1) La bellezza nel rapporto tra natura ed arte
L’arte nasce come imitazione della natura, legata all’idea magica del rito propiziatorio: nei graffiti delle grotte di
Altamira la raffigurazione di animali, nell’intento dei cacciatori cavernicoli,
dovrebbe richiamare gli animali raffigurati, permettendo così la caccia e
quindi la sopravvivenza della comunità. Si nota una stilizzazione involontaria
delle forme rappresentate, dovuta all’incapacità di ritrarre in modo preciso
gli animali oggetto della battuta di caccia
virtuale come preparazione a quella reale; è un’espressione primitiva
d’arte non fine a se stessa, ma funzionale alla conservazione della vita. Abbandoniamo adesso la preistoria troppo
lontana dalle nostre esperienze culturali per epoche più vicine a noi.
L’imitazione della natura è criterio
fondamentale della produzione artistica anche in epoche relativamente recenti
della storia e civiltà umana: e questo perché la natura, nei confronti della cultura,
ha un’effettiva priorità storica che, nel corso dei secoli, si trasforma in
ideologia, cioè in convinzione profondamente radicata che l’umanità ha nella
percezione di se stessa e dell’ambiente in cui vive. L’ideologia in questione
pone l’oggettività del reale, di ciò che ci sta intorno e si può vedere,
toccare e misurare, al di sopra di qualunque altro tipo di realtà immaginata o
ipotizzata dall’intelligenza e creatività dell’uomo. Questo atteggiamento può essere generato dal convergere di due
tendenze opposte del pensiero umano: il rispetto della realtà e della natura
come opera di una Mente creativa che la trascende, oppure l’esaltazione della
realtà materiale, immanente, come espressione soltanto di se stessa a
prescindere dalla trascendenza.
Ora la bellezza
nell’Arte ha tentato l’imitazione della natura per migliaia di anni, nella
convinzione che difficilmente sarebbe stata capace di raggiungerne la
perfezione. Chi può negare infatti il fascino di un volto, di un corpo dalle
linee delicate e morbide, o di una vetta innevata, di un fiore, di un pesce o
di una farfalla esotica? Le aurore boreali, il mare calmo o in tempesta, la
foresta amazzonica, gli ulivi e la macchia mediterranea, per l’armonia delle
gradazioni cromatiche o la composizione degli scenari, spesso gareggiano con i
più grandi artisti di ogni epoca. Di tutte queste realtà del nostro ambiente
naturale diciamo che sono belle. Ma
che cosa sia questa suggestione dei sensi e della mente a cui diamo il nome di
bellezza è una questione ancora controversa.
2) Che cos’è la bellezza?
E’ comunque un insieme organico di elementi
che, nella Natura e nell’Arte, si integrano in modo da generare, attraverso la
vista e l’udito, emozioni e gioia e, in particolari casi, perfino una
sensazione di felicità completa, sia pure transitoria.
Per i Greci l’idea di bellezza è associata
all’idea di bontà e giustizia.
Secondo Aristotele e Platone, il bello è “il Vero”, per Platone in particolare è“lo splendore del Vero”: quest’ultima
intuizione del grande filosofo greco sembra avvicinarsi, più di qualunque
altra, al mistero della bellezza che potrebbe essere definita quasi l’anima
della realtà. L’argomento si complica
inseguendo la complessità della vita.
Se
guardiamo infatti alle opposte raffigurazioni che decorano i due fronti del
tempio di Delfi (IV sec. a.c.), per i Greci la bellezza non è soltanto
equilibrio-armonia-misura, ma anche sfrenata infrazione di ogni regola: non
soltanto apollinea ma dionisiaca, per dirla alla Nietzsche che, nell’ideare
questi due termini, si ispirò proprio alle raffigurazioni del tempio di Delfi.
Ma
ecco la rivoluzionaria intuizione di Giambattista Vico, filosofo dell’età
moderna, il vero è “il fatto”: e “il fatto”, in questo particolare contesto,
non può essere che l’Arte. Dalla sintesi e sinergia tra queste due intuizioni
nasce l’idea occidentale dell’Arte generatrice di bellezza.
Il Romanticismo si è mosso in questa
direzione, recuperando il “brutto e vero”, prima disprezzati e dimenticati,
alla dimensione estetica.
Certo siamo sempre nel campo di ipotesi
letterarie e filosofiche affascinanti che, se non raggiungono ancora il centro
del problema, ci avvicinano per gradi alla sua comprensione.
A complicare le cose la disputa sulla
soggettività e l’oggettività del “bello”, espressa nel popolarissimo proverbio:
“Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace.” Difficile mettere d’accordo le persone su “ciò che piace”, perché
la dimensione soggettiva del gusto dipende dal grado di sensibilità e cultura
che è strettamente personale; ma non si può negare che i capolavori dei grandi
artisti, riscuotano un consenso pressoché universale: in questo caso non si può
non riconoscere che in quelle opere la connotazione evocatrice, ricca di
suggestioni che noi chiamiamo bellezza,
è oggettivamente presente.
Il grande artista crea bellezza, e la bellezza ha il potere di far vivere il suo fruitore
in una dimensione diversa, perciò si dice che l’homo creans è capace di creare nuovi mondi e, in questo, è simile
a Dio.
Ma c’è una bella differenza! Dio ha creato dal nulla la Natura e l’uomo e
nella sua creazione convivono tutti gli aspetti della bellezza; l’artista
matura le proprie capacità creative nell’osservazione attenta della Natura e sull’esempio e testimonianza
dei Maestri che lo hanno preceduto. Altrimenti il suo albero, privo di radici,
non dà frutti. E perciò non piace a nessuno.
“La Bellezza salverà il mondo” ?
Secondo Dostojevski e Giovanni Paolo II sì,
lo salverà.
E noi speriamo con tutto il cuore che abbiano
ragione.
Ma quale Bellezza? E’questa la riflessione che lancio a tutti i lettori del BTA che può essere una punta di diamante
capace di aprire le strade del futuro.
L’Arte può creare Bellezza, ma a condizione di assumere in sé la responsabilità del proprio ruolo nei confronti della società, che ha separato le radici dal tronco e tagliato a pezzi l’Albero della Vita per venderlo al maggior offerente.
Oggi l’Arte dovrebbe rivendicare la sacralità del proprio ruolo di custode dell’Albero della Vita che può rinascere dalle
proprie radici.
Ma ha bisogno di valori su cui ricostruire se stessa e di persone generose per realizzare un nuovo mondo in cui la Bellezza,
ricollegandosi con la vita, sia capace di condurre gli uomini alla felicità di ogni autentico gesto
creativo.
Perché l’attitudine creativa in tutti i campi
dell’attività umana è capace di generare e diffondere felicità,
cioè un senso di piena e costruttiva adesione alla vita.
Per adesso disponiamoci ad accorgerci della Bellezza nella Natura e nell’Arte quando c’è. E quando le due Bellezze si
uniscono nei paesaggi della nostra terra.
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