La moda innescata da una
letteratura al limite del fantascientifico ci ha ultimamente abituato ad
avvicinarci alle opere d’arte per quel gusto del mistero che caratterizza noi
esseri umani. E così quadri famosi come la Gioconda e il Cenacolo di Leonardo da Vinci sono divenuti dei veri
cult nella società contemporanea.
Spesso si cercano in essi significati esoterici, trasformandole in veri e
propri rebus.
L’incontro magico che invece lega
Nadia Scardeoni all’Annunziata di Antonello da Messina l’ha portata a fare
un percorso nuovo, fatto di silenzi e di un religioso ascolto dell’artista. Ciò
le ha permesso di scoprire i significati più profondi e più intimi, nascosti
nella storia di questo straordinario dipinto del 400, che hanno fatto nascere
in lei un rispetto quasi sacro per l’Arte e per i suoi autori.
Questo rispetto si è tramutato
nella ricerca di un nuovo metodo di intervento sulle opere d’Arte che potesse
essere il meno invasivo possibile. E’ così che è nato il restauro
virtuale, fra polemiche, diatribe, ma anche
appassionato impegno della fondatrice. Una passione che permette a Nadia
Scardeoni di trasformare i suoi seminari in ulteriori opere d’arte, carichi di
emozioni, silenzi e meravigliato stupore di chi l’ascolta. A lei chiediamo di
raccontarsi e di ricordare con noi episodi, facendoci anche partecipi di
qualche risvolto dietro le quinte di questo suo percorso pionieristico verso un
nuovo approccio nei confronti dell’arte.
Nadia, lasciami iniziare con una
domanda la cui risposta potrebbe essere scontata, ma io te la faccio lo stesso:
chi è il tuo pittore preferito?
Dieci anni di studi su Antonello e relative pubblicazioni sono già una
risposta, è vero, ma posso risponderti anche rivisitando i nodi di questa mia
intensa passione … Nodi che si sono intessuti via via con gli studi, l’insegnamento, la
ricerca, la sperimentazione. Da piccola ero affascinata dalla genialità di Giotto. A 5 anni dipingevo con i
pastelli, a otto anni sperimentai l’acquerello, e a 12 la pittura ad olio.
All’epoca sul sussidiario si citavano solo Giotto, Leonardo, Michelangelo e
Raffaello ed io amai subito Giotto per l’accoglienza dolce di quel suo “spazio”
a misura di bambino. Ma più avanti negli studi sceglierò come mio secolo il quattrocento,
per il suo penetrare nell’humanitas, per il suo suscitare l’arte
che ci integra e non ci disperde. Mi avvicino dunque lentamente ma inesorabilmente all’artista poco
conosciuto, poco citato, che, da un’isola mediterranea e a partire dalle sole
immagini cartacee, mi paralizza con l’affondo per me ineguale, della sua “
unica pittura“… « … ed è stato così che un’opera straordinaria si è imposta al mio “sentire” con una autorevolezza
inimmaginabile».
Raccontaci il tuo primo incontro
con l’Annunziata …Dopo averla amata e studiata da lontano, la vidi per la prima volta,
grazie alla frequentazione di Palermo, un giorno dell’estate 1974 a Palazzo
Abatellis. Era nella sua stanzetta e io sostati a lungo - molto a lungo - davanti
al prodigio che dalla piccola teca mandava un flusso di energia spirituale che
ha beneficato, oltre ogni mia aspettativa, la mia vita intellettuale. In quel
dimorare quieto ho avuto tutte le risposte che cercavo.
Cosa ti ha spinto ad andare oltre
la semplice immagine per potere veramente incontrare l’artista che ha prodotto
questo capolavoro ?
Ho sempre ritenuto importante insegnare l’approccio all’opera d’arte
non suscitando clamore feticistico
ma intessendo un cerchio virtuoso
di approfondimenti mirati all’ascolto dell’artista che l’ha composta .
Si tratta, per me, di enucleare il dono dell’artista:
arrivare con leggerezza e rispetto all’anima,
al centro vitale della sua opera.
Al di là degli strumenti tecnologici che mi hanno consentito di mettere in luce
una storia inimmaginabile e sorprendente, credo di essere stata guidata da
questa mia vocazione che si è affinata, oltre gli studi, con la pratica del
restauro.
Nadia, lo chiediamo proprio a te:
tac, radiografie, immagini virtuali, bastano soltanto queste indagini per far
comprendere il significato di un’opera d’arte e il rapporto che con essa hanno
avuto i suoi fruitori nel corso dei secoli, restauratori inclusi ?
No non credo che bastino. Sono elementi necessari per indagare il
supporto materico della sua manifestazione. Sono utili a prepararci all’incontro ... ma, per non essere deviati in
uno scientismo chiuso in se stesso,
occorre riumanizzare l’evento: sostare davanti
all’opera e “ascoltarla … in silenzio“. L’opera d’arte è mediazione di relazione e racchiude nel suo intimo il
“dono immateriale” dell’artista che l’ha composta ... Porsi davanti all’opera d’arte nella sua
veste estetica spirituale oltre
che percettiva artistico-sensoriale significa comporre i due approcci in un
unico afflato conoscitivo, affettivo e relazionale atto a rivelare le sue reali
potenzialità e a porla in essere,
esistente e vitale, nella coscienza di chi la fruisce. Solo nella piena consapevolezza
del flusso misterioso che essa emana e ci compenetra, al di là
dei dettagli esperiti, ci è dato di
entrare in dialogo
con l’autore – e di appropriarci , secondo la nostra individuale sensibilità , del dono dell’artista. Un dono tanto
piacevole da apparire appagante quasi che i rivoli misteriosi delle vocazioni
più profonde possano confluire liberamente in un alveo comune. Un dono prezioso e misterioso che spesso è avvolto in un involucro di
pudore, totalmente impenetrabile alle tac, agli infrarossi e a qualsiasi altra indagine
tecnologica. Questi sono i concetti chiave sui quali poggia la “Metodologia del
Restauro Virtuale” che ha ottenuto riconoscimenti di rilievo in seno alle nuove
"Tecnologie della comunicazione culturale” dal Dipartimento Patrimonio Culturale del CNR a partire dalla
selezione per il: Multi-quality Approach to Cultural Heritage -
2006 fino alla rassegna : Primavera
Italiana in Giappone 2007, nonché l’invito a partecipare al GMFE -
Guglielmo Marconi ICT Global Forum & Exhibition 2009 e infine una tesi di Laurea: Restauro Virtuale: il dibattito contemporaneo e il contributo di Nadia
Scardeoni di Caterina Cristoforo ove nella proclamazione si cita il “Metodo Scardeoni” (Accademia delle Belle
arti di Catanzaro, 24 0ttobre 2008)
“…qualche filo lucente di neri
capelli”. É una descrizione che hai scovato in un libro di Venturi del 1915.
Dal velo dell’Annunziata era un tempo possibile vedere dei capelli, qualche
filo. Tu lo avevi sospettato e Venturi te ne ha dato conferma.
Raccontaci qualcosa in più su questo aspetto interessante della tua ricerca …
É stato un lungo cammino a ritroso, condotto nel fastidio
generale, per aver sollevato interrogativi e osservazioni che mettono a fuoco
le carenze critiche dell’agire istituzionale meritatamente ai problemi di
restituzione, tutela e conservazione delle opere d’arte. Ma attraverso l’analisi di un capolavoro autentico come l’ANNUNZIATA, e
un metodo di ricerca totalmente nuovo, che ho denominato “restauro
virtuale”, ho avuto la felice avventura di poter
ricostruire tutti gli elementi che provano la
maldestra censura di quei fili lucenti di neri capelli… nonché gli
atti successivi. La mia ricerca riguarda dunque la restituzione del volto della Vergine Annunziata, così come
il suo autore l’ha ideato, documentando una visione anticanonica e in sé
rivoluzionaria che è stata stroncata, per un approccio banale e irrispettoso, nel privato e nel
pubblico. Prima del 1903 l’Annunziata era di proprietà di Mons. Vicenzo di Giovanni
di Salaparuta. Fu a quell’epoca che il
ritratto di Maria di Nazareth, prestato da una giovane fanciulla siciliana avvolta nella mantellina azzurra …
con il suo piccolo ricciolo sfuggito alla compostezza del velo, risultò
troppo anticanonico o inquietante per la devozione privata. Il ritratto
venne opportunamente santificato: il
ricciolo fu ricoperto da pesanti pennellate e
venne aggiunta una aureola . Il successivo restauro (… del 42 ?) nel rimuovere la patacca di colore
causò lo svelamento, ancora oggi
visibile, che ha dato origine alla mia tesi fondata sull’ipotesi di
un’abrasione volontaria, a bisturi, sul lato destro (per l'osservatore) del
volto dell'ANNUNCIATA, frutto a sua volta di una errata interpretazione della
struttura del manto. É stato l’importantissimo il ritrovamento critico della
descrizione di Adolfo Venturi che ha
consentito la ricostruzione degli atti precedenti la mia prima tesi. Si è confortata la presenza
dell’ombra ma anche – fatto inatteso ed eclatante - di …”qualche filo lucente di neri
capelli”, poi
ulteriormente confermata da un’immagine Alinari della fine
dell’ottocento . Questa sequenza di dati abbracciano dieci anni di ricerca e
sono raccolti nell’opera multimediale: “Maria
di Antonello” che, su sollecitazione di amici studiosi, è in procinto di
diventare un libro.
In che cosa consiste, più
dettagliatamente, il restauro virtuale ?
Il restauro virtuale è nato nella mia mente così semplicemente per prefigurare elettronicamente
sull’immagine ad alta risoluzione, un’azione di restauro e in questo caso la
velatura del manto, senza martoriare ulteriormente uno dei più grandi
capolavori di ANTONELLO da Messina. In
sintesi, il restauro virtuale concerne lo studio critico dell’opera d’arte
pittorica e sviluppa tesi di intervento, secondo un progetto che non
agisce creativamente su di un opinabile "inestetismo", ma tende
unicamente a ristabilire quella che si palesa come "verità
documentata". Rappresenta
un metodo non invasivo di prefigurazione digitale di interventi di restauro
utili per le procedure di intervento reale sulle opere stesse e rientra
nell’area della salvaguardia così come è riportato nell’Art. IV della Carta del
restauro 1972 (salvaguardia: provvedimento conservativo che non implichi
l'intervento diretto sull’opera). È stato per la prima volta applicato al ritratto dell’Annunziata di Antonello da
Messina e successivamente presentato al Direttore della Galleria Regionale di
Palazzo Abatellis di Palermo e proposto in rete al pubblico nella rubrica:
“Interlinea” di edscuola.com È dunque uno strumento
d’indagine tecnico-informatico rivolto
alla ricerca storico-umanistica atto a
perfezionare il nostro incontro con l’opera d’arte e con il suo Autore, per comporre
un dialogo essenziale alla comprensione della sua arte e non per fare
diagnosi estreme delle sue incertezze … o pentimenti !
Quali progetti sono scaturiti dalla tua innovazione
tecnologica ?
I corsi sperimentali presso CNR ITD – Istituto per
le Tecnologie Didattiche a Palermo, tenuti nei mesi di Febbraio e Marzo del
2008, hanno consentito di strutturare i seminari e i programmi formativi di tipo
teorico-pratico a partire dalla
Metodologia del RESTAURO VIRTUALE. Questi
seminari che consentono di acquisire le nozioni indispensabili per l'approfondimento
degli studi critici e delle ricerche storiche sull’opera d’arte, per la
prefigurazione degli interventi di restauro, coadiuvandosi delle più recenti
tecniche diagnostiche sugli stati di conservazione delle opere, formano
nuove professionalità nell’ambito della tutela e della salvaguardia del
patrimonio artistico, quali: l’esperta/o in integrazione pittorica, per i
laboratori di restauro, l’esperta/o in compilazione e catalogazione di schede
di identità multimediali per gli archivi; l’esperta/o in comunicazione
didattica per la didattica museale.
Attualmente
è allo studio il progetto : ARCHIVIO DIGITALE
DELLA SALVAGUARDIA. L’obiettivo del Laboratorio è la formazione alla tutela e alla
condivisione del patrimonio artistico. È possibile, da parte degli Enti
interessati, iscrivere nell'Archivio opere significative che diverranno oggetto
di studio e di massima divulgazione, nonché costruire un Patrocinio assegnando
agli studenti coinvolti piccole borse di studio stabilite liberamente fra gli
enti. Nell’ideare l’ARCHIVIO
DIGITALE DELLA SALVAGUARDIA ho
individuato una sua “mission”. Ritengo infatti che fra "gli studiosi"
di un'opera d’arte o dei beni materiali e immateriali del nostro patrimonio
artistico, sia imprescindibile dare
priorità ai giovani che intraprendono un percorso formativo nell'ambito
della tutela e della conservazione del patrimonio artistico … sia nei centri
universitari sia nelle scuole di alta formazione artistica e nei licei. Ritengo anche che un paese degno
del proprio patrimonio sappia utilizzare strumenti, mezzi e competenze
formative non troppo onerose per
conseguire l'obiettivo di formare, oltre le conoscenze di base, la coscienza
critica dei futuri conservatori, dei futuri storici dell'arte. Ritengo infine che lo studio e la
comunicazione multimediale del nostro patrimonio artistico sia un terreno ideale di dialogo interculturale
atto, per la sua singolare valenza di linguaggio universale, a costruire sentieri di condivisione pacifica
delle culture originarie.
«Tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di
vivere». Bertolt Brecht.
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