ACA è un giovane artista di Sciacca che, dall'estremo limite della nostra penisola, affacciato al mare dell'Africa, ha lanciato il proprio sguardo creativo sul mondo con velocità e voracità di pensiero, forza d'immaginazione e volontà indomabile di conoscenza.
Presentarlo non è impresa facile: la novità delle sue idee e delle sue realizzazioni richiede un'accurata preparazione e conoscenza del lavoro di ricerca e invenzione da lui svolto, che è incredibilmente ricco. Questo artista ha deciso di dedicare la sua giovinezza a studiare in profondità gli esempî dei grandi Maestri dell'Arte contemporanea, ma la conoscenza approfondita dei Maestri non gli ha impedito, durante un lungo percorso di ricerca, di infrangere schemi e regole per introdurre la grammatica e la sintassi di un suo linguaggio raffinato e rivoluzionario.
Così, dopo aver percorso in tutte le dimensioni il pensiero e l'opera di Kandinsky e Klee a livello teorico e di tecnica espressiva, ha fatto tabula rasa e ... ha ricominciato da zero.
È la scelta e il destino di ogni artista che non fa della sua vocazione un mestiere, ma pone se stesso al servizio della propria vocazione.
ACA dice, parlando di se stesso in terza persona:
«La comunicazione del messaggio dell'artista ora non risiede più nell'immagine compiuta che i segni costituiscono, ma nell'informazione contenuta nel percorso sequenziale che i segni stessi realizzano; l'opera non comunicherà più soltanto Immagini di forme e colori ma Elaborazioni di forme e colori, si passerà cioè da un'Arte di Immagini Raffigurate ad un Arte di Informazioni Elaborate».
Ma tentiamo di ricostruire il percorso di ACA inserendolo nel contesto da cui è nato.
Gli scienziati del XX secolo, avvalendosi dei sistemi più avanzati della tecnologia, sono riusciti ad interrogare l'intimità del mondo subatomico e ad ottenere alcune importanti risposte: hanno scoperto che tutta la materia (non soltanto la luce), esiste anche sotto forma di onda e perfino che le particelle si modificano quando le si osserva in laboratorio, che la materia, lungi dall'essere strutturata e compatta è fluida e indeterminata.
Nel Manifesto del Sequenzialismo di ACA, che si muove per vie parallele all'omonima teoria di Varzi 1 in filosofia, si legge ancora:
«Il computer infatti, per mezzo di una "infrastruttura di informazioni" veicolata in forma digitale (per sua natura sequenziale), non ci comunica "immagini" di una realtà fenomenologica concreta ma, tramite linguaggi fatti di numeri e lettere: il Codice Binario, l'Ms-Dos, l'Html, etc., una ricostruzione virtuale della realtà stessa.
La struttura di questi linguaggi alfanumerici, è anche la stessa con la quale l'uomo inserisce le manifestazioni della vita nel circuito della comunicazione e della conoscenza (i nomi delle cose), interrogandosi sulla loro natura attraverso teorie filosofiche e metafisiche come quella del sequenzialismo». 2
Riassumendo brevemente possiamo dire che la teoria del sequenzialismo, ispirandosi liberamente e creativamente alle conquiste della scienza, sostiene che le "cose" e gli "eventi" non esistono nella loro interezza in dimensioni strutturate - secondo le teorie Tridimensionalista e Quadrimensionalista - ma esistono come flussi di particelle (parti temporali dell'intero elemento) che scorrono in dimensioni sequenziali, costantemente in evoluzione (successioni molecolari), un po' come succede per i fotogrammi di una pellicola, che "scorrendo" nello spazio e nel tempo generano l'elemento completo (l'immagine).
Il nostro artista si è dunque posto di fronte al mondo, ha scoperto la rispondenza tra il suo universo interiore e le leggi che regolano il tessuto subatomico, l'aspetto virtuale della materia, la sua fluidità e indeterminazione che la rende simile all'energia della mente e del pensiero. Dedicherà la sua arte a questa scoperta: il "mezzo" da lui prescelto è il linguaggio dell'informatica, quel comunicare grazie ai flussi di elettroni e all'ordine dei numeri che ha innescato il salto qualitativo nella storia dell'umanità contemporanea, mettendo al centro di ogni attività umana la comunicazione e l'informazione.
In una nota critica ho parlato delle "icone di ACA", espressione di quell'intimo legame tra arte e conoscenza che l'artista è riuscito a cogliere grazie ad un appassionato studio della realtà. La sua immaginazione creativa è tutta impegnata a costruire una Città immateriale con il materiale dell'energia-informazione contenuta in ogni particella di materia nel continuum delle sequenze spaziotemporali: così l'Arte si configura come essenza e catalogo dell'esistente da aggiornare in un processo che non avrà mai fine.
"Fare arte" con lo sguardo attento alla realtà è un duro lavoro, in senso quantitativo e qualitativo. Possiamo essere d'accordo con il punto di vista di Max Liebermann: «Quanto più i geroglifici dell'artista si avvicinano alle impressioni sensibili che ci vengono dalla natura (e ogni arte non è che geroglifico) tanto maggiore è lo sforzo d'immaginazione che si richiede per inventarli».
Ma nell'arte del giovane di Sciacca sono presenti sia la scoperta che l'invenzione: analogamente a Klee, che nel 1916 annotava: «Contemplo il creato da un punto di vista remoto, primigenio», l'artista è capace di guardare al mondo da prospettive diverse, preso forse dall'arcana magia dei numeri e di un tempo che è "prima della memoria". Allora accade che si esprima anche in quei "corto circuiti sequenziali" che lui ama chiamare "errori" e io definirei "schegge felicemente impazzite".
Si tratta di irruzioni involontarie nell'inconscio, "vuoti di memoria" imprevedibili nelle scansioni di un linguaggio creativo conquistato con paziente lavoro di cesello.
Dall'inconscio il continuum delle forme e dei segni esplode come una supernova, analogo al morire-nascere di una stella, ma quello che si vede in un primo momento è un "caos ordinato" all'interno di un cosmos: nasce un nuovo ordine dalle rovine dell'antico. Bisogna abbandonare ogni idea preconcetta per comprendere l'arte di ACA, nuova non tanto per la sua indiscussa originalità, ma perché il gesto creativo dell'autore tenta di connettersi al linguaggio della realtà nelle sue intime configurazioni. Configurazioni materiali e immateriali, in quel territorio di confine dove la materia è energia significativa.
Nell'opera di ACA, c'è un "in più" che indaga su questa nuova lettura della realtà e si collega alla domanda: «che cos'è l'Arte ?» e soprattutto alla domanda: «fino a che punto l'Arte, oltre a trasmettere le informazioni contenute nei suoi messaggi, può evocare quanto di sconosciuto si nasconde dietro le apparenze del modo materiale ?».
Credo che ACA abbia sempre cercato di rispondere interrogando la cultura, la materia e, cosa più importante, se stesso, le proprie intuizioni profonde.
Nelle sue "elaborazioni" egli riprende una facoltà istintiva quanto evoluta propria dell'uomo fin dalla notte dei tempi ed essenziale al bambino per "acquisire" esperienza dal mondo: il contare per numeri naturali. Investendo su questa facoltà, in sinergia con il linguaggio del computer e l'informazione contenuta nell'universo di internet, si aprono all'artista nuovissime possibilità linguistico-espressive. Ma i suoi "numeri-iconologici" si sono rivelati simboli-significati di un tempo interiore -personale e collettivo- inciso dentro i segni grafici, come l'epoca arcaica sta dentro la roccia dei graffiti nelle grotte di Altamira.
Tempo: non più entità da rappresentare o evocare, ma enigmatico - e ripetuto ritmicamente - emblema di una symbiosis con il computer, dove il segno freccia-numero, presente in tutte le elaborazioni dell'artista, esprime ed "è" il "continuum" in cui spazio e tempo si separano e ricongiungono in variabili-vettori di significato, nella circolarità di un "passato-futuro".
E lo "stilema" freccia-numero rimanda a quei contenuti mentali e psichici che, ancora non completamente sondati dalla coscienza dell'artista, già emanano una sorta di presenza immateriale, un aroma semantico.
Un pensiero di Klee sembra guidare il lavoro e la mano dell'artista non solo a cogliere il mistero delle essenze, ma anche a raccogliere i "semi" di conoscenza sparsi qua e là nel mondo, in attesa che qualcuno li faccia fiorire e li riveli allo sguardo dell'anima: «L'Arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile».
Aggiungerei, sempre in relazione all'opera di ACA, che l'arte, oltre a rendere "visibile" ciò che si vede (l'apparente concretezza del reale), può rendere visibile ciò che non si vede.
In Punto, linea, superficie del 1926 Kandinsky diceva: «E lo scopo di un'indagine teorica è: 1. trovare il vivente, 2. renderne percepibile il pulsare, 3. stabilire quale sia l'elemento normativo nel vivente stesso. In questo modo si raccolgono realtà viventi - in quanto fenomeni singoli e nelle loro connessioni. (...) ».
E ancora «il contenuto di un'opera pittorica non è nelle forme esterne, ma nelle forze-tensioni viventi in queste forme»: già l'artista qui si rendeva interprete di una connessione tra la potenzialità praticamente infinita di comunicazione che connota l'Arte e l'altrettanto infinita profondità del reale.
Ed ecco la vera novità di ACA, è scoprire in se stesso e nella propria opera il "punto di connessione", o meglio la "saldatura" tra questi due infiniti, accorgersi di essere il "vivente" che emerge dai millenni dell'evoluzione come coscienza della realtà, autore di un pensiero creativo che cerca e trova il mondo e se stesso nelle proprie creazioni.
ACA ha semplicemente acquisito la consapevolezza di essere un uomo e un artista del nostro tempo che cerca di capire ed esprimere il mondo in cui vive con il metodo e gli strumenti messi a disposizione della scienza. Ma la sua lettura è anche quella di un poeta del segno, di un visionario ... da qui la freccia impazzita che lo fa andare dentro lo spessore apparente del "fenomeno" per scoprire le cose nascoste fin dalla creazione del mondo, da qui la "visione"del suo potenziale futuro.
Punto di convergenza tra più discipline, l'arte è così elemento di mediazione tra il linguaggio scientifico e quello filosofico e anche tra più dimensioni dell'essere.
A volte diventa un'ossessione, non dà pace all'artista: una forza interiore lo spinge a cercare sempre la perfezione nell'opera sempre incompiuta.
Magnifica ossessione davvero.
ACA lavorerà ancora, lavorerà sempre per estendere le sue conoscenze e integrarle e legarle insieme, per distruggere quello che ha trovato e poi ricostruirlo di nuovo, come ogni vero artista, nel linguaggio universale dell'arte. Ma, diventando negli anni più capace di leggere con il proprio sguardo la realtà da cui è emerso, dovrà anche riuscire a scriverla in un linguaggio unico e irripetibile e raggiungere più alte potenzialità espressive, lasciandosi alimentare e forgiare dalla stessa vita.
L'artista oggi è ancora e sempre quello che parla per tutti ... e con la voce di tutti.
Così più che i miei tentativi di spiegarle, vorrei che parlassero le "elaborazioni" di ACA, nel disvelarsi della materia che diventa memoria di se stessa, cioè energia significativa.
Vi trasmetto una sola emozione visiva, la prima, che mi ha immediatamente soggiogato: nel Concetto spaziotemporale n. 9 ho visto il sole pietrificato nello sguardo di un uomo all'alba dei tempi. Memoria di una percezione attinta nell'inconscio, altrimenti perduta per sempre ? Una delle immagini infinite nel continuum, nella sequenza degli attimi vissuti e rimossi di una vita non mia che adesso è anche mia ?
Per maggiori informazioni su argomenti correlati http://www.sequenzialismo.com
NOTE
1
Achille C. Varzi.
Professore Associato di filosofia alla Columbia University di New York (USA).
Laureatosi presso l'università di Trento, ha conseguito prima il Master of Arts e poi il Dottorato in filosofia presso la University of Toronto (Canada). I suoi principali interessi di ricerca vertono su Logica e Metafisica. Il suo libro più recente è Parole, Oggetti, Eventi (2001). È inoltre autore o coautore di numerosi articoli e dei volumi An Essay in Universal Semantics (1999), Parts and Places (1999, con R. Casati), Theory and Problems of Logic (1997, con J. Nolt e D. Rohatyn; tr. it. 2003), e Holes and Other Superficialities (1994, con R. Casati; tr. it. 1996). Per l'elenco completo delle pubblicazioni si veda il sito http://www.columbia.edu/~av72. È nel direttivo del "Journal of Philosophy" e fa parte del comitato editoriale del Monist, di Dialectica, e della Rivista di Estetica.
2
Il sequenzialismo: « ... È la concezione secondo la quale le cose alle quali tipicamente ci riferiamo con un nome proprio o con una descrizione definita non sono propriamente delle entità persistenti nel tempo. Non sono né continuanti [tridimensionali] né occorrenti [quadrimensionali], bensì sequenze di entità istantanee: meri entia successiva unificati nel pensiero ma distinti (e forse anche indipendenti) nella realtà, come le luci che "scorrono" sulle insegne di Las Vegas o le immagini che si "muovono" su uno schermo cinematografico ...».
Tratto da Riferimento, predicazione, e cambiamento di A. C. Varzi - Department of Philosophy, Columbia University, New York.
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