“Ciò che costituisce il valore di una
rappresentazione non è la totalità dell’oggetto o della realtà, ma la totalità
dell’esperienza che si fa di un frammento o di un istante del reale…”
Viktor Lowenfeld
L’arte è intorno a noi, l’arte vive in mezzo a noi.
L’arte segna il passaggio di un popolo, il verificarsi di un evento, basta
voltare lo sguardo e in un attimo ci ritroviamo immersi nelle grandi epoche che
hanno fatto brillare intere città. L’arte apre gli occhi e la mente, ci rende
capaci di apprezzare anche le cose più semplici.
È il linguaggio di artisti che trasmettono le proprie
emozioni, i propri sentimenti, che non sempre le parole riescono a spiegare. È
il loro modo di comunicare al mondo che ci sono, esistono, sono reali.
Colori, forme, suoni sono il linguaggio di chi non può
parlare, di chi non può sentire e anche di chi non può vedere.
Già, gli occhi sono fondamentali affinché la relazione
tra artista e spettatore abbia inizio. Eppure come può un cieco ammirare la
perfezione e l’eleganza di una statua? Come può affascinarsi, osservando
l’equilibrio, la simmetria, la forza dinamica e cromatica dei dipinti che hanno
caratterizzato secoli di storia?
Scopo della mia indagine è quella di dimostrare che
non sono necessari gli occhi per cogliere la bellezza della Venere di
Botticelli o per apprezzare la maestosità e l’amore filiale profuso dalla Pietà
di Michelangelo. Tiflologi, storici dell’arte, archeologi e ingegneri hanno
studiato a lungo per creare gli strumenti adatti al superamento di queste barriere.
L’incontro tra arte e disabilità nasce nel momento in
cui ho sperimentato da vicino questo mondo che sembra così lontano e fa anche
un po’ paura ma che si è rivelato, invece, un mondo affascinante e sempre ricco
di sorprese. La diversità ha bisogno di parità e di sentirsi parte della
società.
L’arte può essere quel mezzo con il quale la diversità
può trovare espressione affinché questa possa essere non un ostacolo ma fonte
di arricchimento per la società.
Quando Aldo Grassini
dice: “Avete mai visto un cieco guardare
un’opera d’arte?” vuole provocare gli animi dei più scettici, di quelli che
si chiedono: “Come può un cieco guardare
un’opera d’arte?”
È la stessa domanda che inizialmente mi sono posta
anche io perché mai, nelle esperienze di disabilità, mi sono confrontata con un
cieco, perciò non mi sono neanche mai posta il problema. È stato sorprendente
scoprire che non solo un cieco può “guardare” un’opera d’arte, può anche
capirne il significato e percepirne la bellezza o perfino realizzarne una.
In genere l’atteggiamento che noi “normali” assumiamo
di fronte a chi presenta limitazioni fisiche o psichiche è quello di pensare che la limitazione riduca
quantitativamente le possibilità di uno sviluppo normale privando il disabile
di tutto ciò che viene considerato fuori dalla sua portata.
In presenza di deficit le
limitazioni sono di tipo qualitativo e non quantitativo, perciò cambia il modo
di percezione e di apprendimento ma non il tipo di esperienza. Nello stesso
tempo, infatti, in cui il nostro fisico e la nostra mente ci mettono in
condizioni “limitanti” entrano in gioco delle vie secondarie che permettono al
nostro corpo di compensare ciò che manca.
Così per un cieco sono
fondamentali le esperienze sinestetiche soprattutto quelle che arrivano dal
tatto. Le mani compensano gli occhi e consentono di percepire la realtà che ci
circonda. Così anche per le opere d’arte. Attraverso le mani, un cieco può
percepire la forma di una scultura, la morbidezza, la levigatura della
superfice. È necessario che l’opera sia toccata per poterne fruire nel miglior
modo e questo non è possibile. Ma il problema principale si presenta di fronte
ad un dipinto poiché sarebbe inutile toccare la superficie di una tela. Per
ovviare a queste difficoltà tecniche, negli anni sono stati creati gli
strumenti compensativi, ovvero sistemi tattili che consentono ad un cieco di
vedere con le mani.
Percepire l’opera richiede
tempo. Non si può pensare che un cieco abbia il “colpo di tatto”, come il
colpo d’occhio per il vedente. La formazione dell’immagine attraverso il tatto
è più difficile e richiede uno sforzo intellettivo superiore, soprattutto
perché un cieco può non avere mai avuto esperienza di quell’immagine e quindi
farsi solo un’idea astratta. Il tatto richiede una serie di passaggi
essenziali. La prima esplorazione deve essere rapida e sommaria in modo da
creare uno schema complessivo e generale dell’oggetto. La seconda esplorazione
è quella fine, tesa all’analisi dettagliata di una ristretta porzione
dell’oggetto da ricollocare nell’immagine d’insieme. Un’esplorazione tattile
efficace richiede dunque una buona capacità di astrazione e memoria, elementi
senza i quali l’esplorazione non sarebbe possibile. La percezione tattile,
perciò, non possiede l’immediatezza della percezione visiva è, invece,
“mediata” e si realizza nel tempo.
L’analisi tattile se
ben educata può ottenere dei vantaggi notevoli. Anche se alcune
caratteristiche, come il colore, non possano essere percepite, il tatto
consente di discriminare dettagli molto più elaborati rispetto alla vista.
La percezione dell’immagine appartiene ad un’immagine più complessa, globale,
legata all’esperienza vissuta, fatta di percezioni concrete e di concetti
astratti che rimandano a ricordi, nozioni, riferimenti a fatti e persone
realmente conosciute. Per un cieco quest’immagine globale è il frutto di altre
sensazioni che derivano da esperienze tattili, uditive, olfattive, gustative ed
emotive. Infatti, l’esperienza estetica di un cieco è più simile a quella che
si può fare con la musica e con la poesia. Attraverso l’esplorazione tattile,
la forma, che viene percepita un pezzo alla volta, giace nella memoria ed è
proprio lì che viene contemplata proprio come accade con la poesia. La forma
tattile è più vicina ad un concetto che ad una percezione ed è proprio questo
proporsi continuo dei concetti la base dell’esperienza estetica.
L’esperienza estetica
può consistere nel piacere che si genera da una cosa bella e si caratterizza da
due componenti fondamentali: il piacere della sensazione, legato a un colore,
ad un suono, ad un’impressione tattile etc.; l’immagine prodotta dai sensi è la
parte estetica e più propriamente concettuale, rappresenta il frutto
dell’attività intellettuale. Si lega alle nostre esperienze suscitando emozioni
e sentimenti che possono richiamare esperienze pregresse. Dunque è proprio la
fusione di queste percezioni e concetti che genera l’esperienza estetica.
Perciò, il movimento
della mano e dei polpastrelli che sfiorano la superficie degli oggetti fa
dell’esplorazione tattile una percezione dinamica. La percezione dinamica è
alla base dell’esperienza estetica. Infatti, Rudolf Arnheim dice:
"La percezione
dinamica, vogliamo ricordare, è l’autentica base dell’esperienza estetica. La
configurazione e lo spazio vanno considerati come il prodotto dell’azione
reciproca di forze attive, se devono farsi supporto dell’espressione. E
l’espressione è il linguaggio dell’arte. Ciò significa che la modalità
sensoriale attraverso la quale i ciechi si accostano agli oggetti del nostro
mondo li predispone a quel particolare tipo di cognizione che diciamo
artistico."
Strumenti
cognitivi per la percezione delle opere scultoree, pittoriche e architettoniche
“…ha
moltissime dolcezze, le quali il viso non le comprende, né con forte luce, né
con temperata, solo la mano a toccarla le trova”.
Lorenzo
Ghiberti
Nel tempo si sono creati gli strumenti idonei per
raggiungere il piacere dell’esperienza estetica nei diversi campi dell’arte
visiva: scultura, pittura, architettura. Dai più “classici” ai più moderni e
sofisticati, esistono molti ausili in grado di trasferire le immagini dalle
mani alla mente.
L’accessibilità della cultura è materia dibattuta da
anni e se molto si è fatto per rendere accessibili musei e contesti culturali a
chi non può muoversi in modo autonomo, poco è stato fatto per rendere
accessibile la cultura ai ciechi.
Molti musei dispongono
di audioguide, o guide, che si limitano, però, a dare informazioni non sempre
idonee al raggiungimento dell’esperienza estetica (un conto è descrivere la
superficie liscia di un marmo ed un conto è poterlo appurare con mano). Per
ovviare a questa limitazione alcuni musei si sono attrezzati e prevedono delle
copie dall’originale rispettandone le dimensioni autentiche così da permettere
ad un cieco di percepire la stessa immagine di un normodotato. Alcuni
addirittura mettono a disposizione i pezzi originali, specialmente se si tratta
di utensili. Ma sono sempre pochi i musei in Italia che dispongono di questi
servizi in rapporto al numero totale dei musei. Certo quasi tutti ormai sono
attrezzati con didascalie in Braille ma non è sufficiente.
Se l'esplorazione
tattile può essere valida per copie e originali di certo non può esserlo per le
opere architettoniche. È impensabile, oltre che impossibile, toccare l'intera
superficie di una chiesa. Solo musei adeguatamente strutturati presentano nelle
loro collezioni modellini architettonici tattili, riproducenti in scala alcuni
degli edifici più famosi e importanti. Resta però un punto in sospeso poiché
ancora oggi, chiese, musei, palazzi non dispongono di modelli in scala.
La presenza così
esigua di modelli tattili e, soprattutto, un così limitato numero di musei
accessibili ai ciechi crea sicuramente grandi barriere culturali.
Disporre di una
collezione alternativa può presentare problemi sia di spazi, originale e copia
delle stesse dimensioni nello stesso spazio non consentirebbero di ospitare
altre opere, che di costi.
L’esplorazione aptica
(tattile), seppur lunga, è abbastanza efficace per produrre quel tipo di
esperienza estetica che consente ad un cieco di emozionarsi proprio come se
potesse vedere con gli occhi. Certo non sempre questo è possibile, poiché sono
ancora pochi i musei che dispongono di opere fruibili ai ciechi e ancor
meno i musei tattili.
Il problema maggiore
si presenta nel caso delle opere pittoriche.
La forza di un dipinto
sta nel colore e nel gioco di luci e ombre, oltre che nel soggetto
rappresentato. Tutti gli elementi nel loro insieme creano qualcosa di
spettacolare e di unico che difficilmente può essere riprodotto da altre mani.
Se per la scultura si
può ovviare al problema della fruibilità attraverso l’esplorazione tattile, lo
stesso metodo, ovviamente, non può essere valido anche per la pittura. Una
superficie bidimensionale non può essere esplorata, non si potrebbe percepire
nulla riguardo gli elementi presenti nel dipinto oltre al fatto che sarebbe
assolutamente proibito toccarne la superficie.
Il problema era a
monte. Si cercava un modo per consentire ai ciechi di accedere
all’apprendimento scolastico allo stesso modo degli alunni vedenti. Cosi
Istituti per ciechi hanno dato vita a Biblioteche per ciechi
con lo scopo di fornire materiale tiflologico e consentire l’apprendimento ai
minorati della vista.
In campo artistico,
Filippo Tommaso Marinetti fu il primo a pensare ad un’educazione al tatto,
poiché trovandosi al buio in una trincea fu costretto a toccare gli oggetti per
poterli riconoscere. Così la sua momentanea condizione di non vedente lo portò
a sperimentare le tavole tattili:
"Queste
tavole tattili hanno delle disposizioni di valori tattili che permettono alle
mani di vagare su di esse seguendo tracce colorate e realizzando così uno
svolgersi di sensazioni suggestive, il cui ritmo a volta a volta languido,
cadenzato o tumultuoso, è regolato da indicazioni precise.
Una
di queste tavole tattili astratte realizzate da me e che ha per titolo:
Sudan-Parigi, contiene nella parte Sudan dei valori tattili rozzi, untuosi,
ruvidi, pungenti, brucianti (stoffa spugnosa, spugna, carta vetrata, lana,
spazzola, spazzola di ferro); nella parte Mare, valori tattili sdrucciolevoli,
metallici, freschi (carta argentata); nella parte Parigi, valori tattili
morbidi, delicatissimi, carezzevoli, caldi e freddi ad un tempo (seta, velluto,
piume, piumini)."
Nello stesso modo in
cui il sistema Braille traduce testi attraverso segni in rilievo, così le
immagini bidimensionali possono essere riprodotte su tavole che ne mettano in
evidenza i contorni e i volumi creando, così, delle figure tridimensionali
facilmente percepibili da ciechi. Proprio come i bassorilievi classici o
rinascimentali, queste tavole presentano figure aggettanti su un sottosquadro
il cui fine ultimo è quello di trasmettere conoscenza restituendo
realisticamente i valori fisici ed estetici delle immagini.
L’utilizzo del
bassorilievo consente di mantenere i principi di gerarchizzazione dei soggetti
a scopo narrativo – funzionale. Può capitare, infatti, di trovarsi di fronte a
immagini composte da più piani o da più figure rendendo l'opera molto complessa
per una lettura sia visiva che tattile. Per concepire l'immagine nel suo
insieme il nostro cervello esegue in modo automatico una scomposizione dei
piani partendo dal primo piano per arrivare fino al fondo. Attraverso le
immagini tattili e in particolare con il metodo di scomposizione in piani
ottico - tattili il cieco potrà ricreare la stessa scomposizione che il vedente
attua normalmente di fronte a immagini articolate.
L’osservatore procede
ad una lettura selettiva e graduale attraverso linee guida privilegiate che
accompagnano le forme inserite progressivamente sullo sfondo del sottosquadro.
La tecnica dello schiacciamento dei volumi consente, inoltre, di percepire ogni
singola figura nell’insieme di cui fa parte nel tentativo di creare nello
spettatore l’illusione prospettica, l’unica in grado di spiegare l’interazione
dei soggetti in un piano spaziale. Tutto ciò è necessario affinché la
percezione aptica sia il più simile possibile alla percezione visiva, così da
attivare il processo visivo – cognitivo.
Nella realizzazione di
una tavola aptica è essenziale scegliere adeguatamente l’unità di misura della
profondità tra le figure aggettanti e il piano poiché, al di là dello stile
questo condiziona la natura del rilievo, alto, basso, stiacciato.
Questo tipo di metodo
cognitivo consente di attivare sinesteticamente i canali percettivi alla
conoscenza del mondo. La tradizione si mette a servizio della modernità per
tradurre concetti e idee espressi attraverso la figuratività degli elementi
pittorici.
Tavole tattili che
riproducano l’evoluzione degli stili storico – artistici sono essenziali per
una buona educazione artistica. Sono altrettanto essenziali tavole che
riproducano il moto e la stasi, che evidenzino la distinzione tra forma aperta
e forma chiusa, tra composizione tettonica e atettonica, tra iconismo e
aniconismo, tra idealismo e realismo e tra naturalismo e stilizzazione. Così da consentire la stessa capacità discriminativa come chi può osservare con occhi le differenze che intercorrono tra un'opera di Michelangelo e una di Matisse.
Certo un cieco
non avrà mai la capacità di percepire il colore soprattutto perché, a
differenza della forma, non possiede delle caratteristiche specifiche
percepibili tattilmente. Dire ad un cieco congenito che la pelle è rosa non ha
alcun senso poiché non potrà mai avere idea di come sia quel determinato
colore. Comunque nella traduzione dell’immagine è importante anche inserire il
riferimento ai cambi cromatici perciò spesso si applicano dei processi di
texturizzazione, ovvero il trattamento diversificato delle superfici in
relazione al colore selezionato. Se da una parte questo metodo può rivelarsi
idoneo per distinguere le diverse cromie dall’altra può provocare dei problemi
mandando in tilt il lettore che tenterà di discriminare troppe informazioni e
tutte insieme.
Se si tratta di
ipovedenti il discorso cambia perché seppur non potrà percepire il colore
questo potrà essere codificato in base all’accentuazione della brillantezza o
il contrasto delle superfici rispetto alle zone cromatiche contigue.
L’esperienza estetica
non si compie solamente attraverso la percezione aptica. Fondamentali sono gli
strumenti cognitivi annessi, come la descrizione tramite sussidi scritti in
Braille, audio guide o guide specializzate, che possano fornire informazioni
produttive ai fini dell’esperienza estetica di un non vedente.
Realizzare un’esperienza
estetica attraverso immagini tradotte tridimensionalmente è molto più semplice
se si tratta di opere che mantengono intatto il naturalismo, poiché rimandano
esattamente alla realtà e ad esperienze che un cieco può avere fatto in
precedenza. Qualche problema può presentarsi con le immagini astratte non tanto
per la loro traducibilità quanto per la loro decodificazione. Per questo è
necessario creare delle tavole con elementi simbolici che possano esprimere il
concetto e l’idea principale per le quali l’opera è nata.
Tecniche di
realizzazione di tavole tattili
Per produrre tavole tattili fruibili da un pubblico non vedente esistono
diverse tecniche di realizzazione: il thermoform, il
gaufrage, la graphicmaster, il procedimento Minolta.
Thermoform: questa tecnica si
basa sulla deformazione a seguito del calore. L’immagine viene incisa su una
matrice (di legno, di metallo etc. …) sulla quale verrà posizionato un foglio
di plastica. Il foglio verrà riscaldato per aderire alla forma impressa dalla matrice,
aderendo ad essa tramite un processo di depressione ottenuto per aspirazione.
Al termine, freddandosi, il foglio prende la stessa forma della matrice.
Gaufrage: attraverso il
gaufrage la carta viene inserita in una pressa tra una matrice e una contromatrice
di fibra sintetica. Pressata con diverse tonnellate la carta avrà un rilievo
corrispondente alla contro matrice.
Graphicmaster:
si tratta di una stampante che getta inchiostro a seguito di comando inviato da
un computer. L’inchiostro solido è riscaldato, distribuito sulla carta in
quattro passaggi successivi. Il rilievo è il risultato della stratificazione
dell’inchiostro.
Procedimento “Minolta”: per
questo procedimento è necessario un foglio di carta speciale a microcellule.
Basterà fotocopiare su questo foglio il disegno che si vuole realizzare, il
rilievo avviene attraverso un processo di gonfiamento che prevede la distribuzione
del calore attraverso un forno a raggi infrarossi.
Ci sono alcune caratteristiche che una tavola
tattile deve rispettare:
Rispetto dell’altezza minima:
per poter essere fruite le tavole tattili necessitano di uno spessore minino
corrispondete allo stesso spessore della scrittura Braille (0,4/0,6 mm);
Semplificazione dell’immagine: tavole
troppo cariche di immagini e soprattutto complesse non aiuterebbero un cieco
a discriminare le informazioni essenziali, avrebbe un sovraccarico di
informazioni che non gli consentirebbe di procedere con la lettura. Tuttavia la
semplificazione non deve voler dire banalizzazione si rischierebbe di perdere
l’utilità dell’immagine e fuorviare chi deve fruire di tali opere;
Scomposizione dell’oggetto in sequenza: gli
elementi dovranno essere composti in modo sequenziale e organizzato e
soprattutto legando gli elementi in modo da consentire a chi legge di percepire
ogni singolo elemento all’interno della composizione ma anche il suo
significato;
Chiarezza della linea del contorno esterno: l’immagine
viene definita tramite il contorno, perciò è fondamentale che questo sia ben
percepibile. La mano procede dall’esterno verso l’interno incontrando per primo
proprio il contorno;
Rispetto delle proporzioni e delle
caratteristiche strutturali dell’oggetto: se si traduce un’opera
pittorica in tavola a rilievo gli elementi presenti in essa non potranno essere
semplicemente inseriti tentando di rispettarne l’ordine di apparizione.
Bisognerà tener conto dei rapporti proporzionali tra un elemento e l’altro. La
riproduzione dovrà essere perciò in scala. Non è necessario, però,
rappresentare la prospettiva poiché altri mezzi, come le proiezioni ortogonali,
si riveleranno più efficaci;
Evidenziazione degli elementi essenziali o
ricorrenti: possono essere presenti elementi ricorrenti
che è bene imparare a riconoscere. Esistono, però, anche caratteri unici che
caratterizzeranno l’elemento come unico nella specie;
Dimensione dell’immagine: si
è detto che la riproduzione debba essere in scala ma la dimensione deve essere
tale da permettere al cieco di avanzare nella lettura tattile in modo
facilitato;
Regolarità ed ordine: per
evitare confusione;
Testo di accompagnamento: è
indispensabile per consentire un approccio a 360°. L’immagine da sola non
basta. Anche il vedente ha bisogno di un supporto che valorizzi l’esperienza
estetica ma nel caso di un cieco ciò è estremamente necessario.
Strumenti
innovativi per una migliore fruizione delle opere d’arte
Le frontiere della
tecnologia non hanno più barriere ormai. Quando si pensa di aver raggiunto il
limite ecco che una novità è sempre lì pronta ad uscire e a rimischiare
nuovamente le carte in tavola. L’arrivo degli smartphone è stato un grande
passo in avanti nel campo dell’accessibilità. Si può fare una visita virtuale
senza disporre di un computer e di una connessione internet, basta solo un
telefono di ultima generazione e si può vivere un’esperienza estetica anche su
un treno mentre ci si reca a lavoro. Certo non è la stessa cosa guardare la
Gioconda dal vivo al Louvre e guardarla dal telefono comodamente seduta sul
divano di casa ma per chi non è mai stato al Louvre, non può andarci o ha
intenzione di fare un viaggio a Parigi è decisamente un buon punto di partenza.
L’evoluzione
tecnologica non è solo smartphone, tablet, etc.
L’evoluzione
tecnologica non si arresta ed è arrivata a diffondere sul mercato un nuovo
prodotto tecnologico che rompe tutte le barriere dell’inaccessibilità. Si
tratta della stampa 3D. Erano gli inizi degli anni ’80 quando Charles Chuck
Hull decise di sperimentare una macchina che potesse stampare gli oggetti. Non
fu una cosa facile poiché bisognava creare un codice adeguato che potesse
comunicare con la macchina e soprattutto assemblare l’hardware. Ci vollero
diversi mesi ma alla fine Chuck Hull creò la prima stampante 3D.
Ci sono voluti
trent’anni prima che questo tipo di stampante arrivasse in Italia sia nella sua
forma più artigianale che in quella più sofisticata. Già nota da un po’ di
tempo, è stata presentata ufficialmente al grande pubblico alla Maker Faire di
Roma, evento grazie al quale centinaia di makers – inventori hanno esposto le
loro startup. A farla da padrone erano proprio queste stampanti prodotte
all’interno di ambiti universitari e non solo.
Come una macchina da
cucire, queste stampanti sono dotate di una bobina di filo in PLA,
ABS,
nylon, ma anche alluminio, legno, argilla e addirittura cioccolato, il quale è
collegato ad una specie di laser dove al posto della luce esce il filo sciolto
che, proprio come un ago con il filo, intesse una trama sviluppata
verticalmente riproducendo sul piano di appoggio l’oggetto desiderato. Una
volta scelto ciò che si vuol stampare si avrà solo bisogno di un software,
molti dei quali open source, installato sul pc con il quale creare le
coordinate che consentiranno alla stampante di riprodurre esattamente l’oggetto
in tutte le sue caratteristiche.
Il campo di
applicazione è davvero vasto. Un articolo apparso sull’Economist
nel 2011 annuncia l’utilizzo della stampa 3D per la produzione di alcune
parti di aerei con l’auspicio un giorno di poter produrre un’ala intera.
Inoltre molti sarebbero gli aspetti positivi nella riproduzione in stampa tra
cui quello economico. La facilità e la velocità di riproduzione consentirebbero
di abbattere i costi derivati dall’acquisto dei materiali.
Anche il campo
dell’arte ha trovato i suoi benefici in questa nuova era tecnologica. È
possibile riprodurre qualsiasi oggetto da quelli di tipo paletnologico a quelli
archeologici e, perché no, sculture intere. Se ogni museo fosse dotato di
modellini riprodotti in 3D ognuno potrebbe toccare con mano dettagli che alla
vista possono sfuggire. Chi troverà maggior giovamento saranno proprio i
ciechi. Tutti sanno che è assolutamente vietato toccare le opere d’arte ma
l’introduzione di questi oggetti nelle collezioni museali potrebbe dare vita a
percorsi tattili per chiunque e in special modo per i ciechi.
Purtroppo la stampa è
ancora una novità e, anche se i costi per l’acquisto di una stampante sono
pressoché irrisori per un museo o un’istituzione, non si vuole ancora investire
in questo campo.
C’è chi però non si
ferma e sogna un patrimonio culturale accessibile a tutti. È il sogno di alcuni
ricercatori che hanno creato startup innovative pensate per la fruizione
dell’arte da parte dei ciechi.
È il caso di 3D – Archeolab. Un archeologo e un
architetto, rispettivamente Giulio Bigliardi e Sofia Menconero, hanno sfruttato
le potenzialità della stampa 3D per creare riproduzioni di reperti
archeologici, elementi architettonici e scultorei per la fruibilità dell’arte
soprattutto da parte dei non vedenti. Il loro obiettivo è quello di rendere
sempre più accessibile il patrimonio culturale superando ogni tipo di barriera
geografica, fisica e culturale. Ciò è possibile innanzitutto attraverso un
accesso aperto alla conoscenza, il primo passo per una cultura alla portata di
tutti. Infatti i creatori di 3D – Archeolab utilizzano software open source che
chiunque può scaricare ed utilizzare gratuitamente. Il processo di
realizzazione del loro materiale è, inoltre, molto semplice: si parte da una
serie di fotografie che mostrano l’oggetto da diverse angolazioni. “Non c’è
bisogno di una Reflex”, dice Giulio Bigliardi spiegando il progetto alla Maker
Faire di Roma. Le immagini possono essere acquisite da un qualsiasi dispositivo
fotografico consentendo davvero a chiunque di creare e scegliere il proprio
modello. Attraverso i software, di cui prima, le fotografie scattate vengono
assemblate per ricreare l’oggetto tridimensionalmente. L’oggetto sarà poi
ripulito da sfondi e quant’altro non rientri nella versione desiderata, colorato
a piacere e disposto su un piano cartesiano, grazie al quale si creeranno le
coordinate da inviare alla stampante che riprodurrà l’oggetto
tridimensionalmente. Proprio come le immagini comunemente stampate in 2D
possono avere diverse dimensioni, così gli oggetti in 3D possono essere
riprodotti in scala aumentando e diminuendo le dimensioni a proprio piacere. Ne
uscirà un vero e proprio oggetto da toccare e ascoltare poiché dotati di un
codice QR o NFC
che rimanda ad un contenuto audio da ascoltare comodamente con il proprio
telefono.
Il lavoro di 3D –
Archeolab non si limita alla costruzione di modellini tattili. Per favorire
l’accesso aperto alla cultura, il loro impegno è rivolto alla costruzione di
una galleria 3D online accessibile a chiunque gratuitamente. Offrono, inoltre,
il loro servizio per allestire percorsi museali dedicati ai ciechi e
svolgono attività didattiche – laboratoriali con scuole elementari, medie e
superiori, favorendo un approccio alla cultura attraverso l’edutainment (educazione
e intrattenimento). Utilizzare nuovi strumenti tecnologici per la diffusione
della cultura consente di avvicinare sempre di più i giovani alla scoperta del
nostro patrimonio.
Beni culturali e
tecnologia rappresentano un perfetto connubio per la valorizzazione e la
fruizione del patrimonio culturale, basti pensare anche al campo del restauro.
Grazie alla tecnologia della stampa tridimensionale si possono ricreare
elementi mancanti di opere scultoree e architettoniche in virtù di quei
principi espressi da Cesare Brandi nella sua Teoria del Restauro, secondo il
quale
"Il restauro deve
mirare al ristabilimento dell'unità potenziale dell'opera d'arte, purché ciò
sia possibile senza commettere un falso artistico o falso storico, e senza
cancellare ogni traccia del passaggio dell'opera d'arte nel tempo."
Cesare Brandi era
anche dell’idea che il restauro di parti mancanti debba essere riconoscibile e
sembra che i collaboratori di 3D – Archeolab abbiano ben chiari questi
principi. Il loro gruppo di lavoro ha dato vita ad un progetto per il
ripristino dell’unità potenziale della terza cappella laterale della Chiesa
Castello di San Martino dall’Argine (MN), la quale è stata oggetto di atti
vandalici durante il suo periodo di chiusura. La cappella in questione presenta
un altare con quattro putti due dei quali acefali. Proprio come per la
riproduzione di opere scultoree e architettoniche, così le parti mancanti di
queste opere scultoree sono state riprodotte attraverso l’image – based e la
stampa 3D, colorate in modo da differenziarsi dal resto del gruppo scultoreo ma
nello stesso tempo in grado di rendere fruibile l’opera nella sua interezza.
Per promuovere una
sensibilizzazione a favore di questi processi di apprendimento rivolti
specialmente ai ciechi, i realizzatori di 3D – Archeolab offrono la loro
esperienza per educare chiunque ne abbia voglia e interesse all’applicazione
delle nuove tecnologie ai Beni Culturali. È solo attraverso un accesso aperto
alla conoscenza che si potranno superare quelle barriere culturali, fisiche e
geografiche che ancora oggi ostacolano la fruizione del nostro patrimonio
culturale.
Un lavoro diverso ma sempre pensato per i
ciechi è Tooteko, un
progetto in grado di rendere parlanti le opere d’arte. Il sottotitolo del
progetto, Talking Taktile, spiega ancor di più ciò di cui si tratta.
L’obiettivo è quello di rendere fruibile
l’arte ai ciechi attraverso un sistema che unisce il tatto all’udito. Si
parte, infatti, da tavole tattili integrati con dei sensori che consentono di
inviare informazioni audio grazie al sistema NFC di cui si è già parlato.
Già nei capitoli precedenti si parlava
dell’importanza dell’aspetto verbale nella percezione tattile. Per un non
vedente avere una guida che possa spiegare a parole tutte le sensazioni e le
percezioni è fondamentale per lo sviluppo di quegli strumenti compensativi
necessari all’esperienza del mondo. Anche nell’arte oltre l’esplorazione
tattile deve esserci l’esplorazione uditiva che consente di arricchire
l’esperienza tattile di dettagli fondamentali alla percezione estetica.
Partendo da questo principio i fondatori di
Tooteko, Fabio D’Agnano e Serena Ruffato
hanno pensato alla funzionalità di un modellino tattile creando questo sistema
di rimandi sonori che consentiranno di arricchire l’esperienza estetica. Una
semplice audio guida che spieghi le caratteristiche di un’opera non sono
sufficienti per rendere tale opera fruibile ai ciechi. Sono, infatti,
necessarie guide specializzate apposta per i ciechi, poiché ci sono caratteristiche
che anche se spiegate a voce i non vedenti non potrebbero comprendere. È anche
vero che sarebbe impossibile dotare ogni museo di una guida specializzata. Per
questo Tooteko collabora con Antenna International, società leader
internazionale per la realizzazione di audioguide, per creare quelle
informazioni essenziali e inscindibili per l’esperienza estetica di un cieco.
Per trasformare i modelli tattili, siano essi
riproduzioni in gesso o in versione 3D – PLA, vengono inseriti in alcuni punti
cruciali i sensori di cui prima. Grazie alla tecnologia Arduino,
un anello hi - tech dotato di questo sistema consente di riconoscere il sensore
sfiorato con il dito e di inviare l’informazione audio direttamente al
dispositivo più vicino al modello tattile, smartphone, tablet.
L’aspirazione è quella che ogni museo possa
essere dotato di tali attrezzature dando vita ad una rete di musei fruibili dai
ciechi.
Molto interessante e
importante per la volontà di abbattere le barriere culturali è l’impegno
dell’Associazione “Museum”. Fondata nel 1994, l’Associazione Museum è
composta da un gruppo di volontari che si occupano di avvicinare i disabili al
patrimonio culturale italiano. Consociata son l’E.I.S.S. (Scuola Superiore di
Servizi sociali) e con l’U.I.C. (Unione Italiana Ciechi) i volontari,
opportunamente formati, svolgono la propria attività educativa nei principali
musei di Roma, grazie anche alle convenzioni stipulate con il Comune di Roma e
la Sovrintendenza per i Beni Culturali.
Le loro attività sono finalizzate al
raggiungimento della percezione estetica dell’arte specialmente da parte dei
ciechi, anche se il loro servizio si allarga in generale a tutte le
disabilità. Il loro impegno li vede coinvolti specialmente nei musei,
all’interno dei quali organizzano:
- Visite
tattili per non vedenti, ipovedenti e sordociechi.
- Attività
didattica con ragazzi Down, non vedenti, persone con ritardo mentale
medio-grave.
Laboratori di manipolazione della creta e ceramica per bambini e
adulti non vedenti.
- Laboratori
di sollecitazione e riabilitazione della capacità visiva virtuale dei disabili
della vista.
- Laboratori
per non vedenti di insegnamento della lettura di immagini in rilievo.
- Laboratori
di disegno per non vedenti e di uso del colore per ipovedenti e disabili
mentali.
- Laboratori
di “Lettura recitata” e recitata per non vedenti.
- Visite
assistite per disabili motori, anziani, disabili psichici lievi, sordi.
In
linea con i modelli educativi del British Museum, del museo Omero di Ancona e
del museo Anteros di Bologna, l’Associazione Museum negli anni ha allestito
diversi percorsi museali nei musei di Roma e non solo. In particolare, i
progetti sono stati finalizzati alla realizzazione di esperienze
plurisensoriali sia per la percezione estetica dell'arte da parte dei ciechi
e dei disabili in generale sia per favorire un percorso riabilitativo
attraverso rappresentazioni teatrali pensate proprio per i disabili della
vista. Ad oggi si possono contare numerose iniziative che hanno permesso al
pubblico non vedente di fruire anche di importanti mostre temporanee come le
più recenti di Frida Kahlo al Quirinale o quella del cinquecentesimo
anniversario della morte di Michelangelo dei Musei Capitolini. Inoltre il loro
impegno ha dato vita all'allestimento di alcuni musei con tavole tattili e in
rilievo, libri guide e didascalie in Braille, audioguide, plastici, planimetrie
in rilievo integrate con la scrittura Braille.
“Dare
forma ai sogni”, Felice Tagliaferri: Arte come metodo educativo e
psicoriabilitativo per i non vedenti.
“Non
esistono i disabili e gli abili, tutti hanno la propria disabilità, tutti
possono trovare la loro abilità.”
Felice Tagliaferri
“Dare forma ai sogni” non è solo
una canzone del cantautore Ligabue, è di più. È un progetto ambizioso che
racchiude tutti i desideri che lo scultore Felice Tagliaferri ha espresso per
anni e che finalmente si sono esauditi. Fin qui non ci sarebbe nulla di
straordinario, poiché molti possono dire di aver visto realizzati i propri
sogni, ma in questo caso ciò che rende particolare questo progetto è il suo
realizzatore. Felice Tagliaferri è uno scultore ma cieco dall’età di 14
anni.
Le sue opere prendono forma nella mente e attraverso un uso sapiente del tatto
escono michelangiolescamente fuori dalla materia.
La sua fama è arrivata oltreoceano,
poiché colpisce che un cieco riesca a realizzare opere scultoree come “Il Cristo rivelato” (vd. Immagine). La
storia di quest’opera è alquanto originale, come d’altronde originale è
l’artista che l’ha creata.
L’opera nasce da una visita
compiuta dall’artista stesso a Napoli nel 2008 durante la quale decise di
visitare “Il Cristo velato” di Giuseppe Sammartino, conservata nella Cappella
Sansevero. Data l’impossibilità fisica dell’artista di poter ammirare l’opera
con gli occhi, chiese di poterla esplorare tattilmente ma la possibilità gli fu
negata. L’artista decise allora di creare un’opera alternativa che potesse
essere esplorata tattilmente da chiunque ne avesse voglia rendendola
accessibile ad ogni tipo di pubblico. L’opera è stata esposta in diversi parti
d’Italia tra cui il museo Archeologico di Napoli e può essere ammirata presso
la Chiesa dell’Arte il luogo principale dell’azione di Felice Tagliaferri.
Infatti, l’artista non si è distinto solo per le sue capacità scultoree ma
anche per quelle propedeutiche. È maestro di arti plastiche ed insegna a
bambini e adulti, disabili e non, ad approcciarsi all’arte con un metodo
alternativo. La sede è una chiesa sconsacrata di Sala Bolognese (BO) concessa all’artista
dall’Amministrazione Comunale e riadattata allo scopo
ma in realtà non c’è una sede fissa: il maestro vuole diffondere la sua arte
ovunque perciò sia le sue lezione che le sue mostre sono itineranti e
attraversano l’Italia da nord a sud.
“I
miei polpastrelli hanno una sensibilità prodigiosa. E il mio cervello disegna
immagini assorbendo suoni, parole, sensazioni…”
L’arte è stata per Felice
Tagliaferri il riscatto di una vita non sempre facile che lo ha condotto a
pensare di farla finita una volta per tutte. Felice non insegna solo a scolpire
figure, insegna che c’è una possibilità, che dalle cadute ci si può sempre
rialzare e i risultati potrebbero addirittura sorprendere.
Museo
Omero: percezione artistica multisensoriale
“Due
mani sfiorano leggere i contorni di un’opera scultorea e in quel viso si
disegna un’espressione di gioia! Avete mai visto un cieco che “guarda” un’opera
d’arte?”
Aldo Grassini
Il museo ieri: istituzione del museo
Il
Museo Tattile Statale Omero nasce ad Ancona nel 1993 da una collaborazione con
l'Unione Italiana Ciechi ed il contributo della Regione Marche. Come si può
intuire dal nome, si tratta di un Museo Statale, riconosciuto dal Parlamento
nel 1999, a seguito della l. 452 del 25 novembre 1999.
La
legge, nei suoi quattro articoli, definisce le linee guida per l'istituzione
del museo, chiarendo quali sono le finalità che esso si pone. Infatti, come
recita l'art. 2:
«Il
Museo Omero raccoglie materiali, oggetti o perfette riproduzioni delle diverse
forme di arti plastiche e delle manifestazioni storico-culturali
dell'organizzazione dell'ambiente, dello spazio e della vita dell'uomo, al fine
di promuovere la crescita e l'integrazione culturale dei minorati della vista e
di diffondere tra essi la conoscenza della realtà.»
Il
museo si presenta come unico nel suo genere, infatti, è uno degli esempi di
spazio espositivo dedicato interamente ad un pubblico non vedente, anche se il
suo percorso espositivo ben si adatta ad ogni tipo di utenza.
Il museo oggi
Inizialmente
situato presso uno stabile in via Tiziano,
nel 2012 il Museo ha trasportato tutta la sua collezione presso la Mole
Vanvitelliana per una migliore fruizione della sua collezione. Con un totale di
circa 3000 mq distribuiti su quattro livelli, la Mole rappresenta il Museo del
futuro, dove gli interventi della moderna tecnologia contribuiranno a creare un
percorso espositivo sempre più innovativo e multisensoriale.
La Mole Vanvitelliana
Conosciuta
anche come il Lazzaretto, la Mole Vanvitelliana è divenuta simbolo della città
di Ancona nonché centro polifunzionale e culturale della città.
Progettata
nel '700 dall'architetto Luigi Vanvitelli, per volere di Papa Clemente XII, la
Mole sorge su un'isola artificiale nel canale Mandracchio. La sua particolare
architettura, a forma di pentagono, ben si prestava alle diverse funzioni
assunte nel tempo. Grazie alla sua posizione strategica, isolata in prossimità
del porto, divenne una fortificazione difensiva, fondamentale fu la sua
funzione protettiva durante gli assedi dei francesi e degli austriaci, un
deposito merci e un punto di ospitalità per persone in quarantena.
Attualmente,
l'edificio ospita diverse iniziative ed eventi culturali della città come anche
la nuova sede espositiva del Museo Omero.
Come
detto in precedenza, il Museo si distribuisce su quattro livelli ospitanti non
solo gli ambienti espositivi ma anche gli uffici e il Centro di Documentazione
e Ricerca.
Al
pianterreno è collocato l'attuale percorso espositivo
e il Centro di Documentazione e Ricerca. Nell primo e secondo piano troveranno
spazio ulteriori percorsi espositivi, ancora in fase progettuale, e i due
laboratori didattici.
Il quarto e ultimo piano è, invece, riservato agli uffici tecnico -
amministrativi (Presidenza, Segreteria, Amministrazione, Ufficio Progetti).
Collezione e percorsi espositivi
Le
finalità del Museo lo inseriscono nella categoria degli spazi espositivi
dedicati ai minorati della vista (ciechi e ipovedenti) ma, a differenza di
molti altri musei distribuiti su territorio nazionale, il Museo Omero ha la
peculiarità di possedere una collezione interamente fruibile a questo tipo di
utenza.
Grazie
alle circa 150 opere, copie dal vero dei capolavori dell'arte classica,
medievale, rinascimentale, barocca, etc., la Storia dell'arte prende nuovamente
vita attraverso un percorso espositivo che si snoda in uno spazio di circa 450
mq.
La
collocazione, già sperimentata nella precedente sede, prevede una sequenza
cronologica così ripartita:
Scultura egizia
Scultura greca
Scultura etrusca
Scultura romana
Scultura romanica
Scultura gotica
Scultura rinascimentale
Scultura manierista
Scultura barocca
Scultura neoclassica
Scultura del primo Novecento
Il Movimento scolpito - Le mouvement sculpté
Sezione
contemporanea
Per un giorno ho provato anche io a
mettermi nei panni di un cieco. Ho visitato il museo munita di benda sugli
occhi e sono stata condotta alla scoperta di opere conosciute, viste dal vivo o
sui libri, opere ignote di artisti ancora a me sconosciuti ma che mi hanno aperto un
mondo. Forse per me è stato più un gioco e un test di autovalutazione, per
capire quanto di quelle opere avrei saputo riconoscere, ma nella mia mente le
opere c’erano, le mani mi proiettavano l’immagine…
È stato
divertente, curioso, nuovo, difficile…orientarsi nello spazio, doversi affidare
e fidare di chi mi era vicino potrebbe essere scontato, era scontato, ma non lo
è stato. L’impatto è stato quello di non riuscire a capire cosa stesse
succedendo, dove mi stessero portando. Sono stata cieca per più di un’ora. Ma
forse lo sono sempre stata per non essermi accorta di quanto l’arte necessiti
di essere accessibile a tutti, per non essermi mai chiesta: “Come fa un cieco a
guardare un’opera d’arte?”.
Conclusioni
“Ciò
che costituisce il valore di una rappresentazione non è la totalità
dell’oggetto o della realtà, ma la totalità dell’esperienza che si fa di un
frammento o di un istante del reale…”
Viktor Lowenfeld
La
totalità dell’esperienza è possibile. Il tatto permette ad un cieco di attivare
nella mente le stesse aree visive che si attivano con gli occhi, in più le
spinte sinestetiche danno accesso a quell’esperienza sostenuta da
Lowenfeld.
Risulterà
allora fondamentale non privare un cieco della lettura di un libro solo perché
non può vedere. Piuttosto creare un mezzo alternativo tale da consentirgli di
vivere la stessa esperienza di un normodotato: il Braille.
Ma il
Braille ha aperto la strada ad una serie di strumenti compensativi che hanno
facilitato l’apprendimento scolastico. Ma una volta fuori dalla scuola i
ragazzi, ormai adulti, perdono il sostegno e la tutela che, in quel contesto,
viene loro garantita.
Da qui
l’impegno dell’Unione Italiana Ciechi di creare sempre più iniziative che
consentano di avvicinare vedenti e ciechi per eliminare barriere sia fisiche e
che sociali.
Il
contributo dell’Unione è, e continua ad essere, fondamentale per la qualità
esperienziale di un cieco, per il suo arricchimento culturale. Ed è proprio in
base a quest’ultimo principio che il legame con le istituzioni museali si è
fatto nel tempo sempre più stretto.
Loretta
Secchi, curatrice del Museo Anteros, si è dibattuta per anni a sostegno di
un’integrazione tra patrimonio storico – artistico e ciechi, ponendo l’accento
sulla possibilità di un’educazione estetica del cieco. Testi scientifici, come
quello di Meduri,
hanno dato poi lo spunto per creare gli strumenti compensativi che consentono
ai ciechi di percepire il valore estetico dell’arte. Riproduzioni in gesso di
opere scultoree, plastici, tavole termoformate per tradurre in rilievo le opere
pittoriche, sono questi gli strumenti compensativi di cui alcuni musei italiani
si sono procurati per abbattere le barriere fisiche che non danno accesso al
nostro patrimonio. Esiste un vero e proprio prontuario per i musei in grado di
attrezzare gli ambienti espositivi a misura del cieco. Vademecum che può essere
seguito anche senza necessariamente rivoluzionare il museo con l’allestimento
di opere “alternative”. Si tratta di accorgimenti che arrivano direttamente
dallo Smithsonian
e che tradotti in italiano hanno dato vita al saggio di Baracco, Cunico e
Fogarolo.
Il Museo
Tattile Statale Omero è sul nostro territorio da quasi vent’anni e ha saputo
cogliere le esigenze provenienti dal mondo dei ciechi grazie a chi per
anni a causa della sua disabilità si è visto negare continuamente l’accesso al
patrimonio artistico. Aldo Grassini e sua moglie, entrambi ciechi hanno dato
vita al Museo Omero creando uno spazio dove tutto si potesse toccare, uno spazio
dove potessero convivere Michelangelo e de Chirico, per una lettura totale e
completa della Storia dell’Arte. Possibilità concessa anche dal Museo Tattile
Anteros che propone traduzioni in rilievo delle opere pittoriche più
rappresentative per ogni epoca.
Sull’esempio
di queste due colonne portanti della cultura tiflo-artistica si sono inseriti
nel panorama italiano molte realtà museali anche se ad oggi questo si presenta abbastanza vario e disomogeneo.
In un mondo ormai quasi
completamente assorbito dall’influenza tecnologica risulta assai curioso vedere
che molti musei addirittura non posseggano un sito internet, non
approfondiscano tematiche che potrebbero fare la loro fortuna, non forniscano
alcun tipo di informazione sui pezzi che si possono trovare all’interno delle
loro sedi.
Il ruolo dell’Unione Italiana
Ciechi è sempre centrale. Molto del materiale di cui i musei accessibili
dispongono è prodotto direttamente da essa o da associazioni che si occupano
specificatamente di creare eventi ad hoc per i disabili (psichici, fisici,
visivi, uditivi). Il museo in sé assume, quindi, un ruolo relativamente
marginale nella realizzazione dei sussidi compensativi. Inoltre, la maggior
parte è frutto di eventi promossi proprio dall’Unione Italiana Ciechi in fede
al tentativo di rimuovere le barriere soprattutto culturali. Molti i musei
coinvolti e che si sono prestati, anche solo per eventi isolati, a rendere
fruibili le proprie collezioni.
Molti i tentativi per creare delle
alternative low cost, per incentivare
ancora di più l’esplorabilità delle opere attraverso sistemi di riproduzione
tridimensionale che diventano sempre più accessibili. Il mondo tecnologicizzato
rappresenta un supporto valido. Basti pensare a quanti strumenti compensativi nuovi oggi la tecnologia abbia
permesso di realizzare come l’Arduino di Tooteko,
che inserito in un anello permette al fruitore di ricevere nell’immediato le
informazioni necessarie alla comprensione di ciò che ha tra le mani.
Nonostante la varietà di progetti e
di iniziative il rapporto disabilità visiva e arte è ancora sconosciuto a
molti. Quando si parla di accessibilità, soprattutto in ambito museale, si
pensa solo a chi presenta disabilità fisiche. È quello che è emerso anche dalle
indagini compiute sui musei durante le mie ricerche. Molti nella sezione
accessibilità fanno riferimento solo alla presenza di rampe e ascensori. Pochi
caratterizzano l’accessibilità in base alle tipologie di deficit.
Certo è che finché l’accessibilità
riguarda i musei ci sono le premesse, e buone speranze, per un futuro migliore.
Il problema si crea quando l’accessibilità riguarda il patrimonio in generale,
Chiese, monumenti, etc. purtroppo ancora inesplorabili tattilmente. Ma
questo argomento apre nuove strade ancora poco praticate e che potrebbero
essere l’oggetto di future ricerche.
Occorre ripensare il patrimonio,
museale e non, e capire se si vogliono allargare i propri orizzonti ampliando
l'offerta ad un pubblico più vasto e variegato o renderlo accessibile a pochi
eletti.
Da questa
tesi ho imparato qualche lezione: la prima è quella di non dare mai nulla per
scontato, la seconda è che un cieco si chiama “cieco” e no “non vedente”, la
terza è che per emozionarsi basta davvero molto poco…
NOTE
Direttore e
fondatore insieme alla moglie del Museo Omero di Ancona. Aldo Grassini e la
moglie sono entrambi ciechi.
Cfr. Vygotskij, L.S., Fondamenti di difettologia,
Bulzoni, Roma, 1986. p. 21
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ciechi e l’esperienza del bello: Il Museo Omero di Ancona, in AA.VV., Toccare
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estetica, in Atti del convegno: Ad occhi chiusi nel
museo, Bergamo 25 ottobre 2002, Museo
Civico di Scienze Naturali "E. Caffi", Bergamo, 2003.
Arnheim R., Per
la salvezza dell’arte: ventisei saggi, Feltrinelli, Milano, 1994, cit. p. 167
La prima
Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita” è stata istituita nel 1928
a Genova dall’Unione Italiana dei Ciechi, fondata nel 1920 da un gruppo di
militari che avevano perso la vista. Attualmente la biblioteca ha sede a Monza
e vanta un catalogo con oltre 50.000 tra opere in Braille, su audiocassetta,
su supporto informatico e cartaceo a caratteri ingranditi – Cfr. www.bibciechi.it)
Cfr. Filippo
Tommaso Marinetti, Manifesto sul tattilismo, 1921.
Galuandi P.,
Secchi L, Tecniche di rappresentazione plastica della realtà visiva, in AA.VV.,
Toccare l’arte: l’educazione estetica di vedenti e ipovedenti, Armando, Roma,
2000.
Bresciamorra D.,
Leggere l’arte con le mani, in AA.VV., Toccare l’arte: l’educazione estetica di
vedenti e ipovedenti, Armando, Roma, 2000.
Acrilonitrile
butadiene stirene, si tratta di un polimero termoplastico utilizzato per creare
oggetti leggeri e rigidi come tubi, strumenti musicali etc.
Cfr. The Economist, The printed world, 10 febbraio
2011
Quick Response
Code, attraverso un dispositivo mobile come uno smartphone è possibile leggere
il codice a matrice composto da moduli inseriti in uno schema quadrato. Le
informazioni in esso contenute possono rimandare ad una pagine web, ad un
contenuto scritto o audio.
Near Field
Communication o comunicazione in prossimità è una tecnologia che sfrutta il
collegamento wireless per lo scambio di informazioni. Quando i due dispositivi
entrano in contatto, ad una distanza massima di 10 cm, si crea una connessione
che consente di ricevere informazioni di qualsiasi tipo.
Cfr. Brandi
Cesare, Teoria del Restauro, Torino 1963
Il progetto
Tooteko è stato selezionato e inserito tra le 12 startup del Wind Startup Award
2014 di Wind Bussiness Factor.
Fabio D'Agnano è
un docente del corso di Laurea in Architetture digitali presso lo Iuav di
Venezia e Serena Ruffato è una sua studentessa. Il progetto è l'oggetto della
Tesi di Master della Dott.ssa Ruffato.
Arduino è una scheda elettronica di piccole dimensione
e per questo applicabile ad ogni dispositivo realizzando controllori di luci,
di velocità per motori, sensori di luce, temperatura e umidità e molti altri
progetti che utilizzano sensori (Tooteko
appunto), attuatori e comunicazione con altri dispositivi.
Basta collegarsi ad un comune PC per scaricare in modo rapido e gratuito il
software che installa il dispositivo. Arduino è un vanto per l’Italia poiché
il suo inventore è Massimo Banzi, co-fondatore del progetto Arduino,
Interaction Designer, educatore e sostenitore dell’Open Source Hardware. È
definito dall’Economist uno dei fautori della Terza Rivoluzione Industriale. Cfr. http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-493267b9-c6de-427b-97dc-eb244b5d23a5.html
Cfr. Cannavò C.,
E li chiamano disabili, BUR, Milano, 2005.
Cfr. AA.VV.,
Cristo Rivelato scultura tattile di Felice Tagliaferri, a cura di Massimo di
Matteo, Edizioni Museo Omero, Ancona, 2010.
Cfr. Cannavò C.,
E li chiamano disabili, BUR, Milano, 2005 cit. p. 15.
Cfr. L 452/99 in
Gazzetta Ufficiale
Cfr Grassini A.,
Museo Tattile statale di Ancona e le buone prassi per l’accesso alla cultura di
persone con disabilità visiva, in AA.VV., Viaggiare senza limiti: il turismo
per tutti in Europa, IsITT, Venaria, 2010, pag. 90
Sono collocati al
secondo piano.
Cfr. R. Meduri,
Immagini “visive” nel non vedente, in Vedere oltre, IV, I, giugno 1997, pp.
8-10.
Cfr. Majewski J., Mahoney V., Cohen Altman D.,
Smithsonian Accessible Program: Smithsonian guidelines for Accessible
Exhibition Design, Washington DC, 2013.
Cfr. BARACCO L., CUNICO E., FOGAROLO F., Questioni di leggibilità: se non
riesco a vedere non è colpa dei miei occhi, Venezia, 2005.
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adattamento nei non vedenti, a cura di D. Galati, Franco Angelmedurii, Milano,
1992.
VINCENT
VAN GOGH 1994
VINCENT VAN GOGH, Lettere a Theo
sulla pittura, traduzione a cura di M. Donvito e B. Casavecchia, Tea Arte,
1994, pp. 78 – 80.
VYGOTSKIJ
1986
VYGOTSKIJ, L.S., Fondamenti di difettologia, Bulzoni, Roma,
1986.
SITOGRAFIA
3D
ARCHEOLA
www.3d-archeolab.it
ASSOCIAZIONE MUSEUM
www.assmuseum.it
BIBLIOTECA
ITALIANA PER I CIECHI
www.bibciechi.it
ISTITUTO
CIECHI MILANO
www.istciechimilano.it
ISTITUTO
FRANCESCO CAVAZZA
www.cavazza.it
MUSEO OMERO
www.museoomero.it
SINESTESIE
www.sinestesie.it
SISTEMA
MUSEALE PROVINCIA DI ANCONA
www.musan.it
TACTILE VISION
www.tactilevision.it
TOOTEKO
www.tooteko.it
UNIONE ITALIANA
CIECHI
www.uiciechi.it
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