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Cecilia Mazzetti di Pietralata, Joachim von Sandrart (1606-1688). I disegni: una recensione  
Alessio Calabresi
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 19 Novembre 2012, n. 665
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Nel quadro degli indirizzi di ricerca e dei relativi progetti editoriali condotti dalla “Bibliotheca Hertziana - Istituto Max Planck per la Storia dell’Arte” ha visto la luce la pubblicazione di Cecilia Mazzetti di Pietralata volta a raccogliere in un catalogo ragionato l’opera grafica del cosmopolita pittore, editore e scrittore d’arte tedesco Joachim von Sandrart (Francoforte 1606 – Norimberga 1688), figura di fondamentale importanza per la conoscenza dell’arte italiana nell’Europa centrale del secondo Seicento. Il ruolo determinante di Sandrart si deve alla pubblicazione, in due parti, della Teutsche Academie der edlen Bau-, Bild- und Mahlerey-Künste (Norimberga 1675-1679), un manuale storico-artistico corredato da splendide illustrazioni e comprendente preziose indicazioni di carattere teorico e pratico, una fonte di indubbio valore per gli studi sul Seicento romano e, in senso più ampio, sulla realtà artistica europea del XVII secolo in quanto arricchito da una sezione dedicata alle vite degli artisti tedeschi, fiamminghi e francesi oltreché italiani.

Il volume di Cecilia Mazzetti di Pietralata si impernia sull’analisi del corpus dei disegni di Sandrart nella sua interezza contribuendo ad arricchire le conoscenze sull’argomento fino ad ora sostanzialmente legate agli studi, ormai datati seppur fondamentali, di Paul Kutter (1907) e Rudolf Arthur Peltzer (1925), cui si è aggiunto in tempi recenti un importante studio di Sybille Ebert-Schifferer (2001) nel quale l’analisi viene incentrata su alcuni disegni dall’antico del pittore tedesco conservati presso il Kupferstichkabinett di Dresda. A quest’ultimo contributo ha poi fatto seguito una ricerca sullo stesso fondo condotta da Giulia Fusconi (2001) nell’ambito di un’attenta indagine sulla Galleria Giustiniana, la celebre raccolta di incisioni tratte dalle sculture presenti nella collezione di antichità del marchese Vincenzo Giustiniani.

Diverse sono state le pubblicazioni, succedutesi nel corso degli anni, che Cecilia Mazzetti di Pietralata ha dedicato allo studio delle vicende artistiche legate al pittore di Francoforte, dagli articoli su riviste ai saggi in atti di convegno, giungendo così ad una conoscenza profonda e specialistica di quelle che sono le caratteristiche proprie della sua maniera espressiva. È solitamente impresa assai complessa da portare a termine riuscire a definire con certezza quali siano i confini entro i quali si possa affermare che un’opera sia riferibile o meno alla mano di un artista, impresa che acquista un ulteriore grado di difficoltà nel caso in cui l’artista in questione abbia svolto la propria attività nell’arco di un lungo periodo di tempo, proprio come avvenuto nel caso di Sandrart, la cui attività di disegnatore copre una finestra temporale di ben 65 anni, dal 1623 al 1688.

Lo studioso si trova quindi di fronte alla necessità di discernere quali siano gli elementi che consentano di riconoscere nei segni grafici lasciati sul foglio gli indizi di una paternità scevra da equivoci interpretativi o attributivi, un’operazione che, ad evidenza, deve anche tenere conto di una maturazione, di uno sviluppo stilistico che nelle opere conservate riflette inevitabilmente la messe delle esperienze non soltanto artistiche ma, in senso più ampio, culturali ed esistenziali che hanno contribuito a definire la cifra espressiva di un artista.

Esattamente questo è il merito da riconoscere allo studio di Cecilia Mazzetti di Pietralata che, nel suo volume, affronta la disamina dei disegni di Sandrart prendendo le mosse dalla prima notizia disponibile sull’attività grafica del tedesco, datata 1621, avviandosi poi a ripercorrere la lunga strada che conduce, attraverso significative tappe, sebbene quasi senza ripensamenti da parte dell’artista, come l’autrice stessa afferma, fino all’ultimo disegno firmato dal pittore nell’anno della sua morte.

Dopo aver dedicato le pagine di apertura alle vicende biografiche di Sandrart l’autrice procede mettendo a fuoco l’importanza del disegno in relazione all’ambizioso progetto editoriale della Teutsche Academie nel quale emerge la predilezione del maestro per la pittura e quindi, sulla scia del Vasari, il riconoscimento del disegno quale prima fase dell’atto creativo di un’opera pittorica, vera e propria idea o concetto che si forma nella mente dell’artefice, ma anche e soprattutto strumento insostituibile di formazione e apprendimento in grado di testimoniare circa l’eccellenza dell’artista e la sua capacità di giudizio.

In questa pubblicazione viene dedicata un’attenzione particolare non soltanto al ruolo di Joachim von Sandrart come disegnatore, ma anche alla sua importanza come collezionista di disegni, raccolti ad uso personale e dei suoi allievi e allo stesso tempo ritenuti beni di valore da conservare e scambiare. La grande quantità di fogli riuniti in libri dall’artista diviene così strumento di conoscenza utile a comprendere gli orientamenti del suo gusto grazie all’ordine di catalogazione in essi impiegato. Cecilia Mazzetti di Pietralata segnala inoltre su un foglio conservato a Berlino (Staatliche Museen, Kupferstichkabinett, inv. KdZ 8310) un’iscrizione finora sfuggita alla critica ed apposta dalla moglie di Sandrart, dopo la morte di questi, al di sotto della firma posticcia dell’artista con il fine di autenticare un disegno non autografo che in tal modo sarebbe risultato maggiormente appetibile sul piano commerciale, una manovra illecita che porta la studiosa ad avanzare l’ipotesi secondo cui la vedova avrebbe potuto agire in più occasioni secondo il medesimo copione.

L’esposizione dell’autrice prosegue rispettando un criterio cronologico che, a partire dagli anni della formazione artistica di Sandrart, prende in esame i disegni da questi eseguiti durante il soggiorno in Italia (1629-1635) cui fece seguito, secondo quanto già ipotizzato dalla stessa Mazzetti di Pietralata (2005), un altro viaggio nella primavera-estate del 1651. In questi disegni i soggetti rispecchiano gli stadî successivi di una corretta formazione artistica raggiungibile attraverso l’esercizio di copia dalle incisioni e dalla statuaria antica (le prime prove grafiche note di Sandrart sono in effetti copie da incisioni dei grandi maestri) ma anche con lo studio della pittura moderna e del paesaggio ritratti dal vero. Interessante è poi il fatto che la studiosa in questo capitolo abbia dedicato una sezione ad alcuni disegni relativi ad opere d’arte presenti a Roma benché tratti da stampe e non dall’osservazione diretta dell’opera originale. Tra le prove grafiche della maturità Cecilia Mazzetti di Pietralata non tralascia di menzionare i fogli di Stammbücher ovvero i taccuini che, secondo un’usanza diffusa in Olanda e in Germania già dal Cinquecento, gli studiosi portavano con sé durante gli spostamenti da un luogo all’altro e sulle pagine dei quali erano soliti raccogliere schizzi o versi autografi delle personalità eminenti incontrate, costume questo che, prevedendo l’apposizione della data di esecuzione, dichiara la notorietà di cui godeva Sandrart alla metà del Seicento.

Un apposito capitolo viene dedicato alla produzione dei disegni destinati dall’artista all’illustrazione della Teutsche Academie e delle altre pubblicazioni in lingua tedesca da lui messe in cantiere, opere a stampa nelle quali è possibile registrare il costante utilizzo dei motivi tracciati sui fogli realizzati in Italia. L’esame sistematico di questi disegni da tradurre in incisioni, è condotto dall’autrice del volume ancora nel rispetto di un ordine cronologico che, nei casi in cui non sia disponibile una precisa indicazione della data di esecuzione o risulti difficile avanzare ipotesi in merito, viene sostituito dal riferimento alle date certe di edizione degli stessi. La studiosa mette poi in evidenza come l’impiego di tecniche diverse, quali disegno, pittura ed incisione e l’esplorazione delle possibilità di interazione tra di esse, fosse funzionale al conseguimento della fama da parte del prolifico artista tedesco, motivato da una forte volontà autopromozionale, notando inoltre che il grande numero di illustrazioni dall’antico realizzate da Sandrart ne consentirono, di fatto, l’inserimento nell’alveo di una tradizione culturale che affondava le proprie radici già nel XVI secolo.

Analizzando i fondi delle collezioni europee registrati sotto il nome di Sandrart, Cecilia Mazzetti di Pietralata ha potuto riconsiderare molte precedenti ed erronee attribuzioni di fogli all’artista tedesco, espungendo così dall’insieme delle prove grafiche certe molti disegni la cui paternità va frequentemente riconosciuta ai suoi pronipoti Johann Jacob, Susanna Maria e Joachim von Sandrart der Jüngere.

L’insieme dei disegni raccolti nel catalogo si compone naturalmente di fogli dalle provenienze diverse, conservati tanto nelle collezioni pubbliche europee quanto, a volte, riemersi dal mercato antiquario ed il maggior pregio da riconoscere al lavoro di Cecilia Mazzetti di Pietralata, nel dare forma ad un corpus quanto più possibile completo dell’opera grafica di Sandrart, risiede nel fatto di aver concretamente implementato il numero di disegni certamente attribuibili all’autore che, dagli 87 rintracciati da Paul Kutter nel 1907, con questo catalogo passano a più di 380, grazie alla revisione di molti fogli finora inediti.

Tutte le schede critiche sono corredate dalla bibliografia sintetica di riferimento e si succedono secondo una coerente differenziazione tra disegni di certa attribuzione (393), disegni la cui autografia di Sandrart è proposta in via dubitativa (28 fogli presentati in ordine tipologico) e disegni da ricusare (49 fogli presentati per collezione di appartenenza). Nella nutrita sezione dei disegni certi, presentati in rigorosa sequenza cronologica, nei casi in cui non sia stato possibile indicare una sicura data di esecuzione, l’autrice ha raggruppato i fogli per temi e soggetti seguendo tuttavia la posizione di altri fogli correttamente databili consentendo così al lettore di riuscire comunque ad orientarsi lungo il percorso tracciato dalle testimonianze grafiche di Sandrart. Utilissimi risultano essere inoltre i vari rimandi tra le schede, in modo speciale tra quelle relative al medesimo soggetto onde poter comprendere le rielaborazioni o gli sviluppi di uno stesso tema nel corso del tempo.

La parte finale del catalogo si compone di una sezione dedicata ad alcune copie tratte da disegni di Sandrart che sono state talvolta considerate di mano del maestro e delle sezioni relative ai disegni da attribuire ai pronipoti: ben 53 a Johann Jacob, 7 a Susanna Maria e 11 a Joachim von Sandrart der Jüngere. L’ampio e pressoché esaustivo corredo iconografico alle schede conferisce un valore aggiunto a questa pubblicazione che in chiusura offre al lettore anche quei preziosi strumenti di orientamento e guida alla consultazione che sono gli indici dei nomi, dei soggetti e dei luoghi, strumenti necessari alla piena fruibilità di un lavoro complesso come questo che a buon diritto ha ricevuto il Premio Capalbio per la Storia dell’Arte 2011.




Allegoria delle tre arti

Fig. 1
JOACHIM VON SANDRART, Allegoria delle tre arti,
sanguigna su carta marrone, 318 x 218 mm.,
Darmstadt, Hessisches Landesmuseum, inv. AE 288.




	

Foto cortesia Alessio Calabresi

Contributo valutato da due referees anonimi nel rispetto delle finalità scientifiche, informative, creative e culturali storico-artistiche della rivista

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