Duane Michals “in
codice binario”
Duane Michals, numero uno della fotografia internazionale, è un artista
inclassificabile: la sua arte mischia immagine e scrittura, echi del passato e
nuove espressioni, realtà e immaginazione, sogno e mistero, piacere e paura.
Il doppio, nella sua fotografia, è di casa: l'ambiguità, la visione
riflessa dagli specchi, l'aldilà e lo spiritismo costituiscono il codice
binario della sua creatività. Si tratta di una caratteristica contenuta nel suo
stesso nome, Duane, che rappresenta la duality della sua esistenza. Il suo
nome proviene dal figlio della famiglia per cui lavorava la madre, un ragazzo
morto suicida.“Though probably highly
regarded by his namesake, the ‘original Duane’-as a recent biography, not
without a certain stinging cruelty, called him- committed suicide during his
sophomore year of college” [3] .
Michals ha l'ossessione di
questo nome e di questa storia nella sua vita come nella sua arte fatta di
corrispondenze a specchio tra gli oggetti, le persone i pensieri. “As a boy, Duane Michals was understandably
intrigued by the boy whose name he shared; however, the two would never be
given an opportunity to meet” [4] .
Il tema del doppio crea un rimando continuo, un link tra piani
distanti, ma paralleli, un'opposizione segretamente connessa in un legame che
congiunge fisica e metafisica. Nella sua arte “time divided between doing
necessary to provide for material comforts and that done for personal pleasure,
or between the city and country; a taste for such binary opposites as matter,
appearance and reality, youth and old age, the artist and the model, or life
and death; things split in two (Now Becoming then, 1973), twins (Homage to
Cafy, 1978; veiled threats of obliteration (Joseph Cornell, 1972); hidden faces
(Andy Warhol, 1958); emptiness (the series on desert places, 1944-1966);
superimposed images; disappearances, transparent presences; ghostly
silhouettes; double exposures; and the omnipresence of death” [5] .
Michals è il metafisico della fotografia, il fotografo dell'invisibile
che mostra allo spettatore i suoi pensieri attraverso la fotografia stessa: “When you look at my photographs, you are
looking on my thoughts” [6] .
Nel doppio, Michals
cerca soprattutto se stesso: “The whole
issue of the name Duane, and all it suggests of frustration, doubts regarding
identity, a virtual rivalry for his mother’s love, unsatisfied curiosity, the
ambiguity surrounding the death of someone who was more himself than he was -
and more legitimately so - may not entirely explain but may well symbolize the
majority at the basic themes and recurrent aspects found throughout Michals’
work, his life, and especially in his comment” [7] .
Gli scenari sono costruiti sapientemente: le scene vengono create dall'artista
stesso con pochi oggetti, spazi, interni, angoli della strada, strappi di vita,
ephemeras che contengono (o meglio rappresentano) significati
metafisici. La corrispondenza diretta tra due mondi si fonde nell'opera.
L'arte di Michals è il frutto di una meditazione profonda sul concetto stesso dell'arte: il fotografo-artista crede che ogni epoca abbia bisogno di specifiche caratteristiche, forme estetiche, tecniche di rappresentazione per esprimere quel periodo storico-artistico.
Il contemporaneo ha un'anima troppo cerebrale per essere tradotta con
una sola tecnica-immagine. La natura complessa della percezione nel
contemporaneo ha bisogno di un adattamento e di una ricerca volta a rispondere
alle esigenze espressive dell'uomo. “I find
the limitations of still photography enormous. One must redefine photography,
as it is necessary to redefine one’s life in terms of one’s own need. Each
generation should redefine language and all its experience of himself” [8] .
L'uso frequente dello
specchio rappresenta l'insoddisfazione del
fotografo per l'immagine: “Michals speaks
repeatedly of ‘dissatisfaction’ when explaining his decisions to combine
photography with activities or other artistic expressions with activities or
other artistic expressions which he had, until then, seemed to be as distinctly
different as possible” [9] .
La fotografia è una tecnica mentale: la macchina è prima nella mente
che nelle mani. La corrispondenza tra apparecchio fotografico e cervello,
guidato da un obiettivo-occhio, è nota.
Michals crea la sua arte proprio su questa ricerca: mostrare l'invisibile,
andare oltre l'occhio per esprimere i pensieri con l'occhio della mente. “Photography looks often have titles like The
Photographers’ Eye or The Vision of So and So or Seeing photographs – as if
photographers didn’t have minds, only eyes” [11] .
Questo scritto si propone di “rivedere” l'arte di Michals come prodotto
cerebrale considerando i mezzi a disposizione del fotografo nella sua
evoluzione creativa. Il cervello-macchina più conosciuto ai giorni nostri è il computer.
L'idea è quella di leggere l'opera di Michals come sistema operativo
considerando la macchina fotografica come hardware e l'arte come software.
Il programma che, a mio avviso, si avvicina maggiormente alle qualità estetiche
e ai contenuti delle creazioni del fotografo è PowerPoint.
La visualizzazione
L'arte di Michals è prima di tutto visione (mentale). La ricerca di un
metodo per la sua arte (e l'arte in generale) è data dalla necessità di
esprimere.
La fotografia è un mezzo noto quando Michals si avvicina alla
tecnica-arte. Sono gli anni Cinquanta: è la sua prima esperienza fotografica,
una documentazione. Michals capisce da subito che quella scatola magica ha un
potere molto più grande: è il mezzo ideale per tradurre e rappresentare il
pensiero, il regno del non visibile, qualcosa che va oltre l'immagine
conosciuta e il reale.
La meditazione operata dal fotografo lo conduce a dare un'impronta
personale, autografa, visibile alla fotografia: la stampa viene corredata dalla
scrittura a mano. “In 1966 he
associated photography with narration, thus creating his famous sequences and
ensuring his reputation as a photographer” [12] . La scrittura è un mezzo importantissimo per l'artista: gli permette di
creare un arricchimento dell'immagine che, con i due mezzi, rappresenta la
complessità percettiva ed espressiva del contemporaneo.
L'opera fotografica diventa il suo quadro: la cornice bianca racchiude
l'immagine, il titolo e la didascalia. La visualizzazione che si
pone davanti agli occhi dello spettatore di oggi è molto familiare. La
composizione rimanda, nella mente, alla slide delle presentazioni
realizzate con PowerPoint.
Il programma, sviluppato da Bob Gaskins e dal programmatore Dennis Austin nella
forma di Presenter per la Forethough Inc, viene pubblicato come PowerPoint
1.0 nel 1987 per la Apple Machintosh (Sarà successivamente acquistato da
Microsoft).
La versione, in bianco e nero con le immagini che si fondono con il
testo come trasparenze, ha molti aspetti in comune con le opere di Michals.
L'immagine corredata da testo è illustrazione del pensiero, frutto della
meditazione sulla natura cerebrale dell'arte da parte del fotografo. La
macchina non è un mezzo inadatto: l'arricchimento è dato dalla consapevolezza
di cercare un'espressione più completa.
L'unità base del programma PowerPoint è la slide, ovvero
la diapositiva, un termine che si riallaccia alla fotografia. La presentazione,
composta da immagine testo, è certamente un richiamo all'illustrazione antica,
alla miniatura. Nella sua etimologia la miniatura è un'illuminazione, un
concetto che ben si sposa con la foto-grafia, ovvero la scrittura di luce.
La slide è la versione digitale delle vecchie diapositive
visibili con il proiettore: l'immagine è rimasta il piano centrale mentre le
caselle di testo che racchiudono titolo, didascalie, note, rappresentano le
etichette applicate sul telaio per la classificazione delle diapositive.
La sequenza
Nel programma PowerPoint la slide è solo un'unità della
presentazione che si sviluppa come sequenza di diapositive illustrative.
La sperimentazione di Michals non si ferma: la ricerca di una tecnica
cerebrale per esprimere l'arte lo conduce alla creazione di sistemi di
immagini, sequenze che danno inizio al photo- sequence.
Non si tratta semplicemente di serie di immagini in accumulo, ma di una
concatenazione di significati: le fotografie non sono mai singoli scatti
affiancati, ma sono legate tra loro da un vero schema di corrispondenze per
l'occhio e (soprattutto) per la mente. Sono numerate per tracciare un percorso
per l'osservatore, o meglio per lo spettatore-interlocutore, come se Michals
fosse il “relatore” della presentazione.
Basti pensare al celebre Things are Queer
del 1972: un uomo in un bagno accanto a un vetro che riflette particolari non
presenti nell’immagine reale altro non è che un’illustrazione di un libro. La
pagina viene letta da un altro individuo che cammina in un vicolo. Ma anche
questa fotografia è altro: è uno scatto incorniciato e appeso sul lavandino del
bagno visto nel primo riquadro. La sequenza è un sistema di scatole: la realtà
è un gioco di apparenze e corrispondenze. Di notevole impatto è il dito che
tiene il libro, come se fosse un puntatore, la manina che si
vede quando si individua un collegamento.
Il photo- sequence è molto simile alla successione di slides
nelle presentazioni PowerPoint: l'analogia si percepisce
soprattutto in modalità di visualizzazione in sequenza. Lo stesso
avviene per Alice’s Mirror del 1974: la poltrona e gli occhiali da
vista nell’immagine iniziale sono già un inganno per la sproporzione delle
dimensioni. È il mobilio di una casa di bambola creato in uno scomparto del
mobile: si tratta di un’immagine riflessa da uno specchio tondo. La visione si
riflette nello specchio rettangolare tenuto tra le mani del modello: il tutto
sembrerebbe una fototessera da tenere in una mano. In realtà è il riflesso di
uno specchietto da borsa che viene frantumato dalla mano che lo tiene. E’ un
gioco di rimandi, ma anche “specchio” di un’attenzione particolare per il
banale.
Le sequenze di Michals poste in successione alludono al movimento, ma
non rappresentano l’evento, lo creano: “Michals
never lookout to catch the body in motion. He provokes movement in the soul. To do this he uses models, whether professionals
or not, complex technical processes, an intelligent staging” [19] . La disposizione richiama la successione di shots nella pellicola
della fotografo: le unità-scatti sono diapositive-slides che vanno a
comporre la pellicola-presentazione.
Foto-storie
La densità innovativa tanto tecnica quanto concettuale di Michals trova
la sua massima “applicazione” nella creazione di Photo-stories. Sono
sistemi di singole opere numerate composte da fotografie e didascalie a corredo
delle immagini.
La presentazione PowerPoint, allo stesso modo, illustra un argomento per tappe-slides. Le unità sono legate tra loro nella successione e nella continuità del tema che viene presentato attraverso immagini e caselle testuali.
Le modalità d'uso del programma sono varie: tra queste c'è anche la
creazione di favole. PowerPoint,
grazie alle sue caratteristiche, è ideale per la rappresentazione della
letteratura per bambini. L'immediatezza visiva dell'immagine, la didascalia
specifica, la possibilità di inserire una voce narrante e le applicazioni audio
facilitano il raggiungimento del pubblico dei piccoli. Visione, voce e
scrittura illustrano la trama, ma le possibilità di interazione sono comunque
notevoli. La presentazione PowerPoint può essere resa interattiva grazie
a pulsanti per la navigazione: appositi comandi disposti nelle slides stesse permettono il collegamento ad altre slides.
Michals sceglie di illustrare con un photo-sequence
proprio il seguito della favola di Alice, Attraverso lo specchio magico o
quel che Alice vi trovò. Le avventure narrate da Carroll si compongono
sempre di episodi in sequenza, come se si trattasse di sogni affiancati e
illuminati dal flash della memoria.
La lettura interpretativa operata da Michals sfrutta il sistema di rimandi come riflesso di immagini negli specchi-sequenza. Non si deve
dimenticare che il fotografo è molto amico di Magritte ed entra in contatto con
il mondo surrealista fin dai primi esordi fotografici.
Michals non ha mezzi limitati, ma sceglie e seleziona quali tecniche
utilizzare: il cinema, già ampiamente diffuso, rappresenta lo strumento
principe per i Surrealisti per esprimere le necessità oniriche della propria
arte. Il fotogramma e il singolo shot sono comunque i protagonisti del
cinema surrealista. Michals lascia prevalere l'immagine singola seguendo la
poetica del frammento sulla scia cornelliana.
La parificazione surrealista viene tradotta come spazio: il formato
fotografico è già lo sfondo del mosaico di Duane, il suo piano, la sua slide.
Il sistema di fotografie assegna a tutti gli elementi lo stesso ruolo
indispensabile per l'esito della composizione: se manca un tassello il
significato dell'opera ha un vuoto, un falso collegamento, una “pagina
mancante”.
La successione di immagini della stessa grandezza rappresenta la
paratassi visiva dell'opera del fotografo, la sua sequenza di pensieri, ma
anche la sua pellicola. L'importanza del singolo è data dalla cura nella scelta
dell'immagine e nel suo arricchimento con la parola scritta.
“Meta-PowerPoint”
Le analogie con il programma sono evidentissime, ma non mancano
caratteristiche specifiche che differenziano l'arte di Michals dal software (l'arte
di Michals precede comunque PowerPoint).
La scelta dell'artista di dare rilievo all'immagine rende l'opera un teatro
allestito da un filtro personalissimo. Il linguaggio comunica all'occhio-obiettivo, canale per la mente del fotografo. Il sonoro e l'animazione arrivano
alla mente attraverso l'immagine stessa nella scrittura di luce operata dalla
macchina.
L'operazione artistica di Michals parte sempre dalla fotografia,
dall'immagine, e ne sfrutta tutte le potenzialità. La riflessione comincia
sempre dal suo io, dalla sua esperienza, dal suo modo di percepire e di
pensare: tutto passa attraverso la fotografia.
La parola scritta autentica la personalizzazione dello scatto rendendo
l'opera una creazione del tutto personale che, per essere riprodotta, deve
essere scannerizzata o fotocopiata: la scrittura a mano di Michals è la sua
auto-grafia, parte dell'opera stessa, componente unica che, con la
digitalizzazione, perderebbe il suo significato.
La fotografia e la nota scritta rappresentano la prova di Michals, una
testimonianza, una firma indelebile che
va oltre la digitalizzazione. La verità della scrittura risponde allo stesso
inganno della fotografia. I Surrealisti fotografavano i loro collages
per rendere più vero lo straniamento dato dall'accostamento della immagini.
La difficoltà di decifrare l'opera di Michals, che inganna la
complessità del pensiero con la presentazione illustrativa, è evidente nella
sovversione realizzata attraverso la parola scritta. La didascalia è un mezzo
per la “sua” verità, per la sua différance sulla scia di Magritte.
La corrispondenza tra immagine e testo nel Surrealismo viene scomposta
e ricomposta in un'operazione di straniamento: non è esattamente una rottura,
ma una ricodificazione. Questo aspetto è visibile nei titoli, nelle didascalie,
ma anche negli elenchi. Nella strana lista dello “zio Duane” apparsa
sul New York Times (Sunday Magazine 08/12/1996) la serie di doni illustrati
dalle immagini è legata alla scrittura di pensieri che si associano liberamente
ai regali nel filtro personale di Michals.
La magia surreale dello straniamento è ancora più evidente in Necessary
Things for Making Magic
e Necessary Things for Writing Fairy Tunes
del 1989: le immagini rappresentano gli ingredienti della pozione magica,
enumerazione delle immagini. Sono l'equivalente degli elenchi numerati.
In PowerPoint la slide serve soprattutto ad illustrare un
tema all'osservatore-spettatore. L'immagine può aiutare a capire il contenuto
così come la didascalia spiega l'immagine stessa. Nelle presentazioni gli elenchi creano una sintesi, uno schema o
un sommario di elementi. Nell'arte di Michals queste liste hanno un fascino
ingannevole perché appartengono alla sfera dell'invisibile: le parole e le
immagini sono il codice binario della sua metafisica.
Bibliografia
A. BAGATTA, Comunicare
con PowerPoint: organizzare l'informazione in presentazioni efficaci,
Milano 2008
J. COTTER, A.. “Photo Insider: Duane Michals”,
11/09/2000, http://www.photoinsider.com/pages/michals/michals.html
A. SBRILLI, Storia dell'arte in codice binario: la riproduzione
digitale delle opere artistiche, Milano 2001
A. SBRILLI, L. FINICELLI, Informatica per i beni culturali: i nuovi
strumenti digitali e lo studio del patrimonio artistico, Roma 2002
A. VALLI, Lavorare con PowerPoint 2007, Milano 2007.
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