Quelle quattro righe messe in fila a rendere lo spazio invalicabile. L'ispessimento della gente affollatasi a dilungarsi in ciancianti atteggiamenti lusinghieri ciascuno di quello dell'altro. Il cibo, gettato sul legno grezzo d'un tavolo, numerose le bottiglie di vino ricolme e rosse e invitanti un pubblico assetato dopo tanta visione. Gli sfumanti colori accesi e poi spenti nei rossi e gialli e neri e neri e neri, incalzanti sulla tela e secondanti un viaggio intricato e oscuro e affilato nei confini quasi di metallo che scotta. Un muro scrostato, nei grigi piombi repellenti, non mai appaganti ma sferzanti un lascito di greve languore mai sopitosi del tutto. Una voglia dissimulata, un labirintico sentire, proclamato a tinte lussureggianti espellono un'identità multi - stratificata.
Nel pianto ho soggiaciuto assai tempo l'iride che inumidita ora s'apre alla visione. Stacchi di tempo giunti agli altri, commisti, in una forzatura di dove che disorienta. L'elettrodo del tempo non sortisce alcun effetto. Lo spiraglio non giace qui ma altrove. Nei panni di chi intinge le mani nel colorato e multiforme e stratificato secchio, pozzo delle meraviglie, ci tuffa anche l'animo che da torbido sfuma il nero lo perde diviene nuovo e si fa d'azzurro. L'altra parte del tempo è ignota, florida come foresta si presta a sottaciuti indubbi dell'animo. Ecco il vero e caldo nucleo apparire mai più dissimulato ma integro gettarsi sul di fronte, sulla finestra dove il belvedere è noto a tutti. Un affacciarsi fruttifero, un esserci dirompente e mai sommesso.
Le ali del dove sono spennellate di buon gusto a voler accogliere tutta la gente che ama e sente e vive l'arte profondamente. Volando seppur nell'esiguo spazio il qui e l'ora appaiono stamberghe d'un fu. Il fu si tinge di oggi e un ciclico divenire abbraccia tutti gli io presenti.
Alla festa del buono, dove il sapore trapela dagli occhi accesi e vivaci, reduci del buio han fame di vita.
Il taglio incolore dei paltò, la pioggerella lieve del febbraio, anticipano giorni di primaverile impeto ciascuno sotto il braccio dell'altro quando quell'altro esista. In caso di diniego allora la voglia di non essere soli resta inascoltata e le facce ingrigiscono private d'uno specchio in cui far riflettere le proprie velleità.
Fotografie per bucare la realtà, dare movimento ai volti, catturarli altrimenti dimenticabili. Il vieni e va s'infoltisce, i volti si congratulano acquiescenti e ridenti.
«Davvero belli i tuoi quadri, complimenti !»
«Allora comprane uno»
«E non saprei dove metterlo, dovrei comprare una casa nuova, allora sì».
La tensione dell'interrogata, la subitanea risposta quasi già allenata a dirsi, il vuoto sceso ad ingaggiare un'aspettativa disattesa, buio della sera a contornare i volti usciti fuori a respirare una boccata di fumo.
L'esito della mostra lo si determina in base alle vendite ?
Le vendite sono determinate dall'onesto prezzo o dalla moda secondante i gusti ? Le vendite sono pari a zero perché c'è la crisi ? Le tele rientranti, forse tutte insieme all'autore nel loro numero iniziale, soffrono dell'intimità troppa e ormai stantia raggiunta col loro autore o vi restano perché fedeli ?
Mi tartassano i dubbi d'una ipotetica vita sentimentale dell'autore con le proprie opere. Il bello difficilmente si abbandona per il vile denaro. Il vile denaro dà da mangiare, il bello no. Restando troppo tempo coll'autore il bello perde di smalto ? È finito il tempo del quadro, si fa largo il tempo degli elettrodomestici di alto design ? Case come eroine economiche sopravvissute al crollo dell'anima ?
Il cuore ci batte ancora, esiste ancora posizionato dentro di noi nel suo pulsare come indicatore di ossigeno che rinfresca il cervello e così lo nobilita ? Siamo diventati tutti troppo cervello per competere con le insidiose tecnologie e poco sentimento ? Tanto gossip e belle donne e belle case e bella tecnologia e l'ARTE ??? Tutto si guarda, poco è restato di ciò che si crea. La creatività è fatta fuori dalla furbizia ed allora quelle belle opere del Bruno Varacalli ? Tutta la Roma dell'arte e della cultura c'era a guardare anche i figli di chi ha contribuito ad arricchire la nostra arte di un nome divenuto europeo, a diffonderla e così a non essere dimenticato tanto facilmente come Domenico Colantoni. Si tramanda la faccia di lui attraverso un figlio che non smentisce le fattezze paterne e così pure le potenzialità creative. Pittore di fama nazionale l'uno, poeta e altrettanto pittore l'altro.
Le due generazioni messe a confronto nel desiderio di scoprire come l'arte e il modo di viverla siano oggi trasformate.
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