Durante
il XVII secolo il mercato internazionale dell’arte collegava in una fitta rete
i mercanti provenienti dalle Fiandre all’Italia, così come all’intera Europa ed
anche a regioni più lontane. All'interno di questa rete, ho concentrato la mia ricerca su alcune relazioni tra le Fiandre (del nord e del sud) e la Sicilia. Tali relazioni – che
sto studiando nell’ambito del progetto internazionale “Art Market in Europe 1300-1800” promosso dall’Università
di Lille 3 e dalla Duke University -
coinvolgevano le città di Anversa, Amsterdam e Messina, insieme ad altre
città italiane ed europee, principalmente Livorno, Napoli e Venezia .
Come
è stato già affermato da storici dell’arte ed economisti, durante il XVII
secolo nelle Fiandre, in particolare ad Anversa, si ebbe un surplus di
produzione di opere d’arte che, non assorbite dal mercato interno, venivano
spedite al resto d’Europa e anche nelle Americhe. I più importanti mercanti
d’arte ad Anversa erano Crisostomo van Immerseel, Matthijs Musson e Marcus
Forchoudt, che spedivano dipinti,
arazzi, stampe e altre opere d’arte in tutta Europa e, da Cadice e Siviglia, in
America.
Tra
i paesi a cui queste opere d’arte venivano inviate – sebbene in quantità minore
rispetto al resto d’Europa – c’era l’Italia. Alla metà del secolo la ditta
anversese di Matthijs Musson aveva i suoi agenti, i fratelli Sebastian e
Filippo De Pret, a Messina e alcuni documenti attestano la spedizione di
dipinti e altre opere precisamente da Anversa alla città siciliana. Dalle ricerche da me condotte all'Archivio di Stato di Messina è emerso il nome dei fratelli De Pret in un atto - chiamato alberano o alborano - in cui essi, insieme a un gruppo di mercanti, reclamano la riscossione dei loro crediti dall'eredità di un altro mercante. Come ho potuto scoprire dalla documentazione degli archivi di Messina, Firenze e Livorno, questo gruppo di mercanti messinesi era inserito in una rete commerciale internazionale, di opere d'arte e altri prodotti, che collegava Messina con, principalmente, Livorno, Napoli, Venezia e le Fiandre. Tra i mercanti menzionati nel documento messinese sono
elencati come procuratori i nomi di Gio. Battista van den Broech (in altri
documenti detto Vallembrot, Vandambro, Van der Brach), Carlo Bathin (detto
anche Battichisi Bacchini o Batlin) ed Enrico Lenaerts il Giovane, cioè i
mercanti coinvolti nella spedizione dei dipinti di Rembrandt e degli arazzi di
Rubens acquistati dal collezionista messinese
Antonio Ruffo .
La
presenza di mercanti d’arte, fiamminghi e non, a Messina durante il Seicento è
da mettere in relazione con l’importanza che il porto della città siciliana
ebbe a quell’epoca, almeno fino alla drammatica rivolta contro la corona spagnola
(che regnava sull’isola), durata quattro
anni, dal 1674 al 1678 (fig. 1). Il benessere di Messina è testimoniato dalle
numerose raccolte d’arte create nel corso del secolo. La maggiore di esse – e
una delle più importanti di tutto il Meridione – apparteneva al principe
Antonio Ruffo che la formò tra il 1646 e il 1678, data della morte. La
collezione Ruffo era famosa per la sua ricca raccolta di arazzi, argenti e,
soprattutto, per i suoi quasi 400 quadri. La raccolta di pittura era aggiornata
ai più rilevanti esempi del collezionismo romano e napoletano; per gli acquisti
in queste città, Ruffo poteva contare sui suoi agenti e parenti: il fratello Flavio, i mercanti-pittori Abraham Brueghel e Cornelis de Wael a Roma e il nipote fra' Tommaso Ruffo e Fabrizio Ruffo a Napoli.
Ma le opere collezionate da Ruffo provenivano anche dalle Fiandre, come la serie di otto arazzi con la Storia di Achille di Rubens, il Satiro con contadino di Jordaens (fig. 2 - Munich, Alte Pinakothek) e i tre dipinti di Rembrandt Aristotele con il busto di Omero (fig. 3), Alessandro Magno e Omero provenienti da Amsterdam .
Le lettere pubblicate da Vincenzo Ruffo nel 1916 rivelano quando e chi trattò
l’acquisto delle tele di Rembrandt.
Il
13 giugno 1654 Cornelis Gijsbertsz van Goor di Amsterdam scrive a Giacomo di
Battista a Messina circa la spedizione via mare di alcuni pacchi tramite un
certo Ablin a Livorno: in occasione della partenza della nave S. Bartolomeo alla
volta di Napoli, egli aveva dato al capitano una scatola contenente il dipinto
di Rembrandt . Grazie
a lettere successive sappiamo che si trattava dell’Aristotele con il busto di Omero (New York, Metropolitan Museum) .
Il 30 luglio 1661 un’altra lettera da Amsterdam rivela che altri due dipinti di
Rembrandt vennero inviati ad Antonio Ruffo
per mezzo della nave Gran Croenenburgh e che l’acquisto era stato ordinato da
Isaac Just tramite «Carlo Bacchini e Gio. Batt. Vandambro» che agivano per
conto di Ruffo. Più tardi, il primo novembre 1662, «Giovanbatista Vallembrot»,
definito «console», veniva incaricato da Ruffo di consegnare una sua lettera ad
Amsterdam ad Isaac Just per manifestargli il suo disappunto circa l’Alessandro Magno dipinto da Rembrandt su
quattro pezzi di tela grossolanamente cuciti insieme. Questa storia, già nota
alla letteratura artistica ,
può essere sviluppata in relazione ai mercanti menzionati: Giacomo Ablin,
Giacomo di Battista, «Carlo Bacchini e Gio. Battista Vandambro» . A questi nomi
va aggiunto quello di Enrico Lenaerts il Giovane il quale nel 1664 vende a
Ruffo gli arazzi di Rubens tramite il mercante di Amsterdam Cornelis Gijsbertsz
van Goor .
Le mie ricerche negli archivi di Messina, Livorno e Firenze mi hanno permesso
di scoprire che tutti questi personaggi erano mercanti e che erano direttamente
coinvolti nel traffico di merci provenienti dalle Fiandre che aveva in Messina
uno dei principali porti di destinazione.
In
molti atti legali conservati nell’archivio di Livorno, Giacomo Ablin è definito
mercante per conto di «Ruggier van Wert et Gio. van Winckel
fiamminghi»: ad esempio, nel 1658 presenta un ricorso contro «Giacomo di
Battista di Palermo o suoi eredi», che erano debitori di Van Wert e Van Winckel
ed erano rappresentati dalla ditta Saminiati & Ambrogi, una delle più
importanti società di mercanti lucchesi attivi nel commercio della seta tra
Lucca e Anversa nella prima metà del XVII secolo .
Plausibilmente questo Giacomo di Battista è la stessa persona a cui nel 1654 Cornelis Gijsbertsz van Goor di Amsterdam
aveva indirizzato la lettera menzionata prima, relativa alla spedizione dell’Aristotele
con il busto di Omero di Rembrandt comprato da Antonio Ruffo. Nella stessa
lettera era nominato anche Ablin, al quale Van Goor inviava la cassa con il
quadro .
Ruggieri van Weert forse era
fratello di Henrico van Weert, console di Genova dal 1673 al 1685. Non è certa
la loro relazione con Jan van Weert, uno dei creditori dell’olandese Gerrit
Uylemburgh, importante mercante d’arte di Amsterdam, figlio di Hendrick, a sua
volta mercante e agente di Rembrandt. Il rapporto con Uylemburgh riguarda anche
la famiglia Van Goor, poiché Gerryt Uylemburgh aveva preso a prestito denaro da
Gijsbert van Goor, figlio di Cornelis .
Il nome di Giacomo Ablin
si ritrova anche in una causa per l’eredità del mercante fiammingo attivo a Livorno
Pietro
Schuijs, morto nel 1656. E’ interessante notare che tra i dipinti elencati
nell’inventario di quest’ultimo c’è un grande quadro rappresentante la Città di Messina .
Pietro rappresentava la ditta di Henrico & Giacomo Schuijs (o Schuijt), la cui
sede principale si trovava nelle Fiandre
(la città non è specificata); nelle carte della causa sono elencati i mercanti
con cui la ditta era in affari. Uno di questi era proprio Ablin, che doveva
avere dei soldi per «diversi mobili». A quell’epoca il termine
«mobili» era molto ampio, potendo comprendere anche quadri. Nell’elenco si
incontrano altri nomi interessanti, come Cornelis
Gijsbertsz van Goor e la società Isaac Gio. Nijs & Giacomo
Moluiers. Isaac
Gio. Nijs era un mercante attivo sia in Italia che nel Levante; negli anni
Cinquanta aveva abitato a Livorno per trasferirsi poi ad Amsterdam. Era uno dei
clienti di Uylenburg, per il
quale importava dipinti dall’Italia. Nato a Venezia, era il figlio di Daniel
Nijs, mercante e banchiere che possedeva una grande collezione d’arte e vendeva
opere a diversi collezionisti fra i quali Lord Arundel .
«Carlo
Bacchini e Gio. Battista Vandambro», che avevano fatto da intermediari nella vendita dell’Alessandro Magno di Rembrandt ad Antonio
Ruffo, sono documentati in altre carte da me scoperte negli archivi di Messina
e Livorno dalle quali risulta chiaramente che erano mercanti di seta di stanza
a Messina e in affari con città italiane ed europeee. Nell’archivio di Livorno
ho infatti rinvenuto una polizza di carico datata Messina 28 marzo 1658,
redatta dai mercanti «Gio Battista Van den Broech - Carlo Battichisi»
(fig. 4). Il carico della nave erano balle di seta operata, ordinata da «Jo Druinesteijn di Venetia», e spedita da Messina via Livorno, dove
doveva essere ritirata da Cornelio Vannech .
La polizza di carico è allegata ad altra documentazione, datata 3 luglio 1658,
che fornisce ulteriori informazioni utili a gettare luce sulla rete dei
mercanti fiamminghi attivi in Italia. E’ il ricorso presentato da Cornelio
Vannech contro Giacomo Ablin il quale, al momento dell’arrivo del carico a
Livorno l’aveva sequestrato perché l’acquirente non voleva pagare. Nonostante
la polizza dichiarasse che l’acquirente era Jo Druinesteijn di Venezia, nelle
carte della causa si dice che questi faceva da intermediario per «Antonio
Addelbauelt» di
Lille. Sappiamo così che la seta da Messina aveva come destinazione Lille,
passando per Livorno e Venezia.
La
ditta Van den Broech - Carlo Bathin è menzionata anche nel Libro di conti mercantili dell’anno 1660-1662 dei mercanti lucchesi
Girolamo e Pompeo Parensi stabilitisi ad Amsterdam, ancora in relazione al
commercio della seta: «sete di conto dei signori Giovan Battista Vanderbroech,
Carlo Bathin et Henrico Lenam [sic] il giovane di Messina … mandate a signori
Francesco Viali e fratelli di Genova con due galee di quella repubblica» .
Molti
documenti messinesi rivelano che le spedizioni da o per Messina passavano via
Livorno. Nell’archivio di questa città ho ritrovato il nome di Jacinto
Simonelli (elencato nell’alberano) e scoperto che era un assicuratore .
Per quanto riguarda Giovanni Arnolfini (anch’egli nell’alberano), è registrato
tra gli acquirenti di alcuni dipinti (20 su lino) spediti nel 1659 da Musson da
Anversa a Messina via Livorno, con la nave San Giobattista .
Arnolfini era un mercante lucchese che negli anni 1655-59 aveva costituito a
Messina una società per il commercio della seta con Orsuccio Orsucci; tra i
soci c’era anche Carlo Parensi, mercante lucchese di stanza a Palermo. La ditta
Parensi aveva la sede principale, condotta da Girolamo e Pompeo Parensi, ad
Amsterdam . Verso
la fine del XVII secolo il commercio della seta da parte dei lucchesi a Messina
diminuisce e rimangono attive solo due
ditte, la “Arnolfini-Micheli” nel 1679-85 e la “Bambacari-Fiorentini” nel
1688-99. Anche quest’ultima era tra i
firmatari dell’alberano.
Gli
intermediari dell’alberano, Gio. Battista van den Broech, Carlo Bathin &
Enrico Lenaerts il Giovane, sono i principali protagonisti di questo gruppo di
mercanti a Messina. Come si è visto, ognuno di loro venne coinvolto
nell’acquisto e spedizione delle tele di Rembrandt e degli arazzi di Rubens per
conto di Antonio Ruffo. L’unico già noto alla letteratura artistica è Gio.
Battista van den Broech: è menzionato come allievo di Jacob Jordaens e iscritto
come pittore alla gilda di S. Luca di Anversa nel 1641-42 .
Lo stesso nome è registrato in un contratto messinese del 1653 tra «Jo.n.
Batt.am van der Brach» e Abraham Casembrot. Casembrot era un pittore
nederlandese attivo a Messina probabilmente dagli anni Trenta del Seicento,
dopo un possibile soggiorno a Livorno. L’inventario di Antonio Ruffo elenca
dieci paesaggi di Abraham Casembrot (fig. 5) .
Era anche autore di stampe: una serie con Vedute
del porto di Messina formava un album che l’artista dedicò al mercante,
armatore e collezionista Lucas van Uffel, vissuto a Venezia tra 1616 and 1630 .
Lucas van Uffel era figlio di Hans, un mercante di Anversa che, in conseguenza
delle guerre di religione, fu costretto a trasferirsi ad Amsterdam nel 1591.
Lucas si stabilì a Venezia dove formò una grande compagnia commerciale attiva nel mercato internazionale, che gli portò guadagni tali da collezionare capolavori di artisti quali Raffaello, Duquesnoy, Rubens. Dopo la
sua morte la sua intera collezione fu venduta all’asta ad Amsterdam nel 1639
raggiungendo la somma di 60.000 fiorini .
Casembrot
fu console delle Province unite olandesi a Messina dal 1649 al 1658, anno della
sua morte. In veste di console si occupava del commercio marittimo. Una lettera
da lui indirizzata agli Stati generali nel 1654 rivela che ebbe a che fare
anche con la nave S. Bartolomeo nel cui carico c’era l’ Aristotele con il busto di Omero di Rembrandt acquistato da Ruffo .
Almeno dal 1653 Casembrot era in relazione con Van den Broech, come attesta il
contratto fra lui e «Jo.n. Batt.am van der Brach» citato in precedenza. Sebastiano Di Bella suggerisce che il
contratto poteva riguardare questioni relative al ruolo di console svolto da
Casembrot, che alla morte di questi passerà a Van den Broech .
Nella collezione di Ruffo c’era una Veduta
di Messina descritta nell’inventario come «ricevuta da Gio. Battista van
den Broech dall’eredità di Abraham Casembrot», dunque plausibilmente venduta al
collezionista da Van den Broech .
Potrebbe essere un’altra testimonianza del coinvolgimento di quest’ultimo nel
mercato dell’arte.
Come
riferisce Gijltaj, Van den Broech sposò la figlia del suo socio Carlo Bathin:
questa notizia è confermata da una lettera di Abraham Brueghel a Ruffo del 1664
nella quale si dice che Van den Broech aveva sposato la figlia di «Carlo» .
Nel 1664, un anno prima la morte di Van den Broech, Carlo Bathin fu nominato
vice-console .
La
ditta Van den Broech & Bathin sembra dunque una vera protagonista a Messina
e inserita nel commercio internazionale, che spaziava dal commercio della seta
– senza dubbio quello preminente nel traffico internazionale dalla Sicilia
- alla spedizione di altri prodotti fra cui le opere d’arte. In
questo caso il ruolo di console giocato da entrambi rivestiva importanza nel
contesto del commercio internazionale. E’ interessante notare che alcuni di
questi consoli erano anche pittori: Casembrot e Van den Broech a Messina, Jacob
Strijcker a Venezia (1648), Johan van Dael a Livorno, Jacomo van Drielenburgh a
Malaga .
Nei
documenti messinesi spicca il nome di Hector van Achthoven. Egli è definito da
Susinno «il più ricco mercante di Messina» e un collezionista raffinato, che
commissionò ad Anton van Dyck un ritratto per se’ e per la moglie .
Il suo ruolo di mercante attivo nel mercato internazionale viene alla luce
anche dalla documentazione della ditta di Bernard van den Broecke & Joris
Jansen, una delle maggiori compagnie fiamminghe degli anni ’20 e ’30 del
Seicento, di stanza a Livorno.
Nel loro libro mastro del 1629, risulta che Van Achtoven, a Palermo in quel
momento, comprò alcuni arazzi da Gaspar de Roomer & Jacomo van Raj in
Napoli: questa notizia è importante in quanto prova del suo coinvolgimento
anche nel mercato dell’arte .
Van Achthoven è documentato a Palermo nel
1625-29, dove era in contatto con pittori e con il console: fece da
procuratore al console Hendrick Dijck, il quale doveva dare del denaro ad Anton
van Dyck. Inoltre, nel 1642 era in relazione con il pittore e mercante
originario di Anversa Geronimo Gerardi, stabilitosi a Palermo, il quale,
probabilmente grazie ai suoi rapporti con Cornelis de Wael, fece da intermediario per l'arrivo di Mathias Stomer a Palermo e per la commissione della pala per l'Oratorio del Rosario in S. Domenico. Il suo nome compare anche in un
documento datato 1628 riguardante la consegna della Madonna del Rosario di Van Dyck da Genova allo stesso Oratorio,
alla quale presero parte anche i mercanti Antonio Della Torre e Bartolomeo
Rossetti. Nel 1638 Van Achtoven era «Consul general de las naciones flamenca y
alemana enste Reyno» .
Dal 1630 al 1662 almeno, è documentato a Messina. Come risulta da
un’interessante lettera del 1630, che ho rinvenuto nella documentazione della ditta di Bernard van den
Broecke & Joris Jansen, in quell’anno il ruolo di agente a Messina sia per
questa società sia per quella di Lucas van Uffel & Jan van Mere a Venezia,
passò da Rudolf Olofs a
Hector van Achthoven perché questi aveva sposato una parente di Van Uffel,
Maria. Come emerge da molti documenti del locale archivio, a Messina egli
operava come procuratore e banchiere.
Il
ruolo svolto da tutti questi personaggi quali agenti, mercanti e talvolta
consuli spesso si sovrappone, agendo all’interno di un mercato internazionale
nel quale le opere d’arte erano trattate parallelamente a una ampia gamma di
attività e prodotti.
Il presente articolo è stato presentato nell’aprile 2010 a
Venezia, all’annuale congresso della Renaissance Society of America, nella
sessione “Northern Artists and Italy IV: Agents and Dealers”, sponsorizzata da Historians of Netherlandish Art e
organizzata da Stephanie S. Dickey (Queen’s University) e Amy Golahny (Lycoming
College).
V. Ruffo, cit.; C. Ricci, Rembrandt in Italia, Alfieri & Lacroix, Milano 1918; R. De Gennaro, Per il collezionismo del Seicento in Sicilia : l'inventario di Antonio Ruffo principe della Scaletta, Pisa, Scuola Normale Superiore, 2003; J. Giltaij, Antonio Ruffo e Rembrandt, in Percorsi d'arte, cat. mostra, Salerno 2005, pp. 51-63.
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Livorno (d’ora in poi ASL), Serie I: Atti civili, vol. 184 (1658-59), n° 40,
c. 164. Su Saminiati vedi C. Cesari, Mercanti
lucchesi ad Amsterdam nel ‘600. Girolamo e Pompeo Parensi, Facini Pazzi,
Lucca 1989.
ASL, Atti civili, vol. 179 (1657-58), n° 491, c. 249. Giovanni Druyvesteyn era
il console nederlandese a Venezia nel 1647-48. O.
Schutte, Repertorium der Nederlandse
vertegenwoordigers residerende in het buitenland 1584-1810, ‘s-Gravenhage, 1986, p. 463.
ASL, Serie I: Atti civili (1550-1808), vol. 185, n.
252, c. 369.
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2024.
R-A. d’Hulst e N. De
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Borean, Venezia, Marsilio, 2007. R. De Gennaro suggerisce che la
collezione di Van Uffel possa aver stimolato lo sviluppo del collezionismo a
Messina: Da Rubens a Jordaens d'Anversa,
presenze fiamminghe nella collezione messinese di Antonio Ruffo principe della
Scaletta, 2006, in La 'Konstkamer'
italiana : i "Fiamminghi" nelle collezione italiane all'età di Rubens
, atti delle Giornate di studio, Roma, Academia Belgica, 9-10 dicembre
2004, a cura di P. Anastasio and W. Geerts, in Bulletin de l'Institut
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A. Zalapì, Il soggiorno siciliano di Matthias Stom tra neostoicismo e "dissenso". Nuove acquisizioni documentarie sull'ambiente artistico straniero a Palermo, in V. Abbate (a cura di), Porto di mare. Pittori e pittura a Palermo tra memoria e recupero. 1570-1670, Napoli 1999, p. 148; G. Mendola, Un approdo sicuro. Nuovi documenti per Van Dyck e Gerardi a Palermo, ivi, p. 97; M. G. Paolini, Preistoria di Pietro Novelli: proposte per la formazione, in Pietro Novelli e il suo ambiente, cat. mostra, Palermo 1990, p. 506.
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