Nel
quadro degli indirizzi di ricerca e dei relativi progetti editoriali condotti
dalla “Bibliotheca Hertziana - Istituto Max Planck per la Storia dell’Arte” ha
visto la luce la pubblicazione di Cecilia Mazzetti di Pietralata volta a
raccogliere in un catalogo ragionato l’opera grafica del cosmopolita pittore,
editore e scrittore d’arte tedesco Joachim von Sandrart (Francoforte 1606 –
Norimberga 1688), figura di fondamentale importanza per la conoscenza dell’arte
italiana nell’Europa centrale del secondo Seicento. Il ruolo determinante di
Sandrart si deve alla pubblicazione, in due parti, della Teutsche Academie der edlen Bau-, Bild- und Mahlerey-Künste
(Norimberga 1675-1679), un manuale storico-artistico corredato da splendide
illustrazioni e comprendente preziose indicazioni di carattere teorico e
pratico, una fonte di indubbio valore per gli studi sul Seicento romano e, in
senso più ampio, sulla realtà artistica europea del XVII secolo in quanto
arricchito da una sezione dedicata alle vite degli artisti tedeschi, fiamminghi
e francesi oltreché italiani.
Il
volume di Cecilia Mazzetti di Pietralata si impernia sull’analisi del corpus dei disegni di Sandrart nella sua
interezza contribuendo ad arricchire le conoscenze sull’argomento fino ad ora
sostanzialmente legate agli studi, ormai datati seppur fondamentali, di Paul
Kutter (1907) e Rudolf Arthur Peltzer (1925), cui si è aggiunto in tempi
recenti un importante studio di Sybille Ebert-Schifferer (2001) nel quale
l’analisi viene incentrata su alcuni disegni dall’antico del pittore tedesco
conservati presso il Kupferstichkabinett di Dresda. A quest’ultimo contributo
ha poi fatto seguito una ricerca sullo stesso fondo condotta da Giulia Fusconi
(2001) nell’ambito di un’attenta indagine sulla Galleria Giustiniana, la celebre raccolta di incisioni tratte dalle
sculture presenti nella collezione di antichità del marchese Vincenzo
Giustiniani.
Diverse
sono state le pubblicazioni, succedutesi nel corso degli anni, che Cecilia
Mazzetti di Pietralata ha dedicato allo studio delle vicende artistiche legate
al pittore di Francoforte, dagli articoli su riviste ai saggi in atti di
convegno, giungendo così ad una conoscenza profonda e specialistica di quelle
che sono le caratteristiche proprie della sua maniera espressiva. È solitamente
impresa assai complessa da portare a termine riuscire a definire con certezza
quali siano i confini entro i quali si possa affermare che un’opera sia
riferibile o meno alla mano di un artista, impresa che acquista un ulteriore
grado di difficoltà nel caso in cui l’artista in questione abbia svolto la
propria attività nell’arco di un lungo periodo di tempo, proprio come avvenuto
nel caso di Sandrart, la cui attività di disegnatore copre una finestra
temporale di ben 65 anni, dal 1623 al 1688.
Lo
studioso si trova quindi di fronte alla necessità di discernere quali siano gli
elementi che consentano di riconoscere nei segni grafici lasciati sul foglio
gli indizi di una paternità scevra da equivoci interpretativi o attributivi,
un’operazione che, ad evidenza, deve anche tenere conto di una maturazione, di
uno sviluppo stilistico che nelle opere conservate riflette inevitabilmente la
messe delle esperienze non soltanto artistiche ma, in senso più ampio,
culturali ed esistenziali che hanno contribuito a definire la cifra espressiva
di un artista.
Esattamente
questo è il merito da riconoscere allo studio di Cecilia Mazzetti di Pietralata
che, nel suo volume, affronta la disamina dei disegni di Sandrart prendendo le
mosse dalla prima notizia disponibile sull’attività grafica del tedesco, datata
1621, avviandosi poi a ripercorrere la lunga strada che conduce, attraverso
significative tappe, sebbene quasi senza ripensamenti da parte dell’artista,
come l’autrice stessa afferma, fino all’ultimo disegno firmato dal pittore
nell’anno della sua morte.
Dopo
aver dedicato le pagine di apertura alle vicende biografiche di Sandrart
l’autrice procede mettendo a fuoco l’importanza del disegno in relazione
all’ambizioso progetto editoriale della Teutsche
Academie nel quale emerge la predilezione del maestro per la pittura e
quindi, sulla scia del Vasari, il riconoscimento del disegno quale prima fase
dell’atto creativo di un’opera pittorica, vera e propria idea o concetto che si
forma nella mente dell’artefice, ma anche e soprattutto strumento
insostituibile di formazione e apprendimento in grado di testimoniare circa
l’eccellenza dell’artista e la sua capacità di giudizio.
In
questa pubblicazione viene dedicata un’attenzione particolare non soltanto al
ruolo di Joachim von Sandrart come disegnatore, ma anche alla sua importanza
come collezionista di disegni, raccolti ad uso personale e dei suoi allievi e
allo stesso tempo ritenuti beni di valore da conservare e scambiare. La grande
quantità di fogli riuniti in libri dall’artista diviene così strumento di
conoscenza utile a comprendere gli orientamenti del suo gusto grazie all’ordine
di catalogazione in essi impiegato. Cecilia Mazzetti di Pietralata segnala
inoltre su un foglio conservato a Berlino (Staatliche Museen, Kupferstichkabinett,
inv. KdZ 8310) un’iscrizione finora sfuggita alla critica ed apposta dalla
moglie di Sandrart, dopo la morte di questi, al di sotto della firma posticcia
dell’artista con il fine di autenticare un disegno non autografo che in tal
modo sarebbe risultato maggiormente appetibile sul piano commerciale, una
manovra illecita che porta la studiosa ad avanzare l’ipotesi secondo cui la
vedova avrebbe potuto agire in più occasioni secondo il medesimo copione.
L’esposizione
dell’autrice prosegue rispettando un criterio cronologico che, a partire dagli
anni della formazione artistica di Sandrart, prende in esame i disegni da
questi eseguiti durante il soggiorno in Italia (1629-1635) cui fece seguito,
secondo quanto già ipotizzato dalla stessa Mazzetti di Pietralata (2005), un
altro viaggio nella primavera-estate del 1651. In questi disegni i
soggetti rispecchiano gli stadî successivi di una corretta formazione artistica
raggiungibile attraverso l’esercizio di copia dalle incisioni e dalla statuaria
antica (le prime prove grafiche note di Sandrart sono in effetti copie da
incisioni dei grandi maestri) ma anche con lo studio della pittura moderna e
del paesaggio ritratti dal vero. Interessante è poi il fatto che la studiosa in
questo capitolo abbia dedicato una sezione ad alcuni disegni relativi ad opere
d’arte presenti a Roma benché tratti da stampe e non dall’osservazione diretta
dell’opera originale. Tra le prove grafiche della maturità Cecilia Mazzetti di
Pietralata non tralascia di menzionare i fogli di Stammbücher ovvero i taccuini che, secondo un’usanza diffusa in
Olanda e in Germania già dal Cinquecento, gli studiosi portavano con sé durante
gli spostamenti da un luogo all’altro e sulle pagine dei quali erano soliti
raccogliere schizzi o versi autografi delle personalità eminenti incontrate,
costume questo che, prevedendo l’apposizione della data di esecuzione, dichiara
la notorietà di cui godeva Sandrart alla metà del Seicento.
Un
apposito capitolo viene dedicato alla produzione dei disegni destinati
dall’artista all’illustrazione della Teutsche
Academie e delle altre pubblicazioni in lingua tedesca da lui messe in
cantiere, opere a stampa nelle quali è possibile registrare il costante
utilizzo dei motivi tracciati sui fogli realizzati in Italia. L’esame
sistematico di questi disegni da tradurre in incisioni, è condotto dall’autrice
del volume ancora nel rispetto di un ordine cronologico che, nei casi in cui
non sia disponibile una precisa indicazione della data di esecuzione o risulti
difficile avanzare ipotesi in merito, viene sostituito dal riferimento alle
date certe di edizione degli stessi. La studiosa mette poi in evidenza come
l’impiego di tecniche diverse, quali disegno, pittura ed incisione e
l’esplorazione delle possibilità di interazione tra di esse, fosse funzionale
al conseguimento della fama da parte del prolifico artista tedesco, motivato da
una forte volontà autopromozionale, notando inoltre che il grande numero di
illustrazioni dall’antico realizzate da Sandrart ne consentirono, di fatto,
l’inserimento nell’alveo di una tradizione culturale che affondava le proprie
radici già nel XVI secolo.
Analizzando
i fondi delle collezioni europee registrati sotto il nome di Sandrart, Cecilia
Mazzetti di Pietralata ha potuto riconsiderare molte precedenti ed erronee
attribuzioni di fogli all’artista tedesco, espungendo così dall’insieme delle
prove grafiche certe molti disegni la cui paternità va frequentemente
riconosciuta ai suoi pronipoti Johann Jacob, Susanna Maria e Joachim von
Sandrart der Jüngere.
L’insieme
dei disegni raccolti nel catalogo si compone naturalmente di fogli dalle
provenienze diverse, conservati tanto nelle collezioni pubbliche europee
quanto, a volte, riemersi dal mercato antiquario ed il maggior pregio da
riconoscere al lavoro di Cecilia Mazzetti di Pietralata, nel dare forma ad un corpus quanto più possibile completo
dell’opera grafica di Sandrart, risiede nel fatto di aver concretamente
implementato il numero di disegni certamente attribuibili all’autore che, dagli
87 rintracciati da Paul Kutter nel 1907, con questo catalogo passano a più di
380, grazie alla revisione di molti fogli finora inediti.
Tutte
le schede critiche sono corredate dalla bibliografia sintetica di riferimento e
si succedono secondo una coerente differenziazione tra disegni di certa
attribuzione (393), disegni la cui autografia di Sandrart è proposta in via
dubitativa (28 fogli presentati in ordine tipologico) e disegni da ricusare (49
fogli presentati per collezione di appartenenza). Nella nutrita sezione dei
disegni certi, presentati in rigorosa sequenza cronologica, nei casi in cui non
sia stato possibile indicare una sicura data di esecuzione, l’autrice ha
raggruppato i fogli per temi e soggetti seguendo tuttavia la posizione di altri
fogli correttamente databili consentendo così al lettore di riuscire comunque
ad orientarsi lungo il percorso tracciato dalle testimonianze grafiche di
Sandrart. Utilissimi risultano essere inoltre i vari rimandi tra le schede, in
modo speciale tra quelle relative al medesimo soggetto onde poter comprendere
le rielaborazioni o gli sviluppi di uno stesso tema nel corso del tempo.
La
parte finale del catalogo si compone di una sezione dedicata ad alcune copie
tratte da disegni di Sandrart che sono state talvolta considerate di mano del
maestro e delle sezioni relative ai disegni da attribuire ai pronipoti: ben 53 a Johann Jacob, 7 a Susanna Maria e 11 a Joachim von Sandrart der
Jüngere. L’ampio e pressoché esaustivo corredo iconografico alle schede
conferisce un valore aggiunto a questa pubblicazione che in chiusura offre al
lettore anche quei preziosi strumenti di orientamento e guida alla
consultazione che sono gli indici dei nomi, dei soggetti e dei luoghi,
strumenti necessari alla piena fruibilità di un lavoro complesso come questo
che a buon diritto ha ricevuto il Premio Capalbio per la Storia dell’Arte 2011.
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