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L'alto e altro valore dell'arte: sui “valori” del patrimonio culturale con tre esempi virtuosi dal profondo sud  
Mercedes Auteri
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 29 Maggio 2011, n. 606
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Area Musei

Valore economico e valore educativo dell’arte

Alle fiere di Bologna e Milano quest’anno due opere di Alberto Burri d’occasione, un Bianco e un Gobbo, aggiudicati per 1 milione e mezzo di euro circa cada uno (1.400 mila il primo, 2 milioni il secondo). Dieci di queste piccole e preziose opere valgono quanto tutti i finanziamenti pubblici che lo Stato italiano stanzia alla cultura: 1.500 milioni circa per tutti i beni presenti, compresi di musei e parchi dall’archeologico al contemporaneo, biblioteche, teatro e cinema1. Sembrerebbe che l’arte viva sempre più di singoli estimatori privati e sempre meno del vasto consenso delle istituzioni pubbliche. In tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo, la ridiscussione del "valore" in arte diventa una nuova occasione di riflessione sulle ricchezze, le oligarchie, le logiche capitalistiche, globalizzanti e di profitto che ormai sempre meno tutelano la storia, i beni, gli ideali identitari a cui la nostra arte e il nostro tempo sono sottoposti. Lontani i tempi in cui, anche per rafforzare il loro prestigio pubblico con atteggiamento disinteressato e lontano da intenzioni speculative, pure in momenti bui come negli anni intorno alla depressione economica americana del 1929, Andrew Mellon, i Rockefeller, Gertrude Vanderbilt o Solomon Guggenheim, decidevano, finanziando l’apertura di nuove cattedrali dell’arte e donando le loro collezioni (spesso così riuscendo a lasciarle intatte, tutelate, e facendole entrare nel mito del Nuovo Continente), di fare grande il sistema culturale americano, contribuendo ad accrescere o fondando musei come la National Gallery di Washington, il Metropolitan, il Museum of Modern Art, il Whitney e il Guggenheim Museum di New York. E, non ultimo, generando nella coscienza di molti un alto e altro valore, quello educativo dell’arte, che ha reso motori di armonia sociale e identità culturale molti musei americani capaci di veicolare nel loro pubblico un forte senso di appartenenza e riconoscimento culturale ad una storia di secoli e secoli più giovane della nostra.

Nelle dichiarazioni alla stampa, Christie’s Italia, a proposito del mercato delle opere contemporanee per il 2011, parla di “un trend ancora più positivo rispetto a quello registrato nel 2007” e anche Sotheby’s conferma il ritorno delle aste da record. Positive anche le vendite di inizio anno alle kermesse di Arte Fiera Bologna e, in questi giorni, di MiArt Milano2. L’investimento di privati e pubblici verso i beni culturali italiani è, invece, preoccupantemente in declino così come le visite alle collezioni permanenti dei musei in favore delle mostre che puntano al botteghino (attraverso operazioni mediatiche, con nomi di artisti, movimenti o musei di richiamo, non sempre corrisposti poi dalla selezione delle opere e con il prestito di pezzi a volte molto delicati ma poco tutelati dagli spostamenti) più che alla qualità e scientificità dell’esposizione. Esaltando, così, la funzione dell’arte come bene simbolico di prestigio (status symbol) e di bene fonte di utili, sovrautili, scambio. Il pericolo, già sintetizzato da Germano Celant nel 2008, è che l’arte diventi “un’entità metastorica, isolata, separata dal mondo, senza alcun consenso o riconoscimento sociale, se non quello dei suoi adepti e del mercato”, le cui conseguenze sono tanto “l’occultamento e il dissolvimento della struttura rappresentativa e utopica dell’arte, quanto l’entusiasmo e l’esaltarsi per una sua inefficacia e una sua superficialità, causate dalla sua spettacolarizzazione che comporta l’omogeneizzazione e la spersonalizzazione dell’immaginario”3.

Bisognerebbe riprendere il dibattito, tra tradizione e innovazione, sul concetto di “valore” nell’arte contemporanea, così bene analizzato da Angela Vettese che, elencandoli, le riconosce i valori “emozionale”, “decorativo”, “del bello”, “della tecnica”, “dell’espressione individuale”, “come memoria collettiva”, “dell’impegno etico”, “spirituale”, spiegando che “valore, proprio come arte, è una parola alla quale non si può dare un significato a priori”4 se non contestualizzando, studiando, cercando risultati di riferimento.

Gli esperti di economia da anni ripetono che temi fondamentali su cui investire dovrebbero essere: formazione continua (basilare nella cultura del lavoro che, per una Repubblica costituzionalmente fondata sul lavoro, diventano di necessaria priorità), sostenibilità ambientale, approccio sistemico per l’incremento dell’accesso culturale (come evidenziato dalla Comunità Europea nello stanziamento dei fondi di coesione 2014-2020). L’Italia, però, arranca. Sono considerati Paesi emergenti quelli che dimostrano sviluppo culturale (ma il Metropolitan di New York incassa il quintuplo di Pompei), capacità di tutela (però il consumo di suolo ambientale è, secondo Italia Nostra, solo nel 2010 al 7%), capacità d’impresa (secondo la World Tourism Organisation sembra che l’Italia fosse la meta più visitata dai turisti nel 1970 tracollando poi al 5° posto nel quinquennio 2005-2010), trasparenza e basso tasso di corruzione (l’Italia è tristissimamente al 67° posto dietro Arabia Saudita, Kuwait, Turchia, Tunisia, Ghana, Ruanda e continua a precipitare secondo i dati del Corruption Perceptions Index elaborato nel 2010, con le opinioni di organismi come la Banca Mondiale e il World Economic Forum).

Pier Luigi Sacco, professore di Economia culturale presso la Facoltà di Arti, mercati e patrimoni della cultura alla Iulm di Milano ha recentemente aperto la sessione teorica della manifestazione Education Lab5, sottolineando come sia importante investire in “economia della felicità” aumentando attraverso l’educazione l’accesso culturale ai musei, teatri, cinema, biblioteche, investendo sulle capacità personali di crescita e sul “sistema epidemico” per la diffusione di tale benessere creativo e innovativo generato dall’arte. Il problema però rimane il mancato riconoscimento e investimento da parte delle istituzioni pubbliche su queste impeccabili tesi che, fino a quando rimangano appannaggio di scuole o università private, piuttosto che di élites culturali, inceppano il sistema epidemico che difficilmente raggiungerà tutti. E peccato, anche, che il personale non si riesca a rendere specializzato (come tenta di fare Icom, International Council of Museums dal 2005, attraverso l’approvazione di una Carta delle professione museali) con dei requisiti precisi richiesti agli addetti ai lavori. E peccato, poi, che al perseguimento di una formazione scientifica non si riesca ad affiancare una preparazione di “bottega” specializzante, basilare per il personale dei musei, senza dovere pagare cifre da capogiro a costosissimi master. E, ultimo peccato, che non si riconosca che le esternalizzazioni a servizi aggiuntivi, che includono pure i Servizi Educativi, molto spesso non solo abbassano il fatturato nazionale in favore di concessionari privati ma, soprattutto, generano collaborazioni occasionali e non creano capitale umano permanente all’interno dei musei.

Bisognerebbe quindi ripensare il “valore economico” da investire nel “valore educativo” dell’arte, perché l’arte diventi davvero foriera di felicità epidemica, cultura, consapevolezza e generi un sitema positivo, sano, fruttuoso nella sinergia tra pubblico e privato, collezionisti, gallerie, fondazioni, musei e beni culturali tutti.


Buone pratiche di alto valore

Cito tre esempi, a mio parere virtuosi, pensati in Sicilia tra il 2010 e il 2011, di cui ho seguito (o nella parte progettuale e attiva o come spettatrice) la realizzazione, valutando gli elementi di efficacia e di criticità in termini di: educazione al patrimonio, formazione individuale e professionale, stretto legame con il territorio.


La formazione della comunità locale promossa dalla Fondazione Orestiadi di Gibellina (Trapani)

Ai giovani laureandi o laureati in discipline storico artistiche, abitanti nella Valle del Belìce, sono state offerte dalla Fondazione Orestiadi di Gibellina tre cicli da tre giorni ciascuno di studio, teorico e pratico, di educazione e comunicazione del patrimonio, presso: gli spazi del Baglio di Stefano (sede della Fondazione che ospita la più importante e storica collezione d’arte contemporanea dell’isola e il Museo delle Trame Mediterranee); le strade e le piazze dove sono collocate le opere en plein air della città; alcuni siti rilevanti delle città limitrofe, in sinergia con Legambiente e la neonata rete dei musei belicini; l’Istituto Comprensivo Papa Giovanni XXIII, unica scuola presente nel territorio di Gibellina. L'intento del workshop è stato quello di continuare a formare all'arte quei giovani che sono cresciuti ispirati proprio dall'arte di questi luoghi, nel tentativo di superare il trauma del terremoto e gli anni difficili della ricostruzione che avevano sconvolto la precedente generazione, promuovendo la conoscenza e la promozione del posto, cercando sempre nuove possibilità di ristabilire un legame con la comunità locale come risorsa indispensabile per un museo presidio attivo sul territorio a cui appartiene. Si è cercato, così, di rinnovare il progetto ideale e utopico con cui Gibellina, grazie alla guida di Ludovico Corrao, era stata pensata dai più importanti artisti del panorama internazionale della seconda metà del Novecento (Consagra, Schifano, Burri, Melotti, Beyus per dirne cinque) in collaborazione con gli abitanti della città che, per le occasioni delle Orestiadi teatro e della costruzione delle opere, diventavano attori, comparse, artigiani.

Il risultato delle tre edizioni del workshop è stata la selezione di tre giovani (di Gibellina, Santa Ninfa e Alcamo), oggi coinvolti e remunerati, che collaborano assiduamente con la Fondazione Orestiadi nella realizzazione di visite guidate e laboratori per le scuole, seguono le attività di segreteria organizzativa e promozione dell’attività educativa e della rete dei musei belicini, hanno istaurato proficui rapporti con l’Istituto Comprensivo che ha aderito, interamente, dalla prima elementare alla terza media, all’offerta proposta dalla Fondazione permettendo a tutti i bambini di Gibellina di visitare consapevolmente e con un adeguato accompagnamento, almeno una volta, il patrimonio pubblico di questa città di cui per tanti anni erano stati eredi spesso inconsapevoli.


L’educazione all’arte per tutti alla Fondazione Puglisi Cosentino di Catania

In occasione della mostra Accardi. Segno e trasparenza e Licini, Melotti, Novelli. Segni come sogni, la Sezione didattica della Fondazione Puglisi Cosentino, raccogliendo le numerose sollecitazioni offerte dalle mostre: sul sovvertimento delle categorie tradizionali, sulla libertà d’espressione raggiunta dall’arte contemporanea, sulle caratteristiche della tecnica, sulle fonti d’ispirazione, per avvicinare i diversi pubblici, di differente età e provenienza, oltre alla tradizionale offerta per gruppi scuola e università ha strutturato per il pubblico generico un appuntamento fisso, i Venerdì da artista, ogni venerdì e sabato, con un programma articolato e con la partecipazione di selezionati operatori esterni affermati nel mondo dell’illustrazione, del teatro, del libro d’artista, della scrittura, della musica. Per coinvolgere tutti, da 1 a 99 anni, nella sperimentazione dell’arte: bambini, adulti, bambini e adulti insieme. Definitivamente abbandonato lo stereotipo che relegava i musei a luoghi per élites di ricchi studiosi o di cose antiche e morte, gli spazi in cui sono conservate ed esposte le opere d’arte diventano vivi e accessibili a tutti, secondo un progetto di museoterapia (intesa non solo per pubblici speciali, affetti da particolari malattie, aiutati da cure complementari rispetto a quelle tradizionali, ma per l'intera società che, anche secondo gli ultimi studi delle neuroscienze, attraverso la pratica del museo e dell’arte, diventerebbe più serena, coperativa, responsabile, intelligente). Vincendo, tra le altre, la scommessa di portare al museo, ed iniziare all’arte, i bambini di un anno, grazie ai laboratori di musicoterapia (profittando della scultura sonora di Carla Accardi e Gianna Nannini, per continuare la relazione tra musica e arte astratta attraverso laboraroti pratici, di suono e colore, sostenendo quegli studi che provano che ascoltare musica, imparare a suonare uno strumento o a cantare una canzone, abbia un’influenza importante sullo sviluppo sensitivo e cognitivo dei bambini e dei ragazzi e potrebbe anche costituire un buon sistema per curare persone con disturbi del linguaggio come i dislessici o addirittura gli autistici che hanno a che fare sia con il con il sistema nervoso sensitivo che con i più alti centri cognitivi del cervello).


Il valore etico e civile della bellezza promosso dalla Fondazione Fiumara d’Arte con sede a Castel di Tusa (Messina) e progetti nel quartiere Oreto (Palermo) e Librino (Catania)

La Fondazione Antonio Presti – Fiumara d’Arte, dopo lunghi anni di collaborazione con le scuole di Librino e il progetto dello scorso anno di costituzione della Porta della Bellezza (ceramiche e poesie sul cemento di un lungo ponte che attraversa il quartiere), ha in corso di realizzazione un museo a cielo aperto nel quartiere, tra i più periferici e disagiati di Catania. Installazioni fotografiche e proiezioni video saranno la nuova immagine di almeno cento facciate di numerosi palazzi. La Fondazione, ricevuta autorizzazione dai vari condomini per potere installare le strutture metalliche pertinenti per poter accogliere il lavoro artistico, ha contattato per il progetto Terzocchio-Meridiani di Luce il fotografo e reporter iraniano Reza che sta offrendo, proprio in questi mesi, la sua esperienza ai cittadini di Librino e di Catania, lavorando fianco a fianco con grandi e bambini, cercando di cogliere l’anima dei cittadini, la loro identità, la loro unicità.

Noto per avere fotografato i luoghi più esotici del pianeta, Reza Deghati (che da sempre si firma solo Reza) ha realizzato reportage in ogni parte del mondo per National Geographic, per l'agenzia France Press, Newsweek e Time. Consulente nel programma per l'Afghanistan delle Nazioni Unite, nel 1996 vince il premio Hope per il suo impegno a favore dei rifugiati ruandesi avviando, con UNICEF, Lost Children Portrait (foto realizzate in Ruanda di 12000 bambini dispersi, affisse in 5 campi per rifugiati, che hanno permesso a 3500 di loro di ritrovare i genitori).

A Librino per ritrovare altri bambini, da coinvolgere all’arte della fotografia, sono stati chiamati diversi artisti visuali siciliani che hanno partecipato ai laboratori sperimentali di Reza. Una settimana di workshop per i fotografi e, a seguire, per i 100 ragazzi selezionati dalla Fondazione, di età compresa tra i 13 e i 17 anni (70 di Librino, 30 dal resto della città). Ognuno di loro ha fornito un elenco di persone, “La mia terra, la mia famiglia”, tra amici, parenti, conoscenti, innescando un portentoso circolo virtuoso di partecipazione condivisa: Reza ha lavorato fianco a fianco con i fotografi siciliani che, a loro volta, hanno insegnato ai bambini nozioni e tecniche grazie alle quali ognuno di loro racconterà fotograficamente le persone scelte. L’opera fotografica mira a diventare il mezzo per poter costruire insieme un percorso di ricerca artistica e, al tempo stesso, una rete sociale e civile. Ogni fotografo collabora con 4/5 bambini che lo accompagnano nei luoghi in cui fotografare le persone scelte (circa 300) e 20 tutor vigilano il percorso didattico e artistico, mediando soprattutto il rapporto fiduciario con le famiglie. I 100 ragazzi creano così una rete di persone a cui comunicare il valore etico e civile della bellezza di ciascuno dei fotograti. La stessa bellezza che verrà restituita alla città l’anno prossimo attraverso le installazioni multimediali all’aperto e la costituzione del primo museo a cielo aperto di fotografia che, in questo modo, non vuole manifestarsi solo per un valore estetico, né tanto meno per un valore strettamente economico (di cui certamente si spera possa beneficiare il quartiere in termini di ricaduta sulle attività e impatto ambientale), ma trova nella ideale condivisione dell’arte il suo primo e grande valore.





NOTE

1 Dati delle vendite riscontrabili su riviste di settore e dati pubblici riportati sul libro inchiesta pubblicato da Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, Vandali, 2011.

2 Cfr. Corriere della Sera e Sole 24 Ore pubblicati nei giorni delle fiere citate.

3 Cfr. Germano Celant, Artmix, 2008.

4 Cfr. Angela Vettese, Ma questo è un quadro?, 2008.

5 Education Lab Theory a cura di Facoltà di Arti, mercati e patrimoni della cultura, Iulm, Libera Università di Lingue e Comunicazione, 28 – 29 marzo 2011.









Fondazione Orestiadi di Gibellina, Workshop di didattica museale. Lezione teorica

Fig. 1
Fondazione Orestiadi di Gibellina, Workshop di didattica museale. Lezione teorica, 2010-2011
Foto cortesia della Fondazione Orestiadi di Gibellina (Trapani)

Fondazione Orestiadi di Gibellina, Workshop di didattica museale. Laboratorio concettuale

Fig. 2
Fondazione Orestiadi di Gibellina, Workshop di didattica museale. Laboratorio concettuale, 2010-2011
Foto cortesia della Fondazione Orestiadi di Gibellina (Trapani)

Fondazione Orestiadi di Gibellina, Workshop di didattica museale. Laboratorio pratico, in fondo alla sala Ludovico Corrao

Fig. 3
Fondazione Orestiadi di Gibellina, Workshop di didattica museale. Laboratorio pratico, in fondo alla sala Ludovico Corrao, 2010-2011
Foto cortesia della Fondazione Orestiadi di Gibellina (Trapani)

Fondazione Puglisi Cosentino, Laboratori Venerdì da artista

Fig. 4
Fondazione Puglisi Cosentino, Laboratori Venerdì da artista. Laboratorio I musicartisti, visita in mostra, 2011
Foto cortesia della Fondazione Puglisi Cosentino per l'arte, Catania

Fondazione Puglisi Cosentino, Laboratori Venerdì da artista

Fig. 5
Fondazione Puglisi Cosentino, Laboratori Venerdì da artista. Laboratorio I musicartisti, 2011
Foto cortesia della Fondazione Puglisi Cosentino per l'arte, Catania

Fondazione Puglisi Cosentino, Laboratori Venerdì da artista

Fig. 6
Fondazione Puglisi Cosentino, Laboratori Venerdì da artista. Laboratorio Cartoline d'autore, 2011
Foto cortesia della Fondazione Puglisi Cosentino per l'arte, Catania

Fondazione Puglisi Cosentino, Laboratori Venerdì da artista

Fig. 7
Librino (Catania), La Porta della Bellezza nel giorno della sua inaugurazione
Foto cortesia Fondazione Fiumara d'arte

Il fotografo Reza con alcuni studenti all?Isituto Comprensivo Campanella Sturzo di Librino (Catania)

Fig. 8
Il fotografo Reza con alcuni studenti all'Isituto Comprensivo Campanella Sturzo di Librino (Catania). Foto cortesia Fondazione Fiumara d'arte e National Geographic Italia

Il fotografo Reza con alcuni studenti all'Istituto Comprensivo Campanella Sturzo di Librino (Catania)

Fig. 9
Il fotografo Reza e alcuni fotografi coinvolti nel progetto di creazione di un "Archivio storico di identità sociale" con 30.000 immagini degli abitanti di Librino (Catania) e Antonio Presti (dietro a sinistra).
Foto cortesia Fondazione Fiumara d'arte e National Geographic Italia.

Simulazione di una delle facciate del progetto Terzocchio-Meridiani di Luce

Fig. 10
Simulazione di una delle facciate del progetto Terzocchio-Meridiani di Luce. Foto cortesia Fondazione Fiumara d'arte e National Geographic Italia.

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