Venezia
è il luogo storico per il giovane che voglia imparare l'arte.
Se
nell'Ottocento il luogo di riferimento era l'Accademia di Belle Arti, oggi
insieme a essa sono attive altre realtà che preparano a pensare all'arte.
La
mostra Ottocento Veneziano - Veneziano Contemporaneo, in visione fino al
26 settembre al Museo Nazionale di Villa Pisani-Stra (Ve), propone in due
percorsi il tributo che la generazione di artisti dell'Ottocento e quella
contemporanea offre a Venezia per averli formati. L'esposizione è promossa dal
Museo Nazionale Villa Pisani e dal Ministero per i Beni e la Attività Culturali
ed è organizzata da Munus in collaborazione con la Regione Veneto e l'Accademia
di Belle Arti di Venezia.
La
mostra si suddivide in due esposizioni Ottocento Veneziano e Veneziano
Contemporaneo.
La
prima è curata da Myriam Zerbi ed è allestita al piano nobile della Villa.
Espone i temi principali della pittura dell'Ottocento, realizzati dai maggiori
pittori dell'epoca che prima hanno studiato e poi insegnato all'Accademia.
Veneziano
Contemporaneo è curata da Costantino D'Orazio, comprende cinque lavori di
altrettanti artisti che si sono confrontati con lo scenario del parco della
Villa per realizzare delle opere frutto del loro ingegno coltivato in laguna.
Ottocento Veneziano.
Le
opere sono di Francesco Hayez, Ippolito Caffi, Teodoro Matteini, Giuseppe
Borsato, Ettore Tito, Noè Bordignon, Guglielmo Ciadi proposte in un percorso espositivo suddiviso in tre
sezioni.
La
prima propone i ritratti degli artisti quasi a voler presentare nel contempo
l'uomo e la sua creatura artistica. Il ritratto di Francesco Hayez, fiero e
dallo sguardo appagato dalla sua fama, fu donato dallo stesso pittore
all'Accademia come riconoscimento per averlo educato all'arte.
La seconda
parte, mostra lo studio del paesaggio nella sua evoluzione stilistica dal
neoclassicismo al realismo. Il ritratto neoclassico più accademico è il Ritratto
della marchesa Bolgeni Selvatico Estense detta la Rossetta di Teodoro
Matteini. L'atmosfera che traspare osservando l'opera è fiabesca e immaginaria,
inserita in un paesaggio verosimile e arcadico; i toni ricordano l'eleganza e
l'allegoria di natura canoviana.
In
contrapposizione è proposto il realismo di Antonio
Rotta ne Il cacciatore. In quest'opera il dato reale è reso dalla
delicata compattezza e definizione del colore che illumina di una luce piena lo
scenario reale in osservanza alle regole del realismo veneziano.
La
terza sezione illustra l'evoluzione del paesaggio dalla “veduta” alla “campagna”.
Il pittore da osservare è l'allievo dell'Accademia Domenico Bresolin che fu anche fotografo. In mostra sono proposti
due suoi quadri: Il ritorno dei mietitori rappresenta un paesaggio
d'invenzione, sconnesso dalla realtà e descritto con elementi convenzionali,
come il castello in rovina, il ponte, la rupe. In Zattere o Cascata
invece la natura divine un soggetto reale composta da elementi semplici e
immediati, quale l'acqua di un fiume, in cui una luce viva coglie l'essenza di
quel che appare.
Veneziano Contemporaneo.
Se
l'interno della Villa è il luogo della conservazione, il parco è quello della
sperimentazione. Cinque opere di cinque artisti che hanno studiato in cinque
istituzioni dell'arte veneziana (l'Accademia, la Fondazione Bevilacqua La Masa,
la Fondazione Querini Stampalia, l'Università IUAV e la Galleria
Contemporaneo). Gli artisti si sono appropriati dei luoghi più appartati del
parco, dialogando con essi.
Appena
entrati nel parco, si scorge sulla destra l'opera di Margherita Morgantin. L'artista espone due maniche a vento poste su
due aste lunghe sei metri molto vicine tra loro, in modo tale che, quando il
vento spira da nord est, esse si inseriscano l'una nell'altra. L'artista ha
voluto ragionare sul concetto di casualità e imprevedibilità di un incontro che
può sviluppare una relazione che durerà nel tempo; tutto questo si verifica
all'interno di un luogo disorientante come il labirinto,nella struttura molto
simile al reticolo urbano di Venezia.
Al
labirinto si contrappone la Coffee House, sede dell'opera di Elisabetta Di Maggio. All'interno della
struttura, proprio dal foro, centrale cresce l'edera le cui foglie sono state
incise dall'artista con un bisturi, dando vita ad una tessitura ricamata.
Quando la luce colpisce le foglie, esse proiettano sui muri delle immagini
simili a volumi senza consistenza. Con questo gioco di luci la Di Maggio
desidera ricreare la luce veneziana bizantineggiante, riflettere sull'azione
modificatrice del tempo, teso a creare immagini sempre diverse.
Se
l'artista milanese coinvolge nel gioco luminoso lo spettatore, Alberto Tadiello lo incuriosisce. In
prossimità delle scuderie della Villa, si avverte un rumore insistente e
pressante, proveniente dalla Serra Tropicale nel cui interno si respira un'aria
umida e soffocante adatta alle piante esotiche che ospita. L'atmosfera del
luogo è irrespirabile lo spettatore non può respirare, quando all'improvviso il
suo udito è violentemente colpito dal sibilo sottile e penetrante di una sirena che riproduce, modificato,
quello dell'acqua alta a Venezia.
Giorgio Andreotta Calò ha scelto di
operare nella Ghiacciaia del Boschetto lì dove venera un silenzio quasi
funereo, dovuto alla posizione immersa negli alberi e lontana da tutto. Egli
riflette su come la tecnica, intesa come scienza usata ai fini di immediata
utilità, aiuti il visitatore nel processo interpretativo. Nella fattispecie il
suono rielaborato di una goccia che cade nell'acqua, può stimolare la sua
immaginazione, al punto da credere di vedere l'immagine della volta riflessa
sulla superficie d'acqua del fondo della ghiacciaia. L'immagine è virtuale, non
ha forma né consistenza, proprio come quella dei palazzi che si specchiano nei
canali veneziani; l'atmosfera è inquietante e angosciante, perché sospesa in
uno stato di nulla.
Il Bagno Beauharnais accoglie l'ultima opera, quella di Arcangelo Sassolino. Qui si consuma il
conflitto natura-macchina, divisione-unione. Un pistone idraulico si spinge con
una pressione di 160 atmosfere contro una trave di legno spessa e compatta che
oppone la sua forza naturale. Le sue fibre si spezzano, in una lenta agonia, il
legno si contorce, reagisce configurandosi in forme dissimili, Il pistone con
la sua forza costante e continua divide ciò che la natura ha creato, rimandando
il concetto di divisione alle scene di amori dipinte sui muri. É questo che fa
l'artista: divide l'indivisibile.
Dopo la visita delle mostre Venezia si conferma luogo ideale
dell'arte e officina dello sviluppo del pensiero.
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