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Controversie sull'attribuzione del Crocifisso a Michelangelo  
Giuliana Flaccomio
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 26 Agosto 2009, n. 535
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Area Didattica

Intorno agli anni 1493-95, Michelangelo Buonarroti, dopo la morte del suo protettore Lorenzo il Magnifico, potrebbe avere eseguito dei Crocifissi di piccole dimensioni.

È noto che il tema del Crocifisso, caro agli scultori del ‘400, aveva introdotto nell’arte il motivo della perfezione delle proporzioni umane, la cui massima espressione è stata il corpo maschile nudo.

Il tema era prediletto anche dal Savonarola, il quale aveva impostato la devozione dei fedeli sulla figura del Cristo in croce, incoraggiando in questo modo la produzione di crocifissi di medie e piccole dimensioni sia per cappelle che per uso domestico.

Il Crocifisso in questione, di recente acquistato dal ministero dei Beni culturali per la cifra di 3 milioni e 250 mila euro, manifesta caratteristiche tali da far ipotizzare l’attribuzione all’ancor giovane Michelangelo.

La prima identificazione risale al 1962-64, compiuta da Margrit Lisner, ma il dibattito è ancora aperto.

In effetti il corpo del Cristo propone un’anatomia mediata sul vero, la quale può essere resa solo attraverso una buona conoscenza del corpo umano. Sappiamo tuttavia che gli studi effettuati sui cadaveri erano pratica proibita all’epoca, si è infatti ipotizzato che all’artista fosse stato permesso di effettuare studi sui cadaveri del lazzaretto gestito dai padri del convento di Santo Spirito a Firenze.

L’opera, quindi, sarebbe divenuta essa stessa dono tangibile da parte di Michelangelo per il priore che tanto gli aveva concesso.

Il Crocifisso apparteneva all’antiquario torinese Giancarlo Gallino. Ospitata fino al 4 Aprile nella galleria d’arte moderna di piazza Sant’Anna a Palermo, era inizialmente in mostra presso il museo Horne, accanto a due crocifissi coevi, l’uno di Giuliano da Sangallo, l’altro Baccio da Montelupo, con i quali è impossibile non fare un confronto stilistico che evidenzia la perfezione formale del primo. Nonostante ciò è indispensabile sottoporlo ad una disamina critica.

Molti esperti di primo piano sono dell’idea che si tratta di un’opera di bottega, di ottima fattura ma comunque seriale, ipotizzando nell’acquisto un’operazione propagandistica.

Inoltre la cifra pagata risulterebbe irrisoria se si fosse certi dell’attribuzione, infatti un’opera autentica di Michelangelo potrebbe valere decine di milioni sul mercato.

La polemica è arrivata fino alla Procura regionale presso la corte dei Conti del Lazio, che sull’acquisto ha avviato un’istruttoria. L’analisi dei magistrati ha evidenziato un eventuale danno erariale allo Stato, ovvero il rapporto fra la cifra sborsata e l’effettivo valore dell’opera. L’acquisto è quantomeno discutibile di fronte alle enormi difficoltà di gestione ordinaria del patrimonio culturale del nostro paese. Durissima è la posizione della consulta nazionale degli storici dell’arte universitari nei confronti del governo.

 

Caratteristiche Strutturali:

L’opera sembra essere ispirata da umana pietà e presenta caratteristiche di struttura e muscolatura analoghe a quelle di un altro Crocifisso di Michelangelo conservato a Santo Spirito.

È stata realizzata con legno di tiglio: alta cm 41,3 e larga cm 39,7.

Proprio per le sue caratteristiche appare posteriore all’altro Crocifisso di S. Spirito (1492-93), ma anteriore alla pietà romana (1497-99). Si riconduce quindi agli anni del governo savonaroliano, più precisamente intorno al 1495.

È probabile che in origine il corpo del Cristo fosse coperto da un perizoma. Un dito del piede è andato perduto, mentre un altro rimosso perché posteriore alla fattura dell’opera, dunque falso. Il cartiglio sopra la croce reca la scritta “Jesus Nazoraeus Rex Judeorum” in ebraico, greco e latino. Queste iscrizioni vanno lette da destra a sinistra.

La capigliatura è stata realizzata con un impasto di stucco e stoppa e termina con ciocche sulle spalle. Tra il 1700-1800 era stata ridipinta insieme alla barba con dei colori più scuri, ma la pittura fu poi rimossa nel restauro.

 

Documenti:

Ascanio Condivi (1525-1574), biografo di Michelangelo, ricorda che il maestro “ebbe col detto priore molta intrinseca pratica, sì per ricever da lui molte cortesie, sì per essere accomodato e di stanza e di corpi da poter fare notoria, del che maggior piacer far non se gli poteva”.

 

Il Vasari scrisse nelle “Vite” che “fece per la chiesa di Santo Spirito della città di Firenze un Crocifisso ligneo…a compiacenza del priore il quale gli diede comodità di stanze, dove molte volte scorticando corpi morti per studiare le cose di notoria, cominciò a dare perfezione al gran disegno ch’egli ebbe”.




 

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