Nel secolo scorso l’entusiasmo
per le tecnologie avanzate si è manifestato inizialmente come una sorta di
ubriacatura investendo per intero l’èlite culturale del pianeta: anche nel
nostro paese sui giornali e nelle tavole rotonde non si parlava che delle
meraviglie della tecnica che in breve tempo avrebbero radicalmente trasformato
la vita sociale e promosso la diffusione della cultura grazie ai nuovi sistemi
di formazione e informazione on-line.
Leader in questo settore:
l’Università di Pretoria in Sud Africa. Era un’epoca in cui ancora si sognava
il futuro, nella consapevolezza di preparare il cammino alle nuove generazioni,
di gettare semi di cui altri avrebbero raccolto i frutti. Ma presto
all’entusiasmo è subentrato l’interesse economico e commerciale: perfino con la
crisi europea e planetaria in atto in Italia oggi si realizzano vendite record
di telefonini, I-Phone, I-Pad, Tablet e accessori vari in cui le persone,
soprattutto giovani, hanno a portata di mano e credono di poter fruire, in una
gara collettiva di velocità, l’intera vita: cultura, sentimenti, lavoro, sesso
e così via. E’ chiaro che, trattandosi di una vita ridotta a consumo
di tutto ciò che i media e la pubblicità ci inducono a considerare buono e
desiderabile, la conseguenza in chi si lascia condizionare dalla propaganda è
un pericoloso e riduttivo allontanamento dalla vita reale.
Ma non penso sia il caso di parlare, come alcuni fanno, di
“era post-tecnologica” o di insistere nel condannare i progressi della tecnica
per il cattivo uso che ne ha fatto e ne fa il mondo occidentale. Ci sono invece
molte cose buone e nuove che stanno nascendo dall’integrazione e fusione tra
tecnologia ed Arte-creatività.
Sul sito “NAVIGANDOLARTE” ho
trovato la descrizione di un progetto che ritengo davvero interessante; autori
l’architetto Franco Dossena per l’ideazione e progettazione del modello
multimediale e il dott. Adriano Freri per la configurazione dei percorsi
multimediali, i testi e la regia. Il progetto, la cui metodologia di attuazione
nasce da un’esperienza di ricerca quadriennale all’interno del PEACH (Personal Experience
with Active Culturel Heritage) dell’ITC-irst di Trento, promosso e diretto da
Oliviero Stock, realizza sul modello dello storico Castello del Buonconsiglio
di Trento la nuova modalità di fruizione di un prodotto artistico ideata da
Dossena-Freri.
Il Castello del Buonconsiglio è
il più grande e importante complesso monumentale della regione Trentino-Alto
Adige. Dal sec. XIII alla fine del XVIII residenza dei Principi-Vescovi di
Trento, è composto da una serie di edifici di epoca diversa e circondato da
mura. Tra i singolari di affreschi che lo decorano ricordiamo, nella Torre
Aquila, il ciclo dei Mesi, uno dei più interessanti tra quelli di tema profano
del tardo Medioevo. Il direttore del Castello, il dottor Franco Marzatico,
molto impegnato nella tutela e nella promozione del prezioso complesso architettonico
e delle opere in esso contenute, ha spinto verso la realizzazione del progetto
oltre il solo prototipo perché lo ha, con ragione, considerato un suggestivo
richiamo per il pubblico e uno strumento ideale per risvegliare nei giovani un
interesse più vivo per l’Arte e la ricerca storica.
In un mondo che si propone di
organizzare l’automazione in ogni settore dell’attività umana sostituendo la
macchina all’uomo appare almeno singolare la proposta di usare la
tecnologia come provocazione non solo
ad entrare in prima persona dentro il processo creativo, ma anche ad esservi coinvolti con
risposte così immediate da precedere le stesse domande. E’ quello che accade al
visitatore che entra nel circuito della comunicazione interattiva del sistema
di presentazione delle informazioni del castello di Trento: invece di essere
assalito da una voce che lo inonda di notizie, lasciandolo perplesso e talvolta
annoiato, è invitato a “de-costruire e
ricostruire man mano, per approfondimenti graduali, il Castello in ogni sua
parte e a comprenderne i cambiamenti durante le varie epoche.
Dunque la visita è una sorta di
viaggio sperimentale con il sapore del gioco (spiega Franco Dossena) perché
mentre si entra nei percorsi del Castello, il software interattivo induce a penetrare il mistero del suo passato.
Così chi visita il Castello viene gradualmente coinvolto ed è conseguenza
naturale che in lui si ravvivi sempre più l’interesse all’originale
composizione architettonica, a capirne la storia e a conoscere le opere degli
artisti che, nel corso dei secoli, hanno contribuito a configurarne lo stile e
la complessa struttura, anche in relazione alla vita dei personaggi che l’hanno
abitato e all’uso che ne hanno fatto. Questo metodo, che definirei “animazione
tecnologica interattiva”, sollecita l’immaginazione del visitatore: richiama in
lui, in un certo senso, l’atteggiamento avventuroso del bambino che vuole
scoprire cosa c’è dentro il giocattolo e lo esamina separando ogni parte e poi
tentando di ricomporla in un tutto che, da quel momento in poi, diventa anche
una “sua creazione”.
Apriamo qui una piccola parentesi
sulla fruizione dell’opera d’Arte: l’opera di un artista nasce, vive, cresce
nel tempo, ha un destino che si realizza nei vari momenti in cui viene compresa
e rivissuta da chi si avvicina a lei per comprenderne e fruirne il messaggio:
ogni persona prende e dà qualcosa di sé all’opera (e al suo autore) quando la
osserva e cerca di capirla. Così, il frutto del lavoro e della sensibilità di
un solo artista, nutrendosi della sensibilità e umanità di ogni suo fruitore e
critico, si avvia a diventare espressione di una società e di un’epoca.
Nel caso del sistema di
presentazione delle informazioni sul castello di Trento la tecnica aiuta e
rende possibile questa “crescita” dell’opera attraverso i visitatori del
Castello, facendoli avvicinare a più livelli del complesso architettonico e
pittorico fino a metterne a fuoco i particolari. E tutto ciò avviene in modo
non soltanto semplice e comprensibile, ma anche piacevole e divertente.
Non senza ragione Franco Dossena,
a cui ho fatto una breve intervista on-line,
ha parlato di gioco: è un termine che
ricorre spesso nelle teorie più attuali sugli sviluppi delle attività creative
dell’uomo in quel futuro che anche oggi qualcuno ha di nuovo cominciato a
sognare, rinnovando in sé e negli altri la speranza in un mondo migliore.
Questa è la prospettiva in cui si muove il professore e scrittore Domenico De
Masi che propone la suggestiva icona dell’“Ozio creativo”, cioè lavoro-come-gioco
e viceversa, ove il lavoro è inteso come attività superiore dell’uomo in una
società in cui la tecnologia svolge le azioni faticose e meccaniche e l’uomo
quelle creative e ideative: queste ultime sono e possono essere, “gioco”, se
chi le compie non si limita ad utilizzare le proprie conoscenze, ma ricorre
all’intuito, all’immaginazione e capacità d’inventare il nuovo, ottimizzando e
innovando così il proprio lavoro con il risultato di renderlo anche piacevole
e, perché no ? ... divertente.
Fare Arte e farla conoscere è un
modo non soltanto per dare un senso alla vita, ma anche per viverla e farla
vivere ad altri con quella gioia che è rara e incomprensibile per i non
appassionati agli eventi creativi: perché, come l’amore, «Intenderla non può chi
non la prova».
Perché esista
un futuro a misura d’uomo in Italia e nel mondo è necessario rifondare e
diffondere il valore della cultura, che oggi, salvo importanti e rare
eccezioni, sonnecchia o è custodita a futura
memoria nelle biblioteche o nelle banche dati: la tecnologia, applicata
alla realizzazione di sistemi come quello del castello del Buonconsiglio
potrebbe incentivare l’interesse e la conoscenza dell’Arte portando qualunque
opera dell’ingegno umano sul web (so che presto il Castello del Buonconsiglio
ci raggiungerà on-line !): così forse
a scuola gli studenti potrebbero apprezzare lo studio approfondito di monumenti
o creazioni artistiche di paesi o musei che non possono materialmente visitare,
per non parlare degli anziani o delle persone che non hanno possibilità di
viaggiare. Qualunque epoca o realtà artistica, le città e i luoghi più lontani,
grazie ai prodigi della tecnologia, potrebbero essere conosciuti “intimamente”
e visti in una forma ravvicinata a tal punto da essere trasformati da virtuali
in reali. Per arrivare a questo non basta investire denaro pubblico e privato,
ma è necessaria anche e soprattutto una sana volontà politica: che i governanti
diano alla cultura posizioni di primissimo piano in una graduatoria di valori
non dominata soltanto da interessi economici e finanziari. E che il denaro sia
finalmente un mezzo, non il fine in qualunque settore dell’attività umana. So
di muovermi nell’utopia, ma da sempre l’utopia è stata, se non altro, il
lievito della Storia.
Già oggi questa tecnologia è a
disposizione dei visitatori al Castello del Buonconsiglio: aspettiamo i
commenti del pubblico per una ripresa del nostro discorso sull’interazione
creativa tra Arte Tecnologia ... e Vita.
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