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Ottocento Veneziano - Veneziano Contemporaneo: una recensione  
Davide Parpinel
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 13 Giugno 2010, n. 565
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Area Mostre

Venezia è il luogo storico per il giovane che voglia imparare l'arte.

Se nell'Ottocento il luogo di riferimento era l'Accademia di Belle Arti, oggi insieme a essa sono attive altre realtà che preparano a pensare all'arte.

La mostra Ottocento Veneziano - Veneziano Contemporaneo, in visione fino al 26 settembre al Museo Nazionale di Villa Pisani-Stra (Ve), propone in due percorsi il tributo che la generazione di artisti dell'Ottocento e quella contemporanea offre a Venezia per averli formati. L'esposizione è promossa dal Museo Nazionale Villa Pisani e dal Ministero per i Beni e la Attività Culturali ed è organizzata da Munus in collaborazione con la Regione Veneto e l'Accademia di Belle Arti di Venezia.

La mostra si suddivide in due esposizioni Ottocento Veneziano e Veneziano Contemporaneo.

La prima è curata da Myriam Zerbi ed è allestita al piano nobile della Villa. Espone i temi principali della pittura dell'Ottocento, realizzati dai maggiori pittori dell'epoca che prima hanno studiato e poi insegnato all'Accademia.

Veneziano Contemporaneo è curata da Costantino D'Orazio, comprende cinque lavori di altrettanti artisti che si sono confrontati con lo scenario del parco della Villa per realizzare delle opere frutto del loro ingegno coltivato in laguna.

 

  

Ottocento Veneziano.

Le opere sono di Francesco Hayez, Ippolito Caffi, Teodoro Matteini, Giuseppe Borsato, Ettore Tito, Noè Bordignon, Guglielmo Ciadi proposte in un percorso espositivo suddiviso in tre sezioni.

La prima propone i ritratti degli artisti quasi a voler presentare nel contempo l'uomo e la sua creatura artistica. Il ritratto di Francesco Hayez, fiero e dallo sguardo appagato dalla sua fama, fu donato dallo stesso pittore all'Accademia come riconoscimento per averlo educato all'arte.

La seconda parte, mostra lo studio del paesaggio nella sua evoluzione stilistica dal neoclassicismo al realismo. Il ritratto neoclassico più accademico è il Ritratto della marchesa Bolgeni Selvatico Estense detta la Rossetta di Teodoro Matteini. L'atmosfera che traspare osservando l'opera è fiabesca e immaginaria, inserita in un paesaggio verosimile e arcadico; i toni ricordano l'eleganza e l'allegoria di natura canoviana.

In contrapposizione è proposto il realismo di Antonio Rotta ne Il cacciatore. In quest'opera il dato reale è reso dalla delicata compattezza e definizione del colore che illumina di una luce piena lo scenario reale in osservanza alle regole del realismo veneziano.

La terza sezione illustra l'evoluzione del paesaggio dalla “veduta” alla “campagna”. Il pittore da osservare è l'allievo dell'Accademia Domenico Bresolin che fu anche fotografo. In mostra sono proposti due suoi quadri: Il ritorno dei mietitori rappresenta un paesaggio d'invenzione, sconnesso dalla realtà e descritto con elementi convenzionali, come il castello in rovina, il ponte, la rupe. In Zattere o Cascata invece la natura divine un soggetto reale composta da elementi semplici e immediati, quale l'acqua di un fiume, in cui una luce viva coglie l'essenza di quel che appare.

 

  

 

Veneziano Contemporaneo.

Se l'interno della Villa è il luogo della conservazione, il parco è quello della sperimentazione. Cinque opere di cinque artisti che hanno studiato in cinque istituzioni dell'arte veneziana (l'Accademia, la Fondazione Bevilacqua La Masa, la Fondazione Querini Stampalia, l'Università IUAV e la Galleria Contemporaneo). Gli artisti si sono appropriati dei luoghi più appartati del parco, dialogando con essi.

Appena entrati nel parco, si scorge sulla destra l'opera di Margherita Morgantin. L'artista espone due maniche a vento poste su due aste lunghe sei metri molto vicine tra loro, in modo tale che, quando il vento spira da nord est, esse si inseriscano l'una nell'altra. L'artista ha voluto ragionare sul concetto di casualità e imprevedibilità di un incontro che può sviluppare una relazione che durerà nel tempo; tutto questo si verifica all'interno di un luogo disorientante come il labirinto,nella struttura molto simile al reticolo urbano di Venezia.

Al labirinto si contrappone la Coffee House, sede dell'opera di Elisabetta Di Maggio. All'interno della struttura, proprio dal foro, centrale cresce l'edera le cui foglie sono state incise dall'artista con un bisturi, dando vita ad una tessitura ricamata. Quando la luce colpisce le foglie, esse proiettano sui muri delle immagini simili a volumi senza consistenza. Con questo gioco di luci la Di Maggio desidera ricreare la luce veneziana bizantineggiante, riflettere sull'azione modificatrice del tempo, teso a creare immagini sempre diverse.

Se l'artista milanese coinvolge nel gioco luminoso lo spettatore, Alberto Tadiello lo incuriosisce. In prossimità delle scuderie della Villa, si avverte un rumore insistente e pressante, proveniente dalla Serra Tropicale nel cui interno si respira un'aria umida e soffocante adatta alle piante esotiche che ospita. L'atmosfera del luogo è irrespirabile lo spettatore non può respirare, quando all'improvviso il suo udito è violentemente colpito dal sibilo sottile e penetrante  di una sirena che riproduce, modificato, quello dell'acqua alta a Venezia.

Giorgio Andreotta Calò ha scelto di operare nella Ghiacciaia del Boschetto lì dove venera un silenzio quasi funereo, dovuto alla posizione immersa negli alberi e lontana da tutto. Egli riflette su come la tecnica, intesa come scienza usata ai fini di immediata utilità, aiuti il visitatore nel processo interpretativo. Nella fattispecie il suono rielaborato di una goccia che cade nell'acqua, può stimolare la sua immaginazione, al punto da credere di vedere l'immagine della volta riflessa sulla superficie d'acqua del fondo della ghiacciaia. L'immagine è virtuale, non ha forma né consistenza, proprio come quella dei palazzi che si specchiano nei canali veneziani; l'atmosfera è inquietante e angosciante, perché sospesa in uno stato di nulla.

Il Bagno Beauharnais accoglie l'ultima opera, quella di Arcangelo Sassolino. Qui si consuma il conflitto natura-macchina, divisione-unione. Un pistone idraulico si spinge con una pressione di 160 atmosfere contro una trave di legno spessa e compatta che oppone la sua forza naturale. Le sue fibre si spezzano, in una lenta agonia, il legno si contorce, reagisce configurandosi in forme dissimili, Il pistone con la sua forza costante e continua divide ciò che la natura ha creato, rimandando il concetto di divisione alle scene di amori dipinte sui muri. É questo che fa l'artista: divide l'indivisibile.

Dopo la visita delle mostre Venezia si conferma luogo ideale dell'arte e officina dello sviluppo del pensiero.








Autoritratto di Francesco Hayez

Fig. 1
FRANCESCO HAYEZ, Autoritratto, 1862
Olio su tela, 115 x 92 cm.
Venezia, Fondo storico dell'Accademia di Belle Arti

Cascata

Fig. 2
DOMENICO BRESOLIN, Cascata, 1870 circa
Olio su cartoncino, 27,5 x 31 cm.
Collezione privata

Il cacciatore

Fig. 3
ANTONIO ROTTA, Il cacciatore, 1872
Olio su tela, 61 x 73 cm.
Collezione privata

Labirinto

Fig. 4
MARGHERITA MORGANTINI, Labirinto, senza titolo#2, in un punto x del labirinto, 2010-05-26
maniche a vento, ferro dipinto
Cortesia Galleria Continua, S.Giminiano - Beijing- Le Moulin

Coffee House, senza titolo

Fig. 5
ELISABETTA DI MAGGIO, Coffee House, senza titolo, 2009-2010
foglie di edera stabilizzate e tagliate a mano con bisturi
Cortesia Galleria Massimo Minini, Brescia


Foto cortesia Ufficio Stampa della Mostra




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