Intervista di Roberta Balmas a Virginia Baradel,
curatrice di questa bellissima mostra.
E’ stata
Sua l’idea di realizzare questa mostra ?
L'idea di
attingere alle collezioni private di Padova e dintorni è stata mia e non è
molto originale, semmai molto faticosa. E' molto più semplice sfogliare le
grandi collezioni pubbliche in internet e richiedere un'opera in prestito per
una mostra. Quel che è originale è averla modellata in modo tale da poter
attraversare alcuni capitoli fondamentali della storia dell'arte italiana della
prima metà del 900 con particolare riguardo a ciò che è successo a Padova, cioè
a quegli episodi, quelle stagioni, in cui la storia dell'arte della città si è
agganciata a quella nazionale, con la decorazione di Cesare Laurenti del
restaurant Storione nel 1905, con la presenza a Padova nei primi anni del
secolo di Boccioni, Casorati e Valeri, con l'impresa del Novecento al Bo voluta
dal rettore Carlo Anti e diretta da Gio Ponti, con i gruppi futuristi padovani
degli anni Venti-Trenta.
E’ la
prima mostra che accoglie solo collezioni private padovane ?
Si è la
prima mostra e non ha attinto a tutte le collezioni. Alcune, anche molto
importanti, non hanno prestato. Credo abbiano giocato contro una concezione
blindata della privacy, la considerazione del bene d'arte come bene
patrimoniale piuttosto che culturale (legittime per carità) e anche un
obiettivo impegno (schede di prestito, trasporti, assicurazioni etc...) e un
obiettivo rischio che il prestito di un'opera d'arte comunque include. Inoltre
Padova, a parte palazzo Zabarella, non ha sedi e tradizioni di mostre
prestigiose di '800 e '900. Hanno corso il rischio invece i collezionisti
sinceramente appassionati che godono nel condividere con altri l'oggetto del
loro desiderio che sono riusciti a conquistare.
Che Lei
sappia, ce ne sono state altre in Italia ?
Ci sono
state diverse mostre di collezioni private (a Modena e Vicenza tanto per
citarne due), ma il carattere era di rassegne generiche, da Picasso a Vedova,
tutto quel che c'era e che si riusciva ad avere in prestito. Comunque, sia
Modena che Vicenza, per restare agli esempi fatti, hanno una tipologia di collezionisti
e amanti d'arte molto più spigliata e dinamica di Padova, che anche in questo è
una città piuttosto chiusa, fatta di piccole corti esclusive.
In termini
pratici il rapporto organizzazione/realizzazione quanto tempo ha richiesto ?
Rispetto alle altre mostre da Lei curate, trova che le difficoltà organizzative
di oggi siano maggiori ? Se sì, perché?
La mostra
ha preso forma a maggio, quindi è stata una corsa contro il tempo, un lavoro
diuturno e senza ferie. Se il budget è ristretto, è il lavoro, in termini di
quantità e qualità, a fare la differenza.
Certo le
condizioni sono molto peggiorate, per i finanziamenti, ma anche per una
sensazione generale di caos, di disaffezione, di incomunicabilità. Sembra del
tutto inutile lavorare tanto con passione e impegno quando non hai un riscontro
corrispondente, quando risultano vincenti sempre, senza eccezioni, le
situazioni che partono avvantaggiate per denaro e potere... E’ sempre lo stesso
ritornello. Se non hai un bel po' di soldi (oramai è il 50% almeno) da
impiegare nella promozione, ad esempio, non hai visibilità nemmeno se porti
dieci Caravaggio.
Secondo
Lei non ci sono più persone del calibro di Felicita Bevilacqua La Masa ?
Come
Felicita Bevilacqua no, anche perché fu molto avveduta (sono emersi di recente
dei documenti secondo i quali lei donò Palazzo Pesaro al comune di Venezia
perché stava per esserle espropriato per questioni di tasse...e così dribblò
l'erario e fece un grande bene alla città e all'arte). Ma per esempio un
industriale come Diego Della Valle si sta muovendo con uno spirito
mecenatistico nei confronti dei restauri, così le fondazioni bancarie. Per
l'arte contemporanea è più difficile, anche perché è obiettivamente un mondo
difficile con i grandi mercanti-collezionisti (Pinault, Arnould, Saatchi,
Gagosian etc) che la fanno da padroni assoluti.
Stiamo
davvero attraversando un periodo buio per la promozione dell'arte ?
Periodo
buio come per tutto il resto. Mi ha impressionato vedere il fiume in piena a
Napoli stasera (7 nov) in tv mentre stava trascinando una enorme quantità di
rifiuti, soprattutto di plastiche colorate: quelle immagini avevano qualcosa di
terribile, di apocalittico, di pop-apocalittico, di fronte al quale sono niente
il 90% delle opere d'arte contemporanea...
Recensione
della mostra a cura di Roberta Balmas
Cento opere di cinquanta artisti; cento opere
inedite che solo grazie alla paziente ricerca di Virginia Baradel, storica e
critica d’arte, potremo vedere in questa splendida mostra. La curatrice, con coraggio
e tanta passione, ha cercato e scelto per noi questi “inediti”, un’impresa
quanto mai ardua e lunga quella di raccogliere e selezionare artisti del
calibro di Boccioni, Balla, Rossi, Sironi, Funi, Campigli, Martini, Severini,
Oppi, De Pisis, Cagnaccio di San Pietro, Prampolini, Guttuso, Sassu, Birolli e
molti altri. Le opere si potranno vedere fino all’8 gennaio 2012 a Padova al
Centro Culturale Altinate, opere che, come ha detto l’Assessore alla Cultura
Andrea Colasio, “provengono prevalentemente da collezioni private patavine e
che coprono tutto l’arco della prima metà del Novecento e rendono omaggio a
quegli artisti che in città hanno vissuto o lasciato opere pubbliche di grande
pregio”.
La
curatrice Virginia Baradel, afferma che le opere “sono state selezionate in
base a due criteri: l’appartenenza a collezioni private del territorio e il
rapporto che l’artista ebbe con la città, per ragioni biografiche o
professionali. Il percorso così orientato ha consentito di costruire un
racconto che scorre tra i capitoli fondamentali della storia dell’arte di quei
decenni”.
La mostra si apre con Cesare Laurenti autore
della decorazione del ristorante-albergo Storione,
considerato il capolavoro Liberty del Veneto, aperto il 3 giugno 1905, dopo
alcune polemiche circa il fatto di assegnare a Laurenti, un ferrarese e non un
padovano, l’affresco del piano superiore del ristorante. Un affresco che
correva lungo due lunghe pareti dove dieci fanciulle danzanti volteggiano,
alcune a seno nudo, altre di spalle, tra pergolati di melograno ed alberi. Le
fanciulle si passano un festone che viene raccolto dall’undicesima fanciulla,
“colei che dirige” le danze, seduta al centro nella parete corta. La tecnica
adoperata era “dello stucco policromato a tempera” come usavano gli antichi,
anche il soffitto era decorato con fronde di melograno molto fitte che davano
un vero senso di freschezza. Vincenzo Cadorin, un’artista del legno, collaborò
allo Storione, realizzando il mobilio; ma in mostra sono presenti di lui un Tavolino, una Stele in legno e Veneziane
con scialle.
Purtroppo lo Storione non c’è più, tutto venne
distrutto per far posto ad una banca progettata da Gio Ponti e nel corso
dell’incauto “strappo” del 1962, si è perso l’affresco, tranne alcuni
frammenti. Per fortuna in mostra c’è una ricostruzione virtuale perché lo Storione era un simbolo della città di Padova, il luogo preferito
della borghesia patavina, illuminata, europea, cosmopolita, ed era considerato
il tempio del Liberty europeo con le sue ceramiche, lampadari, mobili, tutti
corredati e perfettamente integrati gli uni con gli altri.
Appena
si entra si trova poco della magnifica decorazione liberty di Cesare Laurenti
tranne due Studio per danzatrice del
1904, ma ci sono anche altri due quadri dal titolo Preludio del 1903 e Visione
antica del 1902. Del figlio di Vincenzo Cadorin, Guido, invece ci sono una
serie di quadri, segnaliamo Ritratto del
padre, Ritratto di mia madre del
1910 che stanno a testimoniare il forte legame tra Laurenti, il maestro e il
suo allievo prediletto Guido, che a Venezia frequentò, nel 1907, la sua scuola
di San Vio.
Ma a
Padova, nello stesso periodo, erano presenti anche tre giovani artisti Umberto
Boccioni, Felice Casorati e Ugo Valeri (illustratore e amico di Boccioni). In
mostra ci sono molti quadri di questi artisti, ricordiamo di Boccioni solo La madre malata, del 1908, il tema della
sofferenza per Boccioni è molto importante, specie quando torna a Padova, da
Milano, dove sono rimaste la madre e la sorella. Domina un bianco accecante, con
sfumature di verde sottostante nel cuscino, lenzuolo e camicia da notte. Ottima
la scelta del pastello che riesce a produrre quel senso di luce forte, mentre
la tonalità di grigio nello sguardo di quegli occhi dolci ma distaccati, dei
capelli lievemente spettinati, della testa adagiata sul cuscino e le guance
lievemente arrossate, denotano tenerezza ed amore.
Di
Felice Casorati ricordiamo Ritratto di
Camillo Luigi Bellisai, 1906, amico di studi giuridici a Padova; lo
ricorderà in piedi, le mani in tasca, vestito di nero, col cappello, davanti ad
una aristocratica casa padovana dell’epoca, dalla tonalità verde con una
finestra in cui si riflette il cielo viola: un quadro semplice nel suo insieme,
asciutto nelle linee, con un’atmosfera serena ma piena di nostalgia. Di Ugo
Valeri sono presenti ben nove opere tra acquerelli, tempere su carta-cartone,
carboncini; ritrae strade, figure, balli e lui stesso lascerà scritto che è “la
strada il mio ambiente naturale”. Il suo segno veloce e rapido ne fa anche un apprezzato
illustratore.
Si deve la nascita degli artisti di Ca’ Pesaro alla contessa Felicita Bevilacqua La Masa che nel 1898 donò il Palazzo
Pesaro al Comune di Venezia per promuovere giovani artisti senza mezzi e nel
1908 si inaugurò la prima mostra; per alcuni artisti fu molto importante
partecipare sia alla Biennale che a Ca’ Pesaro.
Da
ricordare, oltre a Guido Cadorin, precedentemente segnalato, Gino Rossi che fu
una figura di riferimento e che portò a Burano quello che aveva appreso in
Bretagna e in Olanda. L’isola dei cipressi del 1909-1912 ne è un
esempio, colori blu, nero e ciclamino, tratto lineare, contrasti di luce, un
segno veloce ma efficace. Di Umberto Moggioli ci sono
bellissime vedute della laguna veneziana e paesaggi, mentre di Teodoro Wolf
Ferrari segnaliamo Aurora e Crepuscolo. Poi ancora Tullio Garbari,
Mario Cavaglieri, Bortolo Sacchi, Vittorio Zecchin con Arazzo e i padovani Adolfo Callegari e Angelo Mario Crepet.
Tutti questi artisti portarono a Venezia una ventata di arte mitteleuropea (da
Monaco, dai Paesi Bassi, etc) con l’intento di un vero rinnovamento dell’arte.
In una piccola parte della sala troviamo un
Intermezzo noir: opere dello stesso periodo, ma oscure, malefiche, misteriose,
forse anticipatrici di orrori guerrafondai come la Signora del crisantemo di Lorenzo Viani, la serie grafica I Misteri di Alberto Martini e la Maschera dell’Idiota di Adolfo Wildt.
Una
sezione particolare è dedicata a Ubaldo Oppi. Il suo è un ritorno alla
composizione figurativa e al classicismo. Ne è un esempio Nudo alla finestra del 1932: in primo piano troviamo una donna
giunonica nuda, che ha nelle mani un velo-mantello col quale tenta di coprire
le sue nudità; dietro alla finestra che incornicia la figura si intravede una
imbarcazione a vela che ricorda i velieri antichi. Di lui ricordiamo che, oltre
ad aver affrescato la cappella di San Francesco al Santo tra il 1930 e 1932, ha
anche partecipato al
concorso per l’affresco del Liviano, invitato da Gio Ponti e dal Rettore Carlo
Anti, ma che poi è stato vinto da Massimo Campigli.
Margherita Sarfatti, fondatrice del gruppo
Novecento Italiano, nel 1928 scriverà:
“Gli artisti del Novecento sono tutti convinti
che la forma debba essere semplice ed evidente” e quindi auspicava un’arte
moderna in grado di aggiornare la classicità ed è proprio questo che ogni
artista, a suo modo e con la sua specificità, fece ritornando ai canoni antichi
con una nuova visitazione. Tra i protagonisti del Novecento italiano spicca Massimo Campigli, il cui quadro Donne che impongono il cappello del 1940
è stato scelto come logo della mostra e dove il suo amore per l’arte egizia e
poi etrusca è condensato in una rappresentazione al femminile (le tre età) con
corpi stilizzati dai lunghi colli e colori terrosi degli abiti. Altri artisti
presenti sono Piero Marussig, Mario Tozzi, Virgilio Guidi e i maestri muralisti
Achille Funi, Ferruccio Ferrazzi, Bruno Saetti (che insieme a Gino Severini
decorarono il piano di rappresentanza del Palazzo dell’Università e le sale
delle lauree). Tra i padovani figura anche il novecentista più acclamato:
Antonio Morato, Arturo Martini (bellissimo il suo Tito Livio del 1942), e l’artista dello smalto, Paolo De Poli;
ricordiamo anche De Pisis, Martini, Mascherini e
Cagnaccio di San Pietro.
Di Achille Funi pittore segnaliamo Una
persona e due età, tela presentata alla Biennale di Venezia del 1924, dove
sono raffigurate la madre Elvira e la sorella Margherita, immerse in un’
atmosfera realistica, ma fuori dal tempo come se fossero prese da un
incantesimo e dove la postura delle donne, il drappeggio degli abiti, il
colore, la luce sono splendidamente perfetti.
Per
quanto riguarda gli anni Trenta si fa riferimento soprattutto all’arte
monumentale. Uno dei maggiori artisti è stato Mario Sironi, cui la mostra dedica uno
spazio di grande rilievo. Segnaliamo L’Astronomia
del 1934 e L’eclisse del 1942: un
quadro prettamente metafisico, geometrico, freddo, immobile, irreale come lo
sono le eclissi. Anche lui fu uno degli esclusi al concorso per il Liviano,
insieme a Oppi e Cadorin.
Nella
stessa sala troviamo i
bozzetti bronzei preparatori delle due versioni del Tito Livio del 1942 e il bozzetto del Palinuro, capolavori di
Arturo Martini al Bo. Il Rettore Carlo Anti aveva
commissionato opere sia a Arturo Martini che a Gio Ponti per opere per la
Facoltà di Lettere e per il Palazzo dell’Università di Padova.
Segue la sala del futurismo degli anni
Venti-Trenta, introdotta da tre rari dipinti di Giacomo Balla del 1918 e 1920
tra cui Sorge l’idea. Esistono cinque
versioni di questo quadro, una presente anche allo GNAM di Roma; quella della
mostra consiste in una sorta di esplosione, come se si assistesse al modo in
cui si può formare un’idea, simboleggiata, secondo me, dalla rappresentazione
di una specie di scatola cranica, ben delineata, vista dall’alto. Se guardiamo
bene troviamo, partendo dal basso, una massa oscura che mano a mano si evolve,
si amplifica fino a cambiare colore ed arrivare ad un azzurro, simbolo di
chiarezza: l’idea si fa visibile e concreta. Anche le diversità coloristiche
delle opere di Enrico Prampolini, Tullio Crali, Fillia, e i colorati e
divertenti quadri di Fortunato Depero, prediligono colori forti. Di Alfredo
Gauro Ambrosi ricordiamo Virata (Volo su Vienna) del 1935 riconducibile
all’aeropittura e del padovano Carlo Maria Dormal la pubblicità di Aperol del 1934, inizio della grafica
pubblicitaria.
Nell’ultima sala sono esposti quadri di tre
artisti di quell’Antinovecento che
ebbe il suo perno nel movimento milanese di Corrente:
Renato Birolli, Aligi Sassu e Renato Guttuso che idealmente chiudono la prima
parte del secolo e aprono ai grandi mutamenti del dopoguerra.
Alla
fine della mostra, il visitatore avrà chiaro come il Novecento privato di cui
si parla è quello che va dalla prima metà del secolo, dove appaiono fermenti e
concetti innovativi di pittura moderna, e si chiude con l’inizio della seconda
guerra mondiale. Segnaliamo inoltre i tre incontri tematici: il 28 novembre Collezionismo
tra passione e investimento, il 5 dicembre il Novecento al Bo e il 15 dicembre
Cesare Laurenti e lo Storione.
La mostra è all’interno del progetto RAM: un programma di 36 mostre e 250
eventi, alla sua seconda edizione, il cui l’obbiettivo è quello di avvicinare
la collettività all’arte contemporanea e creare sinergie tra le varie
associazioni presenti nel territorio.
Il
catalogo
La mostra è accompagnata da uno splendido
catalogo, edito da Trart. Curato da
Virginia Baradel, con contributi di Nicoletta Colombo, Giovanna Dal Bon,
Giuseppe Ferraris, Paolo Franceschetti, Elena Pontiggia, Claudio Rebeschini e
Alberto Zampieri, è ricco di schede biografiche, schede delle opere e articoli
con i commenti di alcuni quotidiani dell’epoca sull’inaugurazione dello
Storione.
LA MOSTRA
Info
Tessera RAM:
Intero
€ 5 Ridotto; € 3 (gruppi da 10 a 30 componenti; ultra 65 anni; studenti
universitari fino a 26 anni; ragazzi dai 7 ai 17 anni; famiglie di almeno 3
componenti; Touring club; Arci; Fiaf; Unpli, Cral Ospedale, Cts; Uno Magazine;
Aci; Endas; Italia Nostra; Club Enel; Carta d’argento; Amici dei musei di
Padova; scolaresche; portatori di handicap, possessori di PadovaCard, carta
Giovani, carta Famiglia e Musei tutto l’anno, family card; gli eventuali
ulteriori accompagnatori della scolare- sca, oltre i due già concessi per ogni
scolaresca).
Biglietto
singole mostre RAM:
Intero € 4 Ridotto € 2
Biglietto
gratuito: bambini fino ai 6 anni; accompagnatori di portatori di handicap; un
accompagnatore per ogni gruppo; 2 accompagnatori per ogni scolaresca;
giornalisti con tesserino; guide con tesserino anche se non accompagnano un
gruppo.
INFO
Comune di Padova - Settore Attività Culturali
Servizio Mostre tel. 049 820 4529 – 4544
donolatol@comune.padova.it,
scarpaf@comune.padova.it http://padovacultura.padovanet.it
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