rapiti ... senza essere trascinati dentro il mistero dell'illusione ... che è il mistero stesso del mondo.
Il mondo è illusione ? ... che cosa si nasconde dietro il velo della visione ? ... che cosa non si vede in quello che si vede ? un'opera che fa nascere nel fruitore interrogativi di questo genere ha il potere d'incrinare l'immobilità del vissuto ... la compattezza delle cose e dei pensieri sulle cose ... il sonno della ragione ... e, con questo coinvolgimento, libera in noi quella che io chiamo "angoscia dionisiaca", cioè la consapevole illusione che ci fa ricadere nella profondità di noi stessi, nella riscoperta di una misteriosa chiamata a vivere l'attimo, la gioia della visione e la sofferenza di non poter vedere "oltre".
Quando parlo di liberazione dell'angoscia dionisiaca intendo porre l'accento su due aspetti del modo con cui Jodice si mette in rapporto sinergico nei confronti della realtà: la denuncia contro ciò che si sovrappone dolorosamente al reale vivo mondo delle sue esperienze e la gioia panica di poter aderire ancora a quel mondo grazie alla magia dell'obiettivo che sa vedere "oltre il reale". E quando dico "oltre" intendo una dimensione interiore invisibile e una dimensione della realtà esterna altrettanto invisibile ... (cioè ... interna al mondo).
Mimmo Jodice sa usare soggetti diversi e linguaggi diversi per dare più intensità alle sue visioni del mondo e renderle capaci di penetrare intimamente nella sensibilità di chi entra in contatto con la sua opera. In "Maiori, Madonna Avvocata" del 1971 (fig. 2) l' "angoscia dionisiaca" si placa nella contemplazione di un paesaggio mediato dalla presenza di memorie individuali e memorie collettive.
Le memorie individuali , mediate dalla cultura, ci rimandano alla pittura dell'800 ... al migliore Palizzi e, più indietro, a Rembrandt (come hanno suggerito alcuni) o a Caravaggio ; l'intenso intimo approccio alla poesia del paesaggio, mediato dalle suggestioni di grandi artisti del passato, rimanda a memorie collettive : i Presepi del Sud e la tenerezza dei ricordi familiari, come sospesi nel tempo più che mai reale del desiderio. Qui l'angoscia si diffonde delicatamente ovunque ... scivola sulle forme, trattenute dalla nostalgia di un'infanzia che appartiene all'artista ma anche al suo popolo ... a gente che non si è arresa alla miseria ... che non si è abbandonata alla disperazione ... che ha continuato ad amare e a sperare anche in condizioni di estremo disagio. La tenerezza di Mimmo Jodice per gli emarginati e gli oppressi si trasforma in festa della luce ... quella luce che appartiene a tutti ... ricchi e poveri ... ma che per i poveri è un dono, una grazia naturale e soprannaturale. In questa prospettiva l'Arte di Jodice si conferma come denuncia e proposta rivolta al "sociale", immune da retorica e da presupposti ideologici.
La bellezza che salva
Mi piace affrontare il tema della Bellezza nell'Arte in parallelo con quello dell'estetica del paesaggio ... tema che mi ha sempre appassionato ... Mi sono sempre interrogata sulla bellezza del mondo ... di un tramonto ... del cielo stellato ... del mare mosso dal vento ... e non ho mai trovato una risposta soddisfacente.
Anche per quanto riguarda l'Arte il problema non sembra di più facile soluzione. Che cosa si può definire "bello" in Arte ? ... il superamento dell'estetica classica fondata sull'armonia e l'equilibrio della composizione, non è stato ancora "superato" da un'estetica ... capace di unificare i due concetti di "bello" e di "vero". Mi sembra di poter identificare nell'opera di Mimmo Jodice un'indicazione, un orientamento verso un nuovo modo di concepire la Bellezza ... e proprio in chiave di una sinergia tra Natura ed Arte , che ci permette di tentare anticipazioni sopra un' eventuale estetica del Bello e del Vero tesi ad ... un nuovo livello d'integrazione.
Prendiamo "La città invisibile", Torre del Greco, 1990 (fig.3)
In primo piano c'è una strada che ... dal nulla va verso non si sa dove ... e s'immagina che approdi ad una città. Quale città è invisibile? ... quella che ci mostra l'Arte di Jodice -scolpita nei volumi degli edifici cubisti e iperrealisti- e che noi non avremmo percepito se l'obiettivo dell'artista non ce l'avesse rivelata ... o la città dietro la città ... che non si vede perché è nascosta dietro quella che "si vede"? ...
"La città invisibile" è, comunque, bella perché è invisibile ... ma possiamo anche dire che è bella ... perché l'obiettivo dell'Artista ha saputo afferrarla sulla soglia che divide il "visibile" da ciò che non si vede. Non si vede ... e perciò si immagina e si ricrea.
Davanti a questa città, sulla sinistra, da una massa informe d'ombra sorgono simulacri di cemento volumi possenti e plastici che evocano civiltà del passato e si vanno rimpicciolendo mentre avanzano verso le case ... trasformandosi in detriti e residui di materiali da costruzione.
Sulla destra ... informi frammenti di materia in disfacimento. L'insieme è solenne ,vigorosamente scolpito sul paesaggio dalla luce ... dalle ombre che si allungano come attoniti spettatori del passato sull'attimo dello stupore. E lo stupore nasce immediato dalla visione di bellezza ... dimentichiamo l'angoscia perché abbiamo di fronte a noi una visione di Bellezza in cui il "Bello" dell'Arte e il "Vero" del paesaggio coincidono perfettamente ... come se fossero l'uno riflesso nell'altro.
Un'altra suggestiva capacità di Mimmo Jodice è dare vita alle opere del passato ... siamo di fronte alla risurrezione del bronzo o della pietra. Nel fotogramma "Mediterraneo", Apollo di Baia 1993 (fig.4), come in altre opere di rianimazione dell'Arte classica, questo "evento" si realizza in modo quasi miracoloso: riemerge dal passato il profilo di Apollo di una Bellezza forte segnata dal tempo ... una Bellezza ferita, appassionata, che sembra non aver nulla a che vedere con la freddezza dell'Arte classica, o meglio ne ripropone l'armonia infondendole nuova vita . e, soprattutto, immergendola in una profondità spazio-temporale diversa . Entriamo così in una forma di "empatia" con l'opera: questo Apollo ci rappresenta "da dentro", oltre che la passione quasi disperata dell'Artista per la Bellezza ... dimenticata oppressa e "consumata" nell'attuale società, la "crescita" dell'opera nel tempo. Ogni opera, infatti, una volta inventata e realizzata, "cresce" nella rilettura che ne fanno i destinatari del messaggio in essa contenuto, soprattutto se dotati di fantasia personalità e spirito creativo: così, di rilettura in rilettura, continua a trasformarsi in un'opera nuova (nel caso dell' "Apollo di Baia" ... nuovissima!). Secondo me quest'Apollo ha il potere di vivere dentro di noi e di farci vivere la percezione dell'opera ... "oltre" le nostre normali capacità e possibilità di "vedere" e sentire il dono della Bellezza. Guardando l'Apollo dimentichiamo il "dolore di esistere", rappresentato nell'opera nella sua plastica drammaticità, senza veli. Lo dimentichiamo nella contemplazione della Bellezza.
L'immagine come trasparenza del mondo
Paris. Défense n.43, 1993 (fig.5) : nella parabola finora percorsa , sia pure in modo sommario e del tutto incompleto, abbiamo toccato alcuni punti di forza dell'opera di Mimmo Jodice.
Ora vorrei sottolineare ancora una volta la straordinaria capacità che l'Artista dimostra nel creare sinergie tra arte e paesaggio, capacità legata alla sua lucida e penetrante visione del mondo.
In "Paris, Défense " la prima immediata impressione è la fuga fulminea della prospettiva verso un punto centrale ... l'ombra nero-splendente di un palazzo in controluce su cui si evidenzia ... con taglio trasversale, la facciata-specchio di un edificio, sulla sinistra del "fuoco" nero. Da questo fuoco si diffondono dovunque i raggi ideali della prospettiva. Qui si ha la precisa sensazione di oltrepassare la visione superficiale del paesaggio per entrare dentro un secondo e più ampio livello di percezione della sua "realtà". Il fotogramma trasmette una singolare suggestione. Quella del movimento fulmineo e ... immoto. E' l'attimo della "visione" pura ... l'occhio si precipita-verso il fuoco della composizione in un'infinitesima frazione di secondo che equivale, per noi, ad un non-tempo: così l'impressione di un mondo immobile, fissato nell'attimo stesso della sua nascita come immagine. Nascita nel senso stretto della parola ... che , ai lati ancora informe, si conclude negli edifici messi a fuoco, dove converge l'ampia prospettiva della strada. Questa visione di Parigi ci offre la trasparenza del paesaggio: è come se lo guardassimo attraverso un cristallo luminoso, che funziona da lente d'ingrandimento e messa a fuoco del profilo spesso incoerente o inafferrabile del landscape urbano.
E adesso una finestra aperta sullo spazio surreale dell' "Isolario Mediterraneo, Lipari", 1999 (fig.6): qui la composizione si articola in tre parti che si dispiegano in senso orizzontale. In primo piano la spiaggia d'un grigio plumbeo compatto, verso cui il mare grigioargento avanza, mosso appena da onde irrequiete ( parte centrale ) ... su tutto sovrasta un addensamento sconvolto di nubi in movimento, in prevalenza bianco, con masse d'ombra verso l'alto. Un improbabile sandolino-spaziale, che sembra modellata in metallo prezioso, introduce di colpo nella dimensione surreale della realtà ... c'è un mondo dentro il mondo, forse quello dell'infanzia.
Il sandolino magico sembra volerci condurre proprio là ... nello spazio lontano e vicinissimo che è in noi e dove si può navigare all'infinito. La trasparenza del mondo ci riporta ai nostri sogni, alle avventure dell'immaginazione, ad una realtà che va sempre oltre l'immaginazione.
Il sandolino magico ci racconta la favola di un mondo che vuole vivere, salvarsi, risorgere dall'Apocalisse annunziata ... un mondo in trasparenza che ci rivela, in mezzo alla più minacciosa tempesta, lo spazio originario da cui sta per nascere.
L'Arte di Mimmo Jodice, il suo modo di contemplare la natura , le persone le cose ... rinvia ad una zona intermedia tra l'Arte e la realtà e ha il potere di sospingerci verso quella dimensione, dove è impossibile non "guardare" le immagini restando in bilico tra suggestioni dell'Arte e coscienza lucida del mondo reale, incerti se credere o non credere a quello che vediamo ... o non vediamo per difetto d'immaginazione.
In quest'ultima ipotesi dovremmo prendere la buona abitudine di osservare con più attenzione il nostro mondo che è , come abbiamo accennato, un luogo dove la realtà supera la nostra capacità d'immaginare e induce ad abbandonarsi al sogno.
È la realtà che ci aiuta a sognare: prendiamone coscienza. Magari osservandola con più amore ... dopo essere entrati in sintonia con le opere fotografiche di Mimmo Jodice.
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