Sembrerebbero termini
inconciliabili, ad un primissimo approccio. Eppure nel linguaggio di ACA, che
sul BTA abbiamo più volte analizzato, tra Tecnologia, Scienza ed Arte non c’è
soluzione di continuità: la
Scienza è Gioco filosofico (v. Sequenzialismo del filosofo
Varzi), l’Arte è Gioco, Tecnologia e Scienza e tutte queste attività insieme
sembrano indirizzare alla ricerca di un Significato. Il Significato verso cui
si muove il Gioco tecnologico e artistico di ACA è naturalmente al di là di
qualunque ipotesi o definizione perché la sua Arte ne è alla ricerca e, questa
ricerca non avrà mai fine.
Qui entra in Gioco un elemento quasi sconvolgente, per chi ama le
avventure dell’intelligenza: ciò che attrae l’artista non è la bellezza, né il
successo fine a se stesso, o soltanto il desiderio di conoscenza, ma soprattutto
il fascino dell’Ignoto. Con i suoi segni, segnali, o scritture (più scritture,
più linguaggi) o ICONE attinte alle fasi primordiali (preverbali) della
comunicazione, l’Artista ci invita ad un viaggio oltre i confini dell’immaginabile:
ci invita, giocando, a sprofondare nel Mistero, a non aver paura del Mistero, a
goderne i piaceri, proibiti ai comuni mortali, varcando le Colonne d’Ercole
come moderni “Ulisse”. Il Gioco a cui ACA invita lo spettatore delle sue Performance è una cosa molto seria, come
d’altronde il gioco dei bambini, consiste nel seguire i percorsi indicati dalle
frecce: e, in queste ultime opere, soprattutto nella “comprensione” del linguaggio dei
numeri. Ma attenzione: i percorsi sono virtuali e gli
spazi da percorrere non appartengono soltanto alla tidimensionalità, ma ad
ulteriori dimensioni ancora tutte da scoprire. Possono essere dimensioni temporali,
sensoriali, emotive, psichiche … o semplicemente spaziali. Non sappiamo, perché la strada è indicata e ancora
percorsa soltanto in piccola parte e ognuno, se vorrà capire o emozionarsi, la
dovrà percorrere individualmente, con il proprio bagaglio di sensibilità,
esperienze, intuizioni, entrando così
nella Performance creativa e nel
gioco e senza sapere dove e se arriverà. Forse le frecce indicano
anche misure temporali: passato, presente, futuro, oppure il tempo dell’anima,
che ha infinite direzioni.
E i numeri ? Sono segnali che rimandano
ancora più indietro nell’archeologia dell’espressione umana. Il contare è
un’azione istintiva nel bambino che delimita il suo territorio fisico e
psichico e se ne appropria, per l’uomo primitivo e ancor più per quello moderno
e contemporaneo è un modo per classificare azioni, eventi, misurare quantità,
tempo, spazio e così via. I numeri sono onnicomprensivi e onnipresenti nella
realtà dell’uomo: nel caso di ACA sono anche il collegamento primario tra Arte
e Scienza: e qui si apre uno scenario vasto e impressionante, perché ci sono
tantissimi tipi di numeri, che io non sono certo in grado di menzionare: ternari,
quaternari, duodecimali, naturali, reali, irrazionali, trascendenti, primi,
perfetti, felici o infelici e così via. I primi e i perfetti sono intimamente
collegati da una strana formula, un’equazione dove l’incognita è un numero
primo contrassegnato da una p e rappresenta la radice del numero perfetto (=n).
Ora credo che sia il caso di
introdurre un tema di grande interesse: il collegamento che esiste tra il
linguaggio dei numeri nelle opere di ACA e la “scienza” millenaria detta
numerologia.
La numerologia, a cui concorrono convinzioni
antiche e profonde che costituiscono la base del pensiero primitivo della collettività
umana, ha avuto fin da tempi antichissimi un gran numero di seguaci e di
estimatori di vario genere.
Pur non essendo in se stessa quella che noi occidentali chiamiamo una scienza esatta, ha trovato autorevole
conferma nel pensiero di Pitagora, grande filosofo e matematico di Samo nel VI
secolo a.C., che accolse l’eredità dei Sumeri (circa 3000 a.C. ideatori del
sistema sessagesimale nel calcolo di ore, minuti e secondi, accolto in
precedenza dai Babilonesi. Secondo il pensiero di Pitagora (575 a.C - 495 a.C.) i numeri
costituiscono l’essenza delle cose e tutto ciò che esiste al mondo può essere
ridotto ad espressione numerica. Anche Parmenide ed Eraclito (VI -
V sec. a.C.) hanno fondato il proprio pensiero sull’idea e il valore del numero
Uno: Parmenide vi riconduce tutta la realtà facendolo coincidere con l’Essere:
immutabile, ingenerato, immobile, eterno. Eraclito, invece, nel Logos vede il
divenire: Tutte le cose sono Uno e l’Uno
è tutte le cose. Interessante l’idea che Plotino
(III sec. d.C.) ha dell’Uno, cioè dell’Assoluto, come libertà infinita che genera continuamente se
stessa. Nel Rinascimento ricevono impulso
molte discipline come la matematica, la geometria, la numerologia,
l’astronomia, che sono connesse tra loro e tentano di interpretare la realtà in
chiave simbolica e unitaria.
Il riferimento ai significati dei
numeri secondo questi orientamenti può servire di aiuto per una “lettura creativa”
delle opere di ACA, per chi vi cerca un collegamento con le culture arcaiche o
la filosofia presocratica o ancora con il pensiero rinascimentale, basate, sia
pure con differenti livelli di approfondimento, sull’osservazione della natura
e dei cicli cosmici o sul concetto di alchimia.
Propongo al lettore un
esperimento di Gioco creativo nell’interpretazione delle opere di ACA qui
riprodotte in seguito.
Il potenziale “giocatore” potrà avvalersi,
per una lettura personale dell’opera che vorrà interpretare, di alcuni
significati dei numeri da 1 a
10, quelli cioè che ricorrono più spesso nelle composizioni di ACA. Certo dovrà
tenere conto di altri elementi, come le frecce, le forme e i colori presenti
nell’opera, ma i significati-base dei numeri, oltre alla loro presenza
collocazione e forma, potranno essere un punto di partenza per la sua ricerca.
Non dovrà tener conto del titolo della composizione, che potrebbe essere
fuorviante se considerata alla lettera, perché spesso gli artisti anche grandi
non si rendono conto di quali siano i messaggi più importanti trasmessi dalle
loro opere. Oltretutto un occhio
estraneo non è condizionato dall’ideologia o dallo stato psichico dell’autore,
che è portato a considerare la sua creazione come un possesso personale e di
cui può disporre come vuole anche a livello interpretativo, mentre - e questa è
una mia convinzione che può non essere condivisa - l’opera appartiene alla sua
epoca e alla collettività di cui, nel bene e nel male, l’artista esprime
valori, sentimenti, desideri, passioni.
Forse qualcuno aderirà alla mia
proposta di “giocare” insieme all’Artista alla ricerca del significato che egli
persegue trascinandoci nel suo mondo misterioso: se il potenziale giocatore
dovesse considerare troppo complesso il gioco, pensi che, accettando la sfida,
avrà comunque un input verso la ricerca iconografica e numerologica che offre
appassionanti scoperte e invita a perseguirne altre.
Non intendo commentare singolarmente
le elaborazioni di ACA qui esposte,
perché sono convinta che il grado di maturità sia dell’artista che del fruitore
dell’opera renda possibile una lettura autonoma a chi si senta attratto dalla
magia di queste composizioni tanto attuali nel linguaggio quanto suggestive
nella loro matrice arcaica.
Voglio soltanto sottolineare alcuni particolari che mi hanno colpito nella elaborazione: 426 (fig. 1), caratterizzata
da raffinate suggestioni cromatiche. Sul numero 1, a sinistra, sta per
ricadere un numero indefinito di frecce da opposte direzioni : è un suggerimento ad interessarsi
a quell’Uno, oppure una sorta di battaglia primordiale contro l’Uno ? Oppure un
avvicinamento nello spazio e nel tempo ? Faccio notare che l’Uno è il risultato
della sovrapposizione di 3 elementi e che il 3 si ritrova sull’elemento
triangolare che lo sovrasta (perché non andate a leggervi qualcosa sul
significato dell’uno e del tre ?).
Sempre nella composizione 426, in basso, è interessante anche il ripetersi della freccia che si può
configurare anche come un lucertolone preistorico, nella parte bianca con i 3
elementi verdi orizzontali, i 3 marroni verticali dalla parte della “coda” e i
3 paralleli in grigio sul lato dx . Il 3 in questa composizione si ripete in modo
ossessivo negli elementi compositivi e nelle frecce. Quello che si nasconde,
invece, è il 2: ma forse sono io che non riesco a vederlo.
Nelle composizioni 456 e 457, dove non compaiono frecce, il percorso verso la conoscenza si compie attraverso
misteriosi numeri che affrontano un mare invisibile sopra una nave nera, le cui
bandiere circolari, in gradazione ascendente di colore dal prugna al giallo
intenso passando per il rosa e l’arancio, potrebbero rappresentare orologi che
segnano un tempo sconosciuto o lecca lecca dove i numeri svolazzanti sono
rimasti incollati, oppure palloncini colorati, o ancora allegri ventagli
giapponesi dove i numeri occhieggiano sollecitando la curiosità di chi li
guarda. Su quale mare sconosciuto naviga e dove si dirige la stilizzata
imbarcazione neovichinga con il suo carico di gioia e di mistero? Io un’idea ce
l’avrei, ma non voglio condizionare il lettore con le mie virate fantastiche.
A voi appassionati d’arte moderna
la risposta, se ne avete una.
IN NUMEROLOGIA
Numero 1: è l’inizio di ogni cosa: la Creazione, l’essenza
della vita, la nascita del creato. Simbolo di potenza, passione, desiderio, per
i pitagorici era il numero della
ragione, generatore di tutti i numeri. Gli indoeuropei, per indicare il numero
1, usavano la parola SOL; Fu usato come numero soltanto nel 100 d.c. con
Nicomaco di Gerasa.
Numero 2: rappresenta la materia e l’interazione tra il polo
positivo e quello negativo, la sfera emotivo-sentimentale, l’inconscio, la
creatività, il conflitto, la duplicazione.
Numero 3: rappresenta il numero perfetto, il numero sacro (Dio Uno
e Trino). É abbinato alla figura del triangolo equilatero, simbolo di
perfezione. É l’unione tra i numeri uno e due, l’armonia tra le forze negative
e positive, la forza vitale, l’energia.
Numero 4: rappresenta la concretezza, il potere, il pensiero, la
giustizia, il castigo. In geometria è rappresentato dal quadrato, base del cubo
o della piramide. Per i Maya 4 erano i momenti
creativi, secondo gli Indù 4 erano i cicli cosmici in cui è diviso il tempo. In
campo religioso il 4 si collega al simbolo della croce, che mette in relazione
il cielo e la terra.
Numero 5: rappresenta la totalità, la completezza, l’equilibrio: 2
+ 3 = sintesi tra principio terrestre e principio divino. Durante il Medio Evo
gli alchimisti cercarono a lungo la
quintessenza, cioè la parte più pura delle cose, che si poteva ottenere
dopo cinque distillazioni.
Numero 6: rappresenta il perfetto equilibrio e l’amore assoluto, le
forme opposte che si completano a vicenda fino a diventare un corpo unico. Nella
tradizione ebraica il 6 ha
un posto di rilievo: 6 i giorni impiegati da Dio per creare l’universo; gli
ebrei coltivavano la terra per 6 anni per poi lasciarla riposare un anno;
quando Mosè salì sul Sinai per ricevere le tavole della Legge, una nube coprì
la cima del monte per sei giorni e solo al 7° Dio chiamò Mosè per consegnargli
le tavole dei 10 comandamenti. Essendo uguale al 9 capovolto,
assume anche il significato di antitesi al 9, numero estremamente perfetto
(ripetuto 3 volte rappresenta il male).
Numero 7: numero della fortuna (gioco delle carte), numero che
ricorre nei testi religiosi. Il carattere sacro deriva anche dalla composizione
del numero: 4 + 3 , simboli del mondo fisico e della divinità, che esprime
l’unione inscindibile tra mondo materiale e mondo spirituale. 7 sono i giorni
del diluvio, sette le vacche grasse (o magre), 7 gli anni di abbondanza o di carestia.
Gli Arabi avevano 7 moschee sacre, gli Indù ritenevano che si dovessero
attraversare 7 caverne per cercare e trovare la verità.
Numero 8: equilibrio e anche conflitto tra spirito e materia. I due
cerchi che si intersecano sono simbolo di infinito. Al concetto di equilibrio
cosmico è legato l’uso di 8 pilastri per
reggere la volta dei templi o la struttura di mausolei. Spesso le fonti
battesimali hanno forma ottagonale. La dea Kalì ha 8 braccia. Per il Buddismo
8 sono le vie della redenzione.
Numero 9: è ancora più perfetto del 3, perché 3 volte 3. In Dante 9 cieli fanno
corona all’Emisfero, sede di Dio. Nell’architettura dei templi: 9 porte, 9
gradini, 9 finestre. Nel Vangelo, per Gesù, tutto si
compì all’ora 9°. A Roma un fatto prodigioso si festeggiava con un Novendiale, 9 erano i giorni di lutto
per ricordare i defunti. Nel Cristianesimo la Novena
è un periodo di 9 giorni dedicato alla preghiera di intercessione.
Numero 10: rappresenta l’universo, perché contiene la somma di
tutte le dimensioni geometriche possibili nel nostro universo: 1 punto è il
generatore delle dimensioni, 2 punti determinano una linea ad una dimensione, 3
punti non allineati determinano un triangolo con un’area e 4 punti non giacenti
nello stesso piano determinano un tetraedro con un volume a tre dimensioni (1 +
2 + 3 + 4 = 10).
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