Palazzo Barberini
non è solo un edificio storico, in cui la storia vive e rivive, ma è la sede
della Galleria Nazionale d'Arte Antica dal 1949, quando il palazzo fu
acquistato dallo Stato, proprio per questa finalità.
L’attuale edificio fu la dimora
di rappresentanza di Urbano VIII, il cardinale Maffeo Barberini che lo
ricevette in dono dal fratello Francesco dopo due anni dall’ elezione al soglio
pontificio nel 1623 .
Attraverso Palazzo Barberini, il Papa manifesta il prestigio raggiunto dalla
sua famiglia con solenne magnificenza. L’intento del pontefice fu quello di
ampliare le antiche fabbriche della famiglia Sforza, poste sul colle del
Quirinale. Il progetto ingloba il nucleo preesistente, coincidente con la costruzione
poi realizzata, nell’ala verso la piazza e nel corpo centrale. Questo nucleo
originale era stato ceduto dagli eredi di Giulio della Rovere al cardinal
Alessandro Sforza di Santa Fiora nel 1581 ,
ma era già appartenuto al cardinal Rodolfo Pio da Carpi dal 1549, che l’aveva
poi venduto al cardinal Della Rovere .
La villa del Cardinal Pio da Carpi, si presentava come una villa suburbana
(Aldrovandi), mentre al tempo della famiglia Sforza di Santa Fiora la zona aveva già subito l’urbanizzazione, in
seguito alla costruzione dell’acquedotto Felice e della via delle Quattro
Fontane ad opera di Sisto V .
Quando i Barberini si insediarono
nel sito, questo era già caratterizzato dall’ambivalenza di residenza urbana e
di villa.
Il progetto di ampliamento venne affidato da
Urbano VIII a Carlo Maderno; l’architetto incluse nella ristrutturazione del
palazzo il nucleo degli Sforza, e ne mantenne persino le decorazioni interne.
Ciò permise alla famiglia Barberini di
abitare il palazzo mentre i lavori erano ancora in corso. La villa degli Sforza
venne inserita entro una costruzione quadrangolare che nella facciata verso
l’attuale piazza Barberini si presentava in forme più severe e
di rappresentanza essendo quel fronte esposto verso una zona già abitata della
città, mentre per i prospetti su via delle Quattro Fontane e sui giardini era
stata elaborata una soluzione ad ali aperte, dando così all’ insieme una forma
ad “H”. Gian Lorenzo Bernini subentrò alla direzione dei lavori dopo la morte
del Maderno avvenuta nel 1629 e completò il palazzo entro 1633 .
L’artista aveva già avuto modo di farsi notare dal pontefice sia come scultore,
sia come architetto nella chiesa di S. Bibiana. Non attuò modifiche sostanziali
al progetto maderniano, piuttosto degli aggiustamenti nel salone centrale e
realizza ex novo l’attigua sala ovale. La facciata verso via Quattro Fontane
viene arricchita della loggia vetrata, pur mantenendo la soluzione ad ali
aperte, e del sottostante porticato che
conduce da un lato, allo scalone quadrangolare, anch’esso di sua ideazione, che
permette l’ accesso al piano nobile nell’ala nord, e dall’altro alla scala
elicoidale che introduce all’ala sud, progettata da Borromini quando aveva
lavorato nel cantiere del Palazzo con il Maderno, suo zio.
Dall’ingresso da via delle
Quattro Fontane si coglie bene la divisione dei due settori del palazzo, quello
nord abitato dalla famiglia e la parte sud abitata dagli ecclesiastici,
all’ultimo piano della quale Francesco Barberini aveva impiantato la sua biblioteca.
La rampa che dal porticato
conduce ai giardini venne realizzata per volere del Cardinal Francesco
Barberini, particolarmente interessato alla sistemazione dei giardini che aveva
popolato con tutte le meraviglie della natura. L’ attenzione per la cura del
giardino viene poi ripresa dal fratello di Francesco, Antonio che abitando da
solo il palazzo, in seguito al trasferimento del fratello cardinale alla
Cancelleria, progetta un giardino all’
italiana.
La facciata di Bernini, configura
il palazzo in maniera decisamente innovativa, accentuandone la doppia
caratteristica di villa suburbana e di palazzo di rappresentanza, grazie al
porticato che congiunge, attraverso la rampa a gradoni, al giardino segreto
posto sul retro. Dà inoltre particolare risalto al salone, che si eleva per ben
due piani e che presenta la volta
superbamente affrescata da Pietro da Cortona tra il 1632 e il 1639 con l’ apoteosi della famiglia Barberini espressa nel Trionfo della Divina Provvidenza .
La grandiosa decorazione pittorica voluta dai Barberini rappresenta
simbolicamente il potere raggiunto dalla casata attraverso uno sfondato
illusionistico, popolato da scene di storia romana, figure mitologiche,
allegorie, dal significato complesso, ma di affascinante bellezza. L’affresco
apre la via al linguaggio barocco in quanto per la prima volta si sovrappone
alla volta architettonica generando l’illusione di uno spazio illimitato e non
corrisponde più, dunque, all’idea del
quadro riportato sul muro. Pietro da Cortona progettò anche il teatro,
distrutto nel 1926 con l’apertura di via Barberini, luogo dello spettacolo
seicentesco e anche studio di Thorvaldsen
nella prima metà dell’ Ottocento e decorò, in collaborazione con i suoi
allievi, la cappella del palazzo posta al piano nobile.
Poco prima, tra il 1629 e il
1631, Andrea Sacchi, aveva avuto l’incarico di dipingere la volta di un’altra
grande sala del piano nobile con la Allegoria della divina Sapienza, in cui
si adombrano le concezioni delle teorie astronomiche del momento. L’effetto, al contrario del salone di
Cortona, è solenne ma sobrio e rispecchia la personale visione dell’artista,
classica e pacata, che darà vita al classicismo, di cui diviene il manifesto.
Altre sale sono decorate da
Andrea Camassei, Giuseppe Chiari, e da altri pittori del Seicento e del
Settecento.
Nel XVIII secolo, in vista dell’estinzione della famiglia, si provvide ad unire
in matrimonio Cornelia Costanza, ultima discendente, con Giulio Cesare Colonna
e Anna Colonna con Taddeo Barberini al solo scopo di assicurare continuità al
cognome Barberini e di unire i beni fedecommissari. In questo periodo si sentì
la necessità di ridecorare secondo il gusto del momento e quindi la residenza
della famiglia si spostò al secondo piano del palazzo, in ambienti più intimi,
lontani dalla grandiosità delle sale barocche.
Dopo l’Unità d’ Italia l’area di
Palazzo Barberini fu oggetto di speculazioni edilizie che comportarono l’
esproprio di aree private del palazzo.
Abbiamo già ricordato la distruzione del teatro, per far posto a via Barberini,
mentre verso la piazza la facciata venne in parte nascosta da nuovi edifici più
bassi (tra cui il cinema), che sorsero prendendo spazio al cortile della
Cavallerizza.
L’ ingresso di rappresentanza era
dunque spostato su via delle Quattro Fontane e Francesco Azzurri
progettò e realizzò la cancellata e sistemò, nell’ area antistante al portico,
la fontana. Nei giardini retrostanti vennero insediati i Ministeri del Regno e
il giardino superstite è alterato dalla costruzione della grande serra.
La grandiosità delle sale e il
fasto della decorazione, la presenza di importanti arredi, fanno ancora oggi di
Palazzo Barberini uno dei più significativi e maestosi monumenti
barocchi.
LA COLLEZIONE
La Galleria Nazionale d’ Arte Antica
venne fondata il 20 giugno 1895, con sede a Palazzo Corsini e denominata Regia
Galleria d’Arte Antica e Gabinetto delle Stampe .
La collezione della famiglia Corsini e il palazzo della stessa a via della
Lungara, erano già stati donati allo Stato italiano nel 1883 ,
insieme alla biblioteca e alla collezione dei disegni e costituivano un
complesso assimilabile alle numerose quadrerie romane visibili al pubblico in
quanto collezioni fedecommissarie.
La creazione della Galleria
Nazionale d’ Arte Antica, e la scelta di una sede idonea ad ospitarla, si
verificò come conseguenza all’acquisizione della collezione Torlonia e della
collezione del Monte di Pietà nel 1892. Si poneva il problema della
realizzazione di un museo con valenza diversa rispetto alle collezioni
fedecommissarie. Nei primi anni nel Novecento le acquisizioni si
intensificarono con opere proveniente dalla collezione Odescalchi, Hertz e
dalla collezione Chigi.
In mancanza di uno spazio idoneo
dove collocare le opere, queste furono concesse in uso agli uffici, agli enti,
ai ministeri, ecc. anche se premeva trovare una sede definitiva per collocare
quelle opere, su modello dei Musei Nazionali europei e anche per sottolineare
la funzione di capitale di Roma all’interno dello Stato italiano. Già dagli
anni ’80 dell’ Ottocento erano stati istituiti a Roma una serie di musei
nazionali per sottolineare questa funzione, ma la ricerca per la sede
definitiva della Galleria Nazionale d’ Arte Antica si concluse solo nel 1949,
dopo il secondo conflitto mondiale, con l’acquisto da parte dello stato di
Palazzo Barberini.
Quando il palazzo divenne di
proprietà statale era già stato privato delle collezioni d’arte della famiglia
Barberini. L’ alienazione delle collezioni Barberini, inizia già nel Settecento,
quando l’ultima discendente Barberini, Cornelia Costanza, sposata a Giulio
Cesare Colonna di Sciarra, vende le prime opere. Le liti dei loro figli portano
alla divisione delle collezioni fra i due rami della famiglia, con un accordo
stipulato a Parigi nel 1811. Alla fine dell’ Ottocento, la grande vendita della
collezione Sciarra, disperse molte opere
dei Barberini. La collezione Barberini, oltre ad essere divisa con gli Sciarra,
venne ulteriormente scissa con i Corsini, in seguito al matrimonio delle figlie
di Carlo Felice Barberini con due esponenti della famiglia Corsini. A ciò si aggiunse la fine del ramo
primogenito dei Barberini in Maria Barberini Sacchetti. Dopo il 1881 i 3/8
della collezione Barberini passarono nella collezione Corsini di Firenze, ma il
patrimonio artistico in possesso dei Barberini era comunque immenso.
La definitiva dispersione delle
collezioni si ebbe solo nel 1934, grazie ad una legge delle Stato che
permise la vendita delle opere
fedecommissarie, rinunciando alla tutela della collezione, in cambio di un
piccolo nucleo di proprietà. In sintesi, il Regio Decreto del 26 aprile 1934,
voluto su richiesta dei principi Corsini e Barberini, permetteva di dividere le
collezioni fedecommissarie in tre parti, delle quali una diventava proprietà
dello Stato, un secondo gruppo a disponibilità dei principi che avrebbero
potuto anche vendere ed esportare, grazie alla donazione fatta allo Stato che
aveva valore di tassa, anche sull’esportazione, ed infine un terzo gruppo che
restava di proprietà dei principi, ma sottoposto al vincolo e questo nucleo di
opere fu acquisito dallo Stato nel 1952. Tra i dipinti alienati in base alla
legge del ’34 si ricorda La morte di Germanico di Poussin, oggi al museo
di Minneapolis, e la Santa Caterina di Caravaggio oggi presente nella
collezione Thyssen di Madrid.
Con la legge del ’34, lo Stato
rinunciò alla tutela di una delle più importanti collezioni fedecommissarie
romane configurata già come museo aperto al pubblico, come sono tutt’ora la
Galleria Colonna e la Doria-Pamphilj, gallerie private, ma tutelate dalla legge
e fruibili al pubblico.
Quando nel 1949 lo Stato acquisì
il palazzo, si procedette con difficoltà alla sistemazione delle opere.
Innanzitutto l’ edificio si presentava in gran parte occupato da enti, in
particolare dal Circolo Ufficiali delle Forze Armate d’ Italia, che lo avevano
affittato dai Barberini dal 1934.
Le opere vennero sistemate
inizialmente nel piano nobile che fu riaperto al pubblico dal 1953 e si diede
alla collezione un ordinamento cronologico per cui a Palazzo Barberini vennero
collocate le opere dei primitivi fino al XVI secolo, e a palazzo Corsini,
vennero sistemate le opere del XVII e XVIII secolo, smembrando così
l’originaria collezione Corsini. Nel 1984 la collezione Corsini venne
ricollocata nella sua sede storica originaria, e si riconfigurò come galleria a
sé, mentre tutte le opere prive della loro sede storica vennero portate a
Palazzo Barberini. La Galleria Corsini è stata recentemente riallestita in base
agli inventari settecenteschi.
Si contano circa seicento opere,
tra dipinti e arredi, in deposito ad enti esterni mentre il nucleo
fondamentale della Galleria è formato da
opere del XVII secolo. Non mancano comunque dipinti dei secoli XII, XIII e XIV,
anche se questo periodo è meno ricco di opere importanti. Il XV secolo non è
rappresentato in modo completo, anche se ospita un dipinto fondamentale di
Filippo Lippi, la Madonna in trono con Bambino, datato 1437. Le
collezioni del XVI secolo sono rappresentate dalla notissima Fornarina di
Raffaello, oltre a dipinti di Andrea del Sarto, Beccafumi, Sodoma, Bronzino,
Lotto, Tintoretto, Tiziano, El Greco, Garofalo, Dosso Dossi, fino ad arrivare
al XVII secolo rappresentato da Caravaggio, Guido Reni, Domenichino, Guercino,
Pietro da Cortona, Lanfranco, Bernini, Poussin e Maratta. Dal dicembre 2006 la
Galleria Nazionale d’Arte Antica torna Museo dopo il trasferimento
del Circolo Ufficiali alla vicina Palazzina Savorgnan di Brazzà. Ciò ha
consentito di recuperare più di 2.700 mq., mentre 700 resteranno disponibili
esclusivamente per esigenze di alta rappresentanza del Ministero della Difesa.
Tutti i lavori di restauro
strutturali e di allestimento del Museo, che restituiscono al pubblico le prime
otto sale del piano nobile dedicate alla pittura del ‘500 sono stati realizzati
con i finanziamenti del programma ordinario del Ministero per i Beni e le
attività culturali e con i fondi del Gioco del Lotto. Il restauro si concluderà
entro il 2010 anche se non si prevede di dare una collocazione definitiva ai
dipinti e agli oggetti di arte decorativa che ancora non l’hanno; si pensa
piuttosto di renderli visibili a rotazione per non lasciare vuoti alle pareti
in caso di prestiti in occasione di mostre, o di restauri .
INFORMAZIONI
Attualmente la collezione del
palazzo è solo in parte fruibile in quanto sono in corso lavori di restauro che
porteranno ad un museo disposto su tre piani nell’ala nord dell’edificio. Al
momento è visitabile solo il primo piano che offre al visitatore dodici sale.
Le prime tre sono occupate da opere dei Raffaelleschi, di Raffaello e di
pittori fiorentini; si passa poi ai Senesi e ai Leonardeschi, la quinta sala
ospita le opere del Garofalo, a seguire la sala dei veneti, il salone affrescato da Andrea Sacchi, in cui
sono disposti numerosi ritratti; si passa poi per la sala dei manieristi per
giungere alla sala di Caravaggio e dei Caravaggeschi, poi degli Emiliani, per
giungere infine nel Salone di Pietro da Cortona dove si conclude la visita del
primo piano.
ORARI
Dal martedì alla domenica
8.30-19.30, la biglietteria chiude alle 19.
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