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“Frankenweenie”: la tessitura del sogno  
Eleonora Rovida
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 28 Settembre 2013, n. 689
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L'ultimo capolavoro di Tim Burton [1] , Frankenweenie [2] , è un film d'animazione [3] realizzato con la Disney dal regista [4] più eccentrico di Hollywood [5] .

La trama è semplice, ma personale: l'amicizia tra il giovane protagonista Victor e il suo cane Sparky non finisce con la morte di quest'ultimo poiché il bambino si armerà di tutta la sua ingegnosità per riportarlo in vita.

The family-friendly Disney release is based on Burton's short film and finds the critically acclaimed filmmaker bringing his tale of a boy who brings his beloved dog back to life to the screen” [6] . L'idea originale, infatti, era già contenuta nell'omonimo cortometraggio del 1984 [7] : “It is a project that always meant something to me (...)  Even though it’s revisiting something that I did a long time ago, it feels new and special” [8] .

Quasi trent'anni dopo i seguaci burtoniani possono vedere la rivisitazione dell'originale, sempre in bianco e nero, ma secondo la tecnica più congeniale al regista, lo stop motion [9] , che ha reso The Nightmare Before Christmas [10] e Corpse Bride [11] delizie eterne. “But, the opportunity to do it stop-motion in black and white, and expand on it with other kids and other monsters and other characters, it just seemed like the right medium for the project” [12] .

La grandezza burtoniana riesce ad essere innovativa senza però tralasciare la tradizione del suo personalissimo stile che combina sentimento e gotico [13] nella surrealtà quotidiana.

“Le gothique de Tim Burton est comme une archéologie de ses propres savoirs et de l'ensemble de son existence. Ainsi s'opère par le film l'éclatement des limites où sa poésie risquait d'être enfermée et prise dans la seule illustration d'un genre en vogue, c'est-à-dire pétrifiée” [14] .

La vita e la morte convivono in tutti i suoi film, ma è in Frankenweenie [15] che il regista realizza la fusione più riuscita. Victor veste i panni dell'artista stesso- deus ex machina della creazione che, impersonando il noto dottor Frankenstein, darà vita alla sua creatura con un moto di affezione. When you’re young, it’s the first pure relationship that you have.  If you’re lucky enough to have a pet that you love, it connects right to your heart.  I was lucky enough to have a special pet that I had that kind of relationship with.  The whole Frankenstein element is wish fulfillment, in that way.  I always found movies like Frankenstein quite emotional, so it seemed like a fairly natural connection to combine the two” [16] .

La soffitta di Victor- nuovo dottor Frankenstein è un laboratorio fatto di macchine, congegni, invenzioni, soluzioni e provette per gli esperimenti, quasi il regno di un alchimista [17] . Lo spazio creativo e produttivo riprende chiaramente La Fabbrica di Cioccolato, ma soprattutto il castello di Edward mani di forbice [18] .

L'idea del plasmare è proprio alla base della rivisitazione del corto: nella trasposizione, infatti, anche i bambini del quartiere vogliono dar vita ai propri animali defunti con la stessa tecnica usata dal protagonista. La differenza sta nella componente affettiva alla base dell'atto creativo: come spiega l'insegnante di scienze a Victor, il suo esperimento è andato a buon fine perché ha amato quella creatura. La città, dopo gli esperimenti dei bambini, viene invece invasa da mostri nati dal capriccio dei ragazzi.

La creazione con mano è una caratteristica che rispecchia la tecnica dello stop motion [19] . “It’s a technique that still basically is an animator moving a puppet at 24 fps.  That’s why we all love it.  As much as you can do anything with technology, there is just something about going back to the simplicity of that and the excitement of seeing somebody move it, and then you see it come to life.  It’s just very magical.  It’s a form that we keep coming back to because of that reason” [20] .

Burton, concepisce la scena realizzandola personalmente: il regista è celebre per l'uso dello stop motion come puppet [21] animation, ovvero utilizzando dei pupazzi da muovere e immortalare in sequenze che verranno poi montate per realizzare il film.

Lo stop motion, o “passo uno”, rappresenta la “costruzione” della pellicola: infatti è una tecnica denominata anche frame by frame [22] , espressione che tradisce la frammentazione del mosaico di immagini, ma anche e soprattutto l'attenzione per il dettaglio, l'inquadratura e il frammento. “Film offered new possibility of fantasy and illusion, abrupt changes in time, sequence, and event, and illogical juxtapositions” [23] .

Ė un ritorno alla tradizione [24] , essenza stessa del cinema: “What we love about it is that the technology may have improved, but it’s still the same.  It goes back to the beginning of cinema” [25] .

La passione per l'oggetto denota il bisogno tangibile di Burton di creare qualcosa che sia la trasposizione reale del sogno di un bambino [26] : il gioco.

“Any stop-motion film is intricate.  We have a slightly smaller crew on this than we usually do.  We wanted to show the stop-motion.  When we did Corpse Bride, the puppets were so good that a lot of people thought it was computer animation.  So, we just went back and did it a little bit low-tech so that you really feel the stop-motion animation.  When you see the details and everything, it’s beautiful.  It’s its own art form.  And it was a real pleasure to do this in black and white.  That was part of the reason of wanting to do it.  The black and white draws out textures more.  It makes it feel a bit more emotional, and it makes you feel like you’re there.  It does a strange thing that’s hard to put into words, but it definitely affects the way you watch it” [27] .

Victor è a sua volta regista di cortometraggi, il cui protagonista è proprio Sparky: il ragazzo riprende le scene che costruisce ex novo preparando teatrini in miniatura per le ambientazioni. Sparky diventa così il “mostro”- giocatore- attore dello scenario correndo nel piccolo mondo progettato dal suo padroncino.

I film realizzati dal ragazzo vengono proiettati a casa, un cinema per tutta la famiglia [28] , ed è proprio la sua famiglia a fare da pubblico indossando speciali occhialini 3D proprio come gli spettatori veri che seguono la visione cinematografica. Una finzione nella finzione rende il racconto straniante e ingannevole, ma sorprendentemente tangibile.

The idea of seeing black and white in 3D was something I really was interested in. There’s a lot of talk about  3D being too dark and too muddy.  This was an opportunity to do it with black and white, and try to keep it crisp and keep the shadows dark.  When I watch it, I love it because you see things in a different way.  The idea of stop-motion, black and white 3D seemed like a really good, exciting combination for us” [29] .

Sparky, nei cortometraggi, rappresenta la creatura mostruosa. Allo stesso modo, nel film, viene riesumato e cucito come nella tradizione delle storie di Frankenstein. Quei punti cuciti sono la tessitura dell'arte burtoniana che assembla i pupazzi, i frammenti, le inquadrature. Il montaggio, che è alla base del film, rappresenta il collage [30] di elementi diversi, l'assemblage [31] delle sensazioni dell'artista, trasposizione ideale del sogno [32] . Così, il progetto di Burton, un'idea degli anni Ottanta,  viene vivificata attraverso la tecnologia e l'esperienza del regista plasmando quella stessa idea secondo un mix di espedienti che rappresentano la creazione artistica stessa ponendo sullo stesso piano l'oggetto e il fotogramma in una concezione matura dell'arte che non perde, però, quell'anima ispirata all'infanzia che lo contraddistingue.

“Cinema is fascinated by itself as a lost object as much as it (and we) are fascinated by the real as a lost referent” [33] .

 




Bibliografia

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P. A. Woods, A child's garden of nightmares, London, 2007.




 


NOTE

[1]     A. De Baecque, Tim Burton, Torino 2007.

[3]     Frankenweenie, IMDb, http://www.imdb.com/title/tt1142977/

[4]     M. Salisbury, Il cinema secondo Tim Burton, Parma 1995.

[5]     A. McMahon, The films of Tim Burton. Animating Live Action in contemporary Hollywood, New York 2005, p. 80.

[6]     R. Murray, Tim Burton Talks About 'Frankenweenie', 2012, http://movies.about.com/od/frankenweenie/a/tim-burton-interview.htm

[7]     P. A. Woods, A child's garden of nightmares, London 2007, p. 21.

[8]     Tim Burton Talks About 'Frankenweenie' ,  http://movies.about.com/od/frankenweenie/a/tim-burton-interview.htm

[9]     B. Purves, Basics Animation 04: Stop Motion, Losanna 2010.

[10]   F. Thompson, Tim Burton's Nightmare Before Christmas. The film, the art, the vision, New York 2002.

[11]   T. Shaner, La sposa Cadavere, Torino 2006.

[13]   E. Page, Gothic fantasy. The films of Tim Burton, London 2007.

[14]   A. De Baecque, L'histoire caméra, Parigi 2008, p. 421.

[15]   M. Spanu, Tim Burton, Milano 1998, p. 25.

[16]   Tim Burton Talks About 'Frankenweenie',  http://movies.about.com/od/frankenweenie/a/tim-burton-interview.htm

[17]   M. Salisbury, Burton on Burton, London 1995.

[18]   De Baecque, 2008, p. 411.

[19]   P. A. Woods, A child's garden of nightmares, London 2007, pp. 85-86.

[20]   Tim Burton Talks About 'Frankenweenie',  http://movies.about.com/od/frankenweenie/a/tim-burton-interview.htm

[21]   A. McMahon, The films of Tim Burton. Animating Live Action in contemporary Hollywood, New York 2005.

[22]   K. A. Priebe, The art of stop motion animation, Boston 2007.

[23]   P. A. Sitney, The  cinematic gaze of Joseph Cornell, in K. McShine (a cura di), “Joseph Cornell”, The Museum of Modern Art, New York, Prestel 1980 (1996),  p. 65.

[24]   R. Harryhousen, T. Dalton, A century of stop motion animation: from Mélies to Aardman, New York 2008, p. 36

[25]   Tim Burton Talks About 'Frankenweenie',  http://movies.about.com/od/frankenweenie/a/tim-burton-interview.htm

  [26]   M. Viteritti, La fabbrica dei sogni: l'immaginario infantile nel cinema di Tim Burton, Cantalupa (Torino), 2006.

[27]   Tim Burton Talks About 'Frankenweenie',  http://movies.about.com/od/frankenweenie/a/tim-burton-interview.htm

[28]   M. Salisbury, Il cinema secondo Tim Burton, Parma, 1995, p. 25.
[29]   Tim Burton Talks About 'Frankenweenie',  http://movies.about.com/od/frankenweenie/a/tim-burton-interview.htm

[30]   D. Waldman, Collage, Assemblage and Found Object, London, 1992.  

[31]   Ibidem.

[32]   R. Arnheim, Film come arte, Milano, 1960.

[33]   J. Baudrillard, The Evil Demon of images: The 1984 Maria Kuttna Lecture on Film, (Translated by Paul Patton and Paul Foss) Sidney, 1987 p. 47.






 

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